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IL SINCRETISMO RELIGIOSO è UNA RELIGIONE?

Ultimo Aggiornamento: 15/11/2008 17:07
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15/11/2008 17:03

Dall’esaltazione della ragione al rifugio nell’irrazionale Per capire appieno il fenomeno della religione “fai-da-te” e del sincretismo bisogna considerare l’evoluzione della storia del pensiero occidentale. L’agnosticismo, la negazione della conoscibilità razionale di Dio e della verità, il relativismo in campo filosofico, il concetto di autorealizzazione e di indipendenza dalla morale, in una parola la modernità, ha contribuito a creare nell’uomo moderno occidentale un senso di smarrimento degli orizzonti di riferimento e di sfiducia nei confronti della ricerca della verità, sia in campo razionale-filosofico sia in ambito religioso. La disinvoltura con cui oggi chiunque si sente autorizzato ad abbracciare credenze più diverse semplicemente perché le preferisce o ne rimane affascinato, era impensabile fino a qualche secolo fa. In epoche passate si usava una certa prudenza nell’affrontare temi come “ciò che è giusto o ingiusto”, cosa significa “verità”, “soggetto”, “valore”, “chi è Dio”. Prudenza che non era paura di esprimersi liberamente o semplicemente cieca sottomissione all’autorità. Si trattava di una vera e propria consapevolezza che non si può parlare di qualsiasi argomento in modo spontaneo e impreparato. Consapevolezza che oggi sembra essere applicabile solo alle tematiche scientifiche. Anche se, a ben vedere, lo stesso pensiero scientifico è in profonda crisi, perché nemmeno la scienza è riuscita a dimostrare di poter risolvere i problemi dell’umanità. In passato, questa stessa, diciamo così, prudenza, riguardava tutte le tematiche che hanno a che fare con il comportamento umano e con la religiosità. Questa consapevolezza nasceva da una diversità sostanziale rispetto al nostro modo di intendere la realtà: in passato gli uomini si sentivano parte di un ordine più alto, un ordine cosmico, la “Grande Catena dell'Essere”. In questi ordini le cose della natura e l’uomo avevano il significato conferitogli dal posto che occupavano nella “Catena”. La fonte unica e assoluta di moralità, per raggiungere la pienezza dell'essere, era trascendente (Dio, l'Idea del Bene). Lo stesso essere umano traeva il significato della sua vita dal suo essere inserito in un preciso posto in quella Catena. Inoltre, per sua stessa natura, quest’ordine era pubblicamente accessibile e condiviso ampiamente. Ciò valeva anche per possibili “eretici” rispetto agli orizzonti condivisi: le loro stesse accuse e dissociazioni erano comunque formulate nei termini di un ordine superiore e più elevato rispetto all’uomo. L’idea di libertà moderna nacque dal discredito in cui caddero questi ordinamenti. Discredito dovuto a vari fattori che ha una radice e uno sviluppo ben preciso nella storia del pensiero occidentale. Individuabile precisamente in quell’insieme di cambiamenti che hanno portato, dalla fine del ‘600 a oggi, allo sviluppo di una nuova prospettiva profondamente diversa da quella del passato. I quadri di riferimento morali sono divenuti opzionali, sono frutto delle mutevoli interpretazioni umane e non si fondano più strettamente sulla natura delle cose. Le fonti di moralità, e diremmo di religiosità, non sono più esterne all’uomo. Oggi assistiamo ad una sorta di democratizzazione della possibilità di fornire risposte ai problemi fondamentali della vita. I media, con lo sviluppo delle tecnologie, non hanno fatto altro che potenziare e accelerare questo processo. Oggi questo agnosticismo che di fondo nega la possibilità di una ricerca autentica della verità, si sposa perfettamente con forme gnostiche e sincretistiche che riescono a far convivere diverse visioni dell’uomo, del mondo e Dio, senza pretesa che una sia più vera e più valida dell’altra. Dal relativismo al sincretismo Dal razionalismo illuminista, che di fatto ha dimostrato i suoi limiti essendo incapace di dare risposte definitive alle questioni fondamentali della vita, si è arrivati ad un rifiuto della razionalità e alla ricerca del significato in aspetti sentimentalistici e vitalistici. Da qui ad esempio la grande espansione della cosiddetta New Age come esaltazione dell’istintività sull’intelletto. La questione non è più la verità né chi è Dio. La domanda sulla verità è in qualche modo diventata irrilevante essendo rimpiazzata dalla domanda più importante: cosa mi può dare una vita più ricca più interessante, più ampia, più soddisfacente. È l’impulso religioso dell’individuo ripiegato su se stesso che non ha più fiducia nella verità. Dio e il discorso sulla verità della fede sono esclusi dalla coscienza pubblica e relegati alla sfera privata, al “fai-da-te” del singolo. L’allora Card. Ratzinger in una conferenza tenuta il 1 aprile 2005 a Subiaco dal titolo L’Europa nella crisi delle culture ha lucidamente esposto questa tematica: “l’Europa, sin dai tempi del Rinascimento, e in forma compiuta dai tempi dell’illuminismo, ha sviluppato proprio quella razionalità scientifica che non solo nell’epoca delle scoperte portò all’unità geografica del mondo, all’incontro dei continenti e delle culture, ma che adesso, molto più profondamente, grazie alla cultura tecnica resa possibile dalla scienza, impronta di sé veramente tutto il mondo, anzi, in un certo senso lo uniforma. E sulla scia di questa forma di razionalità, l’Europa ha sviluppato una cultura che, in un modo sconosciuto prima d’ora all’umanità, esclude Dio dalla coscienza pubblica, sia che venga negato del tutto, sia che la sua esistenza venga giudicata non dimostrabile, incerta, e dunque appartenente all’ambito delle scelte soggettive, un qualcosa comunque irrilevante per la vita pubblica”. Questo rifiuto si è di fatto mostrato nella resistenza a menzionare nella Costituzione Europea le radici cristiane ma, come fa notare Ratzinger, questo “rifiuto del riferimento a Dio, non è espressione di una tolleranza che vuole proteggere le religioni non teistiche e la dignità degli atei e degli agnostici, ma piuttosto espressione di una coscienza che vorrebbe vedere Dio cancellato definitivamente dalla vita pubblica dell’umanità e accantonato nell’ambito soggettivo di residue culture del passato”. Il perno di tutto questo è il relativismo “che si crede in possesso della definitiva conoscenza della ragione, ed in diritto di considerare tutto il resto soltanto come uno stadio dell’umanità in fondo superato e che può essere adeguatamente relativizzato”. Il relativismo considera le credenze tutte sullo stesso piano, non esiste una verità oggettiva e assoluta pertanto una vale l’altra. Ciò che per qualcuno è vero non lo è per l’altro, la convinzione soggettiva ha soppiantato la possibilità di un discernimento oggettivo. Le domande fondamentali non possono ricevere risposta proprio perché è scomparsa la possibilità di raggiungere verità definitive. Non ci sono riferimenti che possano fondare la veridicità di un ragionamento o la razionalità di un’affermazione. Si tratta di un profondo smarrimento che non può non incidere e ripercuotersi anche a livello del discorso religioso. Il mondo delle religioni e il Cristianesimo, con la sua pretesa di verità chiara ed esplicita, non si salva da questa dinamica relativista. Il concetto di realtà, verità, valore sono frammentanti in mille diverse possibili interpretazioni e concezioni come i cocci di un vaso rotto.
[Modificato da Evergete 15/11/2008 17:07]
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