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La Vergine Maria...

Ultimo Aggiornamento: 05/11/2008 19:18
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05/11/2008 19:10

Il Monastero di Dochiaríu 
e l’icona della Madre di Dio
Gorgoepíkoos

   

Fondato nel secolo decimo, ad opera di un monaco di Costantinopoli discepolo e compagno di ascesi di Sant'Atanasio l’Athonita, il Monastero ha nove Cappelle, la più nota delle quali è detta della Vergine "che esaudisce rapidamente" ed appartiene alla categoria delle cosiddette «icone di terrore».
  

Storia del monastero

Il Monastero ebbe nel corso della sua lunga storia numerosi benefattori, fra cui spicca il nome dell'Imperatore Michele VII Ducas (1071-1078), che fece considerevoli elargizioni a cui seguirono nel 1092, ad opera dell'igumeno Neofito, di origine patrizia, rinnovi ed ampliamenti del Monastero stesso. Nel corso del XIV secolo fu oggetto della generosità dell'Imperatore Giovanni V Paleologo (1341-1391) e delle attenzioni del re di Serbia Stefano Dušan (1331-1355), e poté anche assorbire il Monastero di Kalligrafos, oggi scomparso. Le incursioni piratesche contro il Monastero continuarono, ma il crollo definitivo avvenne a seguito dell'invasione turca del secolo XV. Durante i primi anni di quella dominazione Dochiaríu attraversò una fase di vera e propria decadenza che durò fino alla seconda metà del XVI secolo quando, intorno al 1560, il prete Giorgio di Adrianopoli fece la sua comparsa nel Monastero semiabbandonato. Egli era stato guarito miracolosamente da una grave infermità per intercessione, a suo dire, degli Arcangeli Michele e Gabriele, cui Dochiaríu è consacrato, e per riconoscenza verso di loro aveva deciso di dedicare la propria vita e le proprie sostanze al servizio del Monastero. Fu così che iniziarono le opere di restauro, e con esse la rinascita di Dochiaríu.

Qualche anno più tardi, il voivoda di Moldavia Alessandro IV Lapušneanu (1564-1568) e la moglie Roxandra Domna, grandi benefattori dei Monasteri athoniti, si interessarono a Dochiaríu. Essi riscattarono e restituirono al Monastero alcuni domìni che erano già stati di sua proprietà, e fecero costruire l'attuale katholikón, del tradizionale tipo agiorita, uno dei più grandi dell'Athos.

In seguito, il Monastero poté agevolmente sopravvivere grazie alle donazioni di altri benefattori, nei primi anni del XVII secolo. È di quell'epoca l'attuale ala meridionale e la poderosa torre che lo fa assomigliare ad una fortezza medioevale. Nel XVIII secolo fu poi eretto il campanile e l'ala nord-orientale. Durante la guerra di indipendenza greca (1821) al Monastero furono confiscati i beni ed una parte dei suoi Monaci perdette la vita per mano delle truppe turche di Mehemet Pascià.

Il Monastero di Dochiaríu visto dal mare.
Il Monastero di Dochiaríu visto dal mare.

La tradizione fa risalire la fondazione del Monastero di Dochiaríu al secolo decimo, ad opera di un monaco di Costantinopoli, di nome Eutimio, discepolo e compagno di ascesi di Sant'Atanasio l’Athonita. Il nome Dochiaríu risale allo stesso Eutimio che era stato il dochiáris, ossia magazziniere o custode dell'olio e del vino del Monastero della Grande Lavra, mansione che gli venne attribuita come soprannome. In seguito, egli stesso fondò un piccolo Monastero dedicato a San Nicola presso il porto di Dafni, presto scomparso. I suoi monaci, guidati dallo stesso Eutimio, lo ricostruirono poco lontano, in posizione più difendibile, ed il nuovo Monastero prese il nome di Dochiaríu, dal soprannome del suo fondatore. Il primo Tipikón (carta di fondazione) del Monte Athos del 972 ne conferma l'esistenza, con la firma del suo igumeno Eutimio che compare al ventiquattresimo posto fra le cinquantasette presenti. Il secondo Tipikón, risalente al 1045, colloca l’insediamento monastico al decimo posto fra i 180 monasteri di quel tempo. Tali elementi indicano chiaramente che Dochiaríu godette di una certa prosperità dalla sua fondazione fin verso la fine del XIII secolo, epoca in cui le scorrerie dei pirati interruppero il suo momento felice.

Il Katholikón

Il katholikón, consacrato agli Arcangeli Michele e Gabriele, è stato edificato nel 1568 per volontà dei principi moldavi Alessandro IV e sua moglie Roxandra, i cosiddetti secondi fondatori di Dochiaríu. La pianta è quella tradizionale agiorita a trifoglio e lití; quest'ultima è sorretta da quattro colonne ed è particolarmente ampia. All'esterno la straordinaria altezza dei muri, il carattere massiccio della costruzione e l'impiego di contrafforti, hanno le caratteristiche delle chiese della Moldavia e confermano pertanto l'intervento di architetti provenienti da tali zone, patrocinati dai prìncipi suddetti.

Gli affreschi che ne decorano le pareti sono opera di artisti ignoti di scuola cretese che li realizzarono nel 1568, riallacciandosi all'arte e alla tecnica di Teofane di Creta, maestro incontrastato di tale scuola. I temi sono quelli tradizionali: la Vergine nella conca absidale, il Pantokrátor nella cupola, gli Evangelisti sui pennacchi, le Grandi Feste nei cori e sulle volte, la Passione di Cristo nel braccio ovest della croce e i Miracoli. Le composizioni più grandiose sono quelle dell'albero di Iesse e del Giudizio Universale. L'albero di Iesse rappresenta la genealogia del Cristo, da Iesse a Davide, a Maria da cui germogliò Cristo. Il Giudizio Universale è rappresentato secondo lo schema tradizionale con il Cristo giudice al centro, circondato da una schiera di Angeli, dalla Vergine e il Battista in déissis ai suoi lati, dagli Apostoli, assistenti al Giudizio seduti su scranni, e dai gruppi degli eletti e dei reprobi.

Particolarmente pregevoli sono l'iconostasi in legno scolpito del 1783 e il ciborio in legno sovrastante l'altare.

La maestosa torre del Monastero di Dochiaríu, sede della ricca Biblioteca.
La maestosa torre del Monastero di Dochiaríu, sede della ricca Biblioteca.

La fiáli e la biblioteca

Il Monastero possiede una fiáli particolarmente suggestiva e del tutto insolita, sita a nord del katholikón. La costruzione, a pianta rettangolare, è aperta da arcate a colonne su due lati; al suo interno, accanto all'edicola per la benedizione dell'acqua, vi è un grazioso pozzo a carrucola. Sulla cupola sono tra l'altro affrescate scene di una leggenda che illustra la dedica del Monastero agli Arcangeli Michele e Gabriele.

Secondo la leggenda, un giovane pastore si era recato dai Monaci informandoli del ritrovamento di un tesoro su Sithonia, l'altra striscia rocciosa della penisola calcidica. L’abate Neofito inviò con lui due Monaci per nascondere il tesoro. Rimasti come accecati dallo splendore dell'oro, i due confratelli lo nascosero e gettarono in mare il ragazzo; poi rientrarono al Monastero e raccontarono all'abate che il pastore era fuggito via con il tesoro. Dopo l'Ufficio liturgico della sera, mentre i Monaci stavano chiudendo la chiesa, sentirono piagnucolare qualcuno e videro sull'altare il giovane pastore grondante d'acqua. Egli disse che gli Arcangeli lo avevano tirato fuori dall'acqua salvandogli la vita: così tutto fu chiaro e l'oro era stato preservato per il Monastero.

La sede della biblioteca è nell'alta torre del Monastero. Vi sono conservati 441 manoscritti, di cui 62 su pergamena, e circa 3.000 volumi stampati. Nel tesoro sono custoditi arredi e paramenti sacri, reliquie di Santi ed un frammento della Vera Croce.

La fiáli del Monastero.
La fiáli del Monastero.

Cappella della Vergine Gorgoepíkoos

Il Monastero possiede nove Cappelle di cui sei si trovano entro le mura, dedicate rispettivamente: alla Vergine Gorgoepíkoos, ai Quaranta Martiri, alla Dormizione della Vergine, all'Annunciazione, a San Giorgio e ai Santi Taxiarchi; le altre tre sono fuori le mura, dedicate a Sant’Onofrio, a San Nicola e a San Trifone.

La più nota è la Cappella detta della Vergine Gorgoepíkoos (= colei che esaudisce rapidamente), che sorge di fronte all'entrata del katholikón. Quivi è custodita l’omonima veneratissima icona della Vergine.

L’icona, del tipo dell’Odigítria, appartiene alla cosiddetta categoria delle «icone di terrore» ed è oggetto di una leggenda di cui i calogeri vanno fieri: secondo questa, nel 1644 un monaco di nome Nilo, allora addetto al refettorio, passava frequentemente davanti all'icona con una torcia accesa per rischiarare l'oscurità del passaggio; un giorno udì una voce che gli diceva: «La prossima volta non passare più con una torcia perché mi annerisci il viso». Il monaco non vi fece caso, credendo trattarsi della voce di un confratello, e continuò a comportarsi allo stesso modo. L'icona allora lo rese cieco, così come il monaco - aggiungono i calogeri - aveva resa cieca l'icona.

Nilo comprese la propria colpa e pregò la Vergine di perdonarlo; così, dopo qualche tempo, l'icona gli parlò dicendogli che era stato perdonato, in quanto la Vergine «esaudisce rapidamente» le preghiere, e la vista gli ritornò. Un documento athonita che commenta il prodigio mette in bocca alla Madonna il seguente discorso:

"O monaco, le mie orecchie
hanno udito la tua preghiera
e il tuo desiderio sarà esaudito:
tu vedrai come prima. Ma annuncia
anche agli altri Monaci, ai Padri
e fratelli della Comunità, che io sono
la Madre di Dio e che, dopo Dio,
io sono il sostegno, il soccorso
e la potente Patrona di questo santo
Monastero degli Arcangeli, e che me
ne prendo cura a protezione e difesa.
Accorrano i Monaci a me da ora in
poi, quando si troveranno in affanno:
io li esaudirò prontamente;
così come anche i Cristiani ortodossi
che ricorreranno a me in spirito
di pietà. Il mio nome difatti sarà:
‘Colei che esaudisce prontamente’ ".

Grazioso pozzo a carrucola all’interno della fiáli, accanto all'edicola per la benedizione dell'acqua il giorno dell’Epifania e ad ogni prima domenica del mese.
Grazioso pozzo a carrucola all’interno della fiáli, accanto all'edicola per la benedizione dell'acqua
il giorno dell’Epifania e ad ogni prima domenica del mese.

Diffusione della Gorgoepíkoos nel mondo

La devozione alla Gorgoepíkoos è di origine bizantina, come risulta dall’esistenza a Costantinopoli di un Cenobio dallo stesso nome, risalente al secolo XI. Ad Atene esiste tuttora un tempietto che porta questo nome, molto noto ai turisti con il nome di mikrá metrópolis (= piccola cattedrale): la chiesa, di dimensioni ridotte, a forma di croce con cupola risalente al XII secolo, è situata a ridosso della moderna cattedrale di Atene ed è adornata da bellissimi fregi e bassorilievi.

In Russia l’icona è celebrata il 9 novembre con il nome di "Skoroposlusinka", titolo equivalente, che significa appunto: "colei che aiuta presto".

Il titolo mariano si segnala anche in Asia Minore, in Bulgaria, a Tripolitza nel Peloponneso, in Egitto e anche in Italia. A Palmi, ad esempio, si venera una icona che porta l’iscrizione Gorgoepíkoos, risalente molto probabilmente al secolo XVII, e apparentata, secondo studiosi locali, ai quadri della Madonna della Lettera, venerati a Tropea e a Messina.

Dal Canone Paracletico (o di supplica)

Da notare, per finire, che la Madonna Gorgoepíkoos è stata celebrata con un ‘Canone Paracletico’ dal celebre monaco Nicodemo Agiorita (+1801), autore della Filocalia. Dalla lunga composizione, composta sulla falsariga dell’Ufficio mariano della Paráklesis, traduciamo ai nostri lettori le strofe finali che portano il nome di Megalinaria (inno ispirato al Magnificat).

George Gharib
  
 
      

Megalinaria alla Madre di Dio Gorgoepíkoos

"Fratelli, chiniamoci davanti alla taumaturgica
e santa immagine della Gorgoepíkoos:
essa zampilla e compie guarigioni;
baciamola quindi con amore.

Possedendo la tua santa icona,
o Vergine immacolata, quale torre fortificata,
noi ci rifugiamo nel tempo dei pericoli.

È tempo di invocazione di aiuto per noi,
abbiamo bisogno ora del tuo soccorso, o Immacolata;
liberaci nelle necessità e da ogni pericolo
e porgi in fretta una mano soccorritrice.

Il Cielo, o Vergine, ha il tuo corpo e la tua anima;
il Monastero di Dochiaríu possiede invece
la tua immagine, venerata col titolo di Gorgoepíkoos.

Alza i tuoi occhi, o Maria, mira con compassione
quanti sostano davanti alla tua santa icona e ti invocano;
dà compimento, o piena di ogni lode, alle loro richieste.

Possa io vedere, o Vergine, nell'ora della morte
la tua santa icona che, guardandomi,
allontana da me la visione dei demoni.

Io sono colpito dal tuo amore, o Maria; il mio desiderio
si accende davanti la bellezza e la fama della tua santa icona,
o Vergine; io non mi sazio di magnificarti.

Cosa daremo noi infelici tuoi servi, o Vergine,
in cambio delle numerose tue grazie a noi concesse?
Tu ci hai lasciato in dono la tua santa icona
come celeste e ricco tesoro.

O voi tutte le schiere angeliche, o Precursore del Signore,
o Dodici Apostoli e Santi tutti, con la Madre di Dio
supplicate per la nostra salvezza!".

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