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IL SINCRETISMO RELIGIOSO è UNA RELIGIONE?

Ultimo Aggiornamento: 15/11/2008 17:07
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15/11/2008 17:05

Il sincretismo come reazione alla crisi della razionalità

Non stupisce allora che la New Age e nuove forme di religiosità, di cui ci occuperemo più avanti, abbiano trovato terreno fecondo in questo contesto culturale proponendo una fusione di credi diversi che però non pretende di indicare una via unica, una concezione precisa, ma si accontenta di una serie di concezioni sfumate e confuse, ponendo al di sopra di tutto l’io.
La conseguenza di tutto ciò è un riflusso di sincretismo religioso: non è possibile giungere ad una verità assoluta, non rimane che fare un collage di frammenti di verità a seconda del propri bisogni. Fondere assieme elementi di diverse religioni, culture, tradizioni, spesso non convergenti e addirittura non conciliabili.
Come scrive Laura Rossi in Relativismo e sincretismo, la verità religiosa è diventata un gioco di puzzle: “È, il sincretismo, la fusione di elementi presi da forme religiose diverse e non convergenti. Cioè la credenza sincretistica si fonda in genere sulla interpretazione dei sistemi di pensiero e delle correnti religiose da cui trae gli aspetti fondamentali che in alcuni casi tende a minimizzare, eliminare o sottolineare nelle loro affinità. In altri casi accosta e mescola elementi completamente inconciliabili e incompatibili tra loro. Cioè, in pratica, il sincretismo prende elementi dalle varie realtà, li mette insieme e crea una nuova concezione filosofica, religiosa o quant'altro. In questo modo il sincretismo è un atteggiamento riduttivo nei confronti delle forme dottrinali originarie da cui trae gli elementi perché li riduce, li svuota di significato per crearne uno nuovo (…) dove il soggettivismo e la fantasia regnano incontrastati”.
Non è perciò importante a quale credo si appartenga, ma l'effettivo impegno nella ricerca interiore all'interno della religione o dottrina nella quale si è stabiliti, per scelta o cultura. Il sincretismo religioso, infatti, afferma la sostanziale unità di tutte le fedi e le scuole di pensiero, al di là dei dogmi e delle differenze formali ed esteriori; secondo la visione sincretista, i concetti e princìpi fondanti di ogni credo (quali ad esempio la paternità di Dio e la fratellanza degli uomini, il valore e l'importanza della preghiera, l'amore universale, ecc.) sono gli unici e gli stessi.
Nell’enciclica Fides et Ratio, Giovanni Paolo II descrive quel lungo percorso iniziato dal Medioevo che ha portato dapprima la ragione ad erigersi al di sopra della fede per poi arrivare a credere di poterne fare completamente a meno, fino ad arrivare ad un aperto scontro: dalla ragione senza la fede alla ragione contro la fede. "La nostra epoca è stata qualificata da certi pensatori come l'epoca della ‘post-modernità'. Questo termine, utilizzato non di rado in contesti fra loro molto distanti, designa l'emergere di un insieme di fattori nuovi, che quanto a estensione ed efficacia si sono rivelati capaci di determinare cambiamenti significativi e durevoli". In questi cambiamenti sono presenti quelle "reazioni che hanno portato a una radicale rimessa in questione" della "pretesa razionalista" tipica della modernità.
Il processo di secolarizzazione fino a poco tempo fa sembrava andare nella direzione di una progressiva diminuzione della religione in relazione allo sviluppo della mentalità scientifica e del progresso tecnologico. Ma le cose oggi appaiono diverse. La crisi della razionalità scientifica ha in realtà portato ad un ribaltamento, ad una rinnovata scoperta del “religioso”. Si potrebbe quasi dire che oggi è la secolarizzazione stessa ad essere a rischio di estinzione.
Ma questa riscoperta del religioso ha caratteristiche molto singolari, come abbiamo visto, perché è un ritorno del religioso e della fede che, in qualche modo, risente del contrasto fede-ragione e, privilegiando la prima a scapito della seconda, cede facilmente all’irrazionalismo o perlomeno rinuncia ad una ricerca del soprannaturale supportata dalla ricerca della verità.
Da qui l’atteggiamento sincretista e il proliferare di nuove forme di religiosità o di correnti come la New Age.

La New Age e le nuove forme di religiosità come alimentatori dell’atteggiamento sincretista

Di fronte a questa, che potremmo chiamare crisi della società occidentale, si manifestano quindi dei segnali di ricerca del “religioso” del “soprannaturale” per rispondere al disagio di una cultura ormai priva di risposte. Giovanni Paolo II nel suo discorso ai Vescovi di quattro stati Americani il 28 maggio 1993 costatava l’emergere di questo nuovo impulso: “c'è una nuova esigenza di «spiritualità» come dimostra il sorgere di molti movimenti religiosi e consolatori che tentano di reagire alla crisi di valori nella società occidentale”.
Questa “nuova esigenza di spiritualità” ha visto proliferare in tutto il mondo nuovi movimenti e credi religiosi di diversa natura, un fenomeno di portata internazionale in cui rientra in qualche modo anche la cosiddetta New Age e di cui si è occupato anche il Magistero.
I documenti più interessanti su questo tema sono la relazione finale del Concistoro straordinario del 1991 firmata dal Card. Francis Arinze, che si occupa soprattutto delle nuove forme di religiosità, e un documento del Pontificio Consiglio della Cultura e del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, Gesù Cristo portatore dell’acqua viva, che viene scritto per affrontare il tema della New Age.
Il documento firmato dal Card. Arinze nel 1991, La sfida delle sette o nuovi movimenti religiosi: un approccio pastorale, è la relazione finale del Concistoro straordinario del 1991 che, accanto ai temi della difesa della vita nella società moderna, si occupò anche del fenomeno dei nuovi movimenti religiosi emergenti, soprattutto nell'ottica del diffondersi di una vera e propria nuova religiosità che interessa cerchie sempre più vaste di persone e che spesso si insinua anche nei fedeli cattolici.
Una nuova religiosità slegata dalla dottrina della Chiesa e che porta chi vi aderisce ad abbracciare credenze spesso in netto contrasto con la fede. Nel documento viene definita "preoccupante [...] la silenziosa penetrazione fra i Cristiani di movimenti non-Cristiani che favoriscono la doppia appartenenza. Questi movimenti guadagnano terreno al di là dei propri confini attraverso la diffusione di credenze e pratiche che sono contrarie alle verità essenziali della fede".
Massimo Introvigne a questo proposito nel suo La questione della nuova religiosità In appendice la relazione generale al Concistoro Straordinario del 1991, indica il caso Italia come emblematico: sebbene l’appartenenza ai nuovi movimenti religiosi è quantitativamente bassa, si assiste ad una notevole diffusione di credenze neo-religiose. I dati di dicono che il 21% degli adulti e il 31% dei giovani in Italia credono nella reincarnazione. E, sempre secondo i dati che riporta il CESNUR, in Europa un cittadino su 4 crede nella reincarnazione.
Il documento affronta il tema dei nuovi movimenti religiosi anche in una chiave potremmo dire auto-critica. Questi movimenti sono una sorta di rivelatore di alcune debolezze della presenza pastorale della Chiesa e proliferano o trovano terreno fecondo laddove in qualche modo l'azione pastorale non sembra rispondere sufficientemente ai bisogni dei fedeli.
La relazione esamina quale sia l’origine dei nuovi movimenti religiosi e le ragioni della loro diffusione. Nella società secolarizzata, in cui Dio è stato messo al margine della vita, non è stata soppressa l’"esistenza di bisogni spirituali" che però spesso "non sono stati identificati, oppure che la Chiesa e altre istituzioni religiose non hanno percepito o a cui non hanno saputo rispondere".
Non è solo un problema di ignoranza, di cattiva formazione. Bisogna riconoscere innanzitutto la natura propriamente “religiosa” del fenomeno. In "un periodo di cambiamenti culturali, che genera un senso di smarrimento" molte persone si rifugiano in spiritualità o culti che sembrano rispondere in modo più diretto e meglio alle esigenze profonde di significato. La maggior parte di queste persone sono cristiani, spesso cattolici. Sono spinti da una "sete di conoscenza delle Scritture, di cantare, danzare, di avere soddisfazioni emotive e risposte chiare e concrete" che molte volte non trovano nella pratica religiosa “ufficiale”.
In altri casi c’è una ricerca di "guarigione fisica e psicologica" oppure della "protezione contro la stregoneria, il fallimento, la sofferenza, la malattia e la morte". Soprattutto accade in Africa dove secondo le stime ufficiali almeno il 20% della popolazione è attratto dalle nuove religioni perché si sentono da queste meglio protette dalla stregoneria e dal malocchio, rispetto alle Chiese ufficiali.
A creare quel vuoto che viene riempito da queste nuove forme di religiosità è spesso una serie di debolezze che possono presentarsi nel ministero pastorale della Chiesa. Il documento ne elenca le principali: lo scarso numero di sacerdoti, l’ignoranza della dottrina oppure la vastità e l’impersonalità delle parrocchie, in altri ancora il clericalismo che emargina i laici e ne svilisce il ruolo all’interno dell’azione pastorale. Fino ad arrivare alla freddezza nella liturgia o all’intellettualismo della predicazione.
Tale analisi deve essere di stimolo per una rinnovata attività della Chiesa. Si legge nel documento: "il dinamismo della loro azione missionaria, la responsabilità evangelizzatrice assegnata al nuovo "convertito", il loro utilizzo dei mass-media, il mettere in risalto gli obiettivi da ottenere, potrebbero farci porre domande su come rendere più dinamica l’attività missionaria della Chiesa".
Questa nuova religiosità, secondo il documento, lancia una sfida culturale di notevole portata. Una sfida che non riguarda solo gli aderenti ai nuovi movimenti religiosi: alcune idee come la reincarnazione, l’"auto-realizzazione [...] esaltata più della vita di grazia", la sfiducia nella Chiesa gerarchica, di fatto sono penetrate anche all’interno della Chiesa cattolica.
Lo studio dei nuovi movimenti religiosi è infatti interessante a partire dall’influenza che gli aderenti esercitano su molti altri. Introvigne, nel suo testo di commento a questo documento, sottolinea come esistano tre livelli: al primo si trovano gli appartenenti ai diversi gruppi, al secondo livello tutti coloro che senza aderire a movimenti specifici condividono alcune credenze e, infine, un terzo livello che include coloro che pur appartenendo alle Chiese tradizionali, compreso qualche teologo, sono influenzati dalle idee della nuova religiosità.
Ma quella lanciata dalla nuova religiosità è una sfida soprattutto di carattere dottrinale. Non ci si può limitare a vederne le conseguenze solo a livello culturale e sociale. La Chiesa va oltre e si preoccupa di queste nuove forme di religiosità soprattutto perché "allontanano i cattolici dall’unità e dalla comunione della Chiesa" e portano spesso ad "abbandonare la [...] fede", il che accade quando chi vi ha aderito rimane deluso e finisce per "guardare a tutta la religione come un inganno".
Allora quale deve essere la risposta pastorale della Chiesa? Il punto di maggiore interesse sembra essere l'invito allo studio e alla conoscenza di queste nuove forma di religiosità con uno spirito ben preciso: "Non dovrebbero essere fatte condanne indiscriminate (...) i cattolici dovrebbero essere sempre pronti a studiare e identificare gli elementi o le tendenze che sono in se stessi buoni o nobili e dove sia possibile collaborare. Dovrebbero anche attendere allo studio e all’osservazione di movimenti che finora presentano un’immagine non chiara".
Perciò l’invito è allo studio e al dialogo, o meglio al dialogo che deve essere condotto "con la dovuta prudenza e discernimento" e che dovrebbe essere riservato a "persone ben preparate" altrimenti "potrebbe essere inutile e dannoso per coloro non ben preparati al confronto con il forte proselitismo di alcuni ".
Il problema, si legge nel documento, è che molti “attraggono i cattolici in luoghi dove nella comunità cattolica vi è disorientamento dottrinale o confusione". Non è solo un problema di ignoranza religiosa ma è una confusione generata anche dai "dubbi seminati da alcuni teologi cattolici e da altri che contestano alcuni insegnamenti del Magistero".
Alcuni nuovi movimenti religiosi "pongono più l’accento sull’aspetto emozionale che su quello speculativo" rispondendo peraltro a bisogni reali delle persone che sono alla ricerca di significato. Allora "la dimensione dell’esperienza religiosa non dovrebbe essere dimenticata nella nostra presentazione del cristianesimo" anche le "celebrazioni paraliturgiche e popolari" dovrebbero essere rivalutate.
E poi il fatto che queste nuove forme di religiosità hanno séguito proprio perché "mostrano una grande attività laica". Questo fa riflettere su quella tendenza al clericalismo che spesso si genera in alcune comunità cristiane che "può emarginare il fedele laico e fargli vedere la Chiesa come un’istituzione guidata da funzionari burocratici ordinati".
Insomma il documento guarda a questo fenomeno delle nuove forme di religiosità come a "una sfida e un’opportunità". Il fenomeno mostra a tutta la Chiesa come "le persone (…) hanno fame di qualcosa di più profondo nella loro vita religiosa. Il pericolo è che essi a breve termine offrano qualcosa di buono ma che a lungo termine si generi confusione. Così persone attirate da loro possono perdere le loro radici cattoliche e nonostante una crescita temporanea essere alla fine lasciate in una situazione spirituale peggiore".
Lo sviluppo delle forme di nuova religiosità va perciò ad alimentare la tendenza al sincretismo di chi, nella società pervasa dal relativismo e dalla razionalità scientifica, non trova più nella “religione ufficiale” risposte adeguate al suo bisogno di spiritualità.
Ma in questo discorso bisogna tenere presente un altro fenomeno che ha portato in epoca recente ad una notevole diffusione di spirito sincretista soprattutto in Occidente: la cosiddetta New Age.
Il fenomeno New Age
Così Giovanni Paolo II metteva in guardia i pastori statunitensi: “Le idee del New Age alcune volte penetrano nella predicazione, nella catechesi, nei seminari di studio e nei ritiri e quindi influenzano anche cattolici praticanti che forse non sono consapevoli dell'incompatibilità di quelle idee con la fede della Chiesa. Nella loro visione sincretistica e immanente, questi movimenti parareligiosi prestano poca attenzione all'Apocalisse e invece tentano di giungere a Dio attraverso conoscenze ed esperienze basate su elementi presi in prestito dalla spiritualità orientale e dalle tecniche psicologiche. Essi sostituiscono la responsabilità personale delle proprie azioni di fronte a Dio con un senso del dovere verso il cosmo e in tal modo ribaltano il vero concetto di peccato e il bisogno di redenzione attraverso Cristo”.
Massimo Introvigne nel suo Che cos’è la New Age spiega che la particolarità del fenomeno consiste nel fatto che la New Age non è un vero e proprio movimento. Non ci sono capi riconosciuti, né sedi o strutture, non è un gruppo a cui si "aderisce" o a cui ci si "iscrive". I sociologi della religione la definiscono piuttosto un “network” una "struttura a rete". Anzi a bene vedere, secondo lo studioso, si tratta di un “metanetwork“ ovvero del “luogo in cui network diversi si incontrano e interagiscono”. Appare quindi come un fenomeno difficile da definire: non ci sono né dottrine né princìpi comuni, ma solo un "ambiente", uno "stile di vita" o una "metafora". La New Age si potrebbe descrivere come uno stato d’animo condiviso. Le persone che vi aderiscono hanno come la sensazione di stare per entrare in un’epoca nuova, che è contrassegnata da cambiamenti radicali e qualitativi non in uno solo, ma in tutti i settori della vita dell’uomo.
La New Age risulta permeata da teorie astrologiche, in particolare dalla teoria della precessione degli equinozi, secondo cui il sole cambierebbe di segno zodiacale ogni 2160 anni circa. “La teoria ha radici molto antiche – scrive Introvigne - se ne trovano tracce già in ambiente pitagorico - ma la sua versione moderna risale a un’opera del 1937, L’Ère du Verseau.Le secret du Zodiac, le proche avenir de l’humanité, dell’esoterista francese Paul Le Cour, nato nel 1871 e morto nel 1954”. Secondo Paul Le Cour verso l’anno 2160, l’Età dei Pesci, che corrisponderebbe all’Età Cristiana, dovrebbe cedere il passo all’età dell’Acquario. Un’epoca in cui si assisterà a qualcosa di nuovo rispetto al cristianesimo. Altri autori New Age hanno poi contestato questi calcoli riportando il presunto passaggio alla nuova età in una data tra il 1920 e il 2300. Questo tema del passaggio ad una nuova età, appunto New Age, è diventato popolare negli Stati Uniti negli anni ’60 ed ha ricevuto una diffusione tra i giovani del mondo grazie alla commedia musicale Hair del 1968, le cui canzoni inneggiavano all’Età dell’Acquario. “La data del 1968, afferma Massimo Introvigne, non è casuale e ci porta all’altra radice psicologica del New Age: i postumi delle rivolte studentesche del 1968, che - per quanto, come oggi si sa, si sia trattato in gran parte di fenomeni non spontanei ma sapientemente organizzati e pilotati - promettevano un futuro di cambiamenti radicali e globali, non soltanto politici, ed erano destinati a condurre molti giovani, dopo le inevitabili delusioni, verso la riscoperta del misticismo orientale o dell’occultismo, quando non verso la droga come tragica scorciatoia verso un mondo totalmente "altro"". La New Age invita ad un rapporto con la spiritualità del tutto particolare, un interesse per il sacro che, tendenzialmente, si pone come alternativo alla tradizione cristiana. In questa ricerca di una “spiritualità alternativa”, ci fa sapere Introvigne, si fondono le concezioni “più varie: le religioni non cristiane tradizionali - le religioni dell’Oriente ma anche quelle pre-colombiane, degli Indiani d’America, celtiche -; l’idealismo filosofico e le sue trascrizioni religiose nel mondo ottocentesco del "nuovo pensiero", New Thought, americano; lo spiritismo che - rivestito di panni "scientifici" - il New Age ripropone con il nome di channeling; le molteplici correnti dell’occultismo e dell’esoterismo; l’interesse per messaggi religiosi che verrebbero trasmessi dai dischi volanti; le credenze - diffusissime, anche se formulate in modi diversi - nella reincarnazione e nell’astrologia moderna”.
La caratteristica saliente della New Age è proprio l’assenza di una dottrina unica, di una visione del mondo precisa, piuttosto fomenta la libertà più assoluta da tutte le concezioni. La verità non esiste, ognuno può creare il suo mondo a suo piacimento, la religione diventa una vaga spiritualità disarticolata priva di “tesi razionalmente articolate”. Dio è “il sottofondo cosmico a cui arrivano tutte le cose”. Lo stesso Gesù non è diverso da Buddha, rappresenta solo “il principio divino all’interno dell’uomo”.
Conclude Introvigne: “la spiritualità che il New Age propone è un cocktail del relativismo e del sincretismo che costituiscono i tratti dominanti della nuova religiosità moderna”. Religiosità che ben rappresenta la crisi della razionalità scientifica moderna: ci “si immaginava un uomo materialista – prosegue Introvigne - e ci si trova invece davanti a un uomo a suo modo "religioso", ma religioso in modo sincretistico, panteistico e spesso tendenzialmente gnostico”.
A proposito di questo il Pontificio Consiglio della Cultura e del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, nel documento Gesù Cristo portatore dell’acqua viva, descrivono il New Age come un qualcosa che “prospera nella confusione”. Laddove la ragione perde terreno in nome di un vago relativismo sincretistico, e non ha più quel ruolo, da sempre presente nella tradizione cristiana, di “giustificare la fede e nel comprendere Dio, il mondo e la persona umana”, trova spazio la New Age con la sua tendenza al superamento delle distinzioni. Cosi si “sfumano consciamente e deliberatamente le differenze reali fra Creatore e creato, umanità e natura, religione e psicologia, realtà soggettiva e realtà oggettiva”.
Viene cancellato quel fondamento della mistica cristiana che è il concetto di “discesa di Dio fra le creature”, si perde il bisogno di essere liberati dal peccato e dalle proprie debolezze. Così l’uomo si trova “da solo” e cerca la “purificazione” mediante l’”immersione nel Tutto”. Da qui la convinzione che “Per cambiare, bisogna utilizzare tecniche che portino all'esperienza dell'illuminazione. Quest'ultima trasforma la coscienza di una persona e la pone in contatto con la divinità, intesa come l'essenza più profonda della realtà”. Ma si tratta, dice il documento, di “un'impresa essenzialmente umana da parte di una persona che cerca di ascendere alla divinità mediante le proprie forze”.
La valutazione che viene fatta del New Age nel documento dei due Consigli Pontifici è che esso “ha colto lo stato d'animo di quanti rifiutavano una ragione fredda, calcolatrice, disumana”. In questo senso rientra appieno in quell’insieme di pratiche della cosiddetta “nuova religiosità” permeata di relativismo e di sincretismo che proliferano proprio per la totale perdita di fiducia nelle capacità della ragione.
Per il cristianesimo al contrario, prosegue il documento, la razionalità è “una facoltà essenziale per una vita pienamente umana” perché “ha il vantaggio dell'universalità: essa è liberamente accessibile a chiunque, al contrario della natura misteriosa e affascinante della religione « mistica », gnostica o esoterica”.
Il cristianesimo ha mostrato al mondo che tutto ciò che favorisce confusione, commistione di elementi contradditori, tutto ciò che è esoterico, segreto, “invece di svelarla, nasconde la natura definitiva della realtà” e “porta a rifugiarsi nell'irrazionalità”.
Il documento del Magistero indica quindi che la sfida per i cristiani nei confronti del sincretismo, che sembra pervadere la società moderna attraverso l’influsso della New Age e di altre forme di religiosità, è quella di risanare il conflitto che da tempo c’è tra fede e ragione. Il cristianesimo è capace di “dimostrare che una sana collaborazione fra fede e ragione migliora la vita umana e incoraggia il rispetto per la creazione”.
La “partita”, se così ci è concesso chiamarla, si gioca allora sulla riscoperta da parte della Chiesa e dei cattolici del loro ruolo di rischiaratori delle coscienze. Ruolo che, come vedremo, i primi cristiani e la Chiesa nascente seppero ben ricoprire di fronte alle sfide delle epoche passate anche esse pervase da esoterismo, sincretismo e irrazionalismo.
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