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Pastores Gregis

Ultimo Aggiornamento: 19/11/2008 19:53
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19/11/2008 19:46

Il cammino spirituale del Vescovo

13. Un Vescovo può ritenersi davvero ministro della comunione e della speranza per il Popolo santo di Dio solo quando cammina alla presenza del Signore. Non è possibile, infatti, essere al servizio degli uomini senza prima essere «  servi di Dio  ». E servi di Dio non si può essere se non si è «  uomini di Dio  ». Perciò nell'omelia dell'inizio del Sinodo ho detto: «  Il Pastore deve essere uomo di Dio; la sua esistenza e il suo ministero stanno interamente sotto la sua gloria divina e traggono dal sovraeminente mistero di Dio luce e vigore  ».52

La chiamata alla santità è insita, per il Vescovo, nello stesso evento sacramentale che è all'origine del suo ministero, ossia l'Ordinazione episcopale. L'antico Eucologio di Serapione formula in questi termini l'invocazione rituale della consacrazione: «  Dio di verità fa' del tuo servitore un Vescovo vivente, un Vescovo santo nella successione dei santi Apostoli  ».53 Poiché, tuttavia, l'Ordinazione episcopale non infonde la perfezione delle virtù, «  il Vescovo è chiamato a proseguire il suo cammino di perfezione con maggiore intensità, per giungere alla statura di Cristo, Uomo perfetto  ».54

La stessa indole cristologica e trinitaria del suo mistero e ministero esige per il Vescovo un cammino di santità, che consiste nell'avanzamento progressivo verso una sempre più profonda maturità spirituale ed apostolica, segnata dal primato della carità pastorale. Un cammino evidentemente vissuto insieme con il suo popolo, in un itinerario che è al tempo stesso personale e comunitario, come la vita stessa della Chiesa. In questo cammino, però, il Vescovo diventa, in intima comunione con Cristo e attenta docilità allo Spirito, testimone, modello, promotore e animatore. Così si esprime pure la legge canonica: «  Il Vescovo diocesano, consapevole di essere tenuto ad offrire un esempio di santità nella carità, nell'umiltà e nella semplicità di vita, si impegni a promuovere con ogni mezzo la santità dei fedeli, secondo la vocazione propria di ciascuno, ed essendo il principale dispensatore dei misteri di Dio, si adoperi di continuo perché i fedeli affidati alle sue cure crescano in grazia mediante la celebrazione dei Sacramenti e perché conoscano e vivano il mistero pasquale  ».55

Il cammino spirituale del Vescovo, come quello d'ogni fedele cristiano, ha certamente la sua radice nella grazia sacramentale del Battesimo e della Confermazione. Questa grazia lo accomuna a tutti i fedeli, poiché, come avverte il Concilio Vaticano II, «  tutti i fedeli di qualsiasi stato o grado sono chiamati alla pienezza della vita cristiana e alla perfezione della carità  ».56 Vale specialmente in questo caso la notissima affermazione di sant'Agostino, ricca di realismo e di sapienza soprannaturale: «  Se mi atterrisce l'essere per voi, mi consola l'essere con voi. Perché per voi sono Vescovo, con voi sono cristiano. Quello è il nome di una carica, questo di una grazia; quello è il nome di un pericolo, questo della salvezza  ».57 Tuttavia, grazie alla carità pastorale, la carica diventa servizio e il pericolo si trasforma in opportunità di crescita e di maturazione. Il ministero episcopale non è solo fonte di santità per gli altri, ma è già motivo di santificazione per colui che lascia passare attraverso il proprio cuore e la propria vita la carità di Dio.

I Padri sinodali hanno sintetizzato alcune esigenze di questo cammino. Anzitutto hanno richiamato il carattere battesimale e crismale, che sin dal principio dell'esistenza cristiana, mediante le virtù teologali, rende capaci di credere in Dio, di sperare in Lui e di amarlo. Lo Spirito Santo, per parte sua, infonde i suoi doni favorendo la crescita nel bene attraverso l'esercizio delle virtù morali, che danno concretezza anche umana alla vita spirituale.58 In forza del Battesimo che ha ricevuto, il Vescovo partecipa, come ogni cristiano, alla spiritualità che è radicata nell'incorporazione al Cristo e che si manifesta nella sua sequela secondo il Vangelo. Per questo egli condivide la vocazione di tutti i fedeli alla santità. Deve quindi coltivare una vita di preghiera e di fede profonda e riporre in Dio tutta la sua fiducia, offrendo la sua testimonianza al Vangelo in docile obbedienza ai suggerimenti dello Spirito Santo e riservando una particolare e filiale devozione alla Vergine Maria, che è perfetta maestra di vita spirituale.59

La spiritualità del Vescovo sarà, pertanto, una spiritualità di comunione, vissuta in sintonia con tutti gli altri battezzati, figli insieme con lui dell'unico Padre nel cielo e dell'unica Madre sulla terra, la Santa Chiesa. Come tutti i credenti in Cristo, egli ha bisogno di alimentare la sua vita spirituale nutrendosi della viva ed efficace parola del Vangelo e del pane di vita della santa Eucaristia, cibo di vita eterna. A causa dell'umana fragilità, anche il Vescovo è chiamato a ricorrere con frequenza e ritmi regolari al sacramento della Penitenza per ottenere il dono di quella misericordia, di cui pure è divenuto ministro. Consapevole, dunque, della propria umana debolezza e dei propri peccati, ogni Vescovo, insieme con i suoi sacerdoti, vive anzitutto per se stesso il sacramento della Riconciliazione, come una esigenza profonda e una grazia sempre nuovamente attesa, per ridare slancio al proprio impegno di santificazione nell'esercizio del ministero. In tal modo egli esprime anche visibilmente il mistero di una Chiesa in se stessa santa, ma composta anche di peccatori bisognosi di essere perdonati.

Come tutti i sacerdoti e, ovviamente, in speciale comunione con i sacerdoti del presbiterio diocesano, il Vescovo si impegnerà a percorrere uno specifico cammino di spiritualità. Egli, infatti, è chiamato alla santità pure per il nuovo titolo che deriva dall'Ordine sacro. Il Vescovo, perciò, vive di fede, speranza e carità in quanto è ministro della parola del Signore, della santificazione e del progresso spirituale del Popolo di Dio. Egli dev'essere santo perché deve servire la Chiesa come maestro, santificatore e guida. Come tale egli deve anche profondamente e intensamente amare la Chiesa. Ogni Vescovo è conformato a Cristo per amare la Chiesa con l'amore di Cristo sposo e per essere, nella Chiesa, ministro della sua unità, per fare cioè della Chiesa «  un popolo adunato dall'unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo  ».60

La specifica spiritualità del Vescovo, i Padri sinodali lo hanno sottolineato ripetutamente, si arricchisce ulteriormente dell'apporto di grazia insito nella pienezza del Sacerdozio, a lui conferita nel momento dell'Ordinazione. In quanto pastore del gregge e servitore del Vangelo di Gesù Cristo nella speranza, il Vescovo deve riflettere e fare come trasparire in se medesimo la persona stessa di Cristo, Pastore supremo. Nel Pontificale Romano questo impegno è esplicitamente richiamato: «  Ricevi la mitra, e risplenda in te il fulgore della santità, perché quando apparirà il Principe dei pastori tu possa meritare la incorruttibile corona di gloria  ».61

Per questo il Vescovo ha un costante bisogno della grazia di Dio, che rafforzi e perfezioni la sua natura umana. Egli può affermare con l'apostolo Paolo: «  La nostra capacità viene da Dio, che ci ha resi ministri adatti di una nuova Alleanza  » (2 Cor 3, 5-6). Lo si deve, perciò, sottolineare: il ministero apostolico è una sorgente di spiritualità per il Vescovo, il quale deve attingere da esso le risorse spirituali che lo fanno crescere nella santità e gli permettono di scoprire l'azione dello Spirito Santo nel Popolo di Dio affidato alle sue sollecitudini pastorali.62

Il cammino spirituale del Vescovo coincide, in questa prospettiva, con la stessa carità pastorale, che a buon diritto dev'essere ritenuta come l'anima del suo apostolato, come lo è anche di quello del presbitero e del diacono. Si tratta non soltanto di una existentia, ma pure di una pro-existentia, di un vivere, cioè, che si ispira al modello supremo costituito da Cristo Signore, e che si spende perciò totalmente nell'adorazione del Padre e nel servizio dei fratelli. Giustamente, al riguardo, il Concilio Vaticano II afferma che i Pastori, a immagine di Cristo, devono con santità e slancio, con umiltà e fortezza compiere il proprio ministero, «  il quale, così adempiuto, sarà anche per loro un eccellente mezzo di santificazione  ».63 Nessun Vescovo può ignorare che il vertice della santità rimane Cristo Crocifisso, nella sua suprema donazione al Padre e ai fratelli nello Spirito Santo. Per questo la configurazione a Cristo e la partecipazione alle sue sofferenze (cfr 1 Pt 4, 13) diventa la via regale della santità del Vescovo in mezzo al suo popolo.



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