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La Vergine Maria...2

Ultimo Aggiornamento: 05/11/2008 19:35
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La Madre di Dio nella liturgia orientale


di GEORGE GHARIB

http://www.stpauls.it/madre/0501md/0501md17.htm

Preghiera

"Dolcissima Sovrana, mia speranza, o Madre di Dio, rifugio degli orfani e protettrice dei senza tetto, gioia degli afflitti e sostegno degli oppressi, guarda alla mia tristezza e al mio malessere, vieni in soccorso della mia debolezza, aiutami nelle mie necessità.

Tu conosci la mia miseria e, se vuoi, tu puoi mettervi fine. Al di fuori di te io non ho alcun soccorso, protezione, consolazione, divina Madre, se tu non mi custodisci e difendi nei secoli dei secoli. Amen".

Davanti all’icona della Madre di Dio, 
"Fiore immarcescibile"
– 2
   

Segue la presentazione della 2ª parte dell’Inno Akátisto della Madre di Dio "Fiore immarcescibile", titolo variamente ripreso dagli iconografi orientali.

Kondak 5

Ecco procedere il sacrificio mistico, il Re dell’universo; anche gli Angeli cantano dal Cielo: "Gloria a Dio nell’alto, gloria a Dio!". Ecco procedere il grande divino mistero! Quanto a noi, suoi indegni servitori, noi deponiamo ogni preoccupazione mondana e, con timore e gioia, come i pastori ed i Magi, ci chiniamo davanti a te, o Madre di Dio, e senza posa al tuo divin Figlio cantiamo: Alleluja.

Ikos 5

Ecco Simeone che, sospinto dallo Spirito, si introduce nel Tempio e accoglie tra le braccia il bambino Gesù; egli benedisse il Signore chiedendo di lasciarlo andare – lui, il suo servo – in pace. Quanto a te, una spada trafisse l’anima, o Vergine Maria, aprendo di molti il cuore ed i pensieri; quanto a noi, da te salvati, a te inneggiamo:

Rallegrati, Madre benedetta che hai mutato la tristezza in grande gioia.
Rallegrati, divina Madre che hai provato grande gioia e immensa pena per tuo Figlio.
Rallegrati, speranza e consolazione di tutti gli afflitti.
Rallegrati, Madre di Dio, immarcescibile Fiore.

Kondak 6

Una frenetica tempesta agita l’oceano di questa vita, ed è sul punto di inghiottirci nei suoi abissi, tanto da offuscare la nostra gioia; ma tu, o buona Madre, dolce e compassionevole, prega il tuo Figlio, nel mezzo delle nostre tristezze, di venire in soccorso degli orfani e di noi afflitti […]. Rendici degni con Simeone il Teoforo di cantare con gioia: ‘Adesso, o Signore, lascia partire il tuo servo’. Vieni in nostro aiuto, o tu immarcescibile Fiore; non abbandonarci, ma salva quanti a Dio cantano: Alleluja.

Icona della "Madre di Dio, Fiore immarcescibile" - Scuola macedone, sec. XVIII.
Icona della "Madre di Dio, Fiore immarcescibile" – Scuola macedone, sec. XVIII.

Ikos 6

Il fanciullo cresceva e si fortificava in grazia e spirito, e tu, sua Madre, custodivi in cuore ogni parola che lo riguardava. Afflitta e dolente, tu lo hai cercato fra gli amici, i parenti, i conoscenti; poi con immensa gioia lo hai trovato nel Tempio, seduto in mezzo ai dottori stupiti per il suo divino sapere. O immacolata dolcezza, soave bontà che riscalda il cuore del mondo intero, presta orecchio a questi nostri elogi:

Rallegrati, tu che hai fatto crescere il tuo bambino con amore.
Rallegrati, inconcusso baluardo dei bambini e dei piccoli […].
Rallegrati, Madre di Dio, immarcescibile Fiore.

Kondak 7

"Figlio, perché hai fatto questo a noi?"hai chiesto a Gesù, stupita di vederlo seduto fra i saggi e sapienti. O divino sapiente, o divino rivelatore, era per te indispensabile stare alle cose di tuo Padre celeste. Buona Madre, vieni anche tu presso i tuoi figli, coprici col lembo del tuo velo profumato, illumina i nostri figli e le nostre figlie con la luce del sapere, fortifica il loro corpo e la loro anima, conservali nella sottomissione ai loro genitori, fa’ che crescano per la gloria di Dio e il bene della loro patria […]. Fiore immarcescibile, è con grande fede e inalterata speranza che noi ci prosterniamo ai tuoi piedi e senza mai cessare cantiamo a Dio: Alleluja.

Ikos 7

Tu intercedi con calore in nostro favore, ed è per la tua parola alle Nozze di Cana in Galilea che tuo Figlio e Dio operò il suo primo miracolo. Divina Madre, chiedi a tuo Figlio ancora presente in mezzo a noi di operare un altro miracolo: di cambiare i nostri giorni di afflizione, lacrime e oppressione nella gioia della novità di vita, così da eliminare dai nostri cuori il male. Tu, inaccessibile purezza, misericordia ineffabile, porgi l’orecchio alla nostra preghiera e concedi a noi di cantarti così:

Rallegrati, splendida luce dell’amore e del perdono.
[…] Rallegrati, perché la parola di tuo Figlio opera il miracolo che dona agli uomini la gioia.
Rallegrati, Madre di Dio, immarcescibile Fiore.

Kondak 8

Non c’è più amore, la verità è scomparsa, il nemico ha seminato nei cuori la menzogna, l’odio, la collera, l’invidia. O Dio di misericordia, chi ha infestato la tua ammirabile messe, chi ha seminato tra il grano l’erbaccia? La tua collera è giusta; contro il tronco è già pronta l’ascia; ma ecco che la tua Madre si china ai tuoi piedi come calda avvocata del mondo intero. O forza dell’amore, o soavità del cuore! Allontana da noi la collera del nostro Dio, benedici quanti ci odiano, dona ai nostri nemici il perdono, attenua il loro furore, fai splendere in loro il luminoso amore di Cristo. Fiore soave, abbi pietà di noi che siamo come vasi vuoti e riempili con la pura gioia del rinnovamento spirituale, così da non cessare, in azione di grazia, di cantare: Alleluja.

"Fiore rosa immarcescibile" – Icona del sec. XIX.
"Fiore rosa immarcescibile" – Icona del sec. XIX.

Ikos 8

O divino Maestro ovunque presente, nel Cielo e quaggiù, che guarisci i malati e riempi del tuo amore tutto quanto il mondo; o dolce vittima, eccoti appeso e inchiodato alla Croce in mezzo ai malfattori; la marmaglia ti prende in giro, assieme ai prìncipi del popolo ed ai soldati. E tu, Madre afflitta, chini il capo sotto la Croce e una spada trafigge il tuo cuore materno. Quanto a noi, meditando sui dolori di tuo Figlio, ti rivolgiamo questi saluti:

Rallegrati, dolce Vergine, la tua pena sarà cambiata in gioia, e la tua gioia non ti sarà tolta.
Rallegrati, alla vista del Figlio umiliato, tu hai capito che i suoi dolori erano destinati alla gloria.
Rallegrati, perché tu sarai chiamata Regina del mondo e sederai alla destra di Gesù tuo Figlio.
[…] Rallegrati, divina Madre, celeste immagine della purezza e della bontà.
Rallegrati, Madre di Dio, immarcescibile Fiore.

Kondak 9

Vedendo la condanna a morte di Cristo, appeso alla Croce come un malfattore, noi gridiamo: Abbi pietà di noi peccatori, tu che per noi e per le nostre colpe soffri questo terribile castigo! Madre dei dolori, non distogliere da noi il tuo volto, purifica i nostri cuori per poter, in fervore di spirito, come ceri di pentimento bruciare davanti alla Croce del tuo divin Figlio, pregandolo senza sosta:

Ricordati di noi, Signore, nel tuo regno! E tu, o Madre, per i tuoi dolori rendici degni di cantare a Dio: Alleluja.

Ikos 9

"Tutto è consumato: Padre io depongo il mio spirito tra le tue mani!" . O Madre addolorata, tu sentivi la terra tremare di tristezza, il tuo cuore spezzarsi, il velo del Tempio spaccarsi. Tu vedevi le tenebre coprire la terra e il popolo come tramortito che diceva: "Veramente quest’uomo è Figlio di Dio!". Quanto a noi, ammirando tale prodigio, a te ci rivolgiamo con gioia:

[…] Rallegrati, sacrario del mistero più profondo.
Rallegrati, dispensatrice della grazia di Dio.
Rallegrati, Madre di Dio, immarcescibile Fiore.

Kondak 10

Faccia silenzio ogni carne umana, si trattenga con timore e tremore: ecco che per i peccati del mondo è offerto il sacrificio più grande; deponiamo ogni vano pensiero terrestre e con un cuore puro prostriamoci davanti al trono del Re della gloria, inneggiando senza sosta: ‘Santo, santo, santo sei tu, Signore Sabaoth!’. E tu, o Madre della nostra salvezza, all’eterna beatitudine fai partecipare anche noi, mentre cantiamo a Dio: Alleluja.

"Madre di Dio, Fiore immarcescibile" – Icona greca [1790].
"Madre di Dio, Fiore immarcescibile" – Icona greca [1790].

Ikos 10

Il primo giorno della settimana, di gran mattino, le donne vennero al sepolcro portando aromi; la pietra era rotolata e il corpo del Signore non si trovava. "Donne, non abbiate paura, non cercate il Vivente fra i morti, perché Cristo è risuscitato, come aveva promesso". E tu, o nostra Signora, hai dato al mondo di poter a te così inneggiare:

Rallegrati, perché il tuo Figlio è risuscitato dal sepolcro il terzo giorno.
Rallegrati, perché la terra esulta e nei Cieli gli Angeli cantano il Cristo risuscitato dai morti.
Rallegrati, perché per te le catene eterne sono state spezzate.
Rallegrati, perché dalle tenebre eterne noi siamo stati liberati per le tue preghiere e il tuo amore.
Rallegrati, Madre di Dio, immarcescibile Fiore.

Kondak 11

O Gerusalemme, tu che uccidi i profeti, Gerusalemme, ecco perdonati da Dio i tuoi gravi misfatti, e sul mondo intero splende il Sole senza declino. O Vergine immacolata, purifica le nostre anime e coprici dell’abito nuziale, così che con gioia noi possiamo entrare nella splendida camera nuziale di Cristo, cantando: Alleluja.

Ikos 11

Quando venne l’ora della tua ascesa presso Dio, o divina Madre, un Angelo del Signore venne di nuovo a stare davanti a te, splendente di luce; allora tu hai accolto il volere divino con gioia e umiltà, e con dolcezza sei andata verso il tuo divin Figlio. Tu che non tralasci di intercedere per noi, nella tua misericordia permetti anche a noi di uscire in pace e senza dolore da questa valle di lacrime e afflizione, così da poterti rivolgere queste salutazioni :

Rallegrati, celeste Regina salita nei Cieli.
[…] Rallegrati, tu che nella tua Assunzione al Cielo non ci hai abbandonati.
Rallegrati, Madre di Dio, immarcescibile Fiore.

Kondak 12

O tremendo destino della nostra ultima ora! Il nostro cuore e tutte le nostre membra tremano a questo pensiero. Come lasceremo i nostri vicini e quanti ci sono cari? Come andremo in solitudine verso la nuova vita? Come staremo davanti al terribile tribunale del nostro Dio e Creatore? Tu, o nostra consolatrice, nostro buon soccorso, vieni in nostro aiuto in quel giorno, poggia sulla nostra fronte la tua materna mano per addolcire la nostra pena e sollevare la nostra anima dall’afflizione. Placa l’angoscia della separazione e risplenda davanti ai nostri occhi la luce dell’eterna verità. O Madre purissima, in te noi speriamo e a te lo chiediamo, a Dio cantando: Alleluja.

Santuario "Madonna dei Fiori" – Bra [Cuneo].
Santuario "Madonna dei Fiori" – Bra [Cuneo].

Ikos 12

Anima mia, cosa stai per rispondere al Signore quando verrà per giudicare la terra con severità ? Da una parte all’altra della terra la tromba dell’Arcangelo suonerà per radunare tutte le Nazioni, e in tutta la sua gloria il Figlio dell’uomo verrà; e la moltitudine delle nostre colpe coprirà il Cielo.

O compassionevole Madre di Dio, solo in te in quel giorno noi potremo sperare: sii nostra forza e sostegno; davanti alla tua santa icona noi ci prostriamo a terra, gridando con speranza e ardente fede:

Rallegrati, baluardo e protezione del mondo intero.
Rallegrati, nostro soccorso di fronte al tribunale di tuo Figlio.
Rallegrati, celeste Regina, divina Madre del Signore della terra e del Cielo.
Rallegrati, Madre di Dio, immarcescibile Fiore.

Kondak 13

Immarcescibile Fiore, santa Vergine Maria, tu che hai messo al mondo il Verbo più santo di tutti i santi, accogliendo l’offerta della nostra preghiera, liberaci da ogni pericolo e rendi degni del regno dei cieli noi che a Dio cantiamo: Alleluja.

George Gharib

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La Madre di Dio nel culto orientale

di GEORGE GHARIB

La Madonna di Saidnaya
   

Saidnaya ha avuto un'immensa popolarità durante tutto il Medioevo, svolgendo un ruolo di primaria importanza nella pietà popolare, sia in Oriente che in Occidente, alla stregua di Lourdes e di Fatima nei tempi moderni

La Siria, Paese di antica cristianità, ha sviluppato un esteso culto mariano che ha lasciato tracce in molti campi dell’arte, dell’architettura, della teologia e della liturgia. Il Paese è costellato di Chiese, di Monasteri e di Santuari mariani piccoli e grandi, molti dei quali hanno subìto non pochi danni per le numerose invasioni che hanno afflitto la Siria durante la sua lunga storia, riducendo ora la presenza cristiana al 10% circa della popolazione del Paese.

Tra i Santuari mariani sopravvissuti a traversie e distruzioni, il maggiore è quello di Saidnaya, nome di un villaggio sito ad una ventina di chilometri dalla capitale Damasco, il cui Monastero custodisce una preziosa icona mariana attribuita al pennello di San Luca, che richiama ancora fiumane di Pellegrini provenienti da tutti gli angoli della Siria e da altri Paesi vicini e lontani.

Il Monastero – che somiglia ad una piazzaforte costruita su un grande sperone cinto da alte mura – appartiene al Patriarcato ortodosso di Antiochia, che ha sede a Damasco; lo officia e ne prende cura una numerosa Comunità di Monache di rito bizantino e di lingua araba, sotto la guida di un’igumena, o badessa, che vigila sul Monastero e accoglie i numerosi Pellegrini ortodossi, cattolici e musulmani, guidando tutti a pregare davanti all’icona della Madonna.

Serie di vedute del Monastero-Santuario di Saidnaya, dal generale al particolare.
Serie di vedute del Monastero-Santuario di Saidnaya, dal generale al particolare.

Origini del Monastero-Santuario

Le origini del Santuario si perdono nella notte dei tempi. Alcuni fanno risalire la fondazione all'imperatrice Eudossia (+ 460), donna di grande cultura, che avrebbe trovato a Gerusalemme il ritratto della Madonna dipinto da San Luca; ma più probabilmente il Santuario è da far risalire al VI secolo, ad opera dell’imperatore Giustiniano I (+ 565). Secondo una graziosa leggenda, questi, impegnato in una campagna contro la Persia, durante una battuta di caccia in Siria, smarrì la strada nelle vicinanze di Damasco, rischiando di morire di sete. Intravide allora una gazzella che, dopo averlo guidato ad una sorgente d'acqua, sparì com'era apparsa. Giustiniano riconobbe in lei la Vergine, e ordinò di costruire sul luogo un Santuario in suo onore. Lo affidò a Monache che fecero giungere da Gerusalemme un’immagine della Madonna attribuita, appunto, al pennello di San Luca.

Il nome Saidnaya significa in lingua siriaca "Signora della caccia", in ricordo della suddetta partita di caccia dell’Imperatore. L’immagine, oltre alla sua origine lucana, era anche molto nota per i miracoli che le venivano attribuiti.

Serie di vedute del Monastero-Santuario di Saidnaya, dal generale al particolare.

Il pellegrino che oggi entra nel sacrario per visitare la Madonna [chiamata comunemente Chagoura: parola siriaca che significa celebre, illustre, famosa], è invitato a togliersi le scarpe prima di accedere all’edicola contenente, dietro una grata di ferro, la sacra immagine, come si legge in una iscrizione scolpita all’ingresso, tratta dal Libro dell’ Esodo 3, 5: "Togli le scarpe dai piedi, poiché il luogo in cui tu ti trovi è terra santa".

Il luogo è letteralmente tappezzato di icone, di doni preziosi, di lampade, di lampadari ed ex-voto. L’illuminazione è assicurata dalla sola luce delle candele e delle lampade ad olio che qui ardono giorno e notte.

L’immagine stessa è di piccolo formato e nascosta sotto una profusione di argenti, ori e gemme varie; vi è raffigurata, secondo tradizioni antiche, la Madonna con Bambino, del tipo della Galaktotrofousa, o Allattante. Tra i prodigi più insigni dell’immagine vi è l’essudazione di un liquido oleoso e profumato che si raccoglie sotto l’immagine e che le Monache distribuiscono ai Pellegrini per la santificazione loro e la guarigione dei malati.

Serie di vedute del Monastero-Santuario di Saidnaya, dal generale al particolare.

Popolarità del Santuario, anche presso i Musulmani

La Madonna di Saidnaya ha avuto un’immensa popolarità durante tutto il Medioevo e ha svolto un ruolo di primaria importanza nella pietà popolare, sia in Oriente che in Occidente, alla stregua di Lourdes e di Fatima nei tempi moderni.

Attirava masse enormi di fedeli, calcolate talvolta a 50mila persone, nonostante l’insicurezza e le difficoltà del viaggio. Durante il Medioevo, il Santuario era una meta obbligata nell’itinerario seguito dai Pellegrini che si recavano in Terra Santa.

Interessante è notare che la venerazione della Madonna di Saidnaya non si limitava ai soli Cristiani. Anche i Musulmani e gli Ebrei accorrevano numerosi ai piedi della Vergine, implorando grazie ed aiuto; e Maria prodigava i suoi favori a tutti.

La cronaca di Thietmar riferisce, tra l’altro, il seguente episodio che accadde nel 1203 circa: "Un sultano di Damasco, sul punto di perdere la vista, andò a visitare "Nostra Signora di Sardan" e, benché pagano, non esitò a recarsi al Santuario. Lì cadde a terra e pregò; alzandosi poi, egli poté vedere la lampada che ardeva davanti alla santa immagine. Vedendosi guarito, rese gloria a Dio insieme a tutti i presenti; e fissando di nuovo la luce della lampada, egli promise una rendita di 50 misure di olio perché la stessa continuasse ad ardere in perpetuo. La quantità d’olio promessa fu regolarmente consegnata fino al tempo di Nour-ed-Din". [La tradizionale offerta durò fino alla deposizione del sultano turco Abdel Hamid, nel 1909].


Icone e immagini della Madonna di Saidnaya.
Icone e immagini della Madonna di Saidnaya.

Un altro principe musulmano, Malek al-Adel Seif-ed-Din, fratello di Saladino e pretendente alla mano della sorella di Riccardo ‘Cuor di Leone’, era afflitto da una strana malattia olfattiva: perdeva i sensi non appena odorava una rosa e questo proprio nel Paese delle rose, nel regno dell’immortale essenza delle rose. Dopo aver provato invano tutte le medicine, decise di andare in pellegrinaggio presso la Madonna di Saidnaya. Fu miracolosamente guarito e, tornato a Damasco, fece fare una rosa d’oro, tempestata di gemme, che emanava aromi così soavi – aggiungono le cronache – da profumare tutto il deserto della Siria; e ne fece omaggio alla Madonna. Alcuni hanno voluto individuare in questo racconto l’origine del nome attribuito a Maria di ‘Rosa mistica’ nelle Litanie mariane.

Tali racconti, accolti con calda e sincera devozione durante tutto il Medioevo, hanno contribuito a dare lustro a questo Santuario mariano e a sviluppare l’amore verso Maria non solo in Siria ma anche nei Paesi confinanti. La festa si celebra a tutt’oggi l’8 Settembre, giorno della Natività di Maria. Per l’occasione i fedeli, accorsi già il giorno precedente, assistono alla Messa e vanno in processione verso l’icona; le Monache li ungono con l’olio profumato che emana dall’icona; molti poi trascorrono uno o più giorni nella foresteria del Monastero, contenti di stare sotto l’occhio vigile e benevolo della Madre di Dio, prima di ritornare nelle loro case.

Distribuzione dell’olio profumato, essudato dall’immagine della Madonna, distribuito ai Pellegrini.
Distribuzione dell’olio profumato, essudato dall’immagine della Madonna, distribuito ai Pellegrini.

La ‘variante etiopica’ in una leggenda edificante

È da ricordare, infine, che la Madonna di Saidnaya ha riscosso i favori della Chiesa etiopica di Abissinia, la quale celebra una festa in suo onore il 10 del mese di maskaram, corrispondente al nostro 7 Settembre: ciò trova forse origine nei tempi in cui tutte le Comunità cristiane chiedevano di avere un proprio altare a Saidnaya, esattamente come avveniva per il Santo Sepolcro a Gerusalemme.

Il "Libro etiopico dei miracoli di Maria" riporta, in proprio, la seguente versione dell’origine dell’immagine della Madonna di Saidnaya:

"C’era una vedova, nel paese di Saidnaya, di nome Marta. Essa amava Nostra Signora, la santa doppiamente Vergine Maria, Madre di Dio, dal profondo del cuore e la serviva con ogni sua possibilità. Aveva fatto della sua casa un ospizio per forestieri. Un giorno fu da lei ospite un santo monaco di nome Teodoro, che essa ricevette con gioia. All’indomani, mentre lo congedava, gli chiese: ‘Dove vai, padre?’ – Egli rispose: ‘Vado a venerare il tempio di Gerusalemme’. Disse lei: ‘Prendi da me un po’ di oro e comprami una effigie di Nostra Signora, la doppiamente Vergine Maria, Madre di Dio, che mi porterai al tuo ritorno’. Rispose [Teodoro]: ‘Te la comprerò col mio denaro e te la porterò’.

Una serie di icone e immagini della Madonna di Saidnaya.
Una serie di icone e immagini della Madonna di Saidnaya.

Quindi andò e giunse a Gerusalemme. Venerò i Luoghi Santi e tornò per la sua via senza comprare l’effigie. Allora udì una voce che gli diceva: ‘Perché hai dimenticato di comprare l’effigie?’. Spaventato, ritornò ed andò al mercato e trovò una effigie di Nostra Signora, la santa doppiamente Vergine Maria, Madre di Dio, di venusto aspetto e soave bellezza. Quindi la comprò e l’avvolse nel cotone e in panni puliti.

E mentre andava per la via, in una paurosa solitudine, lo assalirono i briganti e tentò di fuggire. Ma uscì da quella effigie una voce che diceva: ‘Continua per la tua strada’. E andò per la sua strada, senza che alcuno gli si avvicinasse. Poi lo assalì un terrificante leone che voleva sbranarlo. Allora uscì da quella stessa effigie una voce terrificante che fece scappare il leone.

Abba Teodoro, vedendo questi miracoli, desiderò portarsi l’icona nel suo paese di nascosto. E, mentre attraversava il mare in nave, si levò un forte vento e lo riportò verso Damasco. Sceso dalla nave, entrò nella casa della vedova che già lo aveva ospitato; ma né lui si rivelò ad essa né essa lo riconobbe. Al mattino, quando volle uscire e andarsene di nascosto al suo paese, non trovò la porta del recinto. Passò il giorno cercandola a tentoni; e così entrò nella sua camera. Quando la vedova lo vide, si meravigliò assai. Vi restò tre giorni; ogni sera vedeva la porta e voleva uscire, ma non trovava la via per arrivarci. Poi quella donna lo prese per mano e gli disse: ‘Padre mio, che cosa mai ha turbato il tuo cuore, che ti vedo così trepidante?’. Egli le raccontò tutto quello che gli era accaduto circa l’effigie e svelò il suo segreto.

Icona del tipo della Galaktotrofousa, di supposta provenienza da Saidnaya, venerata nel sacello della "Madonna delle Grazie" in Roma.
Icona del tipo della Galaktotrofousa,
di supposta provenienza da Saidnaya,
venerata
nel sacello della "Madonna delle Grazie" in Roma.

Essa lo fece entrare in casa e scostò il mantello che nascondeva l’icona, che allora vide trasudare. Per troppa gioia baciò le mani ed i piedi del monaco e portò l’icona nella sua Cappella e la pose con grande onore sopra una finestra. Fece fare un cancello di ferro dietro il quale porla, perché non la toccasse alcuno. Pose innanzi ad essa una lampada che restava accesa giorno e notte; e, davanti alla lampada, stese una cortina di seta. Sotto l’icona pose un piatto di marmo, nel quale si raccogliessero le stille di sudore che grondavano dall’icona.

Il monaco Teodoro rimase con lei a servire l’icona di Nostra Signora, la doppiamente Vergine Maria, Madre di Dio, fino a quando entrambi morirono.

Quando il Metropolita intese la storia di questa icona, venne col Vescovo, il Clero e tutto il popolo. Trovarono quella icona che era come rivestita di carne. Ed avendola vista, si meravigliarono di quest’opera divina. Allora attinsero quel sudore dal piatto e se lo ripartirono in segno di benedizione. Ma il piatto si riempiva sempre nuovamente. Poi volle il Metropolita trasferirla in un altro luogo; ma venne un gran terremoto che lo impedì […]. E si vede sino ad oggi che questa icona fa miracoli e prodigi. La preghiera e benedizione di lei permangono con noi nei secoli dei secoli. Amen!".

Il racconto edificante – anche se piuttosto fantasioso – si conclude con la seguente invocazione: "Ecco, è passato sopra di me l’inverno del dolore;/ ed è sbocciato nel mio cuore il fiore della tua lode, la gioia./ Che dalla tua icona, o Vergine, tu faccia trasudare dell’olio:/ questo miracolo tuo, di cui ho sentito parlare, e che è scritto sul legno,/ in Etiopia l’ho meglio potuto conoscere".

George Gharib

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La Madre di Dio nel culto orientale

di GEORGE GHARIB

La Vergine "Sorgente di Vita" 
   

La singolare storia dell’unico Santuario mariano rimasto di Costantinopoli, gloriosa sede del Patriarcato ecumenico – Per il continuo grande afflusso di malati, è detto la "Lourdes dei Bizantini".

La Turchia moderna, Stato geograficamente asiatico ma che aspira a far parte dell’Europa allargata, possiede già al di là dei Dardanelli un territorio appartenente alla vecchia Europa e comprendente la città di Istanbul: la Costantinopoli che è stata per dieci secoli Capitale dell’Impero bizantino, fondato da Costantino. Il cambiamento del nome avvenne con la conquista turca della Città nel 1453 e la sua trasformazione in Capitale dell’Impero ottomano, fino al cambiamento di questo, nel 1924, in uno Stato laico che porta il nome di Repubblica di Turchia, con relativo trasferimento della sua Capitale nella città asiatica di Ankara.

Qui tratteremo dell’unico Santuario mariano rimasto a Istanbul, quello che porta il nome greco di Madonna della "Zoodochos Pege", ossia della "Fonte viva" [o "Sorgente di Vita"].

Icona russa della Madre di Dio "Sorgente di Vita" - Ufficio Archeologico presso l'Accademia Ecclesiastica Moscovita [sec. XIX].
Icona russa della Madre di Dio "Sorgente di Vita" 
Ufficio Archeologico presso l’Accademia Ecclesiastica Moscovita [sec. XIX].

Storia del Santuario

L’origine del Santuario è legata alla presenza a Costantinopoli di una fonte di acqua miracolosa. Secondo la tradizione, il futuro Imperatore Leone I (457-474), ancora semplice soldato, nelle vicinanze della Capitale si era imbattuto in un cieco che aveva smarrito la strada e gemeva per la gran sete; volendo aiutarlo, ma non trovando acqua nei dintorni, udì una voce che gli indicò lì vicino una polla d'acqua seminascosta. Il cieco poté così dissetarsi e, lavandosi il volto, riacquistò miracolosamente la vista. Divenuto Imperatore, Leone I fece costruire una chiesetta in onore della Madonna, dandole il nome di "Zoodochos Pege" [ossia "Sorgente di Vita"]. Nel secolo VI l’Imperatore Giustiniano (527-565) la trasformò in una grande Basilica, dotandola di annesso Monastero. Da allora il Santuario-Basilica divenne meta di pellegrinaggi per gli Imperatori, che vi si recavano con solenne pompa più volte l’anno, e luogo di molti miracoli di guarigione, che non sarebbero mai cessati: nel secolo XIV, Niceforo Callisto, autore dell'Ufficio della festa, ne elenca sessantatre, quindici dei quali avvenuti mentre egli era in vita.

Nel 1453 i Turchi musulmani, dopo un lungo assedio alla Capitale bizantina, conquistano Costantinopoli, che viene saccheggiata dalla soldatesca infuriata per la sua lunga resistenza. Saccheggiarono Chiese, Monasteri e Conventi; depredarono case e palazzi, portandone via non solo il contenuto, ma anche gli abitanti rimasti senza nessuna difesa.

La Miracolosa fontana " Zoodochos Pege [Sorgente di Vita]" nella Cripta del Santuario di Balilkli, Istanbul.
La Miracolosa fontana " Zoodochos Pege [Sorgente di Vita]" nella Cripta del Santuario di Balilkli, Istanbul.

Quelli che si erano rifugiati nella Cattedrale di "Santa Sofia" furono barbaramente trucidati. Le Chiese, compresa la stessa Cattedrale, quando sono rimaste in piedi, furono trasformate in Moschee. Dei numerosi Santuari mariani esistenti, l’unico rimasto è quello della "Fonte Viva", sia pure dopo alterne e terribili vicende.

Infatti, anche questo il Sultano aveva dato ordine di distruggere, usandone i materiali per la costruzione di una Moschea. Più tardi i Cristiani poterano costruire una chiesetta annessa alla fonte miracolosa, anche questa distrutta nel 1821; ma i Cristiani ottennero dal sultano Mahmoud II (1808-1839) di ricostruirla ancora. I lavori si conclusero il 30 dicembre 1834 e il patriarca Costandinos II poté presiedere la cerimonia della Dedicazione alla presenza di dodici Arcivescovi e di una grande folla di Sacerdoti e laici.

Il Santuario continua ad essere mèta ininterrotta di Pellegrinaggi, soprattutto in occasione della sua festa liturgica.

Posto fuori della "Porta di Silivri", nel quartiere detto "Balilkli" [per cui la Madonna che vi si venera è chiamata anche "Balilklitissa"], esso si compone non solo della Chiesa e della fonte sottostante, ma anche di un Camposanto che raccoglie le tombe di un gran numero dei Patriarchi di Costantinopoli.

Frequentatori del Santuario sono in maggioranza Pellegrini greci, non solo di Costantinopoli, ma anche delle vicine terre del Mar della Marmora e delle Isole Cicladi. Per il continuo grande afflusso di malati, Balilkli è stata chiamata anche la "Lourdes dei Bizantini". L’infermo che vi giunge viene bagnato in una specie di piscina alimentata dall’acqua della fonte; si versa poi per tre volte l’acqua miracolosa sulle membra dolenti, e se ne fa bere al malato che viene poi avvolto da un telo bagnato che si lascia asciugare sul corpo.

Madonna "Sorgente di Vita" nei mosaici della Chiesa "San Salvatore in Coro", presso il Santuario.
Madonna "Sorgente di Vita" nei mosaici della Chiesa "San Salvatore in Coro", presso il Santuario.

La festa liturgica bizantina e il tema iconografico

Anticamente, la festa liturgica si celebrava il 9 luglio e l'8 gennaio, oltre alla data mobile attuale del venerdì dopo Pasqua. Si finì però per privilegiare quest’ultima data per l'afflusso dei Pellegrini a Costantinopoli durante il periodo pasquale.

La festa ha un proprio Ufficio liturgico, anche se è piuttosto ridotto per la sua coincidenza con la settimana di Pasqua. I testi sono di una rara bellezza: ispirandosi alla fonte miracolosa, celebrano la Madre di Dio "Sorgente di Vita", vista sotto il duplice aspetto di colei che riceve da Dio la vita, che è Cristo, e di colei che la dà alle anime, come esprimono i testi liturgici.

Il Tropario della festa così invoca Maria: "Tu che hai generato la Pioggia sovraceleste, ti sei dimostrata Fonte che fa scorrere la vita, o Vergine, e sempre tu fai sgorgare per noi dalla tua fonte il nettare dell'immortalità, l'acqua zampillante verso la vita con flussi melliflui. Bevendone, noi ti acclamiamo: Ave, o Fonte della Vita! ".

Il Kondakion e l’ Ikos, a loro volta, prendendo in prestito il ritmo poetico dell'Acatisto, celebrano la Fonte identificata con Maria. L'Autore ricorre ed accumula molte immagini e figure tratte dalla Scrittura e dalla natura, il tutto espresso in poetiche salutazioni [chairetismi o Ave].

] Tombe dei Patriarchi di Costantinopoli nel Camposanto annesso al complesso del Santuario di Balilkli.
] Tombe dei Patriarchi di Costantinopoli nel Camposanto annesso al complesso del Santuario di Balilkli.

Il Santuario e la festa liturgica della Madonna "Fonte di Vita" hanno costituito una ispirazione feconda di raffigurazioni presenti non solo sui muri, in affresco e mosaico, ma anche su tavole lignee, icone grandi e piccole, che i Pellegrini trovavano nel Santuario e portavano a casa per loro propria devozione e quella dei loro cari.

Le prime raffigurazioni della Madonna "Sorgente di Vita" conosciute nel mondo bizantino sono quelle dei tipi iconografici mariani abituali [quali l'Odigítria, l'Eléousa, ecc.], con netta preferenza per il tipo dell’Orante, con o senza il Bambino in grembo. [La più antica immagine di quest’ultimo tipo si riscontra in un mosaico della Kariye Djami di Istanbul, risalente al secolo XIV].

L'immagine si distingue dalla sola iscrizione posta ai lati del capo della Madonna, composta dalle iniziali del nome di Maria e dal nome aggiunto, così: "Madre di Dio - Zoodochos Pege [o Sorgente di Vita]".

Un nuovo tipo di "Madonna Sorgente di Vita" sembra abbia fatto la sua comparsa nel secolo XVI. La più antica raffigurazione conosciuta risale al 1555: si riscontra in un affresco del parecclísion di San Giorgio nel Monastero athonita di San Paolo: Maria è seduta maestosa in una grande vasca di fontana simile alla fonte battesimale; è del tipo dell'Orante-Platytera [cioè: "più vasta dei cieli"] e tiene in grembo il Bambino. L'iscrizione è la stessa incontrata nelle raffigurazioni precedenti.

Mosaico della Madre di Dio con il Bambino Gesù, tra l'Imperatore Giovanni II Comeno e l'Imperatrice Irene [sec. XII] - Chiesa di Santa Sofia, Istanbul.
Mosaico della Madre di Dio con il Bambino Gesù, tra l’Imperatore Giovanni II Comeno
e l’Imperatrice Irene
[sec. XII] – Chiesa di Santa Sofia, Istanbul.

Il tipo iconografico della Madonna "Sorgente di Vita", che si ritrova nelle numerose icone dei secoli XVII-XIX e in quelle che vengono tuttora dipinte in Grecia e nel mondo ortodosso, è stato codificato nei manuali di pittura. Quello greco del monaco athonita Dionisio da Furnà, intitolato "Ermeneutica della pittura", del secolo XVIII, propone agli iconografi il seguente schema:

"Una piscina tutta d'oro e la Madre di Dio nel mezzo, con le mani tese in su e, dinanzi a lei, Cristo che benedice con ambo le mani e tiene sul petto l'Evangelo con la scritta: "Io sono l'acqua viva", e due Angeli che tengono con una mano la corona al di sopra della testa della Vergine e, con l'altra, cartigli che dicono, uno: "Salve, fonte immacolata e vivificante", e l'altro: "Salve, sorgente immacolata, che hai ricevuto Dio". Sotto il fonte battesimale una cisterna con acqua e tre pesci dentro e, dall’una all’altra parte di essa: Patriarchi, prelati, sacerdoti, diaconi, Re e Regine, Principi e gran dame che si lavano e bevono con coppe e bicchieri, e molti infermi e paralitici che fanno lo stesso. Infine, sono raffigurati un sacerdote con una Croce che benedice un indemoniato, portatogli dinanzi per essere liberato dalla possessione diabolica, ed un capitano di vascello che versa l'acqua sul tessalo risuscitato" [cfr. Dionisio da Furnà, Ermeneutica della pittura, p.194].

Da notare che la presenza dei pesci nella vasca non è simbolica, perché i pesci esistono davvero nella piscina del Santuario: proprio per questo il quartiere dove esso si trova ha meritato di essere chiamato dai turchi "Balilkli", che in turco significa "dei pesci".

Icona della "Madre di Dio, il tuo grembo è divenuto sacra mensa", fonte di Vita - Mosca, Ufficio Archeologico dell'Accademia Eccl. (sec. XIX).
Icona della "Madre di Dio, il tuo grembo è divenuto sacra mensa", fonte di Vita
Mosca, Ufficio Archeologico dell’Accademia Eccl. (sec. XIX).

Il tema "Maria Sorgente di vita" in Oriente e in Occidente

Il titolo di Maria "Sorgente di vita" è molto antico e pieno di risonanze bibliche e patristiche. Esso si ispira ad alcuni testi dell'Antico Testamento, quali ad esempio il ‘Cantico dei Cantici’ in cui la sposa è così descritta: "Giardino chiuso tu sei, sorella mia, sposa, giardino chiuso, fontana sigillata... Fontana che irrora i giardini, pozzo d’acque vive e ruscelli sgorganti dal Libano" [Ct 4,12.15].

I Padri della Chiesa vi hanno ben presto visto la figura della Chiesa e di Maria. Verso la fine del secolo II ad esempio, Abercio, Vescovo di Gerapoli, poteva far scolpire su un epitaffio, conservato ora in Vaticano, le seguenti parole: "La fede ovunque mi guidava, e ovunque essa mi forniva in cibo un pesce di sorgente, grandissimo, puro, che la casta Vergine ha pescato, e distribuiva agli amici, tanto da cibarsene in perpetuo. Essa possiede un vino delizioso e lo dà con il pane".

Nel secolo IV Efrem Siro (+373) invoca così Maria: "Ave, Madre di tutti; ave, Sorgente di grazie e di consolazione per tutti".

Nella seconda metà del secolo V, l'Autore anonimo dell’Acatisto celebra la Madonna come "Roccia dalla quale sgorgano le acque di vita", "Sorgente di latte e di miele" (stanza XI), "Fonte dei sacri misteri", "Sorgente di acque abbondanti", "figura dell'antica piscina", "Fonte che monda le anime", "Coppa che versa letizia" (stanza XXI). In queste invocazioni viene poeticamente messa in rilievo la molteplice funzione mediatrice di Maria in favore della Chiesa e dei fedeli: Maria è esaltata come fonte e sorgente di tutte le grazie.

Anche l'Occidente latino, per celebrare Maria, è ricorso ad immagini quali "Fonte del giardino chiuso", "Pozzo di acque vive", ecc.

San Bernardo, il grande devoto della Vergine del secolo XII, ne ha illustrato il concetto nel suo celebre "sermone dell'acquedotto", traendone un paragone estremamente espressivo del ruolo mediatore di Maria. Dopo Bernardo, poeti e compositori di Laudi mariane abbondano in variazioni sul tema.

George Gharib

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La Madre di Dio nel culto orientale

 
di GEORGE GHARIB

Il Monastero di Santa Caterina
Santuario mariano del Sinai

   

La tradizione ha dato del fenomeno del "Roveto ardente" incombusto un’interpretazione in chiave cristologica e mariana.: si legge nel fenomeno una prefigurazione dell'Incarnazione di Gesù per mezzo di Maria, che generando Cristo conservò intatta la sua verginità.

Il Monastero di Santa Caterina nella Penisola biblica del Sinai custodisce, fra altri ricordi, quello del "Roveto ardente" che, da tempo immemorabile, i Cristiani hanno interpretato come immagine e simbolo della Maternità divina di Maria. L’edificio, una vera fortezza costruita ai tempi dell’Imperatore Giustiniano, è stato un alto luogo di vita spirituale e monastica, e custodisce tuttora una Biblioteca molto ricca, con manoscritti antichi e una collezione di icone unica al mondo. Il Monastero è anche all’origine delle raffigurazioni del "Roveto ardente" sparse in tutte le Chiese del mondo ortodosso e cattolico.

Veduta del Monastero di "Santa Caterina" con l'arbusto di roveto, tuttora miracolosamente verde, accanto alla Cappella detta appunto del "Roveto ardente".
Veduta del Monastero di "Santa Caterina" con l’arbusto di roveto,
tuttora miracolosamente verde, accanto alla Cappella detta appunto del "Roveto ardente".

Il Monastero di Santa Caterina

I primi Cristiani hanno considerato dall’inizio la Penisola sinaitica come parte integrante della Terra Santa. Ben presto alcuni eremiti si sono ritirati in diversi luoghi del vasto territorio, attratti indubbiamente dai ricordi biblici dell’Esodo, dalla rivelazione del Nome santo a Mosè, preludio al Decalogo dell’Alleanza, al soggiorno del popolo ebraico in fuga dall’Egitto e ai diversi altri eventi menzionati nei Libri sacri. È possibile che i primi eremiti vi si siano rifugiati sin dalla fine del III secolo, per sfuggire alle persecuzioni che imperversavano in Egitto contro i Cristiani. In ogni caso, quando vi giunse Eteria (o Egeria), intrepida pellegrina originaria della Galizia che sulla fine del secolo IV aveva intrapreso un avventuroso viaggio in Terra Santa, i Monaci erano già abbastanza numerosi per accoglierla e guidare la sua devozione, come riferisce essa stessa nel suo Diario di viaggio.

Il primo Monastero, edificato secondo la tradizione dall’Imperatrice Elena, madre di Costantino, ebbe a subire replicate incursioni da parte dei nomadi del deserto, finché alcuni giorni dopo il Natale del 373 ebbe luogo una vera ecatombe di solitari.

Per proteggere la vita e l’attività dei Monaci l’Imperatore Giustiniano, negli anni 527-535, vi costruì l’attuale monastero, con l’aspetto di una vera roccaforte, e radunò i monaci fino ad allora dispersi, dando anche all’Abate l’autonomia come Superiore di una vera organizzazione indipendente [= autocefala]. Anche oggi, l’Abate, eletto dai Monaci e consacrato Arcivescovo dal Patriarca di Gerusalemme, ha giurisdizione non solo sui Monaci residenti nel Monastero e le sue dipendenze, ma anche su alcune famiglie di beduini di origine greca, fatte venire da Giustiniano per essere a servizio del Monastero.

Abate attuale del Monastero [che porta il titolo di Arcivescovo del Sinai, di Faran e di Raitho] è Damianos, lo stesso che ha accolto il Papa Giovanni Paolo II nella sua breve visita al Monastero nel 2000, in occasione del Giubileo dell’Incarnazione.

Nel Monastero visse e ne fu Abate, tra altri, San Giovanni Climaco (+ 649 d.C.), celebre autore del libro detto "Scala [in greco klimax] del Paradiso", opera che tratta dei vizi e delle virtù dei Monaci, della vita eremitica e di quella cenobitica, e della via per raggiungere la perfezione monastica [= apathia]: è un’opera maestra di spiritualità bizantina.

Nicolas Frament, Trittico del "Roveto ardente". Mosè al "Roveto ardente" - icona greca.

(Sopra)
Nicolas Frament, 

Trittico del "Roveto ardente"
. 
(Sotto)

Mosè al "Roveto ardente" 
icona greca.

La Vergine Maria e il "Roveto ardente"

Il Monastero, costruito da Giustiniano sul versante Nord della montagna detta di Mosè [in arabo: Giabal Mousa], fu dall’inizio dedicato alla Madre di Dio. Solo dopo il Mille esso assunse il nome di Santa Caterina, il cui corpo, secondo la leggenda, vi sarebbe stato trasportato dagli Angeli. La dedicazione alla Madonna viene dal ricordo del "Roveto ardente" il cui arbusto, tuttora miracolosamente verde, vive e vegeta ancora oggi sui fianchi di una Cappella detta appunto del "Roveto ardente". Secondo la tradizione esso sarebbe stato spostato nelle vicinanze del Monastero per proteggerlo dall’afflusso dei Pellegrini.

La tradizione cristiana si è fermata con insistenza sulla nota visione di Dio a Mosè sull'Oreb, così descritta nel Libro dell'Esodo: "Ora Mosè stava pascolando il gregge di Ietro, suo suocero, sacerdote di Madian, e condusse il bestiame oltre il deserto e arrivò al monte di Dio, l'Oreb. L'Angelo del Signore gli apparve in una fiamma di fuoco in mezzo al roveto. Egli guardò ed ecco: il roveto ardeva nel fuoco, ma quel fuoco non si consumava. Mosè pensò: ‘Voglio avvicinarmi a vedere questo grande spettacolo: perché il roveto non brucia?’. Il Signore vide che [Mosè] si era avvicinato per vedere e Dio lo chiamò dal roveto e disse: ‘Mosè, Mosè!’. Rispose: ‘Eccomi!’. Riprese: ‘Non avvicinarti! Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è una terra santa!’. E disse: ‘Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe’. Mosè allora si velò il viso, perché aveva paura di guardare verso Dio" [Es 3, 1-6].

La tradizione cristiana ha dato del fenomeno del Roveto più di una spiegazione. L'interpretazione più comune e costante si presenta in chiave cristologica e mariana. Ravvisando nel fuoco il simbolo della divinità e nel Roveto il simbolo dell’umanità, si è letto nel fenomeno una prefigurazione dell'Incarnazione di Cristo per mezzo di Maria. Maria stessa, strumento e luogo dell'Incarnazione, non solo non fu annientata per il tremendo impatto [con la divinità], ma conservò anche la sua verginità intatta.

Il Roveto così divenne un simbolo e un nome di Maria Vergine.

Madre di Dio "Roveto ardente" - icona russa di fine sec. XVIII [Coll. privata, Italia].
Madre di Dio "Roveto ardente" – icona russa di fine sec. XVIII [Coll. privata, Italia].

Dai numerosi Padri che hanno commentato il tema, diamo qui il seguente di Esichio di Gerusalemme (+ 451) il quale, nella sua seconda "Omelia sulla Madre di Dio", così commenta: "A te, o Vergine, i Profeti dispensarono lodi; ed ognuno ti ha chiamato Portatrice di Dio. Uno ti disse Verga di Jesse; un altro ti paragonò al Roveto che arde e non si consuma, alludendo in tal modo alla carne dell'Unigenito ed alla Vergine Madre di Dio: bruciava ma non si consumava, poiché partorì, ma non aprì il grembo; concepì ma non contaminò il seno; diede alla luce il bimbo, ma lasciò sigillato l'utero; somministrò il latte, e conservò intatte le mammelle; portava il fanciullo, ma non divenne sposa; crebbe il figlio, ma non v'era padre...".

La Liturgia torna spesso sul tema del Roveto, simbolo e nome di Maria SS.ma, come si può notare nei seguenti testi:

"L'ombra della legge si è dileguata alla venuta della grazia:
come difatti il roveto ardeva e non si consumava,
così vergine hai partorito e vergine sei rimasta;
invece della colonna di fuoco, si è alzato il Sole di giustizia;
al posto di Mosè, Cristo, salvezza delle nostre anime.

Il roveto che Mosè contemplò sul Sinai,
raffigurava te, o Vergine santa;
il roveto difatti era simbolo del tuo santo corpo,
i rami che non si consumavano della tua verginità;
ed il fuoco del roveto Dio che in te ha preso dimora.

Grande è la gloria della tua verginità,
o Maria, o Vergine perfetta.
Tu hai trovato grazia, il Signore è con te.
Tu sei la scala che vide Giacobbe,
fissata sulla terra ed elevata sino al cielo,
per la quale gli Angeli salivano e scendevano.
Tu sei il rovo che vide Mosè:
era pieno di fuoco e non bruciava.
Infatti il Figlio di Dio venne e scese nel tuo seno,
e il fuoco della sua divinità non bruciò il tuo corpo.

Tu sei il roveto visto da Mosè in mezzo alle fiamme
e che non si consumava, il quale è il Figlio del Signore.
Egli venne e abitò nelle tue viscere
e il fuoco della sua divinità non consumò la tua carne".

Giovanni Paolo II al Monastero di "Santa Caterina" del Sinai, durante il Giubileo dell'Anno Duemila.
Giovanni Paolo II al Monastero di "Santa Caterina" del Sinai, durante il Giubileo dell’Anno Duemila.

Icone del Roveto

Il tema del "Roveto ardente" non poteva non tentare gli artisti che lo hanno raffigurato in miniature su libri, in affreschi su muri di Chiese e Monasteri, e su icone portatili in legno. Le icone più antiche si ritrovano nel Convento di Santa Caterina nel Sinai e risalgono ai secoli XII-XIV. Dal Sinai il tema si è diffuso nei diversi Paesi di tradizione ortodossa e in Occidente.

In Oriente si possono distinguere due tipi principali: greco il primo, russo e slavo il secondo. Il tema greco riflette più da vicino il racconto dell'Esodo. Vi figura sempre Mosè che su ordine dell'Angelo si toglie i sandali; di fronte a lui è raffigurato il Roveto che brucia; in mezzo, o alla sommità, si vede Maria in busto o a pieno corpo con il Bambino in grembo: questo tipo iconografico della Madonna è quello detto della "Platytéra" [= più vasta dei Cieli]; quando il Bambino è circondato da un cerchio, il tipo è quello della Madonna del Segno.

Il tema iconografico è così descritto da Dionisio da Furnà nel suo manuale di pittura: "Mosè che porta al pascolo le pecore vede il Roveto ardente. Mosè che scioglie i sandali, ci sono pecore intorno e davanti a lui un Roveto che arde; in corrispondenza del centro di esso, su nel cielo, la Madonna col Bambino, ed al suo fianco un Angelo che guarda verso Mosè; dall'altro lato del Roveto, di nuovo Mosè ritto, che ha la mano tesa e con l'altra tiene un bastone".

Veduta del Monastero di "Santa Caterina": sullo sfondo si stagliano le montagne del Sinai.
Veduta del Monastero di "Santa Caterina": sullo sfondo si stagliano le montagne del Sinai.

L'icona riprodotta a pag. 17, del sec. XII-XIII, si conserva nel Monastero di Santa Caterina, sul Sinai. Il suo formato relativamente grande la destinava a figurare tra le icone dell'iconastasi. Attualmente si venera nella Cappella detta del "Roveto ardente", sita dietro l'Altare della Chiesa principale ed è dedicata all’Annunciazione. I Pellegrini vi entrano togliendosi le scarpe. L'Altare è eretto sulle stesse radici del Roveto.

Su fondo oro si stacca la figura di Mosé giovane che, con un piede appoggiato sulla roccia, si sta sciogliendo i sandali davanti al Roveto che arde con bagliori di fuoco intenso. La montagna sullo sfondo, riflettendo il fuoco del Roveto, si confonde con il cielo di un fondo oro. Anche la figura di Mosé, i suoi capelli, i suoi abiti originalmente bianchi sono illuminati dal fuoco intenso del Roveto. L'artista, proveniente molto probabilmente dalla Capitale bizantina, ha concentrato l'attenzione sull'episodio storico della visione, lasciando allo spettatore di indovinare l'aspetto dogmatico del mistero dell'Incarnazione.

George Gharib

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La Madre di Dio nel culto orientale

 
di GEORGE GHARIB

Il Santuario Mariano di 
"Nostra Signora del Libano"

   

La gigantesca statua della Vergine, bianca figura a braccia aperte e rivolta verso il mare che troneggia dall’alto della collina di Harissa, è l’emblema della devozione alla Madonna del biblico Paese mediorientale.

Il Libano, Paese di antica cristianità il cui nome è reso sacro dalla Bibbia, copre e manifesta ricchezze inesauribili di cui tutti i Libanesi, nella diversità delle loro Comunità religiose e civili, vanno fieri. Terra biblica dei Cedri, la cui figura campeggia in mezzo della bandiera nazionale, il Libano è anche terra di antica civiltà, le cui coste e alte montagne hanno visto avvicendarsi Sumeri, Babilonesi, Egizi, Fenici, Greci, Romani, Bizantini, Arabi, Crociati, Ottomani e Francesi. Il Libano si vanta di essere stato non solo terra di elezione del popolo navigatore dei Fenici che solcarono i mari con le loro potenti navi, ma anche teatro di eventi biblici dell’Antico e del Nuovo Testamento.

La parola Libano possiede numerose risonanze storiche: basti qui segnalare che il nome ricorre nella Bibbia esplicitamente non meno di 72 volte, e più di cento volte per segno e allusione. L’origine del vocabolo e il senso che contiene ha però ancora un che di misterioso.

Nelle lingue semitiche libano significa genericamente bianco, e in questo caso il nome è suggerito dalla presenza, sulle alte montagne del Paese, di neve che ne corona la sommità in modo quasi permanente. Il nome significa anche incenso, quello stesso portato al divin Bambino dai Re Magi, il quale è bianco ed emana volute di fumo dello stesso colore. Attualmente c’è chi suggerisce di ricercare il senso del termine nel latte, prodotto noto per il suo colore bianco: del resto il nome arabo del latte ancora oggi è laban, che indica insieme il latte ed i suoi derivati, fra cui lo yogurt.

La Vergine domina dall'altissimo piedestallo posto sulla collina di Harissa, nei pressi di Beirut, accanto al nuovo Santuario.
La Vergine domina dall’altissimo piedestallo posto sulla collina di Harissa, nei pressi di Beirut, accanto al nuovo Santuario.

Culto dei Libanesi alla Madre di Dio

La venerazione di Maria è molto viva nel cuore di tutti i Libanesi e suscita l’ammirazione di tutti coloro che, in un modo o in un altro, hanno potuto avvicinare i fedeli del Libano. Nella sua Mission en Phénicie, Renan ha potuto scrivere: "Il culto della Vergine è profondissimo presso le genti del Libano e costituisce il grande ostacolo agli sforzi dei Protestanti presso quei popoli. Essi cedono su tutti i punti, ma quando si tratta di rinunziare al culto della Vergine, un legame più forte di loro li trattiene".

Isolati fin dai tempi più remoti nella montagna libanese, i Cristiani, specie i Maroniti, hanno trovato nella Madre di Dio consolazione e aiuto nelle molte prove che hanno dovuto affrontare e superare lungo i secoli. Essi amano associare la figura di Maria alle reminiscenze bibliche legate al Monte Libano e all’albero del Cedro, che tanta parte hanno nelle composizioni poetiche veterotestamentarie e che spesso dalla tradizione patristica sono applicate alla Vergine Maria.

Per loro la Vergine Maria è la prediletta da Dio del "Cantico dei Cantici", che viene dal Libano: "Veni de Libano…"; essa s’innalza "come il cedro del Libano"; l’odore profumato delle sue vesti è "come il profumo del Libano" [Cant. 4, 11]. Nelle "Litanie Lauretane", che sempre i Maroniti recitano volentieri, dopo l’invocazione "Rosa mystica", inseriscono l’invocazione: "Cedro del Libano, prega per noi".

I Maroniti osservano un rito particolare, quello della benedizione con l’immagine mariana, sul modello della benedizione eucaristica. Il sacerdote in cotta e stola la incensa, sale i gradini dell’altare, prende l’immagine della Vergine e si volge verso i fedeli, pronunciando ad alta voce questa formula di benedizione: "Per l’intercessione della Madre di Dio, la Vergine Maria, vi benedica la SS.ma Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo". I fedeli rispondono: "Amen, perché ogni bene viene dalla Santa Vergine".

I Maroniti riservano a questa e ad altre occasioni molti canti popolari in onore di Maria, suggestivi per la spontaneità dei testi e per la loro semplicità melodica. Ne traduciamo uno per esemplificare:

"O Madre di Dio, o misericordiosa
Madre di pietà e soccorso,
tu sei il nostro rifugio
e la nostra speranza.
Proteggici, o Vergine,
e abbi pietà dei nostri defunti.
O Vergine Madre, anche se
il tuo corpo è lontano da noi,
la tua intercessione ci accompagna
e ci protegge.
Da colui che ti ha esaltata
sopra ogni creatura
nel prendere da te un corpo,
ottieni ai peccatori il perdono,
continuamente.
Tu sei nostra madre e nostra speranza,
nostro vanto e nostro rifugio,
intercedi per noi presso il tuo Figlio
ché perdoni i nostri peccati
per sua misericordia.
Non ci abbandonare,
buona e piena di ogni grazia.
Salva i tuoi servitori,
ché ti possiamo ringraziare
nei secoli dei secoli".

Altra veduta del Santuario e del 'monumento' eretto a "Nostra Signora del Libano".
Altre vedute del Santuario e del ‘monumento’ eretto a "Nostra Signora del Libano".

Il Libano, terra di Santuari mariani

Il Libano, terra di rifugio per tutti gli abitanti della regione, è stato chiamato "Paese di Maria" per la proverbiale devozione dei Libanesi per la loro Regina. Per questo il Paese è costellato di Chiese e di Santuari mariani. Infatti, gran parte delle Chiese è dedicata alla Vergine; e c’è sempre, nelle altre, un Altare consacrato a lei che è invocata con i titoli più belli e singolari: "Nostra Signora dell’Annunciazione", "Nostra Signora della Luce", "Nostra Signora dei Doni", ecc. Grandi statue sono erette in cima ai monti, e sono tantissimi i Santuari mariani frequentati da folle di pellegrini provenienti da ogni angolo del Paese.

I Santuari mariani non si contano e appartengono a tutte le Comunità cristiane. Fra questi vanno citati: quelli di Bkerké, Dimane, Qannoubine nella valle della Qadisha, il villaggio biblico di Cana, Bikfaya, Jbeil, Balamand, Ehden, Harissa, Zahlé, Mannara a Magdouché, Deir al-Kamar, Ksara, Bzommar, ecc.

Presenteremo ai nostri Lettori solo alcuni di questi, iniziando con quello più visitato, che porta il nome di "Notre-Dame du Liban", ad Harissa, la cui costruzione risale al 1904, in occasione del cinquantesimo anniversario della definizione dogmatica dell’Immacolata Concezione.

Altra veduta del Santuario e del 'monumento' eretto a "Nostra Signora del Libano".

Il Santuario di "Nostra Signora del Libano" ad Harissa

Il Santuario dista 25 kilometri da Beirut, la capitale del Libano, su una collina che sovrasta a 600 metri di altezza la cittadina costiera di Jounieh. Lì si erge la gigantesca statua della Vergine, bianca figura che troneggia dall’alto della collina: con le braccia aperte e rivolta verso il mare, dà un effetto di grande suggestione.

Questo luogo costituisce un centro focale delle Comunità cattoliche del Libano. In effetti, sul fianco della collina si vede la Sede patriarcale maronita di Bkerké; sulla cima vi è il Convento dei Padri Missionari di San Paolo, appartenenti alla Chiesa Greco Melkita Cattolica; un po’ più in alto, a qualche centinaio di metri, si trova la Sede della Nunziatura Apostolica in Libano, e nelle vicinanze il Convento dei Francescani. Più in là, il Convento di Charfé, Sede del Patriarcato Siro-cattolico, e sulla collina di Bzoummar, il Patriarcato Armeno-cattolico.

Il luogo fu scelto nel 1904 come Sede del Santuario dal Patriarca Maronita Elias Hoyek (1899-1931), e da Monsignor Charles Duval, Delegato Apostolico in Libano, per commemorare il cinquantesimo anniversario della proclamazione del dogma dell’Immacolata Concezione. La statua prende a modello l’immagine della Santa Vergine apparsa nel 1830 a Caterina Labouré alla Rue du Bac a Parigi. L’artista Durenne la confezionò in dodici pezzi il cui peso totale ammontava a 14 tonnellate. Verso la fine di luglio 1906 fu trasportata ad Harissa e fu posta su un piedistallo a spirale composto da un centinaio di gradini. L’inaugurazione fu presieduta da Monsignor Hoyek, il 3 maggio 1908, anno del Giubileo sacerdotale di Papa Pio X e delle Apparizioni della Vergine a Lourdes. Da allora si celebra la festa della Madonna del Libano ogni anno il 1° Maggio, all’inizio del mese mariano.

Da un anno all’altro, il piccolo Santuario si è ingrandito ed è diventato il primo centro di Pellegrinaggi mariani provenienti da ogni parte: dal Libano, dal Medio Oriente e dai Paesi arabi. Il loro numero è andato ingrandendosi giorno dopo giorno, in ogni stagione e ad ogni occasione: familiare, religiosa, sociale, come a segnare da qui sempre nuova ripartenza nella vita cristiana.

Anche Non-Cristiani e Non-credenti vengono a questo Santuario, come turisti o con intento religioso di venerazione per Colei che il Corano chiama "la più nobile delle donne dell’universo", e dal popolo è detta "Sittina Mariam", vale a dire: "Nostra Signora Maria". Tutti e ciascuno vogliono salutare la Vergine, "Nostra Signora del Libano", contemplare il suo volto, averne una benedizione, ammirare questo luogo unico al mondo, e ripartire con nuovo slancio per una vita migliore. Davvero, in questo luogo si avvera ogni giorno la parola profetica della stessa Madonna: "Tutte le generazioni mi proclameranno beata" (Lc 1, 48).

Altra veduta del Santuario e del 'monumento' eretto a "Nostra Signora del Libano".

L’Atto di Affidamento del Papa nel nuovo grande Santuario

Nell’ultimo decennio degli Anni Novanta, la statua è stata affiancata da una grande Basilica che ha accolto il 10 e 11 Maggio 1997 il Papa Giovanni Paolo II in mezzo ad una grande folla, di giovani soprattutto.

Dopo la recita del Regina coeli ai piedi della Patrona del Libano, il Papa pronunciò il seguente "Atto di affidamento":

"Al termine di questa celebrazione, nell’ora della preghiera mariana, invochiamo anche i Santi che sono fioriti in questa terra […]

Insieme con voi, affido a Nostra Signora del Libano tutti i figli e le figlie del Paese. La Madre del Signore, presente ai piedi della Croce e nel Cenacolo della Pentecoste, raccolga nella fede, nella speranza e nell’amore i suoi figli che vivono in questo Paese o sparsi nel mondo! Assista i Pastori nel loro ministero! Sostenga la fedeltà orante e il servizio caritativo dei monaci e delle monache, dei religiosi e delle religiose! Accompagni i laici nella loro vita ecclesiale e nel servizio alla società! Irrobustisca le famiglie nell’unità dell’amore e nella dedizione alla loro missione educativa! Guidi i giovani sulle strade della vita!

Nella sua materna tenerezza, Maria dia conforto ai poveri, a quanti soffrono nel corpo o nello spirito, ai prigionieri e ai rifugiati!

Nostra Signora del Libano, veglia sull’intero popolo di questa terra così provata! A te lo affida il Successore di Pietro, qui giunto per portare a tutti un messaggio di fiducia e di speranza. Possa avverarsi, sulla soglia del nuovo millennio cristiano, il messaggio profetico di Isaia: "Ancora un poco e il Libano si cambierà in un frutteto e il frutteto sarà considerato una selva" [Is 29, 17].

Concedi, o Vergine Santissima, a questo popolo antico e pur sempre giovane di mantenersi degno erede della sua illustre storia, costruendo con dinamismo il suo avvenire nel dialogo con tutti, nel rispetto reciproco dei diversi gruppi, nella concordia fraterna!

Regina della pace, proteggi il Libano!".

George Gharib

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La Madre di Dio nel culto orientale

 
di GEORGE GHARIB

Il Santuario Mariano di 
"Nostra Signora di Al-Mantara"

   

Sayidat Al-Mantara, ossia: Nostra Signora dell’Attesa, è il nome del Santuario libanese che allude al luogo in cui Maria veniva ad aspettare il suo divin Figlio in missione nella città cananea di Sidone.
  

Fra i numerosi Santuari mariani che affollano il Paese biblico dei cedri, ve n’è uno che rimanda a episodi del Nuovo Testamento e agli stessi personaggi principali della storia cristiana: a Gesù Cristo e alla sua santissima Madre, i cui piedi ne hanno certamente pestato il suolo, come possiamo leggere nei Vangeli.

Il luogo si trova nel Sud del Paese, non lontano dalla città fenicia di Sidone, nei sobborghi del villaggio di Magdouché, che si eleva a 150 metri sul livello del mare Mediterraneo. Il Santuario porta il titolo di Sayidat Al-Mantara, ossia Nostra Signora dell’Attesa, nome che allude al luogo in cui Maria veniva ad aspettare il suo divin Figlio in missione nella città cananea di Sidone, allora interdetta alle donne per il suo paganesimo. Si tratta di un luogo sacro fra i meno conosciuti dell’Oriente mediterraneo; ma che merita di essere conosciuto e meglio valorizzato.

L'icona della Madre di Dio dell'Odigítria, ad Al-Mantara.
L’icona della Madre di Dio dell’Odigítria, ad Al-Mantara.

Fra storia e leggenda

Il Santuario è costituito da una cavità naturale profonda 12 metri, larga cinque, in fondo alla quale sono stati ricavati nella stessa roccia un’Abside e un Altare. Numerosi ex-voto riempiono senza ordine le pareti; ci sono immagini, recipienti e vasi, lampade e altri oggetti fra cui si riconosce, ad esempio, le trecce donate da una donna. Vicino alla porta d’ingresso, a sinistra, si trova un vano che serviva di luogo d’attesa ai malati in cerca di guarigione; un altro incavo serviva come luogo di sosta per le pecore colpite da epidemie che spesso tormentavano i luoghi. Questa categoria di frequentatori del luogo non esiste più da molti anni, avendo lasciato posto unicamente ai Pellegrini e ai fedeli che sempre più numerosi frequentano la zona. Davanti alla Grotta, una croce più o meno recente sovrasta un portico a tre arcate la cui costruzione risale al 1868.

La stessa Grotta conserva il ricordo di molti fatti straordinari, alcuni storici altri leggendari, trasmessi da padre in figlio dagli abitanti dei luoghi. La località del resto, per i numerosi massi di pietra sparsi tutt’intorno, i molteplici dirupi, i pozzi interrati e una antica scaletta di accesso non poteva che stimolare le immaginazioni.

Secondo una tradizione che si fa risalire a più di duecento anni fa, un pastore che pascolava le sue pecore su questa altura, un tempo coperta di boschi e di rovi, si lasciò sfuggire una pecora; dopo aver frugato invano tutta la collina invocò la Madonna e, tagliando i rovi che intasavano le rocce e i blocchi di pietra di antiche macerie, trovò una fessura che lo condusse all’interno di una Grotta dove ripescò l’animale. Sorpreso e guardando più attentamente, egli scorse nel fondo un Altare sormontato da una icona in legno raffigurante la Madonna. Uscito in fretta, egli corse nel villaggio per raccontare la sua scoperta. Secondo una tradizione il pastore non era cristiano ma un metouali, appartenente cioè ad una fazione musulmana sciita, numerosa in questa Regione.

La Grotta dove la Vergine aspettava Gesù.
La Grotta dove la Vergine aspettava Gesù
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La storia recente del Santuario

La notizia pervenne al Responsabile della Chiesa Greco-Melkita cattolica della Regione, il Patriarca Cirillo VI Tanas, che accorse in persona sul posto, accompagnato dal Vescovo di Sidone, per esplorare i luoghi. Avendo riconosciuto nella Grotta una antica Cappella consacrata alla Madonna, egli ne entrò in possesso, con l’intenzione di ripristinare un antico luogo di pellegrinaggio mariano, la cui memoria non era ancora caduta del tutto in oblìo.

Poco a poco, la lettura attenta del Vangelo contribuì a mettere in rilievo il contenuto stesso del nome del luogo, quello di Al-Mantara, ossia del luogo in cui la divina Madre soleva aspettare il Figlio quando questi, assieme ai suoi Apostoli, ritornava dalla sua missione apostolica da Sidone e dalla terra dei Cananei. Fu anche ricordato che Cristo stesso aveva l’abitudine di riposare con la Madre e gli Apostoli prima di raggiungere il lago di Galilea, conformemente a quanto riportato nel Vangelo di Marco [cfr. Mc 7, 3]. Non lontano da qui egli guarì anche la figlia della Cananea.

La Grotta dove la Vergine aspettava Gesù.
La Grotta dove la Vergine aspettava Gesù
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In tempi più recenti, ricerche archeologiche più accurate hanno permesso di riconoscere nelle rovine imponenti che affiancano la Grotta i resti di un Castello costruito dai Crociati nel secolo XII, che portava il nome di Franche-Garde, ossia ‘della Guardia’; e nella Grotta un Santuario di origini oscure, risalenti a prima di Cristo, dimora probabilmente dei preti di Astarte, la dea della fecondità. Nelle vicinanze sorgeva uno dei nuovi templi dedicati a questa dea pagana, dispersi sui rilievi che riempiono il Paese dei cedri.

Riguardo alla trasformazione della Grotta in Santuario cristiano, si è potuto risalire al secolo IV e all’Imperatrice Elena, madre di Costantino Magno (+337), la quale, dopo aver fatto costruire un faro nelle vicinanze, consacrò la Grotta alla SS.ma Vergine, appoggiandosi su una tradizione più antica.

Folle numerose di fedeli vengono in pellegrinaggio a Notre-Dame de Mantara.
Folle numerose di fedeli vengono in pellegrinaggio a Notre-Dame de Mantara.

L’icona dell’Odigítria

Fatto degno di nota e che aggiunse lustro alla scoperta della Grotta è il rinvenimento in essa di un’immagine mariana per lungo tempo dimenticata. Si tratta di una icona molto bella, di puro stile bizantino, dipinta su legno e raffigurante la Santa Madre di Dio nel tipo dell’Odigítria, il cui prototipo – come sanno bene i nostri Lettori – è attribuito al pennello dell’evangelista Luca. Maria, elegantemente vestita con tunica blu scuro e con il mafórion [velo] rosso porpora, regge il Bambino sul braccio sinistro e lo indica con la mano destra leggermente sollevata, come per dire: è lui "la via, la verità e la vita" [cfr. Gv 14,6].

Alla Madre di Dio raffigurata nella sua icona si attribuiscono molti miracoli che, raccolti in opuscoli, venivano destinati ai Pellegrini. Una delle prime raccolte risale al 1911, ed è dovuta a Basilio Hajjar, Arcivescovo Greco-Melkita cattolico di Sidone; vi sono esposti diciassette miracoli. Molti di questi riguardano bambini e donne sterili, vi è il racconto di una monaca non vedente che ha recuperato completamente la vista. Allo stesso 1911 risale un miracolo eclatante di cui furono testimoni e insieme attori un folto gruppo di Notabili libanesi, Cristiani e Musulmani che – volendo salutare la Madonna prima di tornare a casa –, furono sorpresi di vedere che Maria stava sorridendo. L’evento meraviglioso durò ben dieci minuti, accompagnato dalle lacrime di gioia dei presenti che non esitarono ad accostare al volto della Madonna un cero acceso, come per assicurarsi di non essere vittime di qualche allucinazione.

La Torre alta 40 mt, sormontata dalla statua della Vergine.
La Torre alta 40 mt, sormontata dalla statua della Vergine.

Risistemazione del Santuario

Il Santuario, rimasto per lungo tempo in stato di abbandono, è stato in tempi più recenti rifatto e ingrandito per poter accogliere i Pellegrini sempre più numerosi che accorrono non solo dai Villaggi vicini, ma anche dal resto del Libano e dall’Estero.

Al 1963 risale la costruzione di una Torre monumentale, alta quaranta metri, che sorregge una grande statua della Madonna con il Bambino in braccio che veglia su tutta la zona circostante e assicura la sua protezione a tutto il Paese. La Torre contiene nel suo interno una Cappella di 100 metri quadri, decorata da una grande tela che illustra la storia della Grotta e della donna Cananea che, incontrando Cristo a Sidone, ne ottenne la guarigione del figlio.

I lavori hanno preso grande impulso nel 2000, anno del Giubileo dell’Incarnazione. È stato così riordinato, fra la Grotta e la Torre, un parco di 4000 metri quadri capace di accogliere folle sempre più numerose di Pellegrini. Vi fu sistemata all’aperto una cosiddetta "Via dei Santuari", simile ad una Via Crucis, che richiama alla memoria dei visitatori gli eventi biblici e cristiani che si sono svolti in questa Regione del Libano.

Le Stazioni sono indicate con delle lastre scolpite in pietra e ricordano ai Pellegrini l’evento stesso e il messaggio rivolto ai fedeli. Un sussidio scritto in diverse lingue aiuta il visitatore a leggere le sculture.

Processione nella festa del Santuario, l' 8 Settembre, Natività di Maria.
Processione nella festa del Santuario, l’ 8 Settembre, Natività di Maria.

Le lastre, in numero di dodici, propongono i seguenti temi:

  1. I cedri del Libano e il Tempio di Salomone [1Re 5, 19-20]
  2. Il profeta Elia a Sarepta [1Re 17, 1.8-16]
  3. Il profeta Giona a Giye [Giona 1, 2, 3 1-5]
  4. Le nozze di Cana [Gv 2, 1-10]
  5. Cristo e la Cananea a Sidone [Mt 15, 21-28]
  6. Nostra Signora di Al-Mantara [Vergine dell’Attesa]
  7. Gesù nella cittadina di Banias [Mt 16, 13-19]
  8. La Trasfigurazione di Cristo sul Tabor [Mt 17, 1-5]
  9. Cristo e l’Apostolo Tommaso a Tiro [Gv 14, 4-5]
  10. San Paolo a Sidone [Atti 27, 1-3]
  11. Il Libano visto come "terra santa"
  12. Il Libano che "più che un Paese, è un messaggio", secondo la bella espressione usata da Giovanni Paolo II, nel 1989.

Costruzione della Basilica e festa liturgica

La ristruttazione del Santuario prevede anche la costruzione di una Basilica per accogliere i Pellegrini e permettere di svolgere le cerimonie ed i riti liturgici. Dopo lunghi lavori di sistemazione del suolo fu possibile procedere alla posa della prima pietra il 22 Luglio 2000. L’anno seguente iniziarono i lavori di costruzione, che sono ormai completati o quasi. I fondi necessari per i lavori sono stati forniti dai fedeli del luogo e da numerosi benefattori, fra qui il Papa Giovanni Paolo II.

Il progetto di costruzione della Basilica, in fase avanzata di lavorazione: visione generale, facciata principale e laterale.
Il progetto di costruzione della Basilica, in fase avanzata di lavorazione:
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isione generale, facciata principale e laterale.

La solennità liturgica del Santuario si celebra l’8 Settembre, festa della Natività della Madre di Dio. L’occasione è tra le più solenni e attira folle di fedeli provenienti da ogni dove. Molti arrivano uno o più giorni prima e si accampano nel Parco, contenti di stare vicino alla casa della Madonna, in attesa di partecipare alle celebrazioni liturgiche. L’Ufficiatura che si canta è quella solenne della festa della Natività della Madre di Dio. I diversi Uffici si concludono sempre con il bacio all’icona della Madonna, al canto di Inni e altri cantici religiosi.

Gli Inni sono presi dall’Ufficio votivo mariano della Paráclisis [o Supplica], che i fedeli conoscono a memoria. Eccone due strofe:

"Tu proteggi, o buona, tutti quelli che con fede si rifugiano nella tua mano potente. Noi peccatori, piegati per le tante colpe, non abbiamo altra permanente mediatrice presso Dio tra i pericoli e le tribolazioni, o Madre del Dio altissimo. Ci buttiamo dunque ai tuoi piedi: libera i tuoi servi da ogni sventura.

Tu sei la gioia di tutti gli oppressi, l’avvocata di chi subisce ingiustizia, il cibo degli affamati, il conforto degli stranieri, il porto di chi è sbattuto dalla burrasca, visitatrice degli ammalati, rifugio e soccorso degli affaticati, bastone dei ciechi e aiuto degli orfani, o Madre del Dio altissimo. O pura, affrettati a salvare i tuoi servi".

George Gharib

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La Madre di Dio nel culto orientale

 
di GEORGE GHARIB

Il Santuario mariano libanese
"Nostra Signora di Balamand"

   

Il Monastero-Santuario del Patriarcato greco-ortodosso di Antiochia è uno dei più ricchi di storia, di fede e di cultura di tutta l’area mediorientale – Le icone e le feste dell’Odigítria e della Dormizione.
  

Il Monastero di "Nostra Signora di Balamand", nelle vicinanze della città di Tripoli del Libano, costituisce il fiore all’occhiello del Patriarcato greco-ortodosso di Antiochia, la cui sede si trova da tempo immemorabile nella città di Damasco, capitale della Repubblica siriana. Il Patriarcato occupa il terzo posto nella gerarchia delle Chiese Ortodosse di rito bizantino, la sua giurisdizione si estende sulla Siria, il Libano e altri Paesi del medio Oriente e su una consistente Diaspora nelle Americhe, l’Australia e l’Europa. I fedeli, di rito greco ma di lingua araba, sono molto attivi nella missione cristiana fra i Non-Cristiani e nel movimento ecumenico. Come sanno i nostri Lettori, il Monastero mariano di Saidnaya appartiene a questa stessa Chiesa ma si trova in Siria, nelle vicinanze di Damasco.

Odigítria.
Icone dell’Odigítria (sopra) e della Dormizione (sotto) [sec. XIV], nel Monastero di Balamand.

Breve e illustre storia del Monastero - Santuario

Il Monastero di Balamand è di origine bizantina imprecisata, risalendo genericamente ai tempi in cui la Siria e il Libano facevano parte dell’Impero Romano d’Oriente. La conquista arabo-musulmana del Paese nel secolo VII, dopo un periodo di relativa calma, ha reso la vita difficile ai Cristiani e a tutte le istituzioni monastiche; molti Monasteri dovettero chiudere le loro porte e i pochi che sono riusciti a rimanere a galla poterono sussistere ma a prezzo di moltissime privazioni e limitazioni. L’arrivo dei Crociati dall’Europa nel secolo XI, se ha dato un po’ di fiato ai Cristiani ormai arabizzati, non ha potuto risolvere i loro problemi in mezzo ai Musulmani diventati ormai maggioritari nel Paese. È in questo periodo che il Monastero di Balamand [detto di Belmont, per la sua fondazione occidentale] conobbe una nuova fioritura con la fondazione nel 1157 di una Abbazia cistercense, sulle rovine del Monastero greco. I Cistercensi, dopo aver costruito una fiorente Abbazia di stile gotico, dovettero abbandonare poi la località, non si sa se volontariamente o meno, nel 1289, quando la città di Tripoli fu conquistata da Qala’un e consegnata così in mano ai Mamelucchi, prima di cadere, con il resto del Medio Oriente, in mano ai Turchi Ottomani nel corso del secolo XV.

Sotto quest’ultima dinastia, i Monaci di rito greco ma di lingua araba poterono recuperare i luoghi, ridotti allora ad un campo di rovine. A partire dal secolo XVI il Monastero vide il ripristino della vita monastica e una vasta attività di costruzione e di ristrutturazione degli edifici dell'epoca crociata, trasformandoli secondo stili più moderni e meglio adatti alle nuove condizioni di vita. Nel Monastero furono ricavate o costruite due Chiese: la prima, quella consacrata a "Nostra Signora di Balamand", di origini cistercensi, è costituita da una sola navata lunga e da una ampia abside; la seconda Chiesa, o piuttosto Cappella, costruita in tempi più recenti, è dedicata al grande Martire San Giorgio il cui culto è molto sentito in Oriente. La Chiesa principale ha conservato il campanile antico ancora intatto [fatto raro nel Medio Oriente, dove le torri campanarie erano di solito demolite dai Musulmani o dai terremoti]. L'interno della Chiesa è stato accuratamente restaurato e munito di una iconostasi in muratura che separa la navata dal Santuario; le icone che la ornano su tre file sono di grande effetto. Il salone principale dell'Abbazia ha il soffitto a volta ed è oggi usato per concerti e spettacoli vari.

Dormizione.

Un luogo di spiritualità e di formazione intellettuale

La Chiesa ortodossa di Antiochia, proprietaria del Santuario, ha costantemente cercato di trasformare l’istituzione monastica in luogo di spiritualità e di formazione intellettuale. Risale al secolo XIX l’istituzione di una Scuola per il Clero ed i fedeli affidata ai Monaci del Monastero. La Scuola dovette chiudere durante la Prima Guerra Mondiale (1914-1918). All’uscita della guerra, la ricostruzione dei luoghi e l’organizzazione dell’insegnamento ripresero vigorosamente, con lo sforzo congiunto del Patriarca, del Sinodo e delle diverse Diocesi facenti parte della Chiesa patriarcale di Antiochia. La Scuola iniziale fu trasformata in un vero Istituto Ortodosso, destinato alla formazione teologica del Clero e dei fedeli, e si tramutò poi poco a poco in una vera Università, riconosciuta dalla Repubblica Libanese. Attualmente l'Università, messa sotto il nome prestigioso di uno dei suoi Padri del secolo VIII, San Giovanni Damasceno, è riconosciuta come la più importante sede di studi universitari nella regione settentrionale del Libano, e anche come Centro culturale e religioso, frequentato dai fedeli della Chiesa Ortodossa e da molti altri appartenenti alle numerose Comunità religiose libanesi.

I Monaci hanno svolto durante i secoli una intensa attività spirituale, intellettuale e letteraria: il tutto può ancora essere toccato con mano per le diverse manifestazioni artistiche che riempiono il Monastero. La Biblioteca, ad esempio, possiede non solo molti libri ma anche diversi manoscritti che, scritti dagli stessi Monaci, sono stati in loro uso. Il contenuto dei manoscritti spazia dalla Liturgia alla Psaltica [= Musica bizantina], dalla Patristica alla Teologia e alla Spiritualità.

Ingresso al Monastero di Balamand.
Ingresso al Monastero di Balamand
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Le due Chiese del Monastero contengono una collezione di icone che riflettono lo stile iconografico bizantino sviluppatosi nel periodo della Turcocrazia. Questo stile è fatto di continuità con l’arte bizantina sopravvissuta nei Monasteri del Monte Athos, nei diversi Paesi di religione ortodossa come la Russia, la Grecia, la Serbia, l’Isola di Creta e Cipro; ma anche di discontinuità per gli influssi occidentali e latini subìti da questi Paesi sotto la spinta di Missionari latini e protestanti. Le numerose icone che possiede il Monastero si riconoscono per un carattere specifico o stile, detto dagli specialisti come stile siro-libanese, o arabo-cristiano [detto anche Melkita]. Questo stile, usato da grandi artisti di origine greca (Grecia, Cipro, Creta), siriana (Aleppo, Hama, Damasco) e libanese, pur se privo della patina classica della grande arte bizantina, riesce lo stesso a dare una impronta personale e popolare a tutte le opere prodotte. In queste opere il più delle volte le iscrizioni in greco si incrociano con molte altre in lingua araba, contribuendo così ad avvicinare le grandi verità di fede raffigurate nelle tavole alla comprensione di quella parte della popolazione che ignora il greco.

Le icone dell’Odigítria e della Dormizione

Fra le icone degne di nota del Monastero c’è quella della Madonna Odigítria che è collocata nell’iconostasi della Chiesa principale. L’icona, posta a sinistra di chi guarda, in corrispondenza a quella del Cristo Pantocrátor, sulla porta centrale dell’iconostasi, è di puro stile bizantino e risale al 1318, ma ha subìto rimaneggiamenti nei secoli XVIII-XIX: a quest’ultimo periodo, ed esattamente all’anno 1818, risale la dedica in arabo che si legge nella parte inferiore e le scritte nella stessa lingua nei cartigli, retti da due Angeli dipinti alle due parti del capo della Vergine. Il cartiglio dell’Angelo di sinistra recita così: "Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto …"; la scritta di destra è: "Rallegrati Madre di Dio, Vergine piena di grazia". L’icona porta in greco il nome Odigítria, scritto in belle lettere greche in corrispondenza della spalla destra della Vergine. Come sanno i nostri Lettori, la Madonna Odigítria occupa un posto di riguardo nell’iconografia mariana, essendo considerata come il ritratto di Maria fatto dal vivo con il pennello dell’Evangelista San Luca.

"Torre Campanaria".
 "Torre Campanaria".

Un’altra icona del Monastero merita di essere presentata: quella della Dormizione, che è anche l’icona del giorno festivo del Monastero. La festa della Dormizione, celebrata il 15 Agosto, è la solennità mariana maggiore della Chiesa bizantina, preparata da 14 giorni di digiuno e seguita da otto giorni di dopo-festa: questa consuetudine fa del mese di Agosto il mese mariano per eccellenza, non solo dei Greci ma anche di tutti gli Orientali. Per l’occasione il 15 Agosto è un giorno di grandi celebrazioni liturgiche e folcloristiche, sotto la guida dei Monaci dell’Abbazia che vigilano a fare della festa un giorno memorabile sotto lo sguardo della Madonna e di suo Figlio che scende per portare la Madre nella gioia eterna.

L’icona della Dormizione, che si espone alla pietà dei fedeli durante tutto il mese di Agosto, appartiene pure alla Chiesa del Monastero e sembra anteriore al secolo XV; offre una rappresentazione visiva dei momenti dell’evento: Dormizione o morte, assunzione in cielo e glorificazione. La scena in basso rappresenta Maria giacente sul catafalco, vegliata dalla Comunità apostolica affranta e in pianto; la scena centrale raffigura Cristo che scende dal Cielo scortato dagli Angeli per portare con sé l’anima di sua Madre; la scena superiore rappresenta invece il sopraggiungere degli Apostoli per assistere la Madonna e, con la loro risalita, scortano la Madre del loro Dio che arriva a destinazione. L’icona è ricca di molti dettagli che riflettono l’origine apocrifa dei racconti del Transitus.

Interno Chiesa "San Giorgio" e Sala Capitolare dei Monaci Cistercensi.
Interno Chiesa "San Giorgio" e Sala Capitolare dei Monaci Cistercensi
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La Liturgia della festa della Dormizione è molto ricca e varia; gli autori, detti melodi, insieme poeti e teologi, eccellono nel mettere in risalto la grandezza dell’evento mariano e nell’avvicinarlo dalla comprensione dei fedeli. Alla fine dell’Ufficio dei Vespri solenni del 15 Agosto, la Chiesa fa cantare la seguente antifona, dovuto a Cosma di Maiuma, poeta sacro di origine palestinese (+ 750 ca):

"Andandosene, la Purissima eleva le sue mani - quelle mani che avevano abbracciato il Dio incarnato - e con l'ardore di Madre dice a suo Figlio: "Conserva nei secoli coloro che mi hai dato e che ti acclamano: ‘Cantiamo, noi redenti, l'unico Creatore ed esaltiamolo per tutti i secoli’ ".

Chiesa principale del Monastero e iconostasi.
Chiesa principale del Monastero e iconostasi
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La serie di Antifone si conclude con il seguente Inno, cantato con grande solennità, seguendo gli otto ‘modi’ della musica bizantina:

modo 1. – "I teofori Apostoli, rapiti dal luogo dove erano dispersi, su nuvole per divino mandato,

modo 5. – e arrivati al tuo immacolato e vivificante sepolcro, lo cinsero di abbraccio dal fondo del loro cuore.

modo 2. – Le eccelse Potenze celesti, giungendo con il proprio Maestro,

modo 6. – scortarono con timore il corpo venerabilissimo che aveva ospitato Dio, e gridarono nel modo invisibile agli Ordini superiori: ‘Ecco, giunge la divina Fanciulla ed universale Regina.

modo 3. – Alzate le porte e accogliete, in un modo che supera il mondo, la Madre della Luce che non tramonta.

modo 7. – Difatti, attraverso lei si è compiuta la salvezza di tutti gli uomini; lei, che noi non abbiamo la forza di guardare e alla quale siamo incapaci di tributare la lode nella misura dovuta,

modo 4. – perché la sua dignità supera tutto ciò che si può concepire!’.

modo 8. – Perciò, o immacolata Theotókos, tu che vivi sempre con il Re e Signore della vita, intercedi senza sosta per la salvaguardia e la salvezza da ogni inimicizia del tuo nuovo popolo; per questo noi, che abbiamo acquisito la tua intercessione,

modo 1. ti glorifichiamo pubblicamente per tutti i secoli".

George Gharib

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La Madre di Dio nel culto orientale

 
di GEORGE GHARIB

La Evangelístria del Santuario Tinos – 1
   

Il 15 Agosto, festa della "Dormizione di Maria", questo Santuario si riveste di uno straordinario fervore che lo fa essere per un mese il cuore del Cristianesimo greco.
  

A Tinos, una piccola isola dell'Arcipelago delle Cicladi, tra Europa e Asia, sorge il Santuario nazionale della Grecia dedicato alla Panaghía Evangelístria, ossia la "Tuttasanta dell'Annunciazione". Situata nei pressi della celebre Delos, l’isola di Tinos ebbe vari nomi nell'antichità greco-romana: Ophiussa perché infestata da serpenti; Hydrussa perché ricca di sorgenti di acqua; Anemussa perché esposta a implacabile vento e burrasca marina. Governata da Venezia a partire dal 1207, passò sotto la dominazione turca nel 1714. Dopo il Risorgimento greco, Tinos ebbe un ultimo appellativo, quello di Isola della Madonna, per il gran numero di chiese e monasteri, e soprattutto per il suo Santuario della Panaghía Evangelístria, sorto in seguito a fatti prodigiosi. Numerose feste attirano Pellegrini dalla Grecia e da ogni dove, specie il 15 Agosto, festa della Dormizione di Maria, che si trasforma in periodo di straordinario fervore, che per un mese fa dell’isola il centro e il cuore del Cristianesimo greco.

Veduta panoramica del porto di Tinos, nelle Isole Cicladi.
Veduta panoramica del porto di Tinos, nelle Isole Cicladi.

Il Santuario dell’Evangelístria

Il Santuario, la cui costruzione risale al 1830, fu arricchito nel suo interno d'oro e di pietre preziose, per accogliere la santa icona ritrovata in circostanze meravigliose, come si vedrà qui di seguito. Nel 1835, un Decreto reale lo dichiarò Pellegrinaggio di tutti gli Ortodossi, mentre i Cattolici l'hanno chiamato la Lourdes dell'Egeo per la sua ideale affinità con il Santuario francese dei Pirenei: vi si parla di penitenza, di conversione, di riconciliazione, di fiducia e speranza nell'intercessione della Vergine Maria per i tanti afflitti e malati nell’anima e nel corpo.

Nel 1972, un altro Decreto ha definito Tinos Isola Sacra per il valore della icona miracolosa Panaghía Evangelístria.

Il Santuario si presenta oggi come una bianca imponente costruzione, circondata da vasti locali per l'accoglienza di Pellegrini e affiancata da una doppia larga scalinata; domina col suo alto campanile il capoluogo che si estende ad anfiteatro su una baia mozzafiato ai suoi piedi. Nell'interno della Basilica, verso il centro, si erge il trono dell’Evangelístria, un ricco tabernacolo marmoreo che custodisce l'icona della Vergine Annunziata quasi completamente coperta di gioielli che impediscono di distinguere i personaggi sacri riprodotti e il loro volto.

Si accede direttamente al Santuario attraverso un viale spazioso che, in ricorrenze solenni, diventa il teatro di scene particolarmente commoventi: giovani che salgono, trascinandosi in ginocchio; adulti in tuniche nere per sciogliere un voto; malati distesi sui loro lettini e in attesa, all'ora della processione, che la sacra effigie sfiori i loro corpi; pellegrini che inviano ad alta voce alla Madre di Dio invocazioni e suppliche commoventi. Nell'interno, il pellegrino anche più superficiale si sente commosso, quasi suggestionato dall'atmosfera di fede che vi si respira, espressa in ex-voto di ogni genere, specialmente navi in miniatura, appese dovunque; candele e lumi ad olio luccicanti in ogni angolo; fedeli a piedi nudi che versano dell'olio profumato o bruciano incenso davanti all'edicola sacra.


Armoniosa vista di "Tinos Megalocharis" ["Grande Grazia" o "Piena di grazia"].
Sotto: Il grandioso perimetro del Santuario della Panaghía Evangelístria di Tinos.

Ritrovamento dell’icona

Il cuore del Santuario è costituito dalla piccola icona della Panaghía dell’Annunciazione, la cui storia si manifesta nella prima metà del secolo XIX a mezzo di sogni e apparizioni. Un umile contadino, di nome Ioannis Kiouzi, molto pio, dalla più tenera età aveva udito gli anziani raccontare che in un luogo di nome Site, situato nel campo di un certo Doxara, si trovava un tempo una grande Principessa che avrebbe fatto rivivere nuovamente la sua sovranità. Per la maggior parte della gente, però, si trattava di una leggenda senza senso.

In seguito, un tale Michele Polyzoi ebbe un sogno: nel febbraio del 1821, all’età di 80 anni, egli vide una Donna di grande splendore che gli diceva con dolcezza: "Vai nel mio campo, quello di Antonio Doxara, scava e recupera la mia santa Icona". L’anziano si destò e, non senza esitazione, decise di parlarne ad alcuni suoi amici. Dopo tante ricerche risultate inutili, egli informò il suo Parroco che lo condusse dal Metropolita Gabriele. Questi si mostrò indeciso in attesa di altri eventi.

Il 9 Luglio 1822, nel noto Monastero della "Madre di Dio dei Santi Angeli", una pia monaca Pelagia ebbe lei pure un sogno: colpita da un profumo molto forte, vide la porta della sua cella aprirsi e una Signora con passo imponente, circondata da grande luce, entrare e avvicinarsi dal suo letto, dicendole: "Alzati in fretta e vai a trovare un tale di nome Stampatello Caldani, e digli da mia parte che non posso più sopportare il luogo in cui mi trovo da tanti anni; bisogna scavare nel podere di Antonio Doxara e darsi da fare per costruire una nuova grande casa". Detto ciò, la Donna abbagliante divenne invisibile. Pelagia si alzò sconvolta mentre tutte le campane suonavano per il Mattutino. Non volle però rivelare il suo sogno, per paura di aver avuto una illusione. Trascorsa una settimana, nella notte tra sabato e domenica del 16 Luglio, la stessa Signora, circondata di luce, apparve di nuovo alla monaca molto scossa e le rinnovò insistentemente il suo desiderio. Pelagia, di nuovo indecisa, si chiedeva cosa fare, cosa avrebbe detto la gente, e se questo sogno fosse davvero venuto da Dio…

Cartina topo-geografica dei principali Santuari mariani della Grecia.

La terza domenica, il 23 Luglio, prima del Mattutino, la Donna sconosciuta apparve nuovamente e le disse con tono severo: "Perché non hai eseguito il mio ordine e sei così dubbiosa? Perché non hai fede?". A queste parole la monaca Pelagia si mise a tremare e si svegliò in preda alla paura. Ma anche sveglia ella non smise di vedere la Signora imponente che di colpo sollevò la mano e disse: "Ascoltami per l’ultima volta, Pelagia: se non fai ciò che ti ho ordinato, cancellerò il tuo nome dal Libro della Vita".

La monaca, più che mai impaurita, ebbe solo l’ardimento di chiedere: "Ma tu, chi sei che mi dài ordine di fare queste cose e che sei tanto adirata con me?". Allora la Signora sconosciuta, in tutta la sua grazia, indicò col dito il mondo e disse con grande dolcezza: "Terra, annuncia una grande gioia…". La monaca Pelagia capì subito e, cadendo in ginocchio, ebbe solo la forza di continuare il ‘Megalinario’ della IX Ode del Canone festivo dell’Annunciazione: "Celebrate, cieli, la gloria di Dio".

Dopo la Messa ella riferì la visione alla Badessa e al Cappellano. Questi, non sapendo cosa fare, la inviò dal Metropolita Gabriele. Il Vescovo di Tinos, che aveva già avuto due altri segni, ascoltò la monaca con profondo interesse: convinto ormai che nel podere del Doxara doveva trovarsi in una antica chiesa una icona della Vergine, egli decise di fare di tutto per ritrovarla e per costruire una nuova chiesa, come richiesto dalla Madre di Dio. Dopo aver fatto suonare le campane, in presenza di tutto il Clero, del Sindaco e di tutti i Notabili, fece un sermone e chiamò tutto il popolo di Tinos a riconoscere il miracolo e a ritrovare l’icona.

Gli scavi cominciarono nel settembre del 1822 e continuarono per due mesi senza interruzione, finché vennero alla luce le rovine di una antica chiesa e le tracce di un pozzo a secco, ma non dell’icona.

La ricerca proseguì fino a quando, il 30 Gennaio 1823, un operaio di nome Vlassi colpì con la zappa qualcosa che si spaccò in due: era l’icona. Dopo averla pulita e risistemata, ci si accorse che era una icona dell’Annunciazione della Madre di Dio, come fatto intendere da Maria, rimasta nascosta in terra per quasi ottocento anni. La notizia si sparse in tutta l’isola di Tinos, le campane si misero a suonare e la gente, emozionatissima, si radunò nel campo di Doxara dove il Metropolita Gabriele, in ginocchio e in lacrime, abbracciava l’icona e cantava assieme ai fedeli il seguente Inno dell’Annunciazione:

"Oggi è il principio della nostra Salvezza
e la manifestazione del mistero nascosto da secoli:
il Figlio di Dio diviene Figlio della Vergine,
e Gabriele porta la buona novella della grazia.
Con lui dunque acclamiamo alla Vergine…".

Processione della Panaghía Evangelístria a Tinos, il 15 Agosto.
Processione della Panaghía Evangelístria a Tinos, il 15 Agosto.

L’icona dell’Evangelístria

L’icona della Madonna Evangelístria, ossia dell’Annunciazione, è chiamata anche dal popolo Megalocharis, ossia la "Grande Grazia" o la "Piena di grazia". Per i numerosi ex-voto che la adornano e la nascondano alla vista, non è facile darne una esatta descrizione e bisogna ricorrere ad una replica abbastanza grande che si trova in sagrestia. È questa che riproduciamo e di cui diamo una breve descrizione.

Secondo la tradizione locale, l’immagine era destinata ad una antica chiesa risalente ad un imprecisato periodo bizantino in cui il culto cristiano aveva soppiantato quello pagano delle divinità dell’Olimpo. Detta chiesa, dedicata a San Giovanni Battista, sarebbe stata incendiata e distrutta dagli Arabi Saraceni nel corso del secolo decimo. L’icona stessa, conservata intatta in mezzo alle rovine, rimase nascosta fino al giorno della sua riscoperta, quel 30 Gennaio del 1823, sopra ricordato.

Sulla tavola Maria è raffigurata dentro una camera, in ginocchio e il capo chino, intenta a pregare davanti ad un inginocchiatoio, vestita di abito color verde e giallo. Sull’inginocchiatoio è posto un piccolo libro aperto sul quale sono scritte le parole pronunciate dalla Vergine all’annuncio dell’Angelo.

Di fronte alla Vergine l’Arcangelo Gabriele, circondato di luce, vestito anche lui di verde e oro, sta ritto in piedi, tenendo in mano a guisa di scettro un giglio, simbolo di purezza.

In seguito a questo ritrovamento, fu deciso di edificare una chiesa molto più grande e bella, dedicata appunto all’Annunciazione della Madre di Dio e alla venerata icona che la rappresenta. Tale costruzione durò dal 1824 al 1830, in un lasso di tempo davvero breve, se si considera la grande dimensione dell’edificio.

Nel 1842, un ladro rubò l’icona per appropriarsi dei numerosi oggetti preziosi di cui era adornata; ma questa fu però presto ritrovata e il ladro arrestato perché tutti gli abitanti di Tinos si erano lanciati alla sua ricerca.

George Gharib
[1 - continua]

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La Madre di Dio nel culto orientale

 
di GEORGE GHARIB

La Evangelístria del Santuario Tinos – 2
   

Il Santuario dell’Evangelístria è il centro di manifestazioni religiose e civili dell’Isola dell’Egeo – Le quattro feste che vi si celebrano ogni anno.
  

L'edificazione della chiesa dell’Evangelístria è stata, secondo le tradizioni locali, occasione di numerosi prodigi che manifestarono quanto la Madre di Dio aveva a cuore questa costruzione. Molti ex-voto esposti alla vista dei Pellegrini illustrano fatti miracolosi allora accaduti.

La costruzione del Santuario accompagnata da molti prodigi

Uno di questi prodigi riguarda una nave battente bandiera inglese: trovandosi nelle vicinanze di Tinos, fu sbattuta da una furiosa tempesta che rischiò di mandarla a picco. Il capitano, con gli occhi rivolti al Santuario ancora in costruzione, chiese aiuto, promettendo di contribuire alle spese dei lavori. Appena pronunciato il voto, il battello fu salvo. L’indomani, cessata la tempesta, la nave poté raggiungere la costa, permettendo così ai marinai di fare una cospicua elargizione per la costruzione della chiesa.

Copia della Panaghía Evangelístria ["Tuttasanta dell'Annunciazione"] a Tinos.
Copia della Panaghía Evangelístria ["Tuttasanta dell'Annunciazione"] a Tinos.

Un altro prodigio, sempre in favore di gente di mare, riguarda una nave assalita da una forte tempesta e gettata su uno scoglio che aveva aperto sui fianchi una grande crepa: l’acqua riempiva la nave e le pompe stentavano a farla uscire: il capitano e il resto dei marinai affidarono allora tutta la loro speranza alla Madre di Dio. Il miracolo ebbe luogo: all’istante l’entrata dell’acqua si interruppe pur proseguendo la tempesta. I marinai riuscirono a evacuare l’acqua e a proseguire il loro viaggio. Giunti in un porto spagnolo e consegnando il battello per la riparazione, si accorsero che nella fessura aperta si era bloccato un grosso pesce squalo. Furono tanto sbalorditi da portare alla Madre di Dio di Tinos una replica in argento della nave con il pescecane intrappolato nello scafo: tale ex-voto può essere visto ancora oggi.

Fra tanti altri miracoli, ce ne sono alcuni che riguardano fedeli di altre religioni, come il seguente di cui è stato beneficiario un dignitario turco musulmano. Questi, affetto da un male incurabile, andò nella chiesa della Madonna ed implorò il suo aiuto. La Vergine esaudì la sua preghiera, guarendolo. Allora, riconoscente, egli prese su di sé la costruzione di una magnifica fontana in marmo con getto d’acqua, che si trova vicino alla scalinata della chiesa superiore, a destra salendo: in questa fontana si celebra il rito della benedizione dell’acqua, nella festa del Battesimo di Cristo.

Armoniosa vista di "Tinos Megalocharis" ["Grande Grazia" o "Piena di grazia"].

Il grandioso perimetro del Santuario della Panaghía Evangelístria di Tinos.

Armoniosa vista di "Tinos Megalocharis"
["Grande Grazia" o "Piena di grazia"].

Il grandioso perimetro del Santuario
della Panaghía Evangelístria di Tinos.

Le quattro feste dell’Evangelístria

Il Santuario dell’Evangelístria è sempre stato il centro di tutte le manifestazioni religiose e civili degli abitanti di Tinos. È in queste circostanze che si celebrano gli Uffici di ringraziamento [Te Deum] e tutte le altre preghiere per commemorare i grandi eventi storici della Grecia. Queste feste costituiscono per molti stranieri un’occasione unica per trascorrere sull’Isola i giorni di festa, rendendosi così conto della religiosità del popolo greco.

Le feste che riguardano più particolarmente il Santuario della Madonna Evangelístria sono quattro.

1] La prima si celebra il 30 Gennaio, in ricordo del rinvenimento della santa Icona. Il giorno è occasione di grande adunanza di popolo, pronto a sfidare per la circostanza le intemperie invernali dell’Egeo.

L’Eucaristia viene celebrata verso le due del pomeriggio, ed è seguita da una solenne Processione attraverso la Città decorata a festa e al suono delle campane di tutta l’Isola. L’Icona, deposta sopra un piedistallo in oro e argento, è portata a spalle prima dai Notabili, poi dalle Autorità del paese e dai rappresentanti di tutte le classi sociali di Tinos. Dopo una breve preghiera in riva al mare, l’Icona è di nuovo ricondotta nel suo Palazzo di marmo, dove una prece di requiem viene recitata sulle tombe dei Fondatori del Santuario e per il riposo delle anime di quanti si sono sacrificati per la sua costruzione.

Pellegrini, piccoli e grandi, salgono al Santuario dell'Evangelístria in ginocchio, in segno di penitenza.
Pellegrini, piccoli e grandi, salgono al Santuario dell’Evangelístria in ginocchio, in segno di penitenza.

2] Una seconda festa viene celebrata il 25 Marzo, giorno dell’Annunciazione della Madre di Dio. Tale giorno ha una duplice importanza per i Greci, che celebrano insieme l’Annunciazione della Vergine e l’Anniversario della Rivoluzione greca contro l’Impero Ottomano, che si concluse con la liberazione del Paese dal giogo turco. Per questo, la festa assume un carattere insieme religioso e nazionale, alla presenza dei Rappresentanti ufficiali dello Stato e dei membri del Governo, giunti fin dalla Vigilia su una nave da guerra. [Ai tempi della Monarchia, la festa assumeva un carattere ancora più solenne per la presenza del Re e della Regina dei Greci, che avevano una devozione molto particolare per la Madre di Dio].

La Vigilia, si celebra una Messa con la partecipazione di numerosi Prelati; e per l’occasione la chiesa rimane poi aperta per permettere ai Pellegrini di passare la notte in preghiera ai piedi della Vergine. Durante queste lunghe Veglie, si assiste ogni anno al compimento di miracoli. Lo stesso giorno della festa, alla Santa Liturgia fa seguito una lunga Processione che porta la santa Icona fino al mare. Segue la celebrazione e il canto solenne dell’Inno Acatisto, che si conclude con la recita delle seguenti invocazioni durante il bacio dell’Icona:

"Gradisci, dolce Signora,
sovrana immacolata,
questo omaggio che a te solo
noi, tuoi indegni servitori,
rivolgiamo come a colei
che fu scelta fra tutte le generazioni
e che si è dimostrata superiore
ad ogni creatura della terra e del cielo.
Per te, difatti, il Signore
delle potenze è stato con noi,
per te noi abbiamo conosciuto
il Figlio di Dio,
per te abbiamo meritato
il suo corpo
e il suo prezioso sangue […].
Per le tue preghiere conservaci
senza rimprovero fino alla fine,
e così, salvati con il tuo aiuto
e protezione, noi rivolgiamo
gloria, lode, azione di grazia
e adorazione al Dio Unico e Trino,
Creatore universale, ora e sempre
e nei secoli dei secoli. Amen"
.

Pellegrini, piccoli e grandi, salgono al Santuario dell'Evangelístria in ginocchio, in segno di penitenza.
Pellegrini, piccoli e grandi, salgono al Santuario dell’Evangelístria in ginocchio, in segno di penitenza.

3] Una terza festa si celebra il 23 Luglio, giorno di commemorazione della Monaca Pelagia che ha avuto il grande privilegio di vedere nella sua umile cella la Vergine e di ascoltare il primo messaggio per il rinvenimento dell’Icona. Per l’occasione e di buon mattino la santa Immagine, scortata dalle Monache e da una folla di fedeli, viene trasportata dal Santuario fino al Monastero di Pelagia, dove viene celebrata una Messa in segno di gioia. Nel pomeriggio, ancora un Ufficio di requiem viene cantato nella cella di Pelagia, dove il visitatore può vedere ancora gli oggetti appartenuti all’umile Monaca: il suo letto e l’austero arredo; il visitatore può anche chinarsi per venerare la santa reliquia della sua testa. Sul far della sera, l’Icona è riportata in Processione nel Santuario, scortata dal Clero e da migliaia di fedeli.

La festa della Dormizione

4] La festa più solenne è, comunque, quella della "Dormizione della Vergine" del 15 Agosto, occasione unica di festeggiamenti per gli abitanti dell’Isola di Tinos e insieme per tutte le Confessioni cristiane della Grecia.

Come risaputo, tale festa dura quasi tutto il mese di Agosto, che diventa per questo il mese mariano per eccellenza di tutti i Cristiani orientali.

La festa è preceduta, dall’1 al 14 Agosto, da un digiuno chiamato "Quaresima della Madonna", e dal canto quotidiano di un Ufficio detto Parálisis, ossia: "Supplica alla Madre di Dio".

Pellegrini, piccoli e grandi, salgono al Santuario dell'Evangelístria in ginocchio, in segno di penitenza.
Pellegrini, piccoli e grandi, salgono al Santuario dell’Evangelístria in ginocchio, in segno di penitenza.

Il giorno 14 costituisce una Vigilia solenne che inizia col canto in chiesa dei Grandi Vespri e si prolunga tutta la notte con canti e inni di una rara bellezza poetica e teologica. Durante questa Vigilia giungono nell’Isola i rappresentanti del Governo e Ufficiali degli Ordini Militari per rendere omaggio alla Madonna, mentre una grande folla si accalca, a ondate continue, per salutare Nostra Signora, tentando di trovar posto in chiesa. Un pellegrinaggio di fedeli che continua per tutta la notte.

Per l’occasione, si assiste all’arrivo di migliaia di Pellegrini venuti da tutti gli angoli della Grecia e dall’Estero in numero sempre maggiore.

Sono questi i momenti che la Vergine sceglie per manifestare la sua presenza e compiere anche dei miracoli. Non di rado, sordomuti ritrovano all’improvviso l’uso della parola e, pazzi di gioia, corrono a mettersi in ginocchio davanti all’Icona; bambini paralitici o non vedenti ritrovano la salute.

Il mattino del 15 Agosto, l’Ufficio comincia con il canto del Mattutino e prosegue con la Divina Liturgia di Giovanni Crisostomo.

All'interno del complesso del Santuario, i Pellegrini convenuti per la "festa della Dormizione" trascorrono la notte della Veglia, accampati in qualche modo.
All’interno del complesso del Santuario, i Pellegrini convenuti per la "festa della Dormizione"
trascorrono la notte della Veglia, accampati in qualche modo.

La musica delle Bande militari segna l'inizio della festa per tutta l’Isola. Culmine di questa è la grande Processione con l'icona della Panaghía [Tuttasanta] collocata in un tabernacolo dorato sormontato dalla Croce e portato a spalla da militari. Passa lentamente in mezzo alla grande folla inginocchiata, mentre i canti liturgici si mescolano alle invocazioni dei fedeli, principalmente dei malati: i portatori spesso si arrestano, per far passare l'immagine sopra il capo di qualcuno di essi, mentre altri cercano di toccarla. Tinos diviene allora il centro della sofferenza e della speranza di tutta la Grecia.

In questo giorno di festa, Tinos si è svegliata nell’atmosfera movimentata di una grande città. Gli abitanti, che non superano abitualmente le tremila unità, si sono moltiplicati per dieci nello spazio di una sola notte. Le case, le strade, i vicoli sono brulicanti di gente: è la festa di tutte le anime cristiane.

Ressa di fedeli a Tinos, ognuno con la sua lunga candela in mano, per offrirla alla Madonna.
Ressa di fedeli a Tinos, ognuno con la sua lunga candela in mano, per offrirla alla Madonna.

Madri vestite di nero con i bambini in braccio, orfanelle, adolescenti vestiti di nero che hanno perso la salute, salgono i gradini del grande viale spingendosi in ginocchio. Il loro sudore, come gocce di sangue bagna il suolo santo, i loro volti sono alterati dallo sforzo, le ginocchia sono martoriate dall’asfalto duro. Essi proseguono però la loro strada, perché hanno fatto voto di percorrere in questo modo la via che li conduce al trono di Nostra Signora.

Nel primo pomeriggio si assiste già alla partenza di molti pellegrini, ma non di tutti, perché la celebrazione liturgica della festa prosegue fino al 23 Agosto, giorno di chiusura dell’Ottavario della festa. Numerosi altri si trattengono fino alla fine del mese, contenti di prolungare il loro soggiorno e di rimanere sotto la protezione della Megalocharis [Madonna di tutte le grazie], ripromettendosi di ritornare l’anno seguente per ossequiare la Vergine e invocare di nuovo la sua protezione.

George Gharib

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La Madre di Dio nel culto orientale

 
di GEORGE GHARIB

Cipro come un grande Santuario
   

La "Madre di Dio di Kykkos" è il più celebre Monastero mariano dell’Isola – L'icona della "Panaghía Kykkiotissa".
  

Cartina.L'Isola di Cipro, oggi oggetto di contesa fra i Greci ortodossi che costituiscono la maggioranza della popolazione e la minoranza turca musulmana, è un luogo di antica civiltà che ha visto susseguirsi numerose culture. È anche un luogo di antica cultura cristiana di cui Cristo e la sua Santissima Madre formano il cuore battente. L’Isola è anche un grande luogo di culto mariano, costellato di Chiese e di Santuari dedicati alla Madre di Dio. Fra questi, occupa un posto di privilegio quello detto di Kykkos, rinomato per la presenza di una icona mariana attribuita al pennello di San Luca. Il Santuario costituisce l’istituzione religiosa più ricca, più venerata, più celebre e frequentata del Paese.

Simon Usciakov, Icona della Madre di Dio di Eleus-Kiksk, versione russa della Panaghía Kykkiotissa [1668] - Mosca, Galleria di Stato Tretjakov.
Simon Usciakov, Icona della Madre di Dio di Eleus-Kiksk,
versione russa della Panaghía Kykkiotissa [1668] – Mosca, Galleria di Stato Tretjakov.

Alle origini del Cristianesimo

L'Isola di Cipro ha accolto il Cristianesimo ai tempi di San Paolo e di San Barnaba, ai quali si attribuisce la fondazione della Chiesa dell'Isola. Questa, dipendente inizialmente dal vicino Patriarcato di Antiochia, riuscì ad ottenere la sua "autocefalia", o indipendenza ecclesiastica, nel III Concilio Ecumenico tenutosi ad Efeso nel 431.

Fra i Padri più celebri della Chiesa di Cipro spicca la figura di Sant'Epifanio, Vescovo di Salamina [l’attuale Salamis] dal 365 al 403, autore di opere teologiche rimaste celebri, fra le quali spicca il suo "Panarion", il cui insegnamento segna un progresso rilevante nella dottrina mariana del secolo IV.

In seguito, l'Isola ebbe una vita travagliata. Occupata nel secolo VII dagli Arabi musulmani, fu riconquistata dai Bizantini nel secolo IX, ma cadde sotto la dominazione latina, successivamente dei Lusignano (1191-1373), dei Genovesi (1373-1489), dei Veneziani (1489-1571), dei Turchi musulmani (1571-1878) e infine degli Inglesi, fino alla infelice divisione dell'isola fra Turchi e Greci (1974), la quale dura tuttora.

Dal punto di vista dell'arte, l'Isola può essere considerata una provincia dell'arte bizantina, sia dal punto di vista architettonico che pittorico, come stanno a dimostrare le numerose opere monumentali e quelle in affresco, in mosaico, e il cospicuo numero di icone che si sono conservate fino ai nostri giorni. Ben dieci Chiese sono state acquisite dall’UNESCO al Patrimonio mondiale dell’umanità.

Antiche fonti apocrife sostengono che Maria SS. si sia recata a Cipro per fare visita ai Cristiani dell'Isola. Pertanto, Cipro costituisce come un unico, vasto Santuario mariano per il numero di Monasteri, Chiese e Santuari dedicati alla Madonna sotto i nomi più vari e più suggestivi, una racolta dei quali forma una vera litania. Così, ad esempio, si parla di Panaghía Troodotissa, Apsiontissa, Arakiotissa, Chrysorraitis, Kamariotissa, Chryssaliniotissa, Phorbiotissa, Avgasidio, Sfalangiotissa, Angheloktistos, Kykkiotissa, ecc. Il titolo di Panaghía [Tuttasanta] è uno dei più cari che la pietà orientale riserva alla Madre di Dio, insieme naturalmente al titolo Theotókos [Madre di Dio]. Gli altri titoli, particolari dell’Isola e difficilmente traducibili, si riferiscono a nomi di luoghi, di personaggi celebri o meno e di prodigi operati dalla Madonna.

Veduta panoramica del Monastero di Kykkos, nell'Isola di Cipro.
Veduta panoramica del Monastero di Kykkos, nell’Isola di Cipro.

Il Monastero di Kykkos

Il Monastero della Panaghía di Kykkos trae il suo nome dal monte omonimo, nel massiccio montagnoso detto Troodos, sul quale è costruito. La sua fondazione si fa risalire alla fine del secolo XI, ad opera di un monaco di nome Isaia, che ne fu anche il primo igumeno (abate). Il Monastero conobbe durante la sua lunga storia una grande prosperità e fu centro di intensa vita spirituale e liturgica. Durante l'occupazione turca dell'Isola ebbe molto a patire e molti dei suoi Monaci furono uccisi ed i loro beni sequestrati, dispersi o incendiati. Alcuni di loro divennero Vescovi e Arcivescovi. Fra i più celebri spicca nel secolo XII Neofito, soprannominato il Recluso, definito il Crisostomo di Cipro, per la bellezza dei suoi scritti, fra i quali omelie sulla Madre di Dio; in tempi più recenti spicca il nome dell'Arcivescovo Makarios che vi fu monaco prima di divenire Arcivescovo ed etnarca [cioè, Capo di Stato].

L’interno della Chiesa del Monastero ha di che stupire il visitatore. La sua forma che imita una L, è costituita in pratica da due diverse chiese giustapposte, la prima in forma basilicale allungata, la seconda in croce greca centrata. L’interno comporta una immensa iconostasi che, per l’irregolarità della pianta, non è visibile nella sua interezza dalla navata. La decorazione della Chiesa è di una ricchezza incredibile, a cominciare dai lustri, candelabri tutti diversi e sontuosi, alcuni dei quali hanno la forma della Basilica di Santa Sofia di Costantinopoli; e dappertutto ori e volute d’incenso. Il tutto lascia nell’animo di chi vi entra una sensazione indefinibile di pace e di profonda spiritualità.

Moderno ingresso al Santuario di Kykkos.
Moderno ingresso al Santuario di Kykkos.

L'icona della "Panaghía Kykkiotissa"

Al centro della celebrità del Monastero sta l'icona mariana, detta "Panaghía Kykkiotissa" che vi si venera. L'icona ha fama di essere un ritratto originale della Madonna fatto da San Luca. Secondo una tradizione difficilmente controllabile, era dapprima venerata in Egitto, poi in seguito alla conquista araba della terra del Nilo, fu messa in salvo e portata a Costantinopoli. Lì rimase fino al 1082, anno in cui fu donata dall'Imperatore Alessio I Comneno (1082-1118) al monaco Isaia che aveva costruito il Monastero. Al suo arrivo nell'Isola l'icona si segnalò con numerosi prodigi, i quali si rinnovarono spesse volte in seguito. Essa si è resa celebre anche per essere scampata a ben quattro incendi. Il Monastero divenne così meta di numerosi pellegrinaggi, non solo degli abitanti dell'Isola ma di pellegrini provenienti da tutto il mondo ortodosso. Attualmente l'icona si festeggia non meno di due volte all'anno: la prima, l'8 Settembre, in occasione della festa della Natività della Madonna; la seconda il 15 Agosto, nella festa della Dormizione di Maria. Anche gli abitanti Turchi dell'Isola, benché musulmani, non mancano di partecipare a questa venerazione.

Da due secoli nessuno è mai riuscito a vedere l’icona, coperta da una custodia in oro e argento che risale al 1776; e la fantasia popolare è fortemente impressionata da racconti di castighi inflitti a profanatori o ad audaci curiosi. Ancora oggi nella mano bronzea visibile a destra dell'icona (un ex voto) è indicato dalla tradizione il castigo di un turco che, per aver osato accendere una sigaretta alla lampada votiva, ebbe disseccata la mano.

È possibile farsene un’idea dalle numerose repliche esistenti nell'Isola, risalenti al secolo XIV e XV, e dalle molte calcografie del secolo XVIII.

Incredibile ricchezza di raffigurazioni della parete laterale dell'iconostasi della Chiea del Monastero.
Incredibile ricchezza di raffigurazioni della parete laterale dell’iconostasi della Chiea del Monastero.

Il tipo iconografico dell’icona è quello generico dell'Eleousa in cui si manifesta un sentimento di tenero affetto tra Madre e Bambino, con alcune particolarità originali. Nel tipo della Kykkiotissa, Maria, in busto e vestita come di solito di chiton (tonaca) e maforion (mantello), si china con affetto sul Bambino che si contorce appoggiato contro la spalla destra; con la mano sinistra regge il Bambino, mentre con la mano destra leggermente sollevata mantiene la mano destra del Bambino, come per aiutarlo a sollevare il rotolo aperto. Le iscrizioni ai lati del capo nimbato sono abitualmente due: i due diagrammi MP ΘY, per Madre di Dio, e il nome aggiunto PANAGIA TOY KYKKOY, ossia "La Tuttasanta di Kykko".

Il Bambino, fasciato e vestito di abiti coperti di assist (striature in oro) e che lasciano i piedi scoperti fino alle ginocchia, sembra disinteressarsi della Madre e guarda verso lo spettatore; con la mano destra sollevata tiene un rotolo di carta. Questi non è come al solito chiuso e arrotolato, ma svolto e aperto, e vi si legge la seguente scritta: "Lo spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l'unzione e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio" (Lc 4,18).

Incredibile ricchezza di raffigurazioni della parete laterale dell'iconostasi della Chiea del Monastero.
Incredibile ricchezza di raffigurazioni della parete laterale dell’iconostasi della Chiea del Monastero.

Diffusione dell’icona e feste che la celebrano

Da Cipro il tipo della Panaghía Kykkiotissa si è diffuso in tutto il mondo ortodosso: Sinai, Monte Athos, Bulgaria, i Balcani, Russia, ecc. Esso si ritrova anche in non poche icone occidentali, specie in Italia. Fra queste ultime, citiamo la Madonna detta "delle Vergini", e anche "delle Monache nere": risale ai primi del secolo XIV e si conserva nella Pinacoteca Provinciale di Bari. Lo stesso tipo si ritrova, fra l'altro, nella "Madonna" di Velletri, nel Museo Civico di Viterbo, e nella "Madonna della Vittoria" di Piazza Armerina.

La Panaghía Kykkiotissa ha trovato grande diffusione nella Chiesa russa, che la venera non meno di due volte nel suo calendario: il 20 aprile e l'8 luglio.

L’icona della "Madonna di Kykkos" è fatta oggetto di un intenso culto, non solo dalla Comunità del Monastero, ma anche dai fedeli che vi abitano attorno, dalla popolazione dell’Isola di Cipro e da molti pellegrini provenienti dall’Estero.

Gli Uffici liturgici, che cominciano la Vigilia con i Vespri solenni, si prolungano durante la notte con processioni e inni che permettono alla gente di trascorrere lunghe ore in preghiera. Il giorno della festa le preghiere cominciano molto presto con il Mattutino e si prolungano con la solenne Liturgia di Giovanni Crisostomo i cui canti sono eseguiti dal Coro del Monastero.

Icona della Panaghía di Kykkos e "quadri di storia" del Monastero [Michele Apostoles, 1778].
Icona della Panaghía di Kykkos e "quadri di storia" del Monastero [Michele Apostoles, 1778].

Le Ufficiature delle due feste sono di grande ricchezza poetica, spirituale e teologica. Per la festa della Natività, ad esempio, si cantano le seguenti due Antifone, attribuite a San Germano, Patriarca di Costantinopoli (+ 733):

"La gioia universale, la Tuttalodata Vergine, è nata per noi da Gioacchino ed Anna, i giusti: è colei che per la sua purezza indicibile è divenuta il Tempio animato di Dio, e la sola ad essere riconosciuta secondo verità Madre di Dio. Per le sue preghiere, Cristo Dio, largisci al mondo la pace e la grande misericordia del Signore".

"O Vergine, come ha annunciato l'Angelo, tu nasci dai giusti Gioacchino ed Anna, tu cielo e trono di Dio, ricettacolo purissimo che annuncia la gioia a tutto il mondo, o causa della nostra vita, distruttrice della maledizione, antidoto e benedizione! Perciò, nel giorno della tua nascita, o Fanciulla eletta da Dio, implora per le nostre anime la pace e la grande misericordia del Signore!".

Anche per la festa della Dormizione i testi sono di grande ricchezza. Riportiamo qualche espressione di due Inni tratti dal Canone di Giovanni Damasceno (+749), cantati nel Mattutino:

Megalinario "Gli Angeli, vedendo la Dormizione della Vergine, si stupirono che essa si sia elevata dalla terra al cielo".

Irmo – "Ogni mortale esulti in spirito con fiaccole accese nelle mani; la natura immortale degli esseri spirituali celebri con gioia la sacra solennità della Madre di Dio ed esclami: ‘Ave, beatissima e pura Madre di Dio Semprevergine!’ ".

George Gharib

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La Madre di Dio nel culto orientale

 
di GEORGE GHARIB

"Nostra Signora di Ras-Baalbek"
   

Il Santuario di "Nostra Signora di Ras-Baalbek" sorge nella Valle della Bekaa del Libano centrale – Lo frequentano Cattolici, Ortodossi e persino Musulmani.
  

Fra i numerosi Santuari mariani che costellano il Libano, merita di essere conosciuto quello della piccola cittadina di Ras-Baalbek, sito nella Valle della Bekaa. Il Santuario, costruito su antiche costruzioni romane e bizantine, è costituito da un piccolo Monastero appartenente all’Ordine monastico greco-melkita cattolico dei Monaci Basiliani Aleppini, responsabili della sua conservazione e del servizio pastorale ai Cristiani e agli stessi Musulmani della regione.

Squarcio del Santuario "Nostra Signora di Ras-Baalbek".
Squarcio del Santuario "Nostra Signora di Ras-Baalbek".

La città di Baalbek e la Valle della Bekaa

La piccola città di Ras-Baalbek, che ospita normalmente circa cinquemila abitanti, è situata allo sbocco di una gola dell’Anti-Libano, e si eleva su una località molto antica, che ha avuto grande importanza ai tempi dei Romani e dei Bizantini. La Valle della Bekaa in cui si trova è costituita da un altipiano compreso tra le due catene montuose del Monte Libano che si affaccia sul Mediterraneo e dell’Anti-Libano che si affaccia sul deserto siriano. La Valle nel corso dei secoli fu di grande importanza per la coltivazione del grano, tanto che la si definiva uno dei 'granai' di Roma. Pur non essendo oggi altrettanto fertile, vanta tuttora un paio di raccolti l'anno.

Due località della Bekaa sono particolarmente interessanti: Baalbek, l'antica Heliopolis, con i suoi famosissimi templi, e Anjar, una città omayyade in buono stato di conservazione. Baalbek si trova nella parte settentrionale della Valle della Bekaa, distante 86 km da Beirut. Costituisce il più imponente sito archeologico del Libano ed è anche, con ogni probabilità, la città romana più importante del Medio Oriente, ritenuta una delle meraviglie del mondo.


Mappa del Libano attuale
.

L'antica località di Baalbek, abitata in un primo tempo dai Fenici, era dedicata al dio Baal, da cui gli viene il nome. Dopo la conquista di Alessandro Magno, divenne nota con il nome di Heliopolis, conservato in seguito dai conquistatori romani. Nel 64 a.C. Pompeo il Grande, in visita a Baalbek, fu vivamente impressionato dalle sue divinità; e, pochi anni dopo, Giulio Cesare vi fonderà una Colonia romana, rinomata per la sua posizione strategica tra Palmira, nel deserto siriano, e le località della costa, dandole il nome della propria figlia Giulia. Baalbek fu così occupata dai soldati romani e si diede inizio alla costruzione di nuovi edifici: in breve tempo si parlerà di essa come della più importante città della Siria romanizzata.

Con l'ascesa al trono imperiale di Costantino Magno, il mondo pagano fu seriamente minacciato, e a Baalbek si sospesero i lavori ai templi pagani. Con l'Imperatore Giuliano l'Apostata il paganesimo conobbe un nuovo momento di gloria. Il Cristianesimo fu poi nuovamente ristabilito dall'Imperatore Teodosio, che permise l’utilizzo dei grandi blocchi di pietra dei templi di Baalbek nella costruzione di una Basilica cristiana. Alla morte di Teodosio, la città perse progressivamente ricchezza e importanza: un cronista di Giustiniano riferisce dell'invio di otto colonne di granito rosa a Costantinopoli, dove furono impiegate nella costruzione della Basilica Hagia Sofia.

Tempio di Bacco [del II sec.] nella cittadina romanizzata Heliopolis, l'attuale Baalbek.
Tempio di Bacco [del II sec.] nella cittadina romanizzata Heliopolis, l’attuale Baalbek.

La cittadina di Ras-Baalbek

La piccola città di Ras-Baalbek è costruita su un spiazzo arido e roccioso, capace di difendere la via della prestigiosa Heliopolis, la Baalbek di oggi. Contava nei primi secoli dell’era cristiana più di 15.000 abitanti. Vi sono stati scoperti più di venti siti archeologici, di cui almeno una decina di Chiese e di Monasteri. All’ingresso della cittadina attuale, si possono contemplare ancora i resti della bella Basilica dedicata a Santa Barbara e che, con la sua abside e la doppia serie di colonne, risalirebbe al secolo V.

Dal punto di vista religioso, la cittadina di Ras-Baalbek si è resa celebre nell’antichità per una schiera di Vescovi, i cui nomi si ritrovano negli Atti dei Concili di Nicea (325) e di Calcedonia (451). Gli abitanti, detti "Rasioti", hanno sempre difeso la loro fede cristiana; e ciò nonostante le invasioni subìte e le successive distruzioni inflitte alla loro città.

Autorità religiose e civili a Ras-Baalbek.
Autorità religiose e civili a Ras-Baalbek.

Questa fede è robusta come la quercia della Montagna libanese, grazie al loro attaccamento filiale alla Santa Madre di Dio. "Questa fede che i nostri figli hanno nel cuore e questa bravura che abbiamo nel sangue, è una grazia che noi attribuiamo tutti alla Vergine Saidet-el-Ras", hanno confidato alcuni abitanti di questo paesino "mariano".

"Ho potuto rendermi conto – dice il Rettore del Monastero – che questa fede viva e solida si manifesta durante tutto l’anno, ma con una maggiore intensità durante le feste mariane dell’anno liturgico, specie ad Agosto, quando la festa della ‘Dormizione’ del 15 del mese diventa il punto di incontro per eccellenza, che attira attorno all’immagine della Madonna non solo i Cristiani di diversi riti e di diverse Chiese, ma anche la popolazione musulmana e sciita, numerosa in questa regione".

Il Convento e il Santuario di "Nostra Signora di Ras-Baalbek"

Situato ad un centinaio di metri dal resto del Villaggio, il Convento di "Nostra Signora di Ras-Baalbek" assomiglia ad una fortezza. Per arrivarci, basta attraversare un ponte in cemento e utilizzare una bella e larga strada asfaltata, affiancata da abeti e piante di rosa. Il Monastero è costruito sui resti di un tempio romano lungo cinquanta metri; la facciata è fatta di grosse pietre di due o più metri di lunghezza; una bella Croce, circondata da piante di alloro, è ben visibile sopra la piccola e antica porta di ingresso, risalente ai tempi di Costantino.

Durante gli anni 1992-93, sono state scoperte nelle vicinanze del Convento croci simili scolpite su lastre di pietra. La piccola Cappella, una volta restaurata nel 1995, ha rivelato alcuni dettagli sul suo passato. Risalirebbe al secolo XV, e alcune delle pietre utilizzate nella costruzione provengono senza dubbio dall’antico tempio romano.

Il Monastero, risparmiato per miracolo dalla distruzione nel periodo mameluco, è stato restaurato verso il 1550 da Monaci Giacobiti favoriti dagli Emiri della Siria Meridionale da cui dipendeva Ras-Baalbek. Passò poi al Patriarcato greco-melkita di Antiochia. Nel 1628 vi ebbe luogo il noto Sinodo che ha risolto la disputa tra i Patriarchi Cirillo Dabbas e Ignazio Attieh. Nel 1722 i notabili di Ras-Baalbek affidarono il Convento ai Monaci di San Giovanni di Choueir. Nel 1829, in occasione della divisione dell’Ordine fra Choueriti e Aleppini, il Monastero fu affidato a questi ultimi, che hanno cura del Monastero fino ai nostri gironi.

Grande blocco di marmo nelle cave della Valle della Bekaa.
Grande blocco di marmo nelle cave della Valle della Bekaa.

Cattolici, Ortodossi e Musulmani, frequentatori del Santuario

La Chiesa del Santuario possiede un’iconostasi di marmo bianco che dà accesso al Santuario tramite tre porte. La porta centrale è affiancata dalle due icone di Cristo e della Madonna, presenti in tutte le chiese orientali. Le icone che la ornano sono opera di Hariss Ghadban, noto iconografo della cittadina e che sono ancora da completare. Al centro della devozione mariana del Santuario un’immagine del secolo XVI, della scuola di Raffaello, portata da Roma nel 1927, in occasione dell’inaugurazione della nuova Chiesa del Monastero. Rappresenta Maria che regge il Bambino Gesù sul braccio sinistro, offrendogli un fiore.

I frequentatori del Santuario sono i Cattolici e gli Ortodossi, appartenenti alle diverse Comunità ecclesiali della regione. Lo frequentato anche i Musulmani di confessione sciita che vengono ai piedi della Madonna per sollecitare grazie e ringraziare la Padrona del luogo per grazie ricevute durante l’anno. La maggioranza arriva a piedi, in segno di penitenza, e riparte contenta dopo aver pregato e fatto un’offerta.

Una donna musulmana, richiesta del perché della sua venuta ogni mese di Agosto, sotto il sole cocente e a piedi, ha risposto: "A noi è difficile abbandonare questa abitudine molto cara, ereditata dai nostri padri… Non vogliamo che Sitna Maryam si arrabbi se non veniamo a visitarla e che faccia cadere la sua collera sopra di noi, i nostri figli, i nostri beni e le nostre mandrie…".

E quest’altra testimonianza proviene dal Rettore stesso del Santuario: "Un giorno che parlavo con brava gente dalla fede traboccante, udii canti che provenivano dall’interno della Cappella. Era già tardi; ma recandomi lì pieno di curiosità, e pur sapendo che i Vespri erano già da tempo terminati, fui preso da commozione alla vista dello spettacolo: inginocchiate davanti all’icona della Vergine, una decina di donne velate di bianco cantavano a turno suppliche musulmane al ritmo del Corano… Alcune baciavano di continuo la terra o piangevano, invocando più volte il nome di Saida: si aveva l’impressione di stare davanti a donne che parlavano con un membro della propria famiglia".

Colonna spezzata, resto archeologico dell'antica Baalbek.
Colonna spezzata, resto archeologico dell’antica Baalbek.

Le feste del Santuario

Le manifestazioni maggiori di pietà e di culto si svolgono il mese di Agosto, che vede convergere verso il Santuario di "Nostra Signora di Ras-Baalbek" fiumane di gente che arrivano da ogni dove. L’accesso al Santuario pullula di gente, uomini e donne, giovani e vecchi, che aspettano con pazienza di poter entrare nel recinto della Chiesa prima, all’interno del Santuario poi, per offrire il loro cero e i loro doni, per confessarsi, assistere alla celebrazione dell’Eucaristia, accostarsi alla Comunione, baciare l’immagine della Madonna prima di uscire e di trovarsi insieme nel parco della Chiesa con amici e parenti, e ripartire poi con il cuore leggero, in attesa di trovare altre occasione di tornare presso la Madonna e vivere altri momenti così benedetti.

Un grande cedro, simbolo Paese.
Un grande cedro, simbolo Paese.

I canti che accompagnano il bacio all’immagine della Madonna si compongono, fra l’altro, delle seguenti strofe, traboccanti di pietà e fiducia filiale:

"Tutti tu proteggi, o Buona, quelli che con fede
si rifugiano nella tua mano potente
.

Non abbiamo, noi peccatori, altra perpetua mediatrice
presso Dio tra i pericoli e le tribolazioni,
noi che siamo piegati per le tante colpe
;
o Madre del Dio Altissimo, noi ci buttiamo dunque ai tuoi piedi:
libera i tuoi servi da ogni sventura.

Tu sei la gioia di tutti gli oppressi, avvocata di chi subisce
ingiustizia, cibo degli affamati, conforto degli stranieri,
porto di chi è sbattuto dalla burrasca, visitatrice degli ammalati,
rifugio e soccorso degli affaticati, bastone dei ciechi
e aiuto degli orfani, o Madre del Dio altissimo
.

O pura, affrettati, ti preghiamo, a salvare i tuoi servi".

George Gharib
 

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Le Feste mariane della Chiesa Siro-Occidentale

 
di GEORGE GHARIB

"Congratulazioni alla Madre di Dio"
   

Festa veramente suggestiva è quella delle "Congratulazioni alla Madre di Dio per la nascita del Figlio" celebrata il 26 Dicembre.
  

Per "Chiesa Siro-Occidentale" s’intende quella porzione della Chiesa di Antiochia di Siria che, rifiutando la definizione del Concilio ecumenico di Calcedonia del 451 di "una Persona in due nature in Cristo", si separò dalla Chiesa Cattolica di allora e formò una Chiesa particolare.

La Chiesa e la Liturgia Siro-Occidentale

È detta Chiesa "Sira", sia perché d’origine siriana che per l'uso della lingua siriaca (aramaica) nella Liturgia; e "Occidentale" per distinguerla dall'altra Chiesa Sira, detta "Orientale" o Nestoriana, nata dopo il Concilio ecumenico di Efeso del 431 e che rifiuta la definizione dogmatica della Theotókos, o Madre di Dio. È detta anche "Giacobita", dal nome di Giacomo Baradai, Vescovo consacrato occultamente nel 543, il quale dette un proprio quadro gerarchico al Gruppo ecclesiale contrario al Concilio di Calcedonia.

I fedeli di questa Chiesa furono perseguitati dagli Imperatori bizantini; per questo accolsero nel secolo VII i conquistatori arabi come dei liberatori. Ebbero in seguito una storia molto tormentata ed eroica; perciò la sede del Patriarca fu spesso trasferita. Adesso la sede si trova a Damasco, in Siria, e il Patriarca ha sotto la sua giurisdizione 34 Vescovi, di cui 14 in India e una ventina nel Medio Oriente, compresa Gerusalemme, e nella Diaspora: America, Europa e Australia. I fedeli sono in tutto due milioni e mezzo circa. Esiste anche una piccola Chiesa Siro-Occidentale Cattolica unita a Roma dal 1782, composta di centomila fedeli circa.

L'isolamento di questa Chiesa lungo i secoli e la vita indipendente che ha condotto, l'hanno obbligata a sviluppare una propria visione del Cristianesimo con letteratura, diritto ecclesiastico, teologia e liturgia propria. Quest'ultima contiene la massima espressione della fede e della vita della Chiesa Siro-Occidentale: è rimasta molto vicina alle origini cristiane e vi si percepisce il profumo autentico degli Apostoli e delle prime Comunità cristiane. La sua formulazione definitiva risale ai secoli V-VIII e si conserva in numerosi libri liturgici per la celebrazione della Liturgia eucaristica, l'Ufficio delle Ore, i Sacramenti, i Sacramentali e le Feste di Cristo, della Chiesa e dei Santi lungo il Calendario liturgico. Il tutto si esprime in bellissime preghiere e soprattutto in una raffinata poesia liturgica che si vanta di avere come autori Sant'Efrem Siro (+ 372), da loro chiamato "profeta", "dottore dell'universo", "colonna della Chiesa", "arpa dello Spirito Santo"; e Giacomo di Sarug (+ 521) che essi venerano come "flauto dello Spirito Santo e arpa della Chiesa". La loro Liturgia eucaristica possiede un centinaio di Anafore, lunghe preghiere che corrispondono al nostro "Canon Missae", attribuite agli stessi Apostoli e ai maggiori Padri e Dottori della Chiesa primitiva.

Hero Paradiso, San-t'Efrem Siro, il più grande cantore di Maria dell'antichità cristiana - foto Jurino.
Hero Paradiso, Sant'Efrem Siro, il più grande cantore di Maria dell'antichità cristiana – foto Jurino.

La grande venerazione della Madre di Dio

La venerazione di Maria nella Chiesa Siro-Occidentale sta al cuore stesso della pietà dei fedeli, come del resto succede nelle altre Chiese orientali. Questo fatto risale agli inizi della Chiesa, quando Maria, dopo l'Ascensione del Figlio, era diventata il centro della Comunità apostolica e delle prime generazioni cristiane. Nel corso di secoli caratterizzati da difficoltà e persecuzioni, Maria è stata sempre colei a cui ricorrere e da cui implorare l'aiuto e la mediazione. Il pensiero mariano di Sant'Efrem Siro, il primo e più grande Dottore mariano dell'antichità cristiana, è rimasto attraverso i suoi Inni l'ispiratore sommo della pietà mariana di questa Chiesa.

Sono numerose le manifestazioni della venerazione alla Madonna della Chiesa Siro-Occidentale: l'archeologia, l'epigrafia, l'iconografia e la letteratura ne danno ampia testimonianza. I Siro-Occidentali venerano Maria in molti Santuari e molte Chiese dedicate a lei. La manifestazione maggiore di venerazione verso la Madre di Dio si ritrova nella ricca Liturgia: l'Ufficio quotidiano delle Ore, la Liturgia Eucaristica e il ricco Calendario delle Feste annuali, che qui iniziamo ad esporre ai nostri Lettori.

Calendario delle Feste mariane della Chiesa Siro-Occidentale

Il Calendario della Chiesa Siro-Occidentale si articola in due cicli, quello del "temporale" e quello del "santorale". Il "temporale", formato dalla successione delle settimane, ha per polo centrale la festa di Pasqua. Il "santorale", formato dalla successione dei mesi, ha per polo centrale la festa del Natale e si conclude con la festa della Dormizione di Maria. In entrambi i cicli si celebra il mistero di Cristo, della Chiesa e dei Santi. La Madonna vi occupa un posto di primo piano nelle Feste a lei dedicate.

Tra le Feste mariane proprie della Chiesa Siro-Orientale ne figurano due veramente suggestive, collocate il 26 Dicembre la prima, e l'indomani della Pasqua la seconda: sono chiamate rispettivamente: "Congratulazioni alla Madre di Dio per la nascita del Figlio" e "Congratulazioni alla Madre di Dio per il Figlio risorto". La prima è comune con la Chiesa bizantina; la seconda riflette la fede comune a tutta la Chiesa Orientale dell'apparizione di Cristo risorto alla Madre, subito dopo la Risurrezione.

Altre Feste mariane proprie di questa Chiesa [che essa ha in comune con la Chiesa Siro-Orientale e quella Maronita] sono di origine agricola e si commemorano il giorno 15 dei mesi di Gennaio, Maggio e Agosto. Quella di Gennaio è detta "Madonna delle sementi": Maria viene paragonata ad "un campo benedetto in cui crebbe la spiga delle benedizioni che sazia il mondo affamato". Quella di Maggio celebra "Nostra Signora delle spighe": Maria è assimilata ad un campo che produce Cristo, pane della vita. Infine, quella del 15 Agosto [che va a confondersi con la festa della Dormizione] commemora "Nostra Signora delle vigne e dell'uva": Maria è vista come una "superba vite, pura e senza macchia, che dette al mondo il grappolo divino il cui frutto vivifica l'universo".

Se la Chiesa Siro-Occidentale non ha istituito un vero mese mariano, il suo Calendario liturgico possiede però qualcosa di simile, e due volte all'anno: nel periodo prenatalizio e nel mese di Agosto, in preparazione alla festa della Dormizione.

Lode alla Vergine Madre, cantata dagli Angeli – Min. c. 90v., Biblioteca Medicea Laurenziana, Firenze.
Lode alla Vergine Madre, cantata dagli Angeli – Min. c. 90v.,
 Biblioteca Medicea Laurenziana, Firenze.

La festa delle "Congratulazioni alla Madre di Dio"

La liturgia della Chiesa Siro-Occidentale festeggia con rara solennità la festa del Natale, che essa fa precedere dalle Domeniche dell’Annunciazione [Subboro] e seguire dalla festa delle "Congratulazioni alla Madre di Dio per la nascita del Figlio".

Questa festa, che si celebra il 26 Dicembre, corrisponde a quella bizantina celebrata lo stesso giorno con il nome di "Sinassi alla SS. Madre di Dio" [Sinassi ha il senso di Assemblea festiva], e a quella latina dell’Ottava di Natale, quando si celebra la maternità divina di Maria.

La festa sira si celebra con Inni di rara bellezza, ispirati a Sant’Efrem Siro e a Giacomo di Sarug.

I Siri possiedono un genere di preghiera sacerdotale, detta "Sedro", composta di tre parti: Proemio, Sedro e Preghiera dell’incenso; la preghiera, in prosa, recitata nel contesto più solenne di ogni Ufficio liturgico, permette al sacerdote che la recita di dilungarsi e di rendere l’onore dovuto alla persona festeggiata.

Riportiamo qui di seguito alcune parti. del "Sedro" recitato nei Vespri della "Festa delle Congratulazioni":

Proemio

"Gloria, riconoscenza, lode, onore ed esaltazione, incessantemente e senza pausa, in ogni tempo e in ogni luogo, al Figlio eterno, nato dal Padre; egli per la sua nascita corporale ha liberato il nostro genere dalla schiavitù del peccato e ha riconciliato i celesti con i terrestri, in modo che tutti insieme possano indirizzargli la riconoscenza e l'adorazione, assieme al Padre e allo Spirito Santo.

Magnifica, Signore, la festa della tua benedetta Madre piena di grazia; accetta il profumo del nostro incenso e, per suo mezzo, perdona tutti i nostri peccati ed i peccati dei figli della santa Chiesa.

Vieni in nostro soccorso, ti supplichiamo, o Signore generoso, al quale sono dovuti l'onore e la gloria, in questo momento serale e sempre, e nei secoli dei secoli. Amen".

Madre di Dio "Roveto ardente" – Icona russa del XVI sec., Monastero di Solovki.
Madre di Dio "Roveto ardente" – Icona russa del XVI sec., Monastero di Solovki.

Sedro

"Noi ti presentiamo le nostre felicitazioni, o Sposa non coniugata, Madre sempre vergine, abitacolo puro, dimora della divinità, secondo Cielo, Paradiso delle delizie; nel tuo grembo tu hai contenuto il Signore che niente limita [...].

Tu sei la città del Signore, nella quale scorrono i fiumi della vita beata. Tu sei il monte santo dal quale si è staccata la pietra senza il concorso di mano umana, e il ceppo nuovo che fece germogliare Cristo, il Dio incarnato. Tu sei il Monte Sinai dove è sorto il Sole della giustizia e dal quale è apparso il Legislatore, l'autore stesso delle tavole mosaiche.

Con quali lodi inneggiare a te e cosa possiamo dire di te che sei la veracità degli Angeli, il vanto dei Profeti, la gioia degli Apostoli, l'esultanza dei Martiri, il sostegno dei Confessori, il rifugio dei Credenti, la causa della vita per tutti quelli che ti invocano con fede?

Anche noi speriamo nella tua intercessione, o Madre di Dio benedetta, fiduciosi che presenterai le nostre preghiere e suppliche al Figlio da te generato e gli chiederai di dare la pace e la sicurezza alla Chiesa santa redenta col suo sangue. Possa egli proteggerne i Pastori ed i Diaconi, benedirne i figli e far regnare tra loro l'armonia, la pace e l'amore perfetto, affinché possiamo offrire sacrifici e azioni di grazia e di lode a Lui, al Padre ed allo Santo Spirito, ora e sempre, e nei secoli dei secoli. Amen".

Protezione di Maria – Icona russa d’inizio sec. XIX [Coll. privata].
Protezione di Maria – Icona russa d’inizio sec. XIX [Coll. privata].

Preghiera dell'incenso

"O Maria, Vergine pura, gloriosa e splendente Madre di Dio, che tutte le tribù della terra felicitano; tu che sei ricolma della santità dello Spirito Santo e meriti la lode di tutte le creature, supplica per noi il Figlio unigenito, il Verbo che da te si è manifestato, di donare alla sua santa Chiesa tranquillità e pace, periodi fecondi e abbondanti benedizioni.

Fa’ che le nostre feste siano occasioni di gioia e di esultanza e che possiamo celebrare la tua memoria in ogni tempo e come si conviene. E noi eleveremo gloria e riconoscenza al Cristo nostro Dio, tuo Signore e Figlio, il quale magnifica le tue feste; e benediremo il Padre e lo Santo Spirito, nei secoli dei secoli".

George Gharib

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Le Feste mariane della Siro-Occidentale

 
di GEORGE GHARIB

L’Annunciazione della Madre di Dio
   

Le tre Chiese di lingua siriaca mettono in rilievo il mistero dell’Annunciazione per ben due volte nel corso dell’Anno liturgico – Pubblichiamo i passi più significativi dell’Ufficiatura.
  

Le tre Chiese di lingua sira [Siro-Occidentale, Siro-Orientale e Maronita] mettono in rilievo il mistero dell’Annunciazione due volte nel corso dell’Anno liturgico: la prima volta nel ciclo di Domeniche preparatorie al Natale; la seconda volta il 25 Marzo, data scelta per far coincidere il concepimento di Gesù nel grembo di Maria a nove mesi esatti dalla sua Natività il 25 Dicembre. Qui di seguito ci fermeremo sulla prassi liturgica della Chiesa Siro-Occidentale, presentando la sua doppia festa dell’Annunciazione.

Il periodo del "Subboro" o dell'Annuncio

Il periodo natalizio della liturgia siro-occidentale è costituito da sei settimane chiamate del "Subboro", o dell'Annunciazione, che compongono una specie di "Avvento".

Le Domeniche portano nomi riferiti alla pericope evangelica letta nella Messa e commentata abbondantemente nei testi liturgici dell'Ufficiatura, come segue:

1] La prima Domenica è detta dell'annuncio a Zaccaria (Lc 1, 1-25). La preghiera introduttiva dei Primi Vespri evoca così l'evento:

"Signore Dio, rendici degni di lodare con Zaccaria, il prete casto, di essere nella gioia per causa di Elisabetta, figlia dei Leviti, e di produrre frutti di penitenza come Giovanni, tuo precursore e messaggero".

L'Annunciazione - Miniatura sira del sec. XII.
L’Annunciazione – Miniatura sira del sec. XII.

2] La seconda Domenica è detta dell'annuncio a Maria (Lc 1, 26-38). Una delle numerose Antifone, così evoca il mistero:

"Dall'alto Gabriele volò sulle ali dei venti e, provvisto della lettera del suo Signore, salutò Maria, aprì davanti a lei la lettera e disse: ‘Il Signore è con te e da te si manifesterà. Egli ha lasciato il suo trono celeste e si trova ora in te. Benedetto colui che in cielo e sulla terra è servito dagli Angeli’.

3] La terza Domenica è chiamata della visitazione di Maria ad Elisabetta (Lc 1, 39-56) Un’antifona così rievoca il mistero:

"Elisabetta fu presa da sgomento quando vide la Vergine e volle salutarla. Sussultando le disse: ‘A che debbo che la benedetta tra le donne e la gloria dell’universo venga a farmi visita? Il tuo saluto ha fatto sussultare il bambino nel mio seno: egli gioisce per il tuo Figlio; grida e dice: ‘Dio dei padri nostri che ti fai vedere da noi, benedetto sei tu per sempre!’ ".

4] La quarta Domenica è detta della nascita di Giovanni Battista (Lc 1, 57-80). Un’antifona dei Vespri così canta:

"Le parole di Gabriele indirizzate a Zaccaria nel Tempio circa il bambino di Elisabetta si sono compiute. La sterile ha concepito un figlio in vecchiaia, e Zaccaria si rallegra per questa nascita; oggi anche la Chiesa festeggia con accenti pieni di riconoscenza il Figlio di Dio che mandò davanti a lui il suo messaggero per appianare le sue vie".

Capitello dedicato alla "Madre di Dio" con motivi ornamentali nell'antica Siria - Codice di Rabbùia.
Capitello dedicato alla "Madre di Dio" con motivi ornamentali nell’antica Siria
– Codice di Rabbùia.

5] La quinta Domenica è indicata col nome di rivelazione a Giuseppe (Mt 1, 18-25). L’Antifona cantata nei Vespri dopo la preghiera dell'incenso così celebra l'evento:

"Chi è capace di descrivere la tua grazia, o Verbo, Figlio unico di Dio? Per tuo buon volere ti sei degnato di scendere per essere concepito; tu hai preso dimora nel seno della Vergine Maria, la figlia di Davide. Giuseppe allora, turbato del tuo divino concepimento, ebbe la rivelazione dei segreti per mezzo di una visione angelica. Gloria alla tua potenza, o tu che tutti vinci!".

6] La sesta Domenica, che precede immediatamente il Natale, è detta della genealogia (Mt 1, 1-17). L’Antifona cantata dopo la preghiera dell'incenso, evoca così il mistero:

"O Figlio di Dio, nel giorno della tua natività il Cielo, la terra e tutto ciò che essi contengono si rallegrano e cantano la tua lode. I Profeti, le cui visioni si sono compiute, sono nella gioia; così fanno anche gli Apostoli che hanno predicato la tua manifestazione; i Popoli e le Nazioni che tu hai liberato dalla schiavitù del peccato, introducendoli nel tuo gregge, cantano anche loro la tua gloria".

L'Annuncio a Maria - Miniature sire del sec. XII.
L’Annuncio a Maria – Miniature sire del sec. XII.

La festa del 25 Marzo

Le Chiese di lingua sira danno largo spazio alla festa dell’Annunciazione celebrata il 25 Marzo. Detta festa, come è risaputo, è stata introdotta a Costantinopoli nel secolo VI, ai tempi dell’Imperatore Giustiniano (527-565) per dare risalto all’evento salvifico del concepimento dello stesso Cristo. La Chiesa Siro-Occidentale, che ha recepito la festa come le altre Chiese e Comunità ecclesiali, la celebra con rara solennità, lasciandosi ispirare dai bellissimi testi di Sant’Efrem Siro, di Giacomo di Sarug e di altri che hanno cantato il mistero con grande estro poetico e spirituale-teologico, come risulta dai testi che riportiamo qui di seguito, traducendoli dalla lingua sira.

A] Ai Vespri cantati la sera della Vigilia, si legge la seguente Preghiera di Introduzione:

"Gesù Cristo, Dio, Figlio eterno che hai preso dimora nel seno della vergine Maria, figlia di Davide, all'annuncio di Gabriele, il capo degli Angeli, rendici degni e donaci la forza di venerare con gioia e purezza la festa di quest’annuncio salvifico; abita nelle nostre anime come nella Vergine che ti ha portato; il profumo della nostra fede ti sia gradito come la purezza di colei che ti mise al mondo; rallegraci con la grazia del tuo amore, come hai rallegrato la tua Madre con l'annuncio della tua venuta, e noi ti loderemo, assieme al tuo Padre e al Santo Spirito, ora e sempre, e nei secoli dei secoli. Amen".

B] Nei Vespri della festa, al canto del Salmo 18, s’intervallano bellissime Antifone, ispirate al Vangelo di Luca, e la cui armonia in lingua sira trasporta i fedeli sulle vette della fede e della pietà. Ne riportiamo un paio:

"O Maria, oggi tutte le creature ti dicono: ‘La pace sia con te!’. Gabriele, il capo degli Angeli, ti dice: ‘La pace sia con te!". Anche noi come lui ti offriamo un lieto saluto, dicendo: ‘La pace sia con te, perché per te ci è giunto l'annuncio della salvezza! Pace a te, perché oggi la tua pace ci porta la gioia!’ ".

"Lieta è la festa alla quale siamo giunti oggi; glorioso è il giorno in cui il Signore nella sua misericordia si manifesta a noi. Fedeli, sforzatevi di concentrare la vostra attenzione per meditare il mistero dell'Annunciazione che festeggiamo, così da poter esclamare come si deve: "La pace sia con te, o piena di grazia!’ ".

L'Annuncio a San Giuseppe  - Miniature sire del sec. XII.
L’Annuncio a San Giuseppe – Miniature sire del sec. XII.

Alcune Preghiere dell’Ufficio della festa

L’Ufficio della festa contiene anche numerose preghiere in prosa rimata. Queste preghiere, chiamate Sedre [plurale di Sedro], sono divise in tre parti: Proemio, Sedro e Preghiera dell’incenso. Il loro contenuto dogmatico, ispirato ai grandi Padri della Chiesa sira, riesce a trasportare la mente e il cuore dei fedeli negli angoli più reconditi del mistero trinitario. Le riportiamo, iniziando con il Proemio e facendo seguire il testo del Sedro [o Preghiera sacerdotale] e quello della Preghiera dell’incenso che si recitano nel corso dei Vespri della Vigilia.

Proemio

"Lode, riconoscenza, gloria, onore e esaltazione, incessantemente e senza pausa: che possiamo essere degni, in ogni tempo e in ogni luogo, di offrire [le nostre suppliche] all'Unigenito del Padre, il Verbo eterno, il quale all'annuncio di Gabriele, capo degli Angeli, prese dimora nella Vergine, la figlia di Davide, e assunse da lei un corpo per la remissione dei peccati dei figli di Adamo.

A lui gloria e riconoscenza nei secoli dei secoli. Amen".

Sedro

"Gloria e riconoscenza a te, Gesù Cristo, Dio nostro, che hai formato l’uomo a tua immagine e lo hai sigillato a somiglianza della tua grandezza. Avendo trasgredito il tuo comandamento, egli fu sottomesso alla corruzione e esiliato dal suo primo retaggio.

Avendo però deciso di salvarlo e di liberarlo e di tirarlo su dalla sua caduta, tu hai inchinato i Cieli, sei disceso e, senza cessare di essere Dio o abbandonare il tuo trono alto e sublime, tu hai preso dimora nel seno della Vergine, la quale apprese la notizia della tua concezione dall’Arcangelo. E tu, che avevi dato la speranza ad Abramo, tu hai rallegrato la Vergine con il saluto della pace, annullando l'antico annuncio dato ad Eva, nostra antica madre.

Gabriele esclamò e le disse: ‘La pace sia con te, o piena di grazia, il Signore è con te, benedetta tu fra le donne!’. Con tale saluto, l'antico muro di inimicizia costruito dal nemico cominciò a sgretolarsi, il creato fu colmo della gioia ed esultò senza misura.

Interno di Chiesa di rito siriaco a Meryemana [Madre Maria] presso Efeso.
Interno di Chiesa di rito siriaco a Meryemana [Madre Maria] presso Efeso.

Noi quindi, facendo suonare dolcemente la cetra, cantiamo esaltanti melodie, danziamo con gioia prendendo in prestito le parole dell'Arcangelo Gabriele e diciamo:

‘La pace sia con te, o piena di grazia, il Signore è con te, o benedetta fra le donne!

La pace sia con te, o piena di grazia, Madre del Creatore dell'universo! La pace sia con te, o piena di grazia, nave benedetta che col tesoro da te portato, tu hai arricchito il mondo intero!

La pace sia con te, o benedetta fra le donne, perché per te la maledizione di Eva è stata abolita!

La pace sia con te, o ceppo benedetto il cui grappolo diletta del suo vino il creato!

Per questo noi, pieni di stupore e di ammirazione e con l'anima colma della gioia, professiamo che il Signore si è manifestato e ha liberato il mondo.

Noi ti supplichiamo, o Madre benedetta: intercedi per noi presso il Dio da te nato, e chiedigli di concedere tempi di gioia, anni di benedizione, feste di esaltazione e di giubilo; di renderci perfetti nel suo amore per noi e nel nostro mutuo amore; di farci partecipi nel suo Paradiso della gioia di quanti si sono rivestiti dell’unzione battesimale.

Così chiuderemo la nostra vita secondo il suo comandamento e lì noi lo festeggeremo e indirizzeremo gloria e riconoscenza a lui e al suo Padre e al suo Santo Spirito, ora e sempre, e nei secoli dei secoli. Amen!’ ".

Altare di Chiesa di rito siriaco a Meryemana [Madre Maria] presso Efeso.
Altare di Chiesa di rito siriaco a Meryemana [Madre Maria] presso Efeso.

Preghiera dell'incenso

"O stupendo giglio dal dolce profumo, il cui squisito odore si è sparso nei quattro orizzonti e la cui gloriosa bellezza ha sedotto tutti i popoli, intercedi ora, o piena di grazia, presso l'Unico a noi apparso nel tuo seno, affinché accetti dalle nostre mani questo incenso offerto nel giorno della tua festa, e perdoni per suo mezzo i nostri peccati e accordi il riposo a tutti i nostri Defunti".

George Gharib

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Le Feste mariane della Siro-Occidentale

 
di GEORGE GHARIB

"Madre di Dio delle Spighe"
   

La celebrazione della festa cade il 15 Maggio, in prossimità della stagione della mietitura del grano: la Vergine è invocata per la protezione dei raccolti.
  

Quella della "Madre di Dio delle Spighe" è la seconda delle feste mariane di origine agricola che le Chiese di lingua sira festeggiano con grande solennità nel corso dell’anno liturgico. Per la liturgia della Chiesa Siro-Occidentale che qui ci interessa, è di prima classe fra le numerose feste mariane. La sua celebrazione cade il 15 Maggio, in prossimità della stagione della mietitura del grano; infatti, è per la protezione dei raccolti che la Madre di Dio viene invocata in tale giorno.

I Copti d’Egitto fanno anche loro una Commemorazione mariana in questo stesso giorno, mentre la Liturgia melkita aveva una festa simile, chiamata "festa delle Spighe", in cui i fedeli portavano in Chiesa covoni di grano sui quali venivano recitate preghiere, chiedendo a Dio di benedirli.

Come si vede, questa festa rimanda e completa quella del 15 Gennaio, che onora la "Madre di Dio dei Semi, o della Semina". L’Ufficiatura sira è quella delle grandi occasioni, comprende solenni Vespri, Ufficio Notturno e Mattutino, con Lezioni bibliche, Inni e Preghiere bellissime di cui diamo qui di seguito alcuni esempi, traendoli dai Vespri che si celebrano la Vigilia della festa stessa.

Cristo Crocifisso-Risorto portato in processione al Monte Athos, durante il Lunedì di Pasqua, perché benedica persone, case e raccolti.
Cristo Crocifisso-Risorto portato in processione al Monte Athos,
durante il Lunedì di Pasqua, perché benedica persone, case e raccolti
.

Preghiera d’introduzione

La "Preghiera d’introduzione", recitata dal Sacerdote, così suona:

"Donaci, o Signore, di poter festeggiare e celebrare con spirito illuminato, pensieri puri, corpo e anima santificati, questa festa benedetta di Maria Vergine, la tua Madre santa, affinché i nostri campi e la terra dei nostri cuori siano benedetti; e fa’ che possiamo accogliere il seme benedetto e santo dei tuoi comandamenti spirituali; e noi offriremo gloria e riconoscenza a te, al tuo Padre e al tuo Santo Spirito, ora e sempre, e nei secoli dei secoli. Amen".

I temi sviluppati dai testi sono più o meno identici a quelli della festa di Gennaio, ma si soffermano su un aspetto particolare, quello dell’Eucaristia. Maria difatti è spesso paragonata ad un campo fertile, il cui grembo ha portato Gesù, la Spiga celeste, la Spiga della felicità e della vita, il Pane della vita di cui furono saziati i mortali affamati.

Alla recita del Salmo 46, si cantano le seguenti strofe di supplica:

"Vergine Maria, che sei la Madre di Dio, supplica il Figlio unico da te apparso, e chiedigli di concedere misericordia e compassione, lui che è il Signore e Dio dei padri nostri.

Cristo Re, pane di vita sorto dalla figlia di Davide come da campo santo e benedetto, tu copri il suo capo di onore in ogni luogo, tu che sei il Signore e Dio dei padri nostri".

Madonna della spiga con il Bambino Gesù - Riproduzione cod. 14584, Kz Rktr
Madonna della spiga con il Bambino Gesù – Riproduzione cod. 14584, Kz Rktr

Segue la recita del Salmo 140, dove si aggiunge, tra l’altro:

"O Signore, eccoci giunti nella tua casa e ci apprestiamo a presentare la nostra supplica al tramonto del sole […].

O Figlio dell'Altissimo e Verbo eterno del Padre, o Sublime, che hai fatto di noi i figli del Padre celeste, affinché la nostra razza non dimori nelle tenebre dell'errore. Tu che sei Dio, magnifica ora la memoria di Colei che ti ha messo al mondo [...].

Nella memoria di tua Madre la Chiesa si rallegra, e per mezzo di lei i suoi figli cantano gloria. Cristo Dio, che hai esaltato la sua memoria, abbi pietà di noi.

Le Nazioni si rallegrano nel giorno della tua memoria, o Maria Vergine e Madre di Dio; per mezzo di tuo Figlio esse sono state liberate dall’errore del paganesimo".

Si desume da tali testi che questa Spiga non fu mietuta con una falce, ma tramite un legno, quello della Croce, innalzato sul Golgota; i suoi mietitori però non poterono gustarne, perché era riservato ai popoli che ne mangiarono il pane nella "stanza alta", ossia nel Cenacolo. Gesù è il vero Pane celeste che discese dall’alto per ridurre la fame degli uomini. Egli è il frumento spirituale che crebbe nel grembo verginale per vivificare i mortali.

Croce ornata - Min. siro-occidentale.
Croce ornata – Min. siro-occidentale.

I bellissimi e ricchi testi della "Preghiera sacerdotale"

Dai numerosi e bellissimi testi dell’Ufficiatura, presentiamo ai nostri Lettori questo lungo Sedro che è, come sanno già, una Preghiera sacerdotale, composta da tre parti distinte.

1] La prima è chiamata "Proemio", contiene una accurata invocazione al Cristo Signore, chiamato "saggio coltivatore che seminò se stesso nel campo verginale":

"Lode, riconoscenza, gloria, onore ed esaltazione, incessantemente, senza pausa, in ogni luogo e in ogni tempo, siamo degni di offrire a Cristo nostro Dio, il saggio coltivatore che seminò se stesso nel campo verginale, spuntò come spiga prospera, divenne cibo del mondo, saziandone spiritualmente la fame, crebbe in mezzo alla soffocante zizzania senza subire danno, dette ordine di sradicarla, di raccoglierla e di bruciarla nel fuoco; fece poi raccogliere il grano buono nei granai della vita. È lui che noi lodiamo e ringraziamo, ora e sempre, e nei secoli dei secoli. Amen".

2] La seconda parte, quella più estesa, è costituita dallo stesso "Sedro", il cui testo, per la sua lunghezza, permette di svolgere il tema della preghiera, riuscendo a dare un’idea grandiosa del mistero cristiano, ricorrendo al tema di Cristo spiga disceso nel grembo della vergine Maria, che lo accolse come una rugiada celeste. Ecco il bellissimo testo del Sedro:

"Lode a te, o Cristo, luce impareggiabile e inavvicinabile, pane celeste, spiga delle delizie che non appassisce, amore vero che non si raffredda e speranza perfetta che non delude. Alla vista del mondo che aveva fame e sete del pane della vita, cibo spirituale dell'anima, tu ti sei affrettato ad andargli incontro con la tua grazia, senza che egli ti abbia chiamato; tu sei disceso come rugiada e pioggia fine sulla terra maledetta e ti sei scelto una terra buona, il seno di Maria, la pura fanciulla di Davide.

Monaco Ortodosso del Monastero di Jordanville, con l'icona miracolosa di Kursk.
Monaco Ortodosso del Monastero di Jordanville, con l’icona miracolosa di Kursk.

Questa ti accolse come rugiada celeste e così il mondo ebbe la spiga benedetta; essa ti portò in grembo con mirabile dolcezza e ti mise al mondo quale un covone di frumento, ti nutrì col suo latte a mo’ di acqua che feconda e fa crescere, ti offrì al mondo come grappolo della vita, ti portò tra le braccia come il vello, o tu che sei la rugiada celeste e per te il mondo ricevette l'acqua della vita; lei ti concepì senza coltivazione e tu sei cresciuto in lei mirabilmente e senza irrigazione umana. Per questo noi offriamo a lei le nostre congratulazioni, dicendo:

‘Beata sei, o nave spirituale tramite la quale il ricco commerciante ricevette i tesori celesti!

Beata sei, o Vergine Madre di Dio, vello benedetto che accolse la rugiada dall'alto!

Tu sei il campo benedetto e la terra assetata sulla quale scese dall'alto la rugiada e fece crescere la spiga delle delizie!

Tu hai dato come vita ai figli degli uomini il tuo Figlio che ha salvato la nostra razza fatta di polvere e le ha donato la vita eterna.

Per il frumento fecondo cresciuto da te, tu hai portato la consolazione al mondo intero, e per la pianta cresciuta in te, tu hai saziato tutte le Nazioni […].

Ed ora noi chiediamo a te, o Cristo Dio nostro, liberamente incarnato in questa Vergine benedetta: spargi le tue benedizioni sui campi e sulle messi, benedici gli alberi, le vigne ed i giardini preservandoli da ogni flagello; preserva anche le nostre anime da ogni passione del corpo e dalle suggestioni diaboliche, e noi ti loderemo durante la nostra vita e dopo la nostra morte, assieme al tuo Padre e al tuo Santo Spirito, nei secoli dei secoli. Amen’ ".

3] Il Sedro si conclude con la terza parte chiamata "Preghiera dell’incenso", perché recitata ed accompagnata da una lunga incensazione del Santuario e di tutti i fedeli presenti. Si tratta di una supplica indirizzata alla stessa Madre di Dio, che è l’oggetto primario della celebrazione:

"O Madre di Dio Maria, campo benedetto nel quale è cresciuta la spiga che nutre i mondi e le creature e dona il pane della vita a tutti i suoi abitanti, supplica per noi il Figlio di Dio in te incarnato, perché sazi la nostra fame con il suo pane divino e curi i nostri mali con l’unguento del suo soccorso, e noi gli indirizzeremo gloria e riconoscenza, nei secoli dei secoli. Amen".

Raffigurazione coptomoderna della Madre di Dio in trono.
Raffigurazione coptomoderna della Madre di Dio in trono.

Inni e Preghiere finali rivolte a Cristo e a sua Madre

Il lungo Sedro, che abbiamo tenuto trascrivere quasi per intero, è seguito da altri Inni e Preghiere, come il canto seguente rivolto a Cristo e insieme alla sua santa Madre:

1] "Tu, o Cristo, sei la spiga della vita che crebbe nel campo verginale e tu hai dato la vita ad Adamo, il capostipite della nostra razza. Egli aveva trovato la morte per aver trasgredito il comandamento mangiando il frutto dell'Eden, ed era stato cacciato dal Paradiso. Tu sei allora venuto, tu il frutto celeste, per dare la vita ai mortali; tu sei cresciuto nella terra benedetta e hai richiamato Adamo nel suo retaggio.

In te sono benedetti i popoli, le razze e le Nazioni, o frutto della vita che ti sei abbassato, sei disceso nel seno della Vergine prendendo da lei carne in tutta santità. Per suo mezzo, ti sei manifestato al creato, crescendo come una spiga senza radice in un campo non coltivato. Tu sazi le Nazioni affamate e le diletti delle tue beatitudini.

O Maria Vergine, figlia di Davide, il frutto germogliato in te come in un campo benedetto e cresciuto con ogni santità, dona la vita ad Adamo condannato alla morte dopo aver mangiato il frutto nell'Eden, lo libera e lo riporta nel Cielo, nel regno da dove era stato cacciato. Per questo egli canta la sua gloria, felicita te e ti esalta […]. Chiedi a Dio di usarci misericordia, di mettere fine all’ardore della sua collera e di far regnare la pace nella sua Chiesa […]".

Madonna orientale, detta di San Luca - Gerusalemme.
Madonna orientale, detta di San Luca – Gerusalemme.

2] Ci piace terminare questa rassegna con un’ultima breve invocazione, detta "Preghiera di chiusura", che culmina con la triplice invocazione del Kyrie eleison:

"Cristo Dio nostro, nato dalla Vergine Maria per la nostra salvezza, donaci di celebrare questa sua festa in purità e santità, col canto dei figli della Chiesa dispersi in tutte le scuole di perfezione. Per le preghiere di tua Madre, o Cristo nostro Dio, noi esclamiamo per tre volte: ‘Kyrie eleison, Kyrie eleison, Kyrie eleison!’ ".

Dai testi che abbiamo citato risulta chiaramente che l’oggetto della festa della Chiesa Sira, è da molti secoli quello di una festa mariana di ispirazione e sapore eucaristico.

George Gharib

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 Le Feste mariane della Siro-Occidentale

 
di GEORGE GHARIB

Il "Mercoledì", giorno mariano della settimana
   

La Chiesa Siro-Occidentale, celebra anche la festa infra-settimanale del Mercoledì, giorno ritenuto memoriale, insieme alla Natività di Maria, anche dell’Annunciazione e della Dormizione della Vergine.
  

La Chiesa Siro-Occidentale, che dedica alla Madre di Dio un ciclo festivo annuale e lo celebra nella sua Liturgia, possiede anche una festa settimanale, consacrando alla Madre di Dio il giorno del Mercoledì, ritenuto memoriale, insieme alla Natività di Maria, anche dell’Annunciazione e della Dormizione della Vergine.

La stessa celebrazione si ritrova nelle altre Liturgie orientali, che concordano nel privilegiare lo stesso giorno del Mercoledì, mentre la Liturgia latina privilegia il Sabato.

Kidane Meheret, "Madonna della Misericordia" - Arte etiopica.
Kidane Meheret, "Madonna della Misericordia" – Arte etiopica.

Ufficiature di una Settimana liturgica-tipo del rito siro

Notiamo subito che non esiste una attestazione diretta che ci permetta di rintracciare la ragione storica di questa Tradizione; ma il fatto del Mercoledì "mariano" si rende subito evidente nel "Libro delle Ore" siro, che contiene le Ufficiature di una Settimana-tipo [dal Lunedì fino al Sabato e alla Domenica]. I temi trattati dagli ‘Inni’ e dalle ‘Preghiere’ sono molto ricchi e suggestivi: si celebra Dio, la Trinità, Cristo, la Madonna, la Chiesa, i Santi, la creazione. I sentimenti espressi sono di glorificazione, di ricordo dell'opera della Salvezza, di lode, di supplica per i vivi e per i defunti, di richiesta di perdono, di penitenza, di ringraziamento.

La Madonna occupa uno spazio ampio in tutte le parti dell'Ufficio, conferendogli una vera dimensione mariana.

Ora, va rilevato che questa presenza mariana si fa più frequente e insistente proprio nella Liturgia del Mercoledì. L’Ufficiatura di questo giorno, infatti, offre un numero maggiore di Inni mariani che supera di gran lunga quello degli altri giorni, anche se Maria occupa un posto già notevole in tutti gli spazi dell’Ufficiatura di ogni giorno.

La Santa Vergine è ricordata in modo speciale non solo nei Vespri, ma anche nell’Ufficio di Compieta, nei Notturni, nelle Ore piccole e nella stessa Liturgia eucaristica. 

Nell’Ufficio della Notte, il 1° Notturno specialmente è riservato a Maria, con il canto del Salmo 44, del Magnificat accompagnato da Inni speciali, [detti Mawarbe o, appunto, Magnificat], che corrispondono ‘grosso modo’ ai Megalinaria bizantini, ai quali del resto essi si ispirano.

Qui di seguito daremo la traduzione italiana di una parte di queste Preghiere ed Inni, osservando come in molti di questi testi si respiri la freschezza dei sentimenti che emana dagli Inni di Efrem Siro e di Giacomo di Sarug, i grandi poeti mariani della Chiesa Sira.

Miracoli di Maria [illustrati da narrazione di antichi testi etiopi].
Miracoli di Maria
[illustrati da narrazione di antichi testi etiopi].

Maria al canto dei Vespri

I Vespri [Ramsho] cominciano con la seguente supplica:

"Ti supplichiamo, o Vergine: con noi e per noi supplica il Re dei re di spargere la sua pace e la sua quiete in tutto il mondo, e di allontanare nella sua misericordia le verghe della sua collera da tutta la terra".

L’Ufficio prosegue con il rito dell’incenso che il Sacerdote fa precedere dalla seguente Preghiera:

"Vergine santa, prega per la nostra pace e supplica il tuo Unico di avere pietà di tutti noi. Sii benedetta, o nostro vanto! Sii benedetta, o nostro rifugio! Sii benedetta, tu che sei la Madre di Dio! La memoria di Maria sia per noi benedizione, e la sua preghiera sia un baluardo per le nostre anime. Maria dice: ‘Non sono io che lo porto, ma è Colui che regge l’universo a portare me!’ ".

Compiuto il rito dell’incenso, si cantano le seguenti Antifone dove la Madre di Dio è invocata con una serie di titoli tratti da simboli e da eventi dell’Antico e del Nuovo Testamento:

"Sia fatta bella memoria nei quattro angoli della terra, nelle Chiese e nei Conventi, di Maria Vergine, la pura e la santa nella sua verginità. Piacque al Sovrano dei sovrani di scendere e di prendere dimora nel suo grembo. Si faccia memoria di lei nel cielo e sulla terra e le sue preghiere siano per noi muro di cinta.

Associa noi, Signore, alla memoria di tua Madre.

Madonna con Bimbo e Santi - Arte etiopica.
Madonna con Bimbo e Santi – Arte etiopica.

‘Come ti chiameremo, o Tuttabenedetta Maria? Vergine Madre di Dio, nuvola in un corpo, cielo nel quale splende il sole della giustizia, velo della divinità di cui Mosè descrisse il mistero? Benedetta sei, tu la cui carne portò Colui che regge cielo e terra, ancella divenuta Madre di nostro Signore, come lui volle’.

Gloria al Figlio di Dio che volontariamente si è manifestato nel seno della Vergine santa e benedetta! All’ascolto delle parole dell’Angelo ella lo accolse; nelle viscere lo portò; dal suo grembo egli uscì, lasciandola intatta e confondendo gli empi. Gloria a lui che si è così umiliato, gloria a lui che si è fatto uomo, gloria a lui che ha salvato la Chiesa! E noi cantiamo la sua lode.

‘Vergine Madre di Dio, le nostre ferite si sono moltiplicate, e da ogni dove i marosi e le onde ci accerchiano. Intercedi tu per noi presso il tuo Unico e per le tue preghiere supplicalo di concedere a noi la pace, ai malati la salute, agli afflitti il sollievo, il ritorno ai lontani e a noi tutti il perdono dei peccati’ ".

Le Preghiere che seguono contengono un breve dialogo di Maria con il Figlio, dove la Vergine Madre chiede che siano allontanati i Serafini che riempiono la grotta, di modo che lei possa allattarlo:

Dice Maria: "Tu mi hai fortificata ed io ti ho portato [in grembo]; quando ti misi al mondo nella grotta, tu mi hai manifestato la tua gloria. Gli esseri di fuoco hanno avvolto il tuo povero presepio ed i Serafini dalle sei ali svolazzavano tutt’intorno. Comanda loro di alzare le loro ali, affinché io possa entrare, o Signore, per benedire e adorare te. E allora io ti darò il latte puro che scorrerà per tuo ordine.

Sulla terra - dice ancora Maria - io non ho casa, né culla, né letto e sono sprovvista di tutto. Io avvolgo quindi di panni Colui che è più antico di tutti, e depongo nella mangiatoia il Signore di tutte le creature. Il Padre suo non ha uguali in cielo e la sua madre non conosce un suo simile sulla terra. Egli è il Signore, io sono la sua serva e la Chiesa è sua sposa".

Segue l’evocazione di un’altra serie di immagini, che permettono di riconoscere Maria nelle prefigurazioni dell’Antico Testamento:

"Nella Legge e nei Profeti l’hanno raffigurata dei simboli: Mosé, il primo dei Profeti, ha raffigurata la Madre benedetta con le tavole della Legge e l’urna della manna; Aronne con il bastone che fiorì nell’interno del ‘Santo dei Santi"; Gedeone con il vello e la rugiada; Eliseo con l’urna rinnovata e Isaia con la nube leggera da lui intravista.

‘Tu somigli, o Maria, all'Arca dell'Alleanza che conteneva l’urna della manna, le tavole della Legge ed anche la verga di Aronne, il sacerdote puro, che miracolosamente divenne verde e si coprì come di foglie novelle. Tuo Figlio è quel pane celeste disceso dall’alto, frutto che mangiano i mortali e per mezzo del quale essi hanno la vita’ ".

Madre di Dio in trono con Supplici e scene del Nuovo Testamento [proveniente dalla Chiesa della Natività di Cristo a Balachna di Nižnij-Novgorod] – Museo Andrej Rublëv.
Madre di Dio in trono con Supplici e scene del Nuovo Testamento
[proveniente dalla Chiesa della Natività di Cristo a Balachna di Nižnij-Novgorod] – Museo Andrej Rublëv.

Inni attribuiti a Giacomo di Sarug

L’Ufficio siro possiede quasi ogni giorno una serie di invocazioni attribuite a San Giacomo di Sarug, il grande Padre mariano della Chiesa Sira del secolo VI, che ha lasciato più di 300 Memre, lunghe Omelie in versi, fra cui una serie che celebra i misteri della Madre di Dio. Le Antifone del Mercoledì che portano il suo nome, o che a lui vengono attribuite, così cantano:

"Accordaci, Signore, di prendere parte alla memoria di tua Madre e dei tuoi Santi. Per le loro preghiere, dona il perdono ai nostri defunti e a noi.

Per le preghiere di tua Madre e dei Profeti, degli Apostoli e dei Martiri, proteggi i vivi e accorda il perdono ai defunti, per la tua misericordia.

O Figlia di Davide, intercedi con forza presso il Sovrano che regge tutti i sovrani. Ti supplichiamo, o perla senza difetto: intercedi per noi presso il frutto da te dato.

O tu che accogli la lode pura degli Angeli, ascolta e accetta la lode delle nostre labbra: abbi pietà di noi e di coloro che cercano rifugio nella memoria di tua Madre e dei tuoi Santi. Per le loro preghiere, perdona, Signore, a noi e ai nostri defunti".

L’Ufficio Notturno si sofferma sul mistero dell’Annunciazione e paragona il messaggio portato dall’Angelo a Maria ad una lettera a lei mandata dal Padre:

"Il Padre scrisse una lettera per mezzo dell’Angelo e la mandò a Nazareth, alla Vergine Maria, che egli aveva scelto e a cui piacque fosse la madre del suo Unico, disceso sulla terra per salvare il mondo".

Seguono altre Antifone ricorrenti dopo il Sedro [Preghiera sacerdotale] della Madre di Dio. Maria, la cui memoria rallegra le creature, viene evocata mentre allatta il Bambino:

"La Vergine mette al mondo un mirabile Bambino. Andiamo a contemplare il Primogenito dei secoli eterni avvolto in fasce; l’atleta che soppesa le montagne è vezzeggiato da una fanciulla; Colui che dà pane agli affamati succhia il latte come un bambino; il Figlio che non ha principio volle nascere nel mondo, e così ebbe un inizio Colui che non ha fine.

Nella memoria della benedetta Vergine Madre di Dio, si rallegrano le creature e cantano lode al Figlio del Misericordioso che per loro si è manifestato, e li ha liberati dalla maledizione […]. La Chiesa, sua sposa, è nella gioia, e la Madre che lo mise al mondo canta la sua gloria".

Sinassi della Madre di Dio [proveniente dalla Chiesa della Madre di Dio Fedorovskaja a Jaroslavl'] - Museo Russo.
Sinassi della Madre di Dio [proveniente dalla Chiesa della Madre di Dio Fedorovskaja a Jaroslavl’]
– Museo Russo.

Segue un’altra serie di Antifone attribuita ancora a Giacomo di Sarug: vi è evocato il mistero dell’Annunciazione, e il Santo immagina che si intrecci un dialogo tra l’Angelo e Maria:

"Le tue preghiere siano con noi, o Tuttabenedetta, siano con noi! Ascolti il Signore le nostre preghiere e ci perdoni!

O Piena di grazia, intercedi e chiedi a Dio Misericordioso di usare misericordia alle nostre anime imploranti.

L’Angelo discese mentre Maria era intenta a pregare, le dette la pace da Dio a lei destinata: ‘La pace sia con te - le disse quello spirito fiammeggiante -; tu concepirai e darai alla luce un figlio nella tua verginità’.

La Tuttabenedetta, udendo, si chiedeva il senso di questo strano saluto: ‘Mi annunci un figlio mentre io non conosco matrimonio; sento parlare di concepimento, ma non so con il concorso di chi’.

L’Angelo le rispose: ‘Non ti turbare, o Tuttabella! Al Signore è piaciuto che sia la madre del suo figlio unico. Da questo momento sarai incinta in modo meraviglioso, e metterai al mondo un bambino il cui regno non avrà fine’.

Gloria al Padre che mandò l’Angelo per dare a Maria l’annuncio, adorazione al Figlio che alla sua risposta scese e prese in lei dimora, riconoscenza allo Spirito Santo che ne fece il suo abitacolo scendendo su di lei. Possiamo trovare misericordia per le sue preghiere. Amen. Amen. Per le preghiere di colei che per nove mesi ti portò, o Figlio di Dio, fa’ passare lontano da noi le verghe della collera divina".

Terminiamo questa "rassegna liturgica" con l’invito alla gioia, rivolto non solo agli attori e ai luoghi del Natale del Signore, ma anche alla terra e a tutte le creature:

"Siano nella gioia Maria che generò il Figlio di Dio, la grotta che lo ospitò, la mangiatoia trovata degna di tale onore. Si allietino anche i pastori alla vista della gloria degli Angeli scesi davanti a loro dal cielo sulla terra. Si rallegrino cielo e terra per il Pargolo che porta la pace alle creature. Alleluja! Benedetto sia il tuo Bimbo, o Maria!".

George Gharib

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