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"leggenda nera" sul Medioevo

Ultimo Aggiornamento: 06/11/2008 18:15
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06/11/2008 18:13

INTERVISTA
Dai casi G.Bruno e Darwin a oggi: parla William Shea, che siede sulla cattedra che fu di Galileo


www.avvenire.it dicembre 2004

Dio e scienza oltre il conflitto

«Interrogarsi sulla natura equivale a "immaginare la mente di Dio".E qui entra in campo anche la fede»
Lo studioso apre oggi ad Ancona un convegno sui rapporti tra pensiero scientifico e religione

Di Luigi Dell'Aglio

Religione e scienza sono i due argomenti la cui capacità di richiamo, anche culturale, sul pubblico cresce incessantemente. Ad attirare l'interesse è anche il confronto spassionato che si è aperto tra queste due visioni della realtà, complementari fra loro e ricche di significati. Scienza e fede sono percepite come soggetti di un dialogo in continuo sviluppo, e anzi come materia per un approccio interdisciplinare sempre più stretto. Il conflitto che in passato le ha contrapposte appare sfumato.

In un contesto nuovo s'inquadra lo stesso caso Galilei, che rappresenta il momento di più acuta tensione tra scienza e fede. Oggi appare come una vicenda per molti aspetti incomprensibile, sulla quale si è a lungo speculato e che va giudicata con maggiore obiettività. Anno 1633.

Scena: il Sant'Uffizio. Protagonista: il padre della scienza moderna. Azione: il processo, la condanna e l'abiura. Ma, da quando sono pienamente accessibili i documenti degli Archivi Vaticani, mostra molte crepe la vulgata ottocentesca, e anticlericale, di questo drammatico episodio. Ad affermarlo è uno studioso di indiscussa autorità, il professor William Shea, chiamato alla cattedra galileiana di Storia della Scienza a Padova, dopo aver insegnato a Cambridge e Harvard. Shea ha studiato quei documenti.

E ha scritto un libro, per la Oxford University Press, Galileo a Roma: ascesa e caduta di un genio scomodo. Del caso Galileo e della crescente sintonia tra scienza e fede, parlerà oggi pomeriggio ad Ancona, nel corso del convegno dal titolo «Credere in Dio sulle vie della scienza», in calendario fino a sabato, nella Sala Rettorato dell'Università Politecnica delle Marche, con interventi fra gli altri di John Polkinghorne, Fiorenzo Facchini, George Coyne, John Barrow, Giuseppe Tanzella-Nitti.

Ecco l'intervista:


Professor Shea, teologi e scienziati sentono un gran bisogno di parlarsi...

«In tutti i Paesi. In Usa, il mese scorso, ho tenuto tre conferenze su questo tema. Un mega-convegno è in programma, sempre in Usa, pe r il 2005. La scienza può dare una mano alla teologia, facendo conoscere il mondo come è stato realmente creato da Dio (e interrogarsi sulla natura equivale a "ricercare la mente di Dio"). Dal canto suo, la teologia offre allo scienziato elementi di riflessione sul significato della ricerca. Ci si può ritrovare sul terreno di una ricerca scientifica legata a una visione etica del mondo».


La tensione e i malintesi del passato sono dimenticati?

«I nodi storici? Su Charles Darwin non ci fu un vero scontro. La tragica storia di Giordano Bruno non entra nel conflitto scienza-fede: riguardava temi teologici. E allora l'unico caso di conflitto scienza-fede è quello sull'eliocentrismo e su Galileo».


Quali novità emergono dai documenti storici ora consultabili?

«Il motivo per il quale quella vicenda finì come è finita resta un enigma. Galileo Galilei era molto stimato da Paolo V e da Urbano VIII. I gesuiti lo tenevano in grandissima considerazione. Grazie al gesuita e matematico Cristoforo Clavio aveva ottenuto la cattedra a Pisa e quella, ancora più prestigiosa, qui a Padova. Quando mostrò lo strumento che aveva inventato - l' "occhiale", cioè il telescopio - l'Accademia dei Lincei andò in visibilio: secondo il cardinale Francesco Maria del Monte, Galileo meritava addirittura una statua equestre in Campidoglio. Nel 1624, in sette settimane trascorse a Roma, ebbe sei colloqui con Urbano VIII. E anche dopo la condanna, non solo non patì il carcere ma fu trattato con un rispetto e un'indulgenza inconcepibili in un secolo come quello».


Quando si profila l'inizio del dramma?

«Quando - molto educatamente, bisogna dirlo - Galileo viene invitato a fornire le prove dell'eliocentrismo. Il papa gli chiede di dimostrare che la Terra realmente si muove; solo così, gli dice, la Chiesa potrà formulare una nuova interpretazione delle Scritture (nell'Ecclesiaste, Giosuè "arresta il cammino del Sole"). Ma Galileo non ha quelle prove».


Non le aveva nessuno. Ma allora l'eliocentrismo di Copernico e Galileo poteva apparire come una teoria e basta?

«Le prove dell'eliocentrismo sono venute soltanto con la legge della gravitazione universale di Newton. E quando sono arrivate, la Chiesa le ha accettate. Comunque, all'epoca di Galileo, la teoria copernicana circolava e non veniva affatto combattuta: era considerata un'ipotesi o "suppositione" astronomica, non una verità assoluta. Ma Galileo volle giocare il tutto per tutto. E nel Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo arrivò addirittura a introdurre un personaggio ridicolo, Simplicio, che rappresentava chiaramente papa Urbano VIII. Galileo era un fiorentino verace nel carattere. Ma Urbano VIII era della stessa città, e della stessa pasta. Come potè un uomo intelligente come Galileo commettere un errore del genere?».


E' per questo che precipitano gli eventi?

«Le ragioni sono tante. La Guerra dei Trent'Anni, la Spagna che accusa Roma di avvicinarsi ai protestanti per arginare il dominio spagnolo. E poi proprio allora si scopre che il principale protettore di Galileo, Giovanni Ciampoli, segretario del papa, per il quale scriveva le lettere ufficiali, per ambizione frustrata complotta con gli spagnoli. Si chiudono tutte le vie di compromesso. Urbano VIII, quando deve spiegare la rottura definitiva con Galileo, collega l'offesa del Dialogo con la congiura di Ciampoli, spiegando all'ambasciatore fiorentino: "E' stata una vera ciampolata!"».


Galileo muore nel 1642; e solo un secolo dopo viene sepolto in Santa Croce.
«La storia non può essere riscritta. Possiamo solo tentare di farne tesoro».


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