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Pastores Gregis

Ultimo Aggiornamento: 19/11/2008 19:53
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19/11/2008 19:45

Indole missionaria e unitarietà del ministero episcopale

9. Il Vangelo secondo Luca riferisce che Gesù diede ai Dodici il nome di Apostoli, che letteralmente significa inviati, mandati (cfr 6, 13). Nel Vangelo secondo Marco leggiamo pure che Gesù costituì i Dodici «  anche per mandarli a predicare  » (3, 14). Ciò significa che tanto l'elezione quanto la costituzione dei Dodici come Apostoli sono finalizzate alla missione. Il primo loro invio (cfr Mt 10, 5; Mc 6, 7; Lc 9, 1-2) trova la sua pienezza nella missione che Gesù loro affida, dopo la Risurrezione, al momento dell'Ascensione al Cielo. Sono parole che conservano tutta la loro attualità: «  Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine del mondo  » (Mt 28, 18-20). Questa missione apostolica ha avuto la sua solenne conferma nel giorno dell'effusione pentecostale dello Spirito Santo.

Nel testo del Vangelo secondo Matteo appena citato, l'intero ministero pastorale può essere visto come articolato secondo la triplice funzione d'insegnamento, di santificazione e di guida. Vediamo qui un riflesso della triplice dimensione del servizio e della missione di Cristo. Noi, difatti, come cristiani e, in modo qualitativamente nuovo, come sacerdoti, partecipiamo alla missione del nostro Maestro, che è Profeta, Sacerdote e Re, e siamo chiamati a rendergli una peculiare testimonianza nella Chiesa e dinanzi al mondo.

Queste tre funzioni (triplex munus) e le potestà che ne derivano esprimono sul piano dell'agire il ministero pastorale (munus pastorale), che ogni Vescovo riceve con la consacrazione episcopale. È lo stesso amore di Cristo, partecipato nella consacrazione, che si concretizza nell'annuncio del Vangelo di speranza a tutte le genti (cfr Lc 4, 16-19), nell'amministrazione dei Sacramenti a chi accoglie la salvezza e nella guida del Popolo santo verso la vita eterna. Si tratta, infatti, di funzioni tra loro intimamente connesse, che reciprocamente si spiegano, si condizionano e si illuminano.43

Proprio per questo, il Vescovo, quando insegna, al tempo stesso santifica e governa il Popolo di Dio; mentre santifica, anche insegna e governa; quando governa, insegna e santifica. Sant'Agostino definisce la totalità di questo ministero episcopale come amoris officium.44 Questo dona la certezza che mai, nella Chiesa, verrà meno la carità pastorale di Gesù Cristo.

«  ... chiamò a sé quelli che egli volle  » (Mc 3, 13)

10. Molta folla seguiva Gesù, quando egli decise di salire sul monte e di chiamare a sé gli Apostoli. Molti erano i discepoli, ma Egli ne scelse Dodici soltanto per lo specifico compito di Apostoli (cfr Mc 3, 13-19). Nell'Aula Sinodale è spesso risuonato il detto di S. Agostino: «  Per voi sono Vescovo, con voi sono cristiano  ».45

Dono dello Spirito fatto alla Chiesa, il Vescovo è, anzitutto e come ogni altro cristiano, figlio e membro della Chiesa. Da questa Santa Madre egli ha ricevuto il dono della vita divina nel sacramento del Battesimo e il primo ammaestramento nella fede. Con tutti gli altri fedeli egli condivide l'insuperabile dignità di figlio di Dio, da vivere nella comunione e in spirito di grata fraternità. D'altra parte, in forza della pienezza del sacramento dell'Ordine, il Vescovo è anche colui che, di fronte ai fedeli, è maestro, santificatore e pastore, incaricato di agire in nome e in persona di Cristo.

Si tratta, evidentemente, di due relazioni non semplicemente accostate fra loro, bensì in reciproco e intimo rapporto, ordinate come sono l'una all'altra perché entrambe attingono dalla ricchezza di Cristo unico e sommo sacerdote. Il Vescovo diventa «  padre  » proprio perché pienamente «  figlio  » della Chiesa. Ciò ripropone il rapporto tra sacerdozio comune dei fedeli e sacerdozio ministeriale: due modi di partecipazione all'unico sacerdozio di Cristo, nel quale sono presenti due dimensioni, che si uniscono nell'atto supremo del sacrificio della croce.

Questo si riflette sulla relazione che, nella Chiesa, vige tra il sacerdozio comune e il sacerdozio ministeriale. Il fatto che, quantunque differiscano essenzialmente tra di loro, siano ordinati l'uno all'altro,46 crea una reciprocità che struttura armonicamente la vita della Chiesa come luogo di attualizzazione storica della salvezza operata da Cristo. Tale reciprocità si ritrova proprio nella persona stessa del Vescovo, che è e rimane un battezzato, ma costituito nel sommo sacerdozio. Questa realtà più profonda del Vescovo è il fondamento del suo «  essere tra  » gli altri fedeli e del suo essere «  di fronte  » ad essi.

Lo ricorda il Concilio Vaticano II in un bellissimo testo: «  Se quindi nella Chiesa non tutti camminano per la stessa via, tutti però sono chiamati alla santità e hanno ricevuto una fede per la giustizia di Dio (cfr 2 Pt 1, 1). Quantunque alcuni per volontà di Cristo siano costituiti dottori, dispensatori dei misteri e pastori per gli altri, tuttavia vige fra tutti una vera uguaglianza riguardo alla dignità e all'azione comune a tutti i fedeli per l'edificazione del Corpo di Cristo. La distinzione infatti posta dal Signore tra i sacri ministri e il resto del Popolo di Dio, include l'unione, essendo i pastori e gli altri fedeli legati tra di loro da un comune necessario rapporto: i Pastori della Chiesa sull'esempio del Signore siano al servizio gli uni degli altri e degli altri fedeli e questi a loro volta prestino volenterosi la loro collaborazione ai pastori e ai dottori  ».47

Il ministero pastorale ricevuto nella consacrazione, che pone il Vescovo «  di fronte  » agli altri fedeli, si esprime in un «  essere per  » gli altri fedeli che non lo sradica dal suo «  essere con  » loro. Ciò vale sia per la sua santificazione personale, da ricercare ed attuare nell'esercizio del suo ministero, sia per lo stile di attuazione del ministero stesso in tutte le funzioni in cui si esplica.

La reciprocità, che esiste tra sacerdozio comune dei fedeli e sacerdozio ministeriale, e che si ritrova nello stesso ministero episcopale, si manifesta in una sorta di «  circolarità  » tra le due forme di sacerdozio: circolarità tra la testimonianza di fede di tutti i fedeli e la testimonianza di fede autentica del Vescovo nei suoi atti magisteriali; circolarità tra la vita santa dei fedeli e i mezzi di santificazione che il Vescovo offre ad essi; circolarità, infine, tra la responsabilità personale del Vescovo riguardo al bene della Chiesa a lui affidata e la corresponsabilità di tutti i fedeli rispetto al bene della stessa.



 

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