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Cristiani Copti, Siri, Etiopi, Assiri, Armeni: una comune fede cristologica con la Chiesa Cattolica, dopo le incomprensioni del Concilio di Calcedonia

Ultimo Aggiornamento: 05/11/2008 20:16
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05/11/2008 20:15

Dichiarazione comune delle Loro SS. Giovanni Paolo Il e Mar Ignatius Zakka I Iwas

1. Sua Santità Giovanni Paolo II, Vescovo di Roma, Papa della Chiesa Cattolica e Sua Santità Moran Mar lgnatis Zakka I Iwas, Patriarca di Antiochia e di tutto l’Oriente, Capo supremo della Chiesa siro-ortodossa universale, si inginocchiano in tutta umiltà di fronte al Trono esaltato e magnificato di nostro Signore Gesù Cristo, rendendo grazie per questa mirabile opportunità che è stata loro concessa di incontrarsi insieme nel Suo amore per rafforzare ancora di più le relazioni tra le loro due Chiese sorelle, la Chiesa di Roma e la Chiesa siro-ortodossa di Antiochia - relazioni già eccellenti, grazie all’iniziativa intrapresa in comune dalle Loro Santità di felice memoria, Papa Paolo VI e Patriarca Moran Mar lgnatius Jacoub III.

2. È solenne desiderio delle Loro Santità Papa Giovanni Paolo Il e Patriarca Zakka I di dilatare l’orizzonte della loro fraternità e di affermare in tal modo le modalità della profonda comunione spirituale che già li unisce insieme ai prelati, al clero e ai fedeli di entrambe le loro Chiese, di consolidare questi legami di Fede, Speranza e Carità e di progredire nella ricerca di una vita ecclesiale pienamente comune.

3. Innanzi tutto le Loro Santità confessano la fede delle loro due Chiese, nella formulazione del Concilio di Nicea del 325, comunemente nota come “Credo di Nicea”. Essi comprendono oggi che le confusioni e gli scismi avvenuti tra le loro Chiese nei secoli successivi in nessun modo intaccano o toccano la sostanza della loro fede, poiché tali confusioni e scismi sorsero solo a causa di differenze nella terminologia e nella cultura e a causa delle varie formule adottate da differenti scuole teologiche per esprimere lo stesso argomento.
Conseguentemente non troviamo oggi nessuna base reale per le tristi divisioni e gli scismi che sorsero poi tra noi circa la dottrina dell’incarnazione. Con le parole e con la vita noi confessiamo la vera dottrina su Cristo nostro Signore, malgrado le differenze nell’interpretazione di questa dottrina che sorsero all’epoca del Concilio di Calcedonia.

4. Pertanto desideriamo riaffermare solennemente la nostra professione di fede comune nell’incarnazione di nostro Signore Gesù Cristo, come hanno affermato nel 1971 il Papa Paolo VI e il Patriarca Moran Mar Ignatius Jacoub III.
Essi negarono che vi fossero delle differenze nella fede da loro confessata nel mistero del Verbo di Dio incarnato e divenuto vero uomo. A nostra volta noi confessiamo che Egli si è incarnato per noi, assumendo un vero corpo e un’anima razionale. Egli ha condiviso in tutto la nostra umanità, fuorché nel peccato. Noi confessiamo che il nostro Signore e nostro Dio, nostro Salvatore e Re di ogni cosa, Gesù Cristo, è perfetto Dio quanto alla sua divinità e perfetto uomo quanto alla sua umanità. In Lui la sua divinità è unita alla sua umanità. Quest’Unione è reale, perfetta, senza mescolanza o commistione, senza confusione, senza alterazione, senza divisione, senza la minima separazione. Egli, che è Dio eterno e indivisibile, è diventato visibile nella carne, prendendo la forma di servo. In Lui divinità e umanità sono unite in modo reale, perfetto, indivisibile e inseparabile, e in Lui tutte le loro proprietà sono presenti e attive.

5. Poiché abbiamo la stessa concezione di Cristo, confessiamo anche la stessa concezione del suo mistero. Incarnato, morto e risorto, il nostro Signore, Dio e Salvatore, ha trionfato sul peccato e sulla morte. Per mezzo di Lui, nel tempo che va dalla Pentecoste alla sua seconda venuta, periodo che è anche la fase ultima del tempo, è dato all’uomo di fare l’esperienza della nuova creazione, il Regno di Dio, il lievito trasformatore (cfr. Mt 13,33) già presente in mezzo a noi. Per questo, Dio ha scelto un nuovo popolo, la sua Chiesa santa che è il Corpo di Cristo. Mediante la Parola e i Sacramenti, lo Spirito Santo agisce nella Chiesa per chiamare ogni uomo e renderlo membro del Corpo di Cristo. Chi crede viene battezzato nello Spirito Santo, nel nome della Santissima Trinità, per formare un solo corpo e mediante il Sacramento dell’unzione crismale (Confermazione) la sua fede è resa perfetta e rafforzata dallo stesso Spirito.

6. La vita sacramentale trova nella santa eucaristia il suo compimento e il suo culmine, in modo tale che attraverso l’eucaristia la Chiesa realizza e rivela più profondamente la sua natura. Attraverso la santa eucaristia, l’evento della Pasqua di Cristo si dilata nella Chiesa. Attraverso il santo Battesimo e la Confermazione infatti, i membri di Cristo sono unti dallo Spirito Santo e innestati in Cristo; attraverso la santa eucaristia la Chiesa diventa ciò che essa è destinata ad essere mediante il Battesimo e la Confermazione. Per mezzo della comunione con il Corpo e il Sangue di Cristo i fedeli crescono in quella misteriosa divinizzazione che, mediante lo Spirito, li fa abitare nel Figlio come figli del Padre.

7. Gli altri sacramenti, che la Chiesa cattolica e la Chiesa siro-ortodossa di Antiochia hanno in comune in una unica e medesima successione del ministero apostolico, ossia gli ordini sacri, il matrimonio, la riconciliazione dei penitenti e l’unzione degli infermi, sono ordinati a quella celebrazione della santa eucaristia che è il centro della vita sacramentale e la massima espressione visibile della comunione ecclesiale.
Questa comunione dei cristiani tra di loro e delle Chiese locali raccolte intorno ai loro legittimi vescovi si realizza nell’assemblea comunitaria che confessa la medesima fede, che tende nella speranza verso il mondo che verrà nell’attesa del ritorno del Salvatore ed è unta dallo Spirito Santo che abita in essa con un indefettibile amore.

8. Dal momento che la santa eucaristia è la massima espressione dell’unità cristiana tra i fedeli e tra i vescovi e i sacerdoti, essa non può ancora essere concelebrata tra noi. Una tale celebrazione presuppone una completa identità di fede, quale ancora non esiste fra di noi. In effetti, devono ancora essere risolte alcune questioni riguardanti la volontà del Signore per la sua Chiesa, come pure le implicazioni dottrinali e i particolari canonici delle tradizioni proprie alle nostre comunità, che sono rimaste troppo a lungo separate.

9. La nostra identità di fede, per quanto non ancora completa, ci permette tuttavia di contemplare una collaborazione tra le nostre Chiese nel campo della pastorale, in quelle situazioni che al giorno d’oggi ricorrono con frequenza a motivo della dispersione dei nostri fedeli nel mondo intero nonché delle precarie condizioni di questa difficile epoca. Non è raro infatti il caso che i nostri fedeli si trovino nell’impossibilità morale e materiale di accedere a un sacerdote della propria Chiesa. Nel desiderio di venire incontro alle loro necessità e per il loro spirituale vantaggio, li autorizziamo in tali casi e quando ne hanno bisogno a chiedere i sacramenti della riconciliazione, dell’eucaristia e dell’unzione degli infermi a sacerdoti legittimi dell’una o l’altra delle nostre due Chiese sorelle. Dalla collaborazione in campo pastorale dovrebbe necessariamente scaturire la collaborazione nella formazione dei sacerdoti e nell’insegnamento teologico. I vescovi sono pertanto incoraggiati a promuovere una compartecipazione nelle strutture di insegnamento teologico, ogni qual volta lo ritengano auspicabile.
Ciò facendo, non dimentichiamo che è nostro preciso dovere compiere tutto il possibile per realizzare la piena comunione visibile tra la Chiesa cattolica e la Chiesa siro-ortodossa di Antiochia e imploriamo incessantemente il Signore di concederci quell’unità che, sola, ci consentirà di dare al mondo una testimonianza del vangelo concorde e unanime.

10. Ringraziando il Signore che ci ha permesso di incontrarci e di godere della consolazione della fede che abbiamo in comune (cfr. Rm 1,12), nonché di proclamare davanti al mondo il mistero della Persona del Verbo incarnato e della sua opera di salvezza, fondamento incrollabile di questa fede comune, ci impegniamo solennemente a fare tutto il nostro possibile per rimuovere gli ultimi ostacoli che ancora si frappongono alla piena comunione tra la Chiesa cattolica e la Chiesa siro-ortodossa di Antiochia, cosicché, con un cuore solo e una sola voce, possiamo predicare la Parola: “la luce vera che illumina ogni uomo” e “dà il potere di diventare figli di Dio a quelli che credono nel suo nome” (cfr. Gv 1,9-19).

Dal Vaticano, 23 giugno 1984
(Testo originale inglese: AAS 85 (3), 1993, pp. 238-241; Information Service n. 55, 1984/II-III, pp. 61-63)

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