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Pastores Gregis

Ultimo Aggiornamento: 19/11/2008 19:53
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19/11/2008 19:50

CAPITOLO QUINTO

IL GOVERNO PASTORALE
DEL VESCOVO

« Vi ho dato l'esempio » (Gv 13, 15)

42. Trattando del dovere di governare la famiglia di Dio e di assumere la cura abituale e quotidiana del gregge del Signore Gesù, il Concilio Vaticano II spiega che i Vescovi nell'esercizio del loro ministero di padri e pastori in mezzo ai loro fedeli debbono comportarsi come «  coloro che servono  », avendo sempre sotto gli occhi l'esempio del Buon Pastore, che è venuto non per essere servito, ma per servire e dare la sua vita per le pecore (cfr Mt 20, 28; Mc 10, 45; Lc 22, 26- 27; Gv 10, 11).161

Quest'immagine di Gesù, modello supremo del Vescovo, ha una sua eloquente espressione nel gesto della lavanda dei piedi, narrato nel Vangelo secondo Giovanni: «  Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine. Mentre cenavano [...] si alzò da tavola, depose le vesti e, preso un asciugatoio, se lo cinse attorno alla vita. Poi versò dell'acqua nel catino e cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli con l'asciugatoio di cui si era cinto [...]. Quando dunque ebbe lavato loro i piedi e riprese le vesti, sedette di nuovo e disse loro [...] Vi ho dato l'esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi  » (13, 1-15).

Contempliamo, allora, Gesù mentre compie questo gesto che sembra offrirci la chiave per la comprensione del suo stesso essere e della sua missione, della sua vita e della sua morte. Contempliamo pure l'amore di Gesù, che si traduce in azione, in gesti concreti. Contempliamo Gesù che assume sino in fondo, con radicalità assoluta, la forma di servo (cfr Fil 2, 7). Lui, il Maestro e Signore, che ha ricevuto tutto nelle sue mani dal Padre, ci ha amati fino alla fine, fino a mettersi totalmente nelle mani degli uomini, accettando da loro tutto ciò che essi avrebbero poi fatto di Lui. Quello di Gesù è un gesto d'amore compiuto nel contesto dell'istituzione dell'Eucaristia e nella chiara prospettiva della passione e della morte. È un gesto rivelatore del senso dell'Incarnazione, ma, ancora di più, dell'essenza stessa di Dio. Dio è amore, e per questo ha assunto la condizione di servo: Dio si è posto a servizio dell'uomo per portare l'uomo alla piena comunione con Lui.

Se questo, dunque, è il Maestro e Signore, il senso del ministero e dell'essere stesso di chi è chiamato, come i Dodici, ad entrare nella più grande intimità con Gesù, non può consistere che nella totale e incondizionata disponibilità verso gli altri, sia verso coloro che già fanno parte dell'ovile, sia verso quelli che ancora non vi appartengono (cfr Gv 10, 16).

L'autorità di servizio pastorale del Vescovo

43. Il Vescovo è inviato in nome di Cristo come pastore per la cura di una determinata porzione del Popolo di Dio. Per mezzo del Vangelo e dell'Eucaristia, egli deve farla crescere quale realtà di comunione nello Spirito Santo.162 Da questo deriva per il Vescovo la rappresentanza e il governo della Chiesa affidatagli, con la potestà necessaria per esercitare il ministero pastorale sacramentalmente ricevuto (munus pastorale), come partecipazione alla stessa consacrazione e missione di Cristo.163 In forza di ciò, «  i Vescovi reggono le Chiese particolari a loro affidate, come vicari e delegati di Cristo, col consiglio, la persuasione, l'esempio, ma anche con l'autorità e la sacra potestà, della quale però non si servono se non per edificare il proprio gregge nella verità e nella santità, ricordandosi che chi è il più grande si deve fare come il più piccolo, e colui che governa, come colui che serve (cfr Lc 22, 26-27)  ».164

Questo brano conciliare è una mirabile sintesi della dottrina cattolica riguardo al governo pastorale del Vescovo ed è ripreso nel rito dell'Ordinazione del Vescovo: « Episcopato è il nome di un servizio, non di un onore, poiché al Vescovo compete più il servire che il dominare, secondo il comandamento del Maestro ».165 C'è qui il principio fondamentale per cui nella Chiesa, secondo quanto afferma san Paolo, l'autorità ha come scopo l'edificazione del Popolo di Dio, non la sua rovina (cfr 2 Cor 10, 8). L'edificazione del gregge di Cristo nella verità e nella santità richiede da parte del Vescovo, come più volte è stato detto nell'aula sinodale, alcune caratteristiche, fra cui l'esemplarità della vita, la capacità di relazione autentica e costruttiva con le persone, l'attitudine a stimolare e sviluppare la cooperazione, la bontà d'animo e la pazienza, la comprensione e la compassione per le miserie dell'anima e del corpo, l'indulgenza e il perdono. Si tratta, infatti, di esprimere nel miglior modo possibile il supremo modello, che è Gesù Buon Pastore.

Quella del Vescovo è una vera potestà, ma una potestà illuminata dalla luce del Buon Pastore e informata dal suo modello. Esercitata in nome di Cristo, essa è « propria, ordinaria e immediata, quantunque il suo esercizio sia in definitiva regolato dalla suprema autorità della Chiesa e, entro certi limiti, in vista dell'utilità della Chiesa o dei fedeli, possa essere circoscritto. In virtù di questo potere, i Vescovi hanno il sacro diritto e davanti al Signore il dovere di dare leggi ai loro sudditi, di giudicare e di regolare tutto quanto appartiene al culto e all'apostolato ».166 Il Vescovo, dunque, è investito, in virtù dell'ufficio che ha ricevuto, di una potestà giuridica oggettiva, destinata ad esprimersi in atti potestativi mediante i quali attuare il ministero di governo (munus pastorale) ricevuto nel Sacramento.

Il governo del Vescovo, tuttavia, sarà pastoralmente efficace &endash; occorre ricordarlo anche in questo caso &endash; se poggerà su un'autorevolezza morale, data dalla sua santità di vita. Sarà questa a disporre gli animi ad accogliere il Vangelo da lui annunciato nella sua Chiesa, come anche le norme da lui fissate per il bene del Popolo di Dio. Ammoniva, perciò, sant'Ambrogio: « Nei sacerdoti non si ricerca nulla di volgare, nulla di comune con le aspirazioni, le abitudini, i costumi della moltitudine grossolana. La dignità sacerdotale rivendica per sé una gravità che si tiene lontana dai tumulti, una vita austera e una singolare autorevolezza ».167

L'esercizio dell'autorità nella Chiesa non può essere concepito come qualcosa d'impersonale e di burocratico, proprio perché si tratta di un'autorità che nasce dalla testimonianza. In tutto ciò che viene detto e fatto dal Vescovo deve essere rivelata l'autorità della parola e dell'agire di Cristo. Se mancasse l'autorevolezza della santità di vita del Vescovo, cioè la sua testimonianza di fede, speranza e carità, il suo governo difficilmente potrebbe essere recepito dal Popolo di Dio come manifestazione della presenza operante di Cristo nella sua Chiesa.

Ministri per volontà del Signore dell'apostolicità della Chiesa e rivestiti della potenza dello Spirito del Padre, che regge e guida (Spiritus principalis), i Vescovi sono successori degli Apostoli non solo nell'autorità e nella sacra potestà, ma pure nella forma di vita apostolica, nelle sofferenze apostoliche per l'annuncio e la diffusione del Vangelo, nella cura tenera e misericordiosa dei fedeli loro affidati, nella difesa dei deboli, nella costante attenzione per il Popolo di Dio.

Nell'aula sinodale è stato ricordato che, dopo il Concilio Vaticano II, l'esercizio dell'autorità nella Chiesa s'è rivelato spesso faticoso. Tale situazione, anche se alcune delle difficoltà più acute sembrano superate, permane tuttora. Si pone perciò il problema di come il necessario servizio dell'autorità possa essere meglio compreso, accettato e adempiuto. Al riguardo, una prima risposta scaturisce dalla natura stessa dell'autorità ecclesiale: essa è &endash; e come tale deve mostrarsi il più chiaramente possibile &endash; partecipazione alla missione di Cristo, da viversi ed esercitarsi nell'umiltà, nella dedizione e nel servizio.

La valorizzazione dell'autorità del Vescovo non s'esprime nelle esteriorità, ma nell'approfondimento del significato teologico, spirituale e morale del suo ministero, fondato nel carisma dell'apostolicità. Quanto è stato detto in aula sinodale circa l'icona della lavanda dei piedi, e il collegamento che, in tale contesto, è stato stabilito tra la figura del servo e quella del pastore, fa capire che l'episcopato è veramente un onore quando è servizio. Ogni Vescovo, perciò, deve applicare a se stesso la parola di Gesù: « Voi sapete che coloro che sono ritenuti capi delle nazioni le dominano, e i loro grandi esercitano su di esse il potere. Fra voi però non è così; ma chi vuol essere grande tra voi si farà vostro servitore, e chi vuol essere il primo tra voi sarà il servo di tutti. Il Figlio dell'uomo infatti non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti » (Mc 10, 42- 45). Memore di queste parole del Signore, il Vescovo governa col cuore del servo umile e del pastore affettuoso, che guida il suo gregge, cercando la gloria di Dio e la salvezza delle anime (cfr Lc 22, 26-27). Vissuta così, quella del Vescovo è davvero una forma di governo unica al mondo.

È già stato ricordato il testo della Lumen gentium, dove si afferma che i Vescovi reggono le Chiese particolari loro affidate come vicari e legati di Cristo, «  col consiglio, la persuasione, l'esempio  ».168 Non c'è in questo contraddizione con le parole che seguono, quando il Concilio Vaticano II aggiunge che i Vescovi governano, sì, «  col consiglio, la persuasione, l'esempio, ma anche con l'autorità e la sacra potestà  ».169 Si tratta infatti di una «  sacra potestà  » che affonda le radici nell'autorevolezza morale di cui il Vescovo è insignito in virtù della sua santità di vita. Proprio questa agevola la ricezione di tutta la sua azione di governo e la rende efficace.



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