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IL FIGLIO DI DIO contestato da Ario (Tommaso d'Aquino)

Ultimo Aggiornamento: 18/11/2008 18:55
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18/11/2008 18:53

16. L'azione propria di ciascun essere, derivando dalla natura di esso, a nessun essere può appartenere l'operazione propria di un dato essere, senza che esso ne abbia la natura: gli esseri infatti che non hanno la specie umana non possono avere neppure l'agire dell'uomo. Ora, al Figlio spettano le azioni proprie di Dio : ossia, creare, come abbiamo già dimostrato; sostentare e conservare tutte le cose nell'essere; e cancellare i peccati, che sono azioni proprie di Dio, come è evidente da quanto abbiamo già spiegato [lib. Ili, cc. 65, 157]. Del Figlio infatti si legge nella Scrittura, che " tutte le cose sussistono in lui)? (Col., I, 17); e ancora, che "egli sostiene tutte le cose con la parola della sua virtù, compiendo la purificazione dei peccati )> (Ebr., I, 3). Dunque il Figlio di Dio è di natura divina e non è una creatura.

Siccome però un Ariano potrebbe replicare che queste opere il Figlio le compie non come agente principale, bensì come suo strumento, agendo non per virtù propria, ma solo per virtù dell'agente principale, il Signore esclude codesta spiegazione, dicendo : " Tutto ciò che fa il Padre lo fa egualmente anche il Figlio " (Giov., V, 19). Perciò come il Padre opera per se stesso e per virtù propria, così agisce anche il Figlio.

17. Inoltre da questo testo si deve concludere che è identica la virtù e la potenza del Figlio e del Padre. Infatti in esso si afferma non solo che il Figlio opera " ugualmente )> come il Padre, ma che fa le stesse cose e ugualmente. Ora, la stessa azione può essere compiuta da due agenti, o in modo disuguale, come quando l'identica cosa è compiuta dall'agente principale e dallo strumento; oppure, se viene compiuta in modo uguale, bisogna che cedesti agenti si associno in un'unica virtù. Virtù che talora viene combinata dalle virtù diverse esistenti in agenti diversi, com'è evidente nel caso di molti barcaioli che trascinano una nave: essi infatti trascinano tutti egualmente; ma poiché la virtù di ciascuno è imperfetta e insufficiente a tale effetto, dalle diverse virtù si combina una virtù unica che è di tutti, sufficiente per trascinare la nave. Ma questo non si può dire a proposito del Padre e del Figlio : poiché la virtù di Dio Padre non è imperfetta, ma infinita, come abbiamo spiegato nel Primo Libro [e. 43]. Perciò bisogna che la virtù del Padre e del Figlio sia numericamente identica. E poiché la virtù deriva dalla natura di ciascuna cosa, bisogna che sia numericamente identica la natura o l'essenza del Padre e del Figlio. - Ciò si può concludere anche dagli argomenti precedenti. Infatti, se nel Figlio c'è la natura divina, come abbiamo dimostrato con tante ragioni, siccome la natura divina non può essere che una, e lo abbiamo già visto nel Primo Libro [e. 42], ne segue necessariamente che sia numericamente identica la natura, o essenza nel Padre e nel Figlio.

18. L'ultima nostra beatitudine consiste solo in Dio; soltanto in lui va riposta la speranza dell'uomo; ed a lui solo l'uomo deve rivolgere il culto di latria, come abbiamo spiegato nel Terzo Libro [cc. 37, 52, 120]. Ebbene, la nostra beatitudine consiste pure nel Figlio di Dio; poiché nel Vangelo si legge: " Questa è la vita eterna, che conoscano tè ", cioè il Padre, " e colui che hai mandato, Gesù Cristo " (Giov., XVII, 3). E nelle sue lettere S. Giovanni scrive che il Figlio è " vero Dio e vita eterna " (Giov., I, 5, 20). Ora, è certo che col termine " vita eterna ", la sacra Scrittura intende l'ultima beatitudine. — Inoltre Isaia, in un passo citato dall'Apostolo (Rom., XV, 12), afferma: "La radice di Jesse si innalzerà come un vessillo sui popoli, in essa le nazioni spereranno " (ls., XI, io). — E nei Salmi si legge : " Lo adoreranno tutti i rè della terra e tutte le genti lo serviranno " (Sai., LXXI, 11). E nel Vangelo si auspica che " tutti onorino il Figlio come onorano il Padre " (Giov., V, 23). - E nei Salmi si legge ancora : " Adoratelo, o angeli tutti del ciclo " (Sal., XLVI, 7), rifacendosi al Figlio, come sappiamo dalla citazione dell'Apostolo nella lettera agli Ebrei (I, 6). - Dunque è evidente che il Figlio di Dio è vero Dio.


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