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IL FIGLIO DI DIO contestato da Ario (Tommaso d'Aquino)

Ultimo Aggiornamento: 18/11/2008 18:55
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Ci furono alcuni che appoggiandosi alla Scrittura sostennero l'opinione seguente circa la generazione divina:

che il Figlio di Dio esisteva prima del mistero dell'Incarnazione, e prima della creazione del mondo; ma poiché il Figlio e distinto dal Padre, pensarono che egli non fosse della stessa natura del Padre. Essi infatti non potevano capire e non volevano credere che due realtà distinte secondo la persona avessero un'unica essenza o natura. E poiché secondo l'insegnamento della fede la sola natura di Dio Padre si ritiene che sia eterna, credettero che la natura del Figlio non fosse eterna, sebbene il Figlio sia anteriore alle altre creature. E siccome tutto ciò che non è eterno è stato fatto dal nulla e creato da Dio, affermavano che il Figlio di Dio è stato fatto dal nulla ed è una creatura. Ma poiché i testi della Scrittura li costringevano a denominare Dio anche il Figlio, dicevano che egli è una cosa sola col Padre, non per natura, bensì per una certa unione di volontà, e per una partecipazione della somiglianza divina superiore a quella delle altre creature. Perciò siccome le creature più sublimi, che chiamiamo angeli, nella Scrittura sono denominati " dei " e " figli di Dio ", come in quel testo di Giobbe (XXXVIII, 7), " dov'eri tu... quando insieme mi lodavano gli astri del mattino, e giubilavano tutti i figli di Dio? ", e in quell'espressione dei Salmi (LXXXI, 1), " Dio si alza nell'assemblea degli dèi ", bisognava chiamare Figlio di Dio e Dio anche questa creatura al di sopra delle altre, in quanto più nobile di esse, al punto che per mezzo di lui Dio Padre ha creato ogni altra creatura.

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Costoro si sforzavano di confermare la loro tesi con dei passi della Sacra Scrittura. Infatti:

1. Rivolgendosi al Padre il Figlio afferma: "Questa è la vita eterna, che conoscano tè solo vero Dio " (Giova. XVII, 3). Dunque solo il Padre è vero Dio. Quindi siccome il Figlio non è il Padre, il Figlio non può essere vero Dio.

2. L'Apostolo scrisse nella 1 a Tim. (VI, 14 ss.): "Osserverai questo comando irreprensibile senza macchia, sino alla venuta del Signor nostro Gesù Cristo, il quale verrà mostrato a suo tempo dal beato e solo potente Rè dei rè e Signore dei dominanti, che solo possiede l'immortalità ed abita in una luce inaccessibile"; parole nelle quali appare netta la distinzione tra Dio Padre che mostra e Cristo che viene mostrato. Perciò solo Dio Padre che mostra è il potente Rè dei rè e Signore dei dominanti, il solo che possieda l'immortalità e che abiti in una luce inaccessibile. Dunque solo il Padre è vero Dio. Quindi non il Figlio.

3. Inoltre il Signore afferma: "II Padre è maggiore di me" (Giov,, XIV, 28); e l'Apostolo scrive che il Figlio è soggetto al Padre : " Quando tutte le cose gli saranno sottomesse, allora anche il Figlio sarà soggetto a lui ", cioè al Padre, " che gli assoggettò tutte le cose " (/ Cor., XV, 28). Ora, se la natura del Padre e del Figlio fosse unica, unica sarebbe anche la loro grandezza e maestà: poiché il Figlio non sarebbe minore del Padre, ne soggetto al Padre. Dunque, secondo la Scrittura, il Figlio, come costoro credevano, non ha la stessa natura del Padre.

4. La natura del Padre esclude l'indigenza. Invece essa si riscontra nel Figlio : infatti la Scrittura mostra che questi riceve dal Padre; e ricevere è di chi è nell'indigenza. In Matteo, p. es., si legge : " Tutte le cose mi sono state date dal Padre mio  (Matt., XI, 27); e in Giovanni : " II Padre ama il Figlio e ha dato tutto in suo potere " (Giov., Ili, 35). Perciò il Figlio non è della stessa natura del Padre.

5. Imparare ed essere soccorsi è proprio di chi ha bisogno. Ora, il Figlio è istruito ed aiutato dal Padre. Infatti nel Vangelo si legge : " II Figlio non può fare nulla da solo, ma soltanto quello che vede fare dal Padre" (Giov., V, 19); e poco dopo: "II Padre ama il Figlio e gli manifesta tutto quello che fa " [v. 20] ; e ancora, il Figlio dice ai suoi discepoli : " Vi ho fatto conoscere tutto quello che ho udito dal Padre " (Giov., XV, 15). Quindi il Figlio non è della stessa natura del Padre.

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continuazione delle tesi erronee di Ario

6. Ricevere comandi, ubbidire, pregare ed essere inviato è proprio dell'inferiore. Ebbene, tutto questo è affermato dal Figlio. Ecco le sue parole : " Come il Padre mi ha comandato, così io agisco " (Gw., XIV, 31). E S. Paolo scrive: "Si è fatto obbediente al Padre fino alla morte" (Fil,, II, 8). E nel Vangelo si legge: "Io pregherò il Padre, che vi dia un altro consolatorc " (Giov., XIV, 16).

Finalmente l'Apostolo afferma : " Quando venne la pienezza dei tempi, Dio mando il proprio Figlio )> (Gai., IV, 4). Dunque il Figlio è minore del Padre e a lui sottoposto.

7. Il Figlio è stato glorificato dal Padre, come diceva lui stesso: " Padre, glorifica il tuo nome... Venne allora una voce dal ciclo: L'ho glorificato e lo glorificherò di nuovo )) (g!oi/., xII, 28). E l'Apostolo scrive: "dìo resuscitò Gesù Cristo dai morti" (Rom., Vili, 11). S. Pietro inoltre afferma che egli " è stato esaltato alla destra di Dio ?> (Atti, II, 33). Quindi sembra da tutto questo che egli sia inferiore al Padre.

8. Nella natura del Padre non può esserci nessun difetto. Invece nel Figlio si riscontra una limitazione di potere: poiché in Matteo (XX, 22) si legge : " Quanto a farvi sedere alla mia destra o alla mia sinistra non spetta a me concedervelo, ma spetterà a coloro per i quali è stato preparato dal Padre mio)). — Inoltre si riscontra una limitazione di scienza; poiché egli stesso afferma: "Nessuno conosce quel giorno e quell'ora, ne gli angeli del cielo ne il Figlio, ma solo il Padre " (Marco, XIII, 32). - E si riscontra in lui anche una mancanza di serenità spirituale, poiché la Scrittura asserisce che in lui ci furono tristezza, ira ed altre passioni del genere. Perciò il Figlio non aveva la stessa natura del Padre.

9. La Scrittura inoltre dice espressamente che il Figlio di Dio è una creatura. Infatti nell'Ecclesiastico [la Sapienza] afferma : " Ha parlato a me il creatore di tutte le cose, e colui che mi ha creato ha riposato nella mia tenda )) (Eccita XXIV, 12). E ancora : " Fui creata da principio e prima dei secoli " [v. 14]. Dunque il Figlio è una creatura.

10. Il Figlio è annoverato fra le creature. Infatti nell'Ecclesiastico sono riferite queste parole della Sapienza : " Io sono uscita dalla bocca dell'Altissimo, primogenita, prima di ogni altra creatura " (Eccl. XXIV, 5). E l'Apostolo scriveva a proposito del Figlio, che egli è: "primogenito tra tutte le creature" (Col., I, 15). Quindi è chiaro che il Piglio è nella serie delle creature, e occupa tra loro il primo posto.

11. Il Figlio inoltre così prega il Padre per i suoi discepoli: "La gloria che tu hai dato a me, io l'ho data ad essi, affinchè siano una cosa sola, come anche noi siamo una cosa sola " (Giov. XVII, 22).

Perciò Padre e Figlio sono una cosa sola come Cristo voleva che lo fossero i discepoli. Ora, egli non voleva che i discepoli fossero una cosa sola per essenza. Dunque il Padre e il Figlio non sono una cosa sola per essenza. E di conseguenza il Figlio è una creatura sottoposta al Padre.


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Questa è dunque la tesi di Ario e di Eunomio [cfr. S. agost., De Haeres 49, 54]. E sembra che essa sia derivata dalle dottrine dei Platonici, i quali ammettevano un Dio sommo, padre e creatore di tutte le cose, da cui sarebbe sgorgata dapprima una mente^ superiore a tutti gli altri esseri, nella quale sarebbero le forme di tutte le cose, e che essi denominavano " intelletto paterno " ; ad essa sarebbe seguita l'anima del mondo; e finalmente le altre creature. Perciò quello che la Sacra Scrittura dice del Figlio di Dio, essi lo applicavano alla mente suddetta: specialmente perché i libri santi chiamavano il Figlio di Dio " sapienza di Dio )), e " Verbo di Dio )). Con codesta opinione concorda la teoria di Avicenna [cfr. Metaph., tract. 9, e. 4], il quale sopra l'anima del primo cielo ammetteva un'intelligenza prima, che muove il primo cielo, e sopra di essa e al vertice di tutto, collocava finalmente dio.

Perciò gli Ariani immaginarono che il Figlio di Dio fosse una creatura superiore a tutte le altre creature, mediante la quale Dio avrebbe creato tutte le cose: specialmente perché alcuni Filosofi avevano insegnato che le cose sarebbero derivate dal primo principio con un certo ordine, cosicché mediante il primo essere creato sarebbero stati creati tutti gli altri.



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CONFUTAZIONE DELL'OPINIONE DI ARIO CIRCA IL FIGLIO DI DIO


Ma che la suddetta opinione è incompatibile con la Sacra Scrittura lo può scorgere con chiarezza chiunque consideri attentamente le parole dei libri santi. Infatti :

1. Quando la Sacra Scrittura denomina figli di Dio, sia il Cristo Figlio di Dio, sia gli angeli, lo fa per motivi del tutto diversi. Ecco perché l'Apostolo scrive : " A quale mai degli angeli Dio disse : Tu sei mio figlio, io oggi ti ho generato? " (Ebr., I, 5); parole che invece egli riferisce a Cristo. Mentre, secondo l'opinione suddetta, gli angeli e Cristo dovrebbero dirsi figli per lo stesso motivo: poiché il termine figlio spetterebbe all'uno e agli altri per la sublimità della natura in cui sarebbero stati creati da Dio.

Poco importa che Cristo sia di una natura superiore a quella degli altri angeli : perché anche tra gli angeli si riscontrano diversi ordini, come sopra abbiamo visto [lib. Ili, e. 80], e tuttavia a tutti spetta l'identico tipo di filiazione. Perciò Cristo non è denominato Figlio di Dio nel senso asserito dagli Ariani.

2. Dal momento che a motivo della creazione il termine figlio di Dio spetta a molti esseri, ossia a tutti gli angeli e a tutti i santi, se anche Cristo fosse cosi denominato per lo stesso motivo, non sarebbe " unigenito ", sebbene per l'eccellenza della sua natura tra tutti potrebbe dirsi " primogenito ". Invece la Scrittura asserisce che egli è unigenito: "Lo abbiamo visto quale unigenito del Padre" (Giov., I, 14). Dunque egli non e denominato Figlio di Dio a motivo della creazione.

3. Il termine figlio con proprietà e verità deriva dalla generazione dei viventi, nei quali il generato procede dalla sostanza del generante: altrimenti il termine figlio non è usato secondo verità, ma piuttosto Ìn senso metaforico, come quando chiamiamo figli i discepoli, o coloro che sono affidati alle nostre cure. Perciò se Cristo non fosse denominato Figlio che a motivo della creazione, dal momento che quanto è creato da Dio non deriva dalla sostanza di Dio, Cristo non potrebbe denominarsi suo Figlio Ìn senso vero. Ora invece, sta scritto che egli è vero Figlio, poiché in S. Giovanni si legge : " Affinchè siamo nel vero Figlio di lui, Gesù Cristo " (I Giov., V, 20). Quindi egli è detto Figlio di Dio, non perché creato da Dio nella più alta eccellenza di natura, ma perché generato dalla sostanza di Dio.

Se Cristo fosse denominato Figlio di Dio a morivo della creazione, non sarebbe vero Dio: poiché nessun essere creato può dirsi Dio, se non per una certa somiglianzà con lui. Ora, Gesù Cristo è vero Dio : infatti S. Giovanni, dopo aver detto, " Affinchè siamo nel vero Figlio di lui", aggiunge: "Questi è il vero Dio e la vita eterna" [loco cit.]. Dunque Cristo non è denominato Figlio di Dio a motivo della creazione.

5. Inoltre S. Paolo scrive: "Tra costoro [gli ebrei fedeli] c'è Cristo secondo la carne, il quale è sopra tutte le cose Dio benedetto nei secoli " (Rom., IX, 5). E ancora: " Aspettando la beata speranza e la venuta gloriosa del grande Dio e Salvatore nostro Gesù Cristo " (TÌt., II, 13). E in Geremia si legge: " Io susciterò a David un rampollo giusto... questo è il nome col quale sarà chiamato: Signore nostro giusto " (Ger., XIII, 5, 6). Nella quale espressione l'ebraico usa il tetragramma, che certamente veniva riservato a Dio soltanto. Da ciò quindi risulta che il Figlio di Dio è vero Dio.


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6. Se Cristo è vero Figlio, necessariamente ne segue che è vero dìo. ciò che infatti è generato da un altro non si può dire suo vero figlio, anche se nato dalla sua sostanza, se non è della medesima specie del generante: il figlio di un uomo, insomma, deve essere uomo. Perciò se Cristo è vero Figlio di Dio, bisogna che sia vero Dio. Dunque non è qualcosa di creato.

7. Nessuna creatura può ricevere tutta la pienezza della bontà divina: poiché com'è evidente da quanto abbiamo detto [e. i], le perfezioni derivano da Dio degradando progressivamente. Cristo ha invece in sé tutta la pienezza della bontà divina; poiché l'Apostolo afferma : " In lui abita tutta la pienezza della divinità " (Col., II, 9). Quindi Cristo non è una creatura.

8. Sebbene l'intelletto angelico abbia una conoscenza più perfetta dell'intelletto umano, tuttavia è molto lontano dall'intelletto divino. Ora, l'intelletto di Cristo non è inferiore nella conoscenza all'intelletto divino; poiché l'Apostolo scrive che, " in Cristo sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della scienza " (Col., II, 3). Perciò il Cristo Figlio di Dio non è una creatura di Dio.

9. Tutto quello che Dio ha in se stesso fa parte della sua essenza, come abbiamo dimostrato nel Primo Libro [cc. 21 ss.]. Ora, tutte le cose che il Padre ha, sono del Figlio; poiché il Figlio stesso afferma : " Tutto ciò che il Padre ha, è mio " (Gioy., XVI, 15); e parlando al Padre aggiunge : " Tutto ciò che è mio è tuo, e ciò che è tuo è mio " (Giov., XVII, io). Dunque è identica l'essenza del Padre e del Figlio. Quindi il Figlio non è una creatura.

10. L'Apostolo scrive ai Filippesi (II, 6, 7), che il Figlio prima di annientare se stesso prendendo la forma di servo, " era nella forma di dìo)). ora, "forma di dìo)) non significa altro che la natura divina : come " forma di servo " non significa altro che la natura umana. Dunque il Figlio è di natura divina. E quindi non è una creatura.


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18/11/2008 18:52

11. Niente di creato può essere uguale a Dio. Ora, il Figlio è uguale al Padre. Infatti nel Vangelo si legge : " I Giudei cercavano di ucciderlo, non solo perché trasgrediva il sabato, ma perché affermava che Dio era suo Padre, facendosi così eguale a Dio " (Giov., V, 18). Questa quindi è la relazione dell'Evangelista, " la cui testimonianza è verace" [ibid.^ XIX, 35; XXI, 24] : che Cristo dichiarava di essere Figlio di Dìo e uguale a Dio, e che per questo i Giudei lo perseguitavano. Ora, nessun cristiano dubita che quanto Cristo diceva di se stesso è vero; poiché l'Apostolo afferma, che " egli non compiva una rapina nel considerarsi uguale a Dio " (Fil., II, 6). Dunque il Figlio è uguale al Padre. E quindi non è una creatura.

12. Nei Salmi si legge che non si può paragonare nessuno a Dio neppure tra gli angeli, che sono denominati figli di Dio (Sa!., LXXXVIII, 7): " Chi è simile a Dio tra Ì figli di Dio? " E ancora: "O Dio, chi può dirsi simile a tè? )> (Sai., LXXXII, i). Ciò deve intendersi della perfetta somiglianzà, com'è evidente da quanto abbiamo detto nel Primo Libro [e. 29]. Invece Cristo dichiara di avere una perfetta somiglianzà col Padre persino nel vivere : " Come il Padre ha la vita in se stesso, così diede anche al Figlio di avere la vita in se stesso )) (Giov., V, 26). Perciò Cristo non si può annoverare tra i figli di Dio per creazione.

13. Nessuna sostanza creata può rappresentare dìo nella sua essenza: infatti tutti gli aspetti di perfezione di qualsÌasi creatura sono inferiori a ciò che Dio è; cosicché non si può conoscere la quiddità di dìo mediante nessuna creatura. Invece il Figlio rappresenta il Padre: poiché di lui l'Apostolo afferma che è "l'immagine di Dio invisibile " (Col,, I, 15). E perché non si pensi che sia un'immagine imperfetta, incapace di rappresentare l'essenza di Dio, e di farci conoscere la sua quiddità, al pari dell'uomo che è detto "immagine di Dio" (7 Cor., XI, 7), viene dichiarato che egli è un'immagine perfetta, la quale rappresenta l'essenza stessa di Dio; poiché l'Apostolo scrive: "Essendo lo splendore della gloria e figura della sua sostanza... " (Ebr., I, 3). Dunque il Figlio non e una creatura.

14. Nessun essere che faccia parte di, un dato genere, può fungere da causa universale delle cose che appartengono a quel genere : un uomo, p. es., non può essere la causa universale di tutti gli uomini; poiché niente può essere causa di se stesso; il sole invece che è fuori del genere umano, è [a suo modo] causa universale della generazione umana, e così pure Dio. Ora, il Figlio è causa universale di tutte le creature, poiché sta scritto : " Per mezzo di lui tutte le cose sono state create " (Giov,, I, 3); e nei Proverbi (Vili, 30) la Sapienza divina generata afferma : " Ero con lui nel costituire tutte le cose "; e l'Apostolo scrive: " In lui furono create tutte le cose Ìn ciclo e in rerra " (Col., I, 16). Dunque egli è fuori dal genere delle creature.

15. Da quanto abbiamo spiegato nel Secondo Libro [e. 98] è evidente che le sostanze incorporee che denominiamo angeli, non possono essere prodotte che per creazione; ed abbiamo anche dimostrato [ibid., e. 21 ] che nessun essere può creare all'infuori di Dio. Ebbene, il Figlio di Dio Gesù Cristo è causa degli angeli, producendoli nell'essere. Infatti l'Apostolo scrive: "Sia Ì troni, sia le dominazioni, sia i principati, sia le potestà, tutti sono stati creati per mezzo di lui e in lui ^ (Col., I, 16). Dunque il Figlio non è una creatura.


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18/11/2008 18:53

16. L'azione propria di ciascun essere, derivando dalla natura di esso, a nessun essere può appartenere l'operazione propria di un dato essere, senza che esso ne abbia la natura: gli esseri infatti che non hanno la specie umana non possono avere neppure l'agire dell'uomo. Ora, al Figlio spettano le azioni proprie di Dio : ossia, creare, come abbiamo già dimostrato; sostentare e conservare tutte le cose nell'essere; e cancellare i peccati, che sono azioni proprie di Dio, come è evidente da quanto abbiamo già spiegato [lib. Ili, cc. 65, 157]. Del Figlio infatti si legge nella Scrittura, che " tutte le cose sussistono in lui)? (Col., I, 17); e ancora, che "egli sostiene tutte le cose con la parola della sua virtù, compiendo la purificazione dei peccati )> (Ebr., I, 3). Dunque il Figlio di Dio è di natura divina e non è una creatura.

Siccome però un Ariano potrebbe replicare che queste opere il Figlio le compie non come agente principale, bensì come suo strumento, agendo non per virtù propria, ma solo per virtù dell'agente principale, il Signore esclude codesta spiegazione, dicendo : " Tutto ciò che fa il Padre lo fa egualmente anche il Figlio " (Giov., V, 19). Perciò come il Padre opera per se stesso e per virtù propria, così agisce anche il Figlio.

17. Inoltre da questo testo si deve concludere che è identica la virtù e la potenza del Figlio e del Padre. Infatti in esso si afferma non solo che il Figlio opera " ugualmente )> come il Padre, ma che fa le stesse cose e ugualmente. Ora, la stessa azione può essere compiuta da due agenti, o in modo disuguale, come quando l'identica cosa è compiuta dall'agente principale e dallo strumento; oppure, se viene compiuta in modo uguale, bisogna che cedesti agenti si associno in un'unica virtù. Virtù che talora viene combinata dalle virtù diverse esistenti in agenti diversi, com'è evidente nel caso di molti barcaioli che trascinano una nave: essi infatti trascinano tutti egualmente; ma poiché la virtù di ciascuno è imperfetta e insufficiente a tale effetto, dalle diverse virtù si combina una virtù unica che è di tutti, sufficiente per trascinare la nave. Ma questo non si può dire a proposito del Padre e del Figlio : poiché la virtù di Dio Padre non è imperfetta, ma infinita, come abbiamo spiegato nel Primo Libro [e. 43]. Perciò bisogna che la virtù del Padre e del Figlio sia numericamente identica. E poiché la virtù deriva dalla natura di ciascuna cosa, bisogna che sia numericamente identica la natura o l'essenza del Padre e del Figlio. - Ciò si può concludere anche dagli argomenti precedenti. Infatti, se nel Figlio c'è la natura divina, come abbiamo dimostrato con tante ragioni, siccome la natura divina non può essere che una, e lo abbiamo già visto nel Primo Libro [e. 42], ne segue necessariamente che sia numericamente identica la natura, o essenza nel Padre e nel Figlio.

18. L'ultima nostra beatitudine consiste solo in Dio; soltanto in lui va riposta la speranza dell'uomo; ed a lui solo l'uomo deve rivolgere il culto di latria, come abbiamo spiegato nel Terzo Libro [cc. 37, 52, 120]. Ebbene, la nostra beatitudine consiste pure nel Figlio di Dio; poiché nel Vangelo si legge: " Questa è la vita eterna, che conoscano tè ", cioè il Padre, " e colui che hai mandato, Gesù Cristo " (Giov., XVII, 3). E nelle sue lettere S. Giovanni scrive che il Figlio è " vero Dio e vita eterna " (Giov., I, 5, 20). Ora, è certo che col termine " vita eterna ", la sacra Scrittura intende l'ultima beatitudine. — Inoltre Isaia, in un passo citato dall'Apostolo (Rom., XV, 12), afferma: "La radice di Jesse si innalzerà come un vessillo sui popoli, in essa le nazioni spereranno " (ls., XI, io). — E nei Salmi si legge : " Lo adoreranno tutti i rè della terra e tutte le genti lo serviranno " (Sai., LXXI, 11). E nel Vangelo si auspica che " tutti onorino il Figlio come onorano il Padre " (Giov., V, 23). - E nei Salmi si legge ancora : " Adoratelo, o angeli tutti del ciclo " (Sal., XLVI, 7), rifacendosi al Figlio, come sappiamo dalla citazione dell'Apostolo nella lettera agli Ebrei (I, 6). - Dunque è evidente che il Figlio di Dio è vero Dio.


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18/11/2008 18:53

A favore di questa conclusione valgono pure gli argomenti che abbiamo portato sopra [e. 4] contro Potino, per dimostrare che Cristo è Dio, non fatto ma vero.

Perciò la Chiesa Cattolica, ammaestrata da questi e da altri brani della Sacra Scrittura, confessa che Cristo è vero e naturale Figlio di Dio, eterno, uguale al Padre, vero Dio, della stessa essenza e natura del Padre, generato, non già prodotto o creato.

È così evidente che soltanto la fede della Chiesa Cattolica riconosce una vera generazione in Dio, affermando che la generazione del Figlio è dovuta al fatto che il Figlio ha ricevuto dal Padre la natura divina. Invece gli altri, gli eretici, attribuiscono questa generazione a una natura estranea : Potino e Sabellio alla natura umana; Ario invece non alla natura umana, bensì a una natura creata superiore alle altre creature. — Inoltre Ano si differenzia da Sabellio e da Potino sostenendo che la generazione suddetta avvenne prima della creazione del mondo; mentre essi negano che essa sia stata anteriore alla nascita dalla Vergine. - Tuttavia Sabellio si differenzia da Forino per il fatto che riconosce Cristo come Dio vero e naturale, non così Forino e Arto. Però mentre per Forino Cristo è un puro uomo, per Arto sarebbe composto da una eccellentissima creatura divina e umana. Costoro tuttavia ritengono che la persona del Padre sia distinta da quella del Figlio, cosa che Sabellio nega.

Perciò la fede cattolica, passando per la via di mezzo, confessa con Arto e con Forino, contro Sabellio, la distinzione delle persone del Padre e del Figlio, generata quella del Figlio e del tutto ingenerata quella del Padre; mentre con Sabellio, contro Ario e Forino, confessa che Cristo è Dio vero e naturale, in possesso della stessa natura del Padre, sebbene non della stessa persona. - E anche da questo si può ricavare un indizio a favore della verità cattolica; poiché come nota il Filosofo [Anal. Prior., II, e. 2, n. 2], la verità riceve riconoscimenti anche dall'errore: poiché le cose false non solo distano dal vero, ma persino tra loro.


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SOLUZIONE DEGLI ARGOMENTI DI POTINO E DI SABELLIO


Da quanto abbiamo detto risulta evidente che neppure i testi della Scrittura addotti da Fotino e da Sabellio [sopra, cc. 4, 5] a sostegno delle loro opinioni, sono in grado di confermare i loro errori. Infatti:

1. Le parole dette dal Signore dopo la resurrezione, "Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra ", non furono pronunziate perché egli allora cominciò ad avere codesto potere; ma perché il potere che il Figlio di Dio aveva ricevuto dall'eternità cominciò ad apparire in lui diventato uomo con la vittoria sulla morte.

NOTE .( All'Autore preme di concludere, e ne ha pieno diritto per il rigore della sua dialettica, che secondo il pensiero cattolico tradizionale tutte le affermazioni della Sacra Scrittura possono trovare una spiegazione coerente e soddisfacente. Invece nel-Ì'intcrpretazione eretica, o razionalista, che tende a escludere la divinità di Cristo e ?1 mistero trinitario, quei medesimi testi sono spesso tra loro incompatibili. Le ipotesi allora si moltiplicano, come un tempo si moltiplicavano le sette, senza darci un profilo convincente e coerente di Gesù di Nazareth.

I moderni razionalisti spesso si appellano al Cristo storico contro il Cristo della fede; ma talora sono costretti essi stessi a confessare che " II Gesù storico non e pienamente accettabile se non dai credenti ". a I credenti ", scriveva il Couchoud, a hanno la chiave di questi antichi testi. Essi li leggono senza fatica, e penetrano il vero senso; potranno desiderare la spiegazione di un dato particolare, ma difficoltà radicali non ne incontrano. Per essi non esiste un enigma di Gesù. L'ostacolo in cui io urto, di sapere come mai Paolo avrebbe adorato un Giudeo suo contemporaneo elargendogli gii attributi di Jahve^ non esiste. Paolo ha trattato Gesù da Dio, perché Gesù è veramente Dìo. I credenti sono nella luce... Nel campo dell'esegesi la loro posizione è invidiabile. Essi ricevono di fronte e accettano nel loro senso pieno questi documenti che i critici prendono di sbieco e nei quali tentano di fare una rischiosa selezione " (vedi G. ricciotti, Vita di Gesù Cristo, Rizzoli, Milano I9469, p- 243). FINE NOTE


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2. L'affermazione dell'Apostolo, il quale parlando del Figlio dice che " fu fatto a Lui dal seme di David )> (Rom., I, 3), è chiaro come dev'essere intesa da quello che segue: "secondo la carne)). Poiché egli non dice in assoluto che il Figlio di Dio fu fatto; ma che " fu farlo dal seme di David secondo la carne ", per aver assunto la natura umana; ossia perché "il Verbo si è fatto carne)) (Giov., I, 14), come dice il Vangelo. — Da ciò risulta chiaro che anche l'espressione seguente, " il quale fu predestinato ad essere Figlio di Dio quanto a potenza " [v. 4], va riferita al Figlio secondo la natura umana. Poiché il fatto che la natura umana sia unita al Figlio di Dio in modo che un uomo possa chiamarsi Figlio di Dio, non è derivato dai meriti dell'uomo^ bensì dalla grazia di Dio che così aveva predestinato.

3. Anche l'affermazione paolina secondo la quale " Dio esaltò Cristo per i meriti della sua passione ", va riferita alla sua natura umana, in cui si era attuata l'umiliazione della passione. — Quindi anche l'espressione seguente, " gli diede un nome che è sopra ogni nome ", va riferita al fatto che il nome spettante al Figlio per la sua generazione eterna doveva essere riconosciuto al Figlio incarnato dalla fede dei popoli.

4. Da ciò risulta evidente che anche la dichiarazione in cui S. Pietro dice, che " Dio costituì Gesù Cristo e Signore ", va riferita al Figlio per la sua natura umana, nella quale questi cominciò ad avere in un dato tempo quello che nella sua natura divina aveva dall'eternità.

[cfr. e. 5]. - Anche i testi addotti da Sabellio a favore dell'unità di Dio : " Ascolta, Israele, il Signore Dio tuo è l'unico Dio " ; " Vedete che io sono solo e non c'è altro dìo all'mfuori di me", non contraddicono l'insegnamento della fede cattolica, la quale, come abbiamo visto [e. 8] confessa che Padre e Figlio non sono due dèi, ma un unico Dio.

Parimente, le affermazioni di Cristo : " II Padre che è in me, è lui che compie le opere ", " Io sono nel Padre e il Padre è in me ", non dimostrano l'unità di persona come voleva Sabellio, ma l'unità di essenza, che sarà invece negata da Ario [cfr. e. 6]. Infatti se fosse unica la persona del Padre e del Figlio, non sarebbe giusto affermare che il Padre è nel Figlio e il Figlio è nel Padre: poiché, in senso proprio, non si può dire che l'identico soggetto è in se stesso, ma si ama il Figlio, e ha dato tutto in suo potere" (Gtoy., Ili, 35); affermazione la quale dimostra che nel Figlio c'è la pienezza della divinità, come sopra abbiamo spiegato [cfr. n. 4].

Perciò è evidente che quei passi della Scrittura, che gli Ariani portavano a sostegno della loro tesi; non sono incompatibili con la verità insegnata dalla fede cattolica.


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