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S.Tommaso commenta:1 Cor 11, 17-34

Ultimo Aggiornamento: 16/11/2008 16:59
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16/11/2008 16:54

Parte Seconda: Contestualizzazione e Rielaborazione

1. Esegesi della Scrittura

Nel XII secolo, si assiste ad un ampio movimento che conduce alla riscoperta della Scrittura a vari livelli. L’impulso evangelico pervade la coscienza cristiana di questo tempo e si esprime in varie forme, da Pietro Valdo a S. Francesco, dagli Umiliati ai frati predicatori, mettendo radici nella fede del popolo quanto in quella più esigente della Scuola. L’ingresso della Scrittura nella Università sottopone la parola di Dio al "metodo scolastico": non più una riflessione devota indirizzata a irrobustire la vita spirituale dei monaci ma uno studio scientifico, finalizzato a sostenere l’insegnamento e la predicazione dei chierici e dei predicatori. Due punti di riferimento per ogni insegnante di Scrittura di questo tempo sono la Glossa e le sentenze di Pietro Lombardo.

Così, nell’insegnamento della teologia del XII secolo il libro fondamentale diviene la Bibbia. Nelle Università di teologia, il maestro è innanzitutto magister in sacra pagina. In quanto tale egli deve legere, disputare et predicare. La lectio è il primo stadio: il maestro "legge" il suo testo a commento di un libro della Scrittura, sviluppandolo secondo tre piani. In alcuni punti particolarmente problematici, il maestro può soffermarsi per dare ulteriori spiegazioni: nascono così le quaestiones, che il maestro risolve mettendo in gioco le sue abilità dialettiche e giungendo finalmente ad una determinatio.

Anche san Tommaso, maestro di teologia, ha preso per materia dei suoi corsi ufficiali il testo della Scrittura, sia Antico che Nuovo Testamento. Molto probabilmente, i suoi commentari non ci sono pervenuti tutti. Essi sono la trascrizione dei corsi sulla Scrittura che egli ha tenuto agli studenti delle Università di Parigi e di Napoli.

Il brano che noi abbiamo preso in considerazione fa parte del Commentario alle lettere Paoline, il più esteso degli scritti esegetici di san Tommaso ed il più caratterizzato da un’esegesi di tipo teologico. Pur nella sua brevità, questo brano ci consente di mettere in evidenza alcuni caratteri tipici dei commentari medievali e di altri scritti di san Tommaso.

I 18 versetti della lettera di Paolo sono suddivisi in quattro lectiones. A loro volta, ciascuna lectio è scomposta in punti e sottopunti, che ne analizzano ogni dettaglio, secondo uno schema quasi matematico, ma di difficoltosa lettura. Ad esempio, al n. 644 san Tommaso espone il percorso che intende eseguire e scrive:

<DIR> <DIR>

Et primo agit de dignitate sacramenti,

secundo inducit fideles...

Circa primum duo facit:

primo commendat...

secundo ponit...

Circa primum duo facit. Primo... Secundo...

</DIR></DIR>

Il procedimento è estremamente analitico, come si vede. Egli vuole trattare il testo secondo l’ordine interno, afferrandone i nuclei e determinando le connessioni logiche tra una frase e la successiva, in uno sforzo intellettivo profondo alla ricerca delle rationes. Ogni parola della Scrittura, nella mentalità dei commentatori medievali, deve avere un motivo, una ratio. Il limite di questo procedimento consiste in una eccessiva razionalizzazione del testo, pretendendo di individuare piani di esposizione organici anche quando si tratta di scritti di circostanza, come la lettere di Paolo.

Anche nel nostro brano è evidente questa continua ricerca. Si suppone sempre che Paolo abbia delle ragioni, quando espone dei fatti della comunità di Corinto, narra delle vicende dell’ultima cena di Gesù o si esprime utilizzando un certo linguaggio.

Si incontrano spesso frasi come: Cum dicit Paulus... ponit, ...asserit causam, ...assignat rationem, ...excludit causam, ...inquirit causam... Spesso le motivazioni sono triplici e duplici, come ai nn. 652-654 dove propter tria è ripetuto per ben tre volte. Anche Gesù pone la celebrazione eucaristica dopo la cena pasquale per tre motivi: Sed Dominus hoc rationabiliter fecit propter tria.

Questo scavo profondo, che a volte può sembrare un po’ forzato, esprime la volontà di individuare l’intentio dell’autore. Da un certo punto di vista, ciò rappresenta un guadagno rispetto all’esegesi patristica, più orientata verso l’allegoria e meno attenta al significato oggettivo e letterale dei testi scritturistici.

2. Le quaestiones


Alcuni passi diventano l’occasione per aprire una quaestio su un certo problema e Tommaso compone la riflessione secondo la struttura dell’articulus, richiamando da vicino la Summa. Una volta posto il problema, sic proceditur, e cioè si dichiarano le rationes delle varie scuole o teorie, si valutano nei loro aspetti contraddittori (Sed conta videtur) e si perviene ad una risposta definitiva (respondeo dicendum quod), che tiene conto degli elementi di verità delle varie rationes.

Quando san Tommaso si sofferma sulle singole quaestiones, andando oltre il senso del testo di Paolo, emerge un’intelligenza robusta e feconda della dottrina della fede, preludio alla teologia biblica.

Nel nostro brano si incontrano molte quaestiones o più semplici digressioni, non articolate secondo lo schema dell’articulus.

Al n. 624, notando una discordanza tra quanto dice la Glossa e la Scrittura a proposito del peccato più grave, san Tommaso giunge alla determinatio distinguendo tra peccati della moltitudine e peccati del singolo. Questo semplice caso mette in evidenza il problema della "discordanza delle fonti", problema affrontato emblematicamente da Abelardo nel Sic et non. La soluzione per cui opta san Tommaso è quella della "discordanza apparente": le due fonti sono vere entrambe, dal momento che si riferiscono allo stesso argomento, quello del peccato, ma da due prospettive diverse, quella comunitaria e quella del singolo.

Dopo aver constatato che i Corinzi celebravano l’Eucaristia subito dopo aver cenato, Tommaso si vede costretto a motivare come mai la Chiesa nel corso dei secoli abbia invertito l’ordine e perciò si sofferma sulla legge del digiuno. La motivazione fa leva sul concetto di reverentia nei confronti di un sacramento così importante. Fatta eccezione dei malati, tutti gli altri possono accedere all’Eucaristia se dalla mezzanotte non hanno mangiato né bevuto nulla, nemmeno pura acqua. Infatti, sebbene quest’ultima di per sé non nutra, ha sicuramente mescolate delle particelle di cibo, che, per quanto piccole, sciolgono il digiuno. In questo modo, san Tommaso risponde a quanti sostenevano che almeno l’acqua si potesse assumere.

Una quaestio in piena regola è quella sviluppata ai nn. 640-643. Paolo dice che i Corinzi più facoltosi, dopo aver celebrato l’Eucaristia, erano ebbri e sazi. Qui nasce un problema (Sed videtur): come è possibile che il vino consacrato possa ubriacare ed il pane consacrato possa saziare, dal momento che dopo la consacrazione sotto le specie del pane e del vino non rimangono che il corpo ed il sangue di Cristo, i quali non possono essere trasformati nel corpo e nel sangue dell’uomo?

Il nocciolo della difficoltà sta nel concetto di nutrimento e nella impassibilità della sostanza del corpo e sangue di Cristo: nutrire significa essere trasformati nella sostanza di chi viene nutrito, ma ciò non può accadere nel caso del corpo e sangue di Cristo, perché altrimenti essi si trasformerebbero ulteriormente da sostanza divina a sostanza umana.

Senza citarne le fonti, san Tommaso espone cinque diverse teorie (Ergo quidam dicunt), che cercano di risolvere questa difficoltà. Probabilmente si tratta di teorie che circolavano nelle Università e tra i circoli dotti.

E’ un esempio tipico di articulus perché sono espresse innanzitutto le rationes di ciascuna teoria, in un secondo momento (sed) viene colta la sua contraddizione interna, infine (unde) viene affermata la soluzione della contraddizione, che ciascuna teoria, secondo una propria modalità, aveva perso di vista. Conclusivamente, il maestro dà la soluzione della difficoltà (Sed melius est dicatur quod).

Le cinque teorie affrontano in modo più o meno originale il problema. Senza dubbio sono curiose la teoria dell’abitudine dei sensi e quella dell’aria circostante: secondo la prima teoria l’Eucaristia nutre perché i sensi sono come abituati ad essere nutriti da ciò che ha la forma di pane, anche se la sostanza è diversa; mentre la seconda afferma che è l’aria attorno alle specie eucaristiche, ingoiata con esse, a nutrire.

Più interessanti le altre tre teorie. Di matrice chiaramente scolastica e filosofica, la teoria della "forma sostanziale" afferma che nell’Eucaristia cambia la sostanza, appunto quella del corpo di Cristo, ma rimane la "forma sostanziale" del pane, alla quale pertiene la capacità di nutrire.

Forse motivata dal senso di rispetto nei confronti del corpo e sangue di Cristo, un’altra teoria afferma che per divina potenza avviene una nuova trasformazione per mezzo della quale l’Eucaristia ritorna ad essere pane e vino, dopo che essa è stata ingoiata dal fedele.

Decisamente più interessante la teoria della presenza del corpo e sangue di Cristo insieme con la sostanza del pane e del vino (remanere cum substantia panis et vini), per gli sviluppi che ha avuto successivamente, soprattutto in epoca moderna, in campo protestante.

8

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