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Pastores Gregis

Ultimo Aggiornamento: 19/11/2008 19:53
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19/11/2008 19:51

Le visite « ad limina Apostolorum »

57. Una manifestazione e insieme un mezzo di comunione tra i Vescovi e la Cattedra di Pietro sono le visite ad limina Apostolorum.226 Tre, infatti, sono i momenti principali di tale avvenimento, con un loro proprio significato.227 Anzitutto il pellegrinaggio ai sepolcri dei principi degli Apostoli Pietro e Paolo, che indica il riferimento a quell'unica fede di cui essi diedero testimonianza a Roma con il loro martirio.

Connesso con questo momento è l'incontro col Successore di Pietro. In occasione della visita ad limina, infatti, i Vescovi si riuniscono attorno a lui e attuano, secondo il principio di cattolicità, una comunicazione di doni tra tutti quei beni che per opera dello Spirito si ritrovano nella Chiesa, sia a livello particolare e locale, sia a livello universale.228 Ciò che allora si attua non è semplicemente una reciproca informazione, ma soprattutto l'affermazione e il consolidamento della collegialità (collegialis confirmatio) nel corpo della Chiesa, per la quale si ha l'unità nella diversità, generando una specie di «  perichoresis  » tra la Chiesa universale e le Chiese particolari, che si può paragonare al movimento per il quale il sangue parte dal cuore verso le estremità del corpo e da queste torna al cuore.229 La linfa vitale che viene da Cristo, unisce tutte le parti, come la linfa della vite che va ai tralci (cfr Gv 15, 5). Ciò si rende evidente, in particolare, nella Celebrazione eucaristica dei Vescovi con il Papa. Ogni Eucaristia, infatti, è celebrata in comunione col Vescovo proprio, col Romano Pontefice e col Collegio Episcopale e, mediante questi, con i fedeli della Chiesa particolare e di tutta la Chiesa, così che la Chiesa universale è presente in quella particolare e questa è inserita, insieme con le altre Chiese particolari, nella comunione della Chiesa universale.

Fin dai primi secoli il riferimento ultimo della comunione è alla Chiesa di Roma, dove Pietro e Paolo hanno dato la loro testimonianza di fede. Infatti con essa, per la sua posizione preminente, è necessario che concordi ogni Chiesa, perché essa è la garanzia ultima dell'integrità della tradizione trasmessa dagli Apostoli.230 La Chiesa di Roma presiede alla comunione universale della carità,231 tutela le legittime varietà e nello stesso tempo veglia perché la particolarità non solo non nuoccia all'unità, ma la serva.232 Tutto ciò comporta la necessità della comunione delle varie Chiese con la Chiesa di Roma, perché tutte si possano trovare nell'integrità della Tradizione apostolica e nell'unità della disciplina canonica per la custodia della fede, dei Sacramenti e della via concreta alla santità. Tale comunione delle Chiese è espressa dalla comunione gerarchica tra i singoli Vescovi e il Romano Pontefice.233 Dalla comunione cum Petro et sub Petro di tutti i Vescovi, attuata nella carità, scaturisce il dovere della collaborazione di tutti con il Successore di Pietro, per il bene della Chiesa intera e quindi di ogni Chiesa particolare. La visita ad limina è diretta appunto a questo fine.

Il terzo aspetto delle visite ad limina è costituito dall'incontro con i responsabili dei Dicasteri della Curia romana: trattando con loro, i Vescovi hanno diretto accesso ai problemi di competenza dei singoli Dicasteri, e sono così introdotti ai vari aspetti della comune sollecitudine pastorale. Al riguardo, i Padri sinodali hanno chiesto che, nel segno della mutua conoscenza e fiducia, si facciano più frequenti i rapporti tra Vescovi, singoli o uniti nelle Conferenze episcopali, e Dicasteri della Curia romana,234 in modo che questi, direttamente informati sui problemi concreti delle Chiese, possano meglio svolgere il loro servizio universale.

Senza dubbio le visite ad limina, insieme con la relazione quinquennale sullo stato della Diocesi,235 sono mezzi efficaci per l'attuazione dell'esigenza di reciproca conoscenza, che sgorga dalla stessa realtà della comunione tra i Vescovi e il Romano Pontefice. La presenza dei Vescovi a Roma per la visita può, anzi, essere occasione opportuna per affrettare, da una parte, la risposta alle questioni da loro presentate ai Dicasteri e per favorire, dall'altra, secondo l'auspicio da essi manifestato, una loro consultazione individuale o collettiva, in vista della predisposizione di documenti di rilevante importanza generale; nell'occasione potranno, inoltre, essere opportunamente illustrati ai medesimi Vescovi, prima della loro pubblicazione, eventuali documenti che la Santa Sede intendesse indirizzare alla Chiesa nel suo insieme o specificamente alle loro Chiese particolari.

Il Sinodo dei Vescovi

58. Secondo un'esperienza ormai consolidata, ogni Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi, in qualche modo espressiva dell'episcopato, mostra in maniera peculiare lo spirito di comunione che unisce i Vescovi con il Romano Pontefice e i Vescovi tra di loro, permettendo di esprimere un approfondito giudizio ecclesiale, sotto l'azione dello Spirito, riguardo ai vari problemi che assillano la vita della Chiesa.236

Come è noto, durante il Concilio Vaticano II emerse l'esigenza che i Vescovi potessero aiutare meglio il Romano Pontefice nell'esercizio del suo ufficio. Fu proprio in considerazione di ciò che il mio predecessore di v. m. Paolo VI istituì il Sinodo dei Vescovi,237 pur tenendo presente l'apporto che già recava al Romano Pontefice il Collegio dei Cardinali. Mediante il nuovo organismo si poteva così esprimere più efficacemente l'affetto collegiale e la sollecitudine dei Vescovi per il bene di tutta la Chiesa.

Gli anni trascorsi hanno mostrato come i Vescovi, in unione di fede e di carità, possano prestare valido aiuto con il loro consiglio al Romano Pontefice nell'esercizio del suo ministero apostolico, sia per la salvaguardia della fede e dei costumi, che per l'osservanza della disciplina ecclesiastica. Lo scambio di notizie sulle Chiese particolari, infatti, facilitando la concordanza di sentenze anche su questioni dottrinali, è un modo valido per rafforzare la comunione.238

Ogni Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi è una forte esperienza ecclesiale, anche se nelle modalità delle sue procedure rimane sempre perfettibile.239 I Vescovi riuniti nel Sinodo rappresentano anzitutto le proprie Chiese, ma tengono presenti anche i contributi delle Conferenze episcopali dalle quali sono designati e dei cui pareri circa le questioni da trattare si fanno portatori. Essi esprimono così il voto del Corpo gerarchico della Chiesa e, in qualche modo, quello del popolo cristiano, del quale sono i pastori.

Il Sinodo è un evento in cui si rende particolarmente evidente che il Successore di Pietro, nell'adempimento del suo ufficio, è sempre congiunto nella comunione con gli altri Vescovi e con tutta la Chiesa.240 «  Spetta al Sinodo dei Vescovi &endash; stabilisce al riguardo il Codice di Diritto Canonico &endash; discutere sulle questioni da trattare ed esprimere propri voti, non però dirimerle ed emanare decreti su di esse, a meno che in casi determinati il Romano Pontefice, cui spetta in questo caso ratificare le decisioni del Sinodo, non abbia concesso potestà deliberativa  ».241 Il fatto che il Sinodo abbia normalmente una funzione solo consultiva non ne diminuisce l'importanza. Nella Chiesa, infatti, il fine di qualsiasi organo collegiale, consultivo o deliberativo che sia, è sempre la ricerca della verità o del bene della Chiesa. Quando poi si tratta della verifica della medesima fede, il consensus Ecclesiae non è dato dal computo dei voti, ma è frutto dell'azione dello Spirito, anima dell'unica Chiesa di Cristo.

Proprio perché il Sinodo è al servizio della verità e della Chiesa, come espressione della vera corresponsabilità da parte di tutto l'episcopato in unione con il suo Capo riguardo al bene della Chiesa, nel dare il voto o consultivo o deliberativo i Vescovi, insieme agli altri membri del Sinodo, esprimono comunque la partecipazione al governo della Chiesa universale. Come il mio predecessore di v. m. Paolo VI, anche io ho sempre fatto tesoro delle proposte e dei pareri espressi dai Padri sinodali, facendoli entrare nel processo di elaborazione del documento che raccoglie i risultati del Sinodo, e che proprio per questo amo qualificare come «  post-sinodale  ».



 

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