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Riportata alla luce la tomba di San Paolo

Ultimo Aggiornamento: 13/01/2010 19:39
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Riportata alla luce la tomba di San Paolo

(11 dicembre 2006 - RV) Presentazione a sfondo archeologico e religioso di grande importanza, questa mattina, nella Sala Stampa vaticana. Ai molti giornalisti presenti è stata illustrata la lunga serie di lavori che, dal 2002, ha permesso di riportare alla luce, tra l’altro, il sarcofago dell’Apostolo San Paolo. Il cardinale Andrea Cordero Lanza di Montezemolo, tra i relatori presenti in Sala Stampa, ha introdotto la presentazione spiegando per quale motivo Benedetto XVI abbia voluto che le quattro Basiliche maggiori, finora chiamate “patriarcali”, si definiscano col titolo di “papali”. Per gli altri particolari, il servizio di Alessandro De Carolis:

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Strati di malta e calcestruzzo, altari votivi o altri reperti “cresciuti” attorno al fulcro che da 20 secoli dà senso all’immenso edificio sacro che vi è stato costruito sopra: la tomba di Paolo di Tarso, l’Apostolo delle Genti. Il semplice sarcofago di marmo grezzo che la contiene, nascosto alla vista per un lunghissimo arco di tempo, è tornato alla luce grazie agli scavi condotti sotto l’altare maggiore della Basilica di S. Paolo fuori le Mura. Prima di affrontare la parentesi storico-archeologica, il principale relatore in conferenza stampa – il cardinale Andrea Cordero Lanza di Montezemolo, arciprete della Basilica paolina – ha fornito un chiarimento di carattere religioso-istituzionale riguardante lo status attuale delle 4 Basiliche maggiori:

“Molti interpretavano che il titolo di Patriarcale volesse alludere al fatto che il Papa esercitasse, mediante queste, un suo titolo di Patriarca d’Occidente, in contrasto al Patriarca d’Oriente, cosa che non è per niente vera, perché le quattro Basiliche erano state date nei tempi passati, dai Papi, come base in Roma per i Patriarchi orientali cattolici, non come titolo ufficiale. Quindi, il Papa ha deciso che d’ora in poi le quattro Basiliche maggiori si chiamino ‘Basiliche papali’”.

Il cardinale Lanza Cordero di Montezemolo ha descritto anche i passaggi che hanno portato ai lavori sulla tomba paolina, favoriti dal Motu Proprio di Benedetto XVI, che nel maggio dello scorso anno aveva anzitutto istituito la figura dell’arciprete per la Basilica di S. Paolo, assegnandogli competenze amministrative e gestionali distinte da qualle dell’abate benedettino alla cui tutela fino ad allora la Basilica era tradizionalmente affidata. Nel contesto del rinnovo giurisdizionale e logistico - molti, ha spiegato ancora il porporato sono i lavori di restauro e ammodernamento in corso di realizzazione, tra cui un nuovo percorso per i turisti - si colloca anche il rinnovato interesse per la tomba dell’Apostolo Paolo. Nel corso delle vicende storiche che dalla Basilica teodosiana del quarto secolo hanno portato all’attuale e celebre edificio di architettura ottocentesca, la tomba di S. Paolo era praticamente scomparsa alla vista. Per riportarla alla luce, ha spiegato il cardinale Cordero Lanza di Montezemolo, è stato necessario rimuovere parte di un altare dedicato a un martire del IV secolo, tale S. Timoteo. Una finestra di 70 cm. aperta in questa struttura sepolcrale ha permesso di affacciare su un lato del sarcofago. Ecco alcuni dati offerti dall’archeologo dei Musei Vaticani, Giorgio Filippi:

“Il sarcofago è alto circa un metro e 20 e lungo due e 55; poggia su un livello pavimentale formato da uno strato di coccio pisto, che costituisce il massetto, il sottofondo sul quale erano collocate le lastre della pavimentazione della Basilica dei Tre Imperatori, nel 390. Quindi, il sarcofago attualmente poggia su questo livello, un metro e 30 sotto l’attuale pavimentazione”.

Con molto interesse i giornalisti hanno seguito la presentazione, accompagnata dalla proiezione di alcune foto. Una questione su tutte ha riguardato le loro domande: se il sarcofago e quindi la tomba di S. Paolo siano autentici. L’arciprete della Basilica paolina ha risposto in questo modo:

“La tomba di San Paolo non è mai stata toccata. Erano stati fatti dei riempimenti in calcestruzzo, di materiale simile, per cui questo sarcofago era chiuso e non si poteva vedere. Sopra il sarcofago, a circa 40-45 centimetri, c’è una lastra di marmo, purtroppo a pezzi, ma sulla quale c’è scritto ‘Paolo Apostolo Martire’, che dà la sicurezza che quella è la tomba (...) C’è una concordanza, senza nessuna discordanza, per venti secoli, che la tomba è quella, che la tomba è lì: si poteva vedere o non vedere, in tempi precedenti, poi è stata coperta da varie cose, ma il fatto che la tomba sia lì e sia quella, direi che nessuno, oggi, lo mette in dubbio. Cosa faremo in futuro? Stiamo studiando la possibilità eventuale - bisognerà fare i passi necessari – di procedere anche a una esplorazione interna. Sentiremo se il Papa l’autorizza e vedremo come dovremo fare.

http://www.oecumene.radiovaticana.org/it1/Articolo.asp?c=107878

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Il sarcofago di Paolo
IL CASO

Dagli scavi archeologici compiuti sotto la basilica romana dai Musei Vaticani nuove conferme sulla tomba dell'Apostolo

Il sarcofago di Paolo

L’archeologo Giorgio Filippi: il contenitore di reliquie è situato proprio sotto l’altar maggiore, sotto l’epigrafe «Paulo apostolo mart»

Da Roma Luca Liverani

Ora c'è la conferma scientifica. Gli scavi nella Basilica di San Paolo fuori le mura, condotti dai Musei Vaticani, hanno trovato sotto l'altare maggiore un sarcofago romano a livello della basilica teodosiana. Esattamente sotto l'epigrafe Paulo apostolo mart, da sempre visibile alla base dell'altare. La scoperta, che apre nuovi itinerari di ricerca, è inedita e in via di pubblicazione. A presentarla lunedì sera all'Istituto archeologico germanico di Roma è stato Giorgio Filippi, l'archeologo che ha condotto le ricerche documentali e guidato gli scavi. Filippi è conservatore della raccolta epigrafica dei Musei Vaticani.
È la tomba di Saulo di Tarso? «Quello che abbiamo scoperto - spiega lo scienziato - è un sarcofago, o contenitore di reliquie. Siamo certi che nel 390, cioé all'epoca dell'ampliamento della basilica costantiniana da parte dei tre imperatori Teodosio, Valentiniano II e Arcadio, era ritenuto dell'Apostolo Paolo». Il sarcofago, sul coperchio, ha un buco di una decina di centimetri tappato sul fondo solo da un po' di malta. Una feritoia concepita all'epoca per "mettere in comunicazione" le reliquie con l'altare, ma anche per introdurre brandea, pezzi di tessuto che a contatto con la salma diventavano a loro volta reliquie. Basterebbe rimuovere il "tappo" per introdurre una microtelecamera.
Ma per il momento la scoperta di quella che per oltre 1600 anni è stata venerata come la tomba del "co-fondatore" della Chiesa di Roma, a Giorgio Filippi basta e avanza. Per capire la genesi di una grande scoperta bisogna inquadrare storicamente la basilica. Paolo dopo il martirio a Roma viene seppellito sulla via Ostiense, secondo la tradizione nella tomba della Matrona Lucilla. Attorno al sepolcro Costantino, verso il 320, edificherà la prima basilica, con le reliquie paoline come fulcro delle cerimonie e della devozione, chiesa di cui non è rimasto nulla.
Nel 390 i tre imperatori che all'epoca guidavano l'impero romano, Teodosio, Valentiniano II e Arcadio, decidono di ampliare la basilica. Paolo in quegli anni viene collocato allo stesso livello di Pietro: il tempio viene ricostruito sul modello della basilica costantiniana di San Pietro. Gli scavi e le ricerche documentali hanno permesso di scoprire che è di quest'epoca il posizionamento del sarcofago. Che sarà oggetto di ulteriori lavori. Papa Leone Magno interviene per ricostruire la navata destra crollata nel terremoto del 433. E con l'occasione sopraeleva il pavimento del presbiterio. Il sarcofago così resta "seppellito" a metà altezza dal nuovo pavimento.
Sul coperchio viene posto uno strato di mezzo metro di muratura e, sopra, le lastre di marmo con l'iscrizione incompleta Paulo apostolo mart, tolte verosimilmente dai lati ormai semicoperti. Con la sopraelevazione nasce il primo altare fisso della Basilica. Nella lastra marmorea viene fatto un foro che, attraverso lo strato di muratura, comunica col foro del coperchio. Altri due buchi, quadrati, arrivano sul coperchio senza perforarlo. L'ultima fase di lavori attorno al sacello è quella di papa Gregorio Magno attorno al 600.
Volendo uniformare l'altare della basilica paolina a quello di San Pietro, alza ancora il presbiterio. Il piano dell'altare con l'epigrafe ormai è a filo del nuovo pavimento, così il pontefice fa costruire un nuovo altare a camera, che ha su un fianco una finestrella da cui è tuttora visibile l'epigrafe. Sotto, scava una piccola cripta che mette in comunicazione con un fianco del sarcofago. Tutto ciò è chiaro solo oggi, perché - quando la basilica verrà ricostruita nel 1854 dopo essere stata disintegrata dal furioso incendio del 1823 - il sarcofago verrà affogato in una colata di calcestruzzo: malta, sabbia, pozzolana e detriti vari, tra cui perfino un frammento di bifora del convento e una moneta dell'epoca.
 Scarsissimi all'epoca della ricostruzione i rilievi dell'area. E sulle reliquie si infittisce il mistero. La decisione di andare alla ricerca della tomba paolina nasce durante il Giubileo. Mol ti pellegrini, cattolici e non, chiedono di venerare le reliquie dell'Apostolo. Il vescovo Marcello Costalunga, all'epoca Amministratore pontificio della patriarcale basilica, chiede, col consenso dell'abate dom Paolo Lunardon, alla direzione dei Musei Vaticani di "indagare". Gli scavi vanno da giugno 2002 a maggio 2003. Tra l'altare maggiore e quello anti-
stante di San Timoteo, Giorgio Filippi riapre una piccola cavità preesistente, per non danneggiare il presbiterio ottocentesco, e da lì scava un breve tunnel orizzontale, alto un metro e largo la metà, che in corrispondenza del sovrastante altare scopre il fianco marmoreo del sarcofago. Dai buchi nell'epigrafe l'archeologo capisce che il lato superiore ha forma di tetto: è un sarcofago. Quello voluto dai tre imperatori nel 390.


Avvenire - 16 febbraio 2005

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...l'epigrafe trovata sul muro sovrastante il sarcofago
Nota sul Sarcofago di San Paolo dell’archeologo Giorgio Filippi
CITTA’ DEL VATICANO, lunedì, 11 dicembre 2006 (ZENIT.org).- Pubblichiamo di seguito la nota dell’archeologo Giorgio Filippi presentata questo lunedì nella Sala Stampa vaticana a spiegazione dei lavori che hanno riportato alla luce il Sarcofago di San Paolo, nella Basilica di San Paolo fuori le Mura.


* * *

La basilica sorge sul sepolcro dell’Apostolo nella via Ostiense, ove alla fine del II secolo il presbitero romano Gaio, nella citazione di Eusebio, segnalava l’esistenza del tropaion eretto a testimonianza del martirio di Paolo. Nel luogo si avvicendarono, nel corso del IV secolo, due edifici, quello "costantiniano" e quello "dei tre imperatori", legati al pellegrinaggio devozionale alla tomba dell’Apostolo e utilizzati per scopi cimiteriali e liturgici.

L’unica documentazione riferibile alla situazione archeologica del monumento consiste in pochi disegni e schizzi con misure, di interpretazione talvolta enigmatica, redatti dagli architetti Virginio Vespignani (1808-1882) e Paolo Belloni (1815-1889), dopo l’incendio del 1823, durante gli scavi per la nuova confessione (1838) e la posa delle fondamenta del baldacchino di Pio IX (1850). I resti archeologici allora rinvenuti non furono più visibili successivamente perché in parte distrutti e in parte obliterati dall’attuale Confessione.

Che la Basilica di S. Paolo fosse sorta sulla tomba dell’Apostolo è un dato incontrovertibile nella tradizione storica, mentre l’identificazione del sepolcro originario è una questione rimasta aperta. La Cronaca del Monastero parla di un grande sarcofago marmoreo rinvenuto durante i lavori di ricostruzione della basilica dopo l’incendio del 1823, nell’area della Confessione, sotto le due lastre iscritte PAVLO APOSTOLO MART[YRI], di cui però non esiste traccia nella documentazione di scavo, a differenza degli altri sarcofagi che furono scoperti e rilevati nella stessa occasione, tra cui il famoso "dogmatico" oggi conservato nei Musei Vaticani.

Le indagini archeologiche nell’area tradizionalmente considerata il luogo di sepoltura dell’Apostolo, iniziate nel 2002 e terminate il 22 settembre 2006, hanno permesso di riportare alla luce un importante contesto stratificato, formato dall’abside della basilica costantiniana, inglobata nel transetto dell’edificio dei Tre Imperatori: sul pavimento di quest’ultimo, sotto l’altare papale, è stato riscoperto quel grande sarcofago del quale si erano perse le tracce e che veniva considerato fin dall’epoca teodosiana la Tomba di S. Paolo.

Tali esplorazioni avevano il fine di verificare la consistenza e lo stato di conservazione dei resti della basilica costantiniana e teodosiana sopravvissuti alla ricostruzione dopo l’incendio e di proporne la valorizzazione a fini devozionali. Dal 2 maggio al 17 novembre di quest’anno si è ultimato, nell’area della Confessione, il Progetto di accessibilità alla Tomba di S. Paolo. Dopo aver smontato l’Altare di S. Timoteo si è scavata l’area sottostante per riportare alla luce, sull’intera superficie di circa 5 mq, l’abside della basilica costantiniana. Per raggiungere i resti del IV secolo si è scavato materialmente dentro il nucleo murario della moderna platea di fondazione che aderisce perfettamente alle strutture antiche, sia in fondazione che in elevato, fino a raggiungere il punto di distacco tra la parte antica e quella moderna rilevabile dal differente colore della malta, rosata quella del XIX secolo e grigia quella del IV secolo.

Poiché la quota del transetto dei Tre Imperatori, sul quale giace il sarcofago di S. Paolo, è più alta rispetto al piano dell’attuale Confessione, è evidente che qui il piano è stato demolito in occasione dei lavori del XIX secolo. Il massetto invece si conserva, resecato a forma di gradino, dietro l’altare di Timoteo, dove è strutturalmente incorporato nel muro moderno che delimita il lato est della Confessione. Al momento dei lavori del XIX secolo, poiché la cresta dell’abside presentava probabilmente alcune parti instabili, queste furono rimosse avendo prodotto l’effetto di un gradino nell’emplecton, di circa 10 cm. di altezza e pari a due file di mattoni, che inizia sul bordo interno dell’abside della quale ricalca l’andamento curvilineo. Sulla fronte del gradino si vedono le impronte lasciate nell’opera cementizia dai mattoni da cortina rimossi.

Per raggiungere la quota pavimentale costantiniana si è rimossa la metà sud del settore absidale. Nello scavo non si sono rinvenuti altri reperti archeologici se non resti di murature. Per aumentare la visuale sul sarcofago di S. Paolo si è allargato fino a m. 0,70 il vano attraverso la muratura del XIX secolo già aperto durante i lavori del 2002-2003. È stato possibile rilevare le dimensioni del sarcofago: cassa lunga circa m. 2,55, larga circa m. 1,25 e alta m. 0,97; coperchio alto circa m. 0,30 e spesso nel bordo anteriore m. 0,12. La porzione dell’abside scoperta costituisce l’unica testimonianza visibile della Basilica attribuita comunemente a Costantino.

Rimane aperto il problema topografico del rapporto tra la basilica e il pavimento stradale rinvenuto nel 1850 immediatamente ad ovest dell’abside costantiniana. Il Belloni vi riconobbe l’antica via Ostiense, che sarebbe stata trasferita nella sede attuale per ordine dei Tre Imperatori, ma non rilevò la quota di quel selciato. A questo riguardo risulta di particolare interesse la scoperta, all’interno dell’abside costantiniana, di alcuni grandi blocchi di basalto reimpiegati come materiale da costruzione nelle fondazioni della basilica dei Tre Imperatori.

Per quanto riguarda la pianta della basilica costantiniana, poiché non abbiamo altri elementi al di fuori delle nuove misurazioni dell’abside, è prematuro fare nuove ipotesi, salvo che confermare le modeste dimensioni dell’edificio. Il piano di cocciopisto scoperto sopra la quota di rasura dell’abside costantiniana corrisponde al transetto dei Tre Imperatori (390 d.C.) sul quale poggia il grande sarcofago che segnalava la Tomba dell’Apostolo all’epoca della costruzione della nuova grande basilica, ed era delimitato da un podio presbiteriale monumentale, come lascerebbe supporre la poderosa platea di fondazione spessa m. 1,66, che grava direttamente sul pavimento dell’abside costantiniana. Non è escluso che all’interno di tale fondazione possano esservi i resti del tropaion eretto sulla tomba dell’Apostolo Paolo.

Si può ritenere che tra il 1838 e il 1840 nell’area della Confessione sia stato rimosso o demolito tutto ciò che poggiava sul pavimento dei Tre Imperatori. Per gettare le fondazioni del nuovo presbiterio e dell’altare papale fu persino spostato il sarcofago di S. Paolo. Nell’area indagata non sono stati finora rinvenuti, tra il livello pavimentale del 390 e la fondazione del 1840 resti di strutture riferibili ad altre epoche.
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da dom Prosper Guéranger, L'anno liturgico - II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste , trad. it. L. Roberti, P. Graziani e P. Suffia, Alba, 1959, p. 1291-1292

18 NOVEMBRE

DEDICAZIONE DELLE BASILICHE
DEI SANTI PIETRO E PAOLO APOSTOLI, A ROMA


Celebrata in agosto la festa della Dedicazione della Basilica di Santa Maria Maggiore e ultimamente quella della Basilica del Salvatore al Laterano, la Chiesa ci invita a celebrare in un medesimo giorno la dedicazione delle due Basiliclie di san Pietro e di san Paolo a Roma. Sono le quattro basiliche che negli anni giubilari i pellegrini devono visitare, per acquistare la grande indulgenza, che i Papi sogliono concedere ogni 25 anni.

Se non possiamo andare a Roma e pregare in quelle auguste chiese, la Liturgia ci aiuta a partecipare alle grazie chieste dai pellegrini sulle tombe degli Apostoli e che la Chiesa chiede per tutti i fedeli nel giorno della Dedicazione.

La Basilica di san Pietro.

Dopo il martirio, avvenuto con tutta probabilità nel circo di Nerone, i resti del santo Apostolo Pietro erano stati sepolti lungo il fianco opposto della via Cornelia e più tardi vennero segnalati alla venerazione dei fedeli con una piccola edicola costruita da Papa Anacleto e che, fino al terzo secolo, restò il centro delle sepolture dei Papi.

Concessa la pace alla Chiesa, Costantino fece edificare sulla tomba del principe degli Apostoli una basilica, che fu terminata da Costantino II e poi distrutta dai Saraceni nell'anno 806. La basilica fu teatro di solennità grandiose. In essa si celebrava al termine delle quattro Tempora la vigilia delle ordinazioni, si compiva la lunga Litania del 25 aprile e in essa fu incoronato e consacrato l'imperatore Carlomagno.

Restaurata e totalmente modificata nel suo aspetto, la basilica esisteva ancora nel secolo XV, ma tanto aveva sofferto per l'assenza dei Papi, durante il soggiorno ad Avignone, che Nicola V decise di demolirla e di ricostruirla sullo stesso posto. Il successore, Giulio II affidò l'opera al Bramante nel 1505. Morto il Bramante, Michelangelo la continuò ed elevò l'imponente cupola, che domina la basilica e ne costituisce la principale bellezza. Finalmente il 18 novembre 1626 la basilica fu terminata e Papa Urbano VIII la consacrò.

Alla fine del Medio Evo i Papi avevano abbandonato il palazzo del Laterano e si erano stabiliti nel palazzo Vaticano, portando in san Pietro non poche solennità. Il Concilio ecumenico del 1870 rese definitiva questa sostituzione e la basilica Vaticana divenne, per forza di cose, l'effettiva cattedrale dei Papi, che riposano nelle cripte dei sotterranei, da Innocenzo XI (1676-1689) fino a san Pio X e ai suoi successori, senza contare che di molti Papi del Medio Evo vi furono portati i resti.

La basilica di san Paolo.

Il corpo dell'apostolo san Paolo dal luogo del martirio presso le acque Salvie era stato portato a due miglia circa da Roma, sulla via Ostiense e ivi era stato sepolto. Sul luogo della sepoltura fu prima costruito un oratorio molto simile a quello dell'Apostolo Pietro al Vaticano, attribuito generalmente anch'esso a Papa Anacleto.

Costantino eresse sulla tomba una basilica, ma, essendo parsa di dimensioni troppo modeste, l'imperatore Valentiniano, nel 368, la sostituì con una basilica grandiosa a cinque navate. Teodosio proseguì l'opera e suo figlio, Onorio, la terminò. Le incursioni Saracene avvenute sotto san Leone IV (847-855) spinsero Giovanni VIII (872-882) a circondare la basilica e il convento, che già vi era sorto accanto, di mura e si ebbe così una fortezza che prese il nome di Giovannopoli. La basilica conservò il suo primitivo aspetto fino all'incendio che, nella notte tra il 15 e il 16 agosto del 1823, la distrusse.

Pervennero, all'appello del Papa, offerte da tutta la cristianità, perfino da dissidenti e da infedeli, e, il 5 ottobre 1840, Gregorio XVI poté consacrare il transetto e l'altare maggiore sotto il quale restò la tomba dell'Apostolo. Quattordici anni dopo, in occasione della definizione dell'Immacolato Concepimento di Maria (8 dicembre 1854), 185 cardinali, arcivescovi e vescovi assistevano, il 10 dicembre, alla dedicazione della nuova basilica di san Paolo fatta da Pio IX. Il Papa fissò il ricordo della dedicazione alla data tradizionale del 18 novembre e Leone XIII, il 27 agosto 1893, elevò la festa a rito doppio maggiore per la Chiesa universale.
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I custodi della tomba di san Paolo

Prima le donne poi i benedettini


di Edmund Power

Si pensa che Paolo sia stato decapitato durante una persecuzione di cristiani sotto l'imperatore Nerone, alle Aquae Salviae, un luogo pubblico di esecuzione sulla via Laurentina, pochi chilometri a sud-est dell'attuale basilica a lui dedicata, circa nell'anno 67 dell'era cristiana. Il corpo fu sepolto in un cimitero già esistente dal I secolo prima dell'era cristiana sulla via Ostiense. Secondo una tradizione, alla metà del III secolo le spoglie, assieme a quelle di san Pietro sepolto al Vaticano, furono spostate per protezione nelle "catacombe", luogo dell'attuale basilica di San Sebastiano sulla via Appia. Sarebbero tornate fra il 330 e il 340, al tempo della costruzione della prima basilica sotto l'imperatore Costantino. Seguì poi la costruzione della maestosa ed enorme seconda basilica negli anni 390, che rimaneva fino al disastroso incendio del 1823. La terza basilica, nello stile e nelle dimensioni della seconda, sorse nello stesso luogo nell'Ottocento.

Salvo il soggiorno di meno di cento anni presso le Catacombe, il corpo di Paolo è venerato nel luogo della basilica di San Paolo fuori le Mura, quasi dall'inizio dell'era cristiana. Il punto preciso della tomba rimane sempre quello sotto l'altare principale, dove, grazie agli scavi degli ultimi anni, si può ormai osservare il lato occidentale del sarcofago. Gli studiosi ritengono che il sarcofago attuale risalga agli anni 390, e cioè al tempo della costruzione della seconda basilica. In quel tempo si sarebbero elevati i resti dell'apostolo, trasferendoli nella nuova bara. Da quel tempo non è stato mai disturbato o aperto, neanche durante gli anni dell'incendio e della ricostruzione.

Anche se il sarcofago non è mai stato aperto, ormai, dopo più di 1.600 anni, sappiamo qualcosa del contenuto. Papa Benedetto XVI ha rivelato, all'inizio dell'omelia tenuta nella basilica nell'occasione della conclusione dell'anno dedicato a san Paolo, e cioè il 28 giugno 2009, che un sondaggio discreto era stato condotto. Si era praticato un piccolo foro nel coperchio del sarcofago; usando la tecnica delle fibre ottiche è stato possibile guardare dentro, e poi estrarre qualche frammento di stoffa e di osso. Dopo uno studio accurato in laboratorio, gli esperti sono giunti alla conclusione che i resti sono proprio del I o II secolo, e dunque consoni con il credo che il sarcofago contenga le spoglie mortali di Paolo. Ovviamente, l'evidenza non permette la dichiarazione certificata che questi siano veramente i resti di Paolo, ma non importa:  più importante delle ossa di Paolo è il suo messaggio.
In questa basilica fin dai primi secoli, è sempre venerata la memoria dell'apostolo, e senz'altro la venerazione continuerà, guidata dai monaci benedettini.

Già dal VI secolo comunità monastiche furono fondate presso la basilica, per servire ai bisogni spirituali e forse materiali dei pellegrini. La prima referenza per iscritto si trova su una lapide che risale all'anno 604, l'ultimo del pontificato di Gregorio Magno. La lapide, originariamente allocata sulla facciata interna della seconda basilica, è custodita oggi nel museo lapidario dell'abbazia. Parla del monastero di Santo Stefano delle Serve del Signore, situato a San Paolo, una comunità dunque di donne, non di uomini. Ma al tempo stesso, o poco dopo, c'era anche un monastero maschile dedicato a San Cesareo. Sembra che tutti e due fossero in decadenza verso gli anni 730 quando Papa Gregorio ii fondò il monastero dei benedettini. Egli dunque è ritenuto fondatore dell'attuale abbazia. Fra l'altro egli specificò l'impegno di mantenere accese le candele accanto alla tomba dell'apostolo. Oggi c'è una serie di luci elettriche attorno alla confessio, il luogo davanti all'altare principale dove la gente può venerare la tomba; i monaci, però, continuano a conservare un'unica lampada d'olio. Essa è il simbolo della loro dedizione e servizio, ma suggerisce anche l'amore autosacrificante di Cristo che, morendo, dà la vita, come l'olio che man mano consumandosi e bruciando, crea la luce.


(©L'Osservatore Romano - 14 gennaio 2010)
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