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Salvatore Martinez alla XXIII Assemblea Plenaria

Ultimo Aggiornamento: 21/11/2008 16:31
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21/11/2008 16:26

Salvatore Martinez alla XXIII Assemblea Plenaria

del Pontificio Consiglio per i Laici

Roma, Villa Aurelia, 13-15 novembre 2008

 

Salvatore Martinez, Presidente Nazionale del RnS, in qualità di Consultore del Pontificio Consiglio per i Laici, ha partecipato per la prima volta alla XXIII Assemblea Plenaria del Pontificio Consiglio per i Laici.

Tema dell'Assemblea, svoltasi a Roma dal 13 al 15 novembre 2008, è stato "A venti anni dalla Christifideles laici: memoria, sviluppi, nuove sfide e compiti".

Salvatore Martinez è intervenuto nel corso della prima giornata, sul tema: “Vivere da Laici oggi”.

A conclusione dell'Assemblea Plenaria, nella mattinata del 15 novembre, tutti i partecipanti sono stati ricevuti nella Sala del Concistoro del Palazzo Apostolico Vaticano da Sua Santità Papa Benedetto XVI.

Andrea de Prisco

www.rns-italia.it

 


 

ALLEGATI:

 

21/11/2008 16:29

1

XXIII ASSEMBLEA PLENARIA

PONTIFICIO CONSIGLIO PER I LAICI

ROMA, 13 – 15 NOVEMBRE 2008

"Vivere da laici oggi"

Dott. Salvatore Martinez

Presidente del Rinnovamento nello Spirito Santo

Laici come testimoni del realismo cristiano

Vorrei rispondere all’affermazione che fa da sfondo a questa breve comunicazione "Vivere da laicioggi" con una lapidaria sentenza di S. Paolo ai Colossesi: «La realtà è Cristo» (Col 2, 17). Oggi,

come ieri, vivere da laici significa anzitutto fare di Cristo il fondamento di tutta la realtà; di più fare

di Cristo la realtà.

Nella sua meditazione in occasione della prima Congregazione Generale del Sinodo sulla Parola, il

6.X.2008, il Papa Benedetto XVI affermava:
«Dobbiamo cambiare il nostro concetto di realismo.

Per essere realisti dobbiamo contare sulla Parola di Dio, fondamento di tutta la realtà. Realista è

chi costruisce la sua vita su questo fondamento che rimane in permanenza».

La misura della nostra laicità è uno spazio antropologico e non appena teologico. La nostra laicità

parte dal reale, lo include, lo assume, aspira a trasfigurarlo, perché aprirsi alla signoria di Cristo

significa aprirsi all’uomo, a tutto l’uomo.

A viso scoperto, senza vergogna, riproducendo l’identità di Cristo.
«Io, ma non più io» ricordava

Benedetto XVI a Verona in occasione del IV Convegno Nazionale delle Chiese d’Italia. E

aggiungeva:
«È stata così cambiata la mia identità essenziale ed io continuo ad esistere soltanto inquesto cambiamento» (Discorso ai partecipanti al IV Convegno Ecclesiale Nazionale, 18.10.2006).

Essere laici cristiani significa vivere una vita paradossale, essere uomini di sofferenza che seppure

segnati dalla condizione terreste si sforzano di non deturpare la bellezza e di non attenuare la gioia

che provengono dal Vangelo di Cristo.

Il Concilio Ecumenico Vaticano II ha spalancato un nuovo e magnifico orizzonte ai laici,

interpellati con coraggio e fiducia a non disertare la storia. Al n. 3 i laici sono invitati
«a guardare

in faccia questo nostro mondo»; e al n. 9, riprendendo una definizione che fu di Pio XII: «I fedeli, e

più precisamente i laici, si trovano nella linea più avanzata della vita della Chiesa».

Bello a dirsi; arduo a darsi! Ma incoraggia sapere che noi laici cristiani possiamo essere la Chiesa

che genera una speranza creatrice nel mondo con i carismi, le intelligenze, le buone prassi, i talenti

professionali di cui siamo portatori.

2

Ha scritto il cardinale J. Ratzinger:
"Soltanto attraverso uomini che sono toccati da Dio, Dio puòfar ritorno presso gli uomini" ("L’Europa di Benedetto nella crisi delle culture"; Subiaco,

01.04.2005).

È racchiuso in questa splendida definizione il segreto della nostra laicità. Uomini e donne nel cui

petto sussulta le verità dell’amore di Dio; profeti non utopisti, che guardano il disordine morale e

spirituale del mondo evocando un'altra laicità, un’altra possibilità di essere uomini e uomini felici

su questa terra.

Per salvare l’uomo dalla penosa alienazione in cui vive è necessario riportare Dio nel cuore e nella

storia dell’uomo. Non sarà il potere mondano a salvare l’uomo, non sarà l’economia a sfamare

l’uomo: solo Dio, il Dio vivo e vero, entra nella storia e la redime percorrendo la via dell’umiltà,

della semplicità, della povertà.

Vivere da laici cristiani significa attestare che la nostra fede in Cristo non è l’evasione degli uomini

nel mondo di Dio, ma l’invasione di Dio nel mondo degli uomini. Siamo uomini e donne che,

ineludibilmente segnati dall’esperienza dello Spirito, obbediscono alla legge dell’incarnazione del

Vangelo facendosi tutto a tutti.

Vivere da laici cristiani significa testimoniare che la nostra fede non è mondana, ma è per il mondo.

È coinvolta con il mondo e deve coinvolgere il mondo. Come ha scritto il celebre martire cristiano

evangelico del Novecento, Dietrich Bonhoeffer,
«noi cristiani dobbiamo tornare all’aria aperta;

dobbiamo tornare all’aria aperta del confronto spirituale con il mondo» (in "Resistenza e Resa").

«Bisogna ristabilire l'unione e la sintesi dell'umano e del cristiano, superando l’errore della

modernità che è consistito nel separare e contrapporre Umanesimo e Cristianesimo, così da fare

dell'Umanesimo un'entità divina e del Cristianesimo un affare privato, un affare di coscienza di cui

dovrebbero occuparsi solo i preti e i bigotti».
Lo affermava dal suo esilio londinese il servo di Dio

don Luigi Sturzo, statista, tra i padri fondatori della democrazia europea, dandoci un criterio di

discernimento ancora valido per cogliere l’autenticità della nostra laicità.

Laici come uomini spirituali tra eternità ed interiorità

La nostra laicità cristiana regge da duemila anni, così come la Chiesa nonostante tutti i furiosi

assalti del male, perché Gesù è risorto, perché Gesù è sempre vivo tra noi e dal di dentro degli

avvenimenti contorti della storia umana, sta portando avanti la colossale battaglia contro il peccato

degli uomini e contro l’orgoglio di satana.

Pertanto, la nostra laicità trova sempre nuova linfa se si innesta nel miracolo della risurrezione di

Gesù. Perché la risurrezione di Gesù fa la storia; la risurrezione di Gesù fa bella l’umanità, perché

l’avvolge della gioia di Cristo. "
Nessuno è felice come un vero cristiano, né – come lui –ragionevole, virtuoso, amabile" affermava Blaise Pascal (in "Pensieri", 541).

3

L’uomo contemporaneo sta smettendo di credere al Paradiso e va trasformando la sua vita in

qualcosa che somiglia all’inferno. Chi insegnerà alle generazioni future l’arte di vivere, se

supinamente permettiamo che il regno del soggettivismo esasperato continui a produrre e a

giustificare il moltiplicarsi di crudeltà e violenza? Perché l’egoismo è scuola di crudeltà.

Quando la Chiesa proclama, forte e chiaro, che Gesù è vivo, che Cristo è Risorto, offre il Vangelo al

mondo senza riserve, senza complessi d’inferiorità e si prende cura di ogni uomo insegnandogli ad

amare.

Vivere da laici cristiani significa non sapersi, non sentirsi soli. Dentro e fuori di noi è al lavoro lo

Spirito Santo. È lo Spirito che educa e rieduca i cristiani ad
investire in eternità, cioè a sfuggire gli

orizzonti miopi del mondo. Lo Spirito dona ai laici di ogni secolo uno sguardo escatologico,

orientato alle cose del cielo.

Per vivere da laici cristiani occorre chiedersi se il nostro linguaggio è orientato alle realtà celesti.

Orienta all’immortalità terrena – come vorrebbe l’alleanza laicista tra scienza e tecnologia – o alla

vita eterna, come invece reclama la nostra fede? È facile constatare che il nostro linguaggio si sta

facendo sempre più povero: stiamo smettendo di parlare – poiché i più tacciono – di tutte le cose

che più ci interessano da credenti e da uomini: la verità di Dio sull’uomo, la speranza, il dolore, il

senso ultimo della vita, l’interiorità, la morte, la risurrezione, il paradiso, l’inferno, il giudizio.

Occorre trovare un livello di parola, di comunicazione più profondo. Dobbiamo dare voce

all’interiorità: iniziare i credenti al linguaggio dell’interiorità, liberando e guarendo la parola che è

ammalata di esteriorità, che non sembra più riconoscere le mozioni dello Spirito, i suoi richiami.

Vivere da laici cristiani è mostrare che c’è già un
al-di-là all’interno delle nostre vite.

Noi laici figli del Novecento possiamo vantare una grazia speciale: avere riscoperto in profondità e

in estensione la spiritualità evangelica fondata sulla Parola di Dio. Si veniva da un tempo che era

stato definito di
esilio della Parola nella Chiesa. Ebbene, il Novecento, secolo dello Spirito, torna al

Vangelo, riscopre la Parola di Dio come fonte primaria e norma di vita spirituale.

Questo ritorno al Vangelo è stato uno dei
paradigmi spirituali più significativi della Chiesa a

cavallo tra due millenni, direi uno dei veri fattori di rinnovamento ecclesiale. Sono nati così nuovi

carismi legati all’evangelizzazione, movimenti e comunità dediti alla missione e alla testimonianza

della carità.

Noi siamo laici che hanno trovato nella Parola pregata e vissuta una sicura introduzione alla vita

nello Spirito, una vita che lo Spirito continuamente purifica, illumina, guida verso nuovi progressi.

Vivere da laici cristiani significa essere nati
nella Parola, dalla Parola trovare ispirazione, con laParola aprire a Cristo le porte del mondo, per la Parola essere costituiti profeti, ministri, testimoni

che lo Spirito usa mediante carismi sempre nuovi.

4

Per una Cultura della Pentecoste

La nostra laicità si alimenta dell’interrogazione, dell’introspezione. C’è una domanda su tutte che si

agita in noi: che fiducia abbiamo nella presenza e nell'azione dello Spirito Santo, in questo nostro

tempo, nei travagli della cultura del nostro tempo? Un nuovo millennio di vita cristiana è sorto, ma

quale premessa abbiamo posto perché la verità di Cristo e il pensiero umano si incontrino, perché la

terra non sfidi il cielo, perché l’amore di Dio non sia elemento accessorio nella costruzione del

nuovo mondo?

Il Rinnovamento nello Spirito ha ricevuto da Papa Giovanni Paolo II una speciale missione,

consegnataci nel 2002:
«Nel nostro tempo, avido di speranza, continuate ad amare e a fare amare

lo Spirito Santo. Aiuterete a far sì che prenda forma quella cultura della Pentecoste che sola può

fecondare la civiltà dell’amore e della convivenza tra i popoli»
(Udienza privata ai responsabili del

Rinnovamento nello Spirito, nel XXX anniversario della nascita del Movimento in Italia, 14.03.

2002).

Al mondo manca ancora la lezione di fraternità universale della Pentecoste; alla teologia dominante

manca ancora la cultura del soprannaturale della Pentecoste; ai sistemi politici e sociali manca

ancora il dinamismo d’amore della Pentecoste!

Siamo laici generatori di una nuova cultura, la
cultura della Pentecoste che è l’antidoto al "maleoscuro" del mondo. La cultura della Pentecoste è l’esatto contrario della cultura del relativismo: si

coniuga con il "noi" dello Spirito e non con l’"io" egolatrico del relativismo.

A Pentecoste si inaugura la civiltà dell’amore, perché lo Spirito è benefico ed amico degli uomini,

fondatore della
nuova antropologia portata da Cristo.Ci ricorda a tal proposito Giovanni Paolo II: "Lo Spirito Santo rende la Chiesa amica di ogni

autentica ricerca del pensiero umano e stima sinceramente il patrimonio di sapienza elaborato e

trasmesso dalle diverse culture. In esso ha trovato espressione l'inesauribile creatività dello spirito

umano indirizzato dallo Spirito di Dio verso la pienezza della verità"
(Udienza generale, 16

settembre 1998).

A Pentecoste scaturisce una nuova sociologia, quella
sociologia del soprannaturale cara a L.Sturzo, H. De Lubac, K. Rahner), un nuovo umanesimo permeato dei valori dello Spirito, una

lettura del sociale che include lo spirituale e non lo esilia forzatamente.

Così rivive il Vangelo, rinasce la Chiesa, rifioriscono gli amici di Gesù!

Lo Spirito riempia il nostro cuore di verità, di certezza, di energia. Sia per noi il Maestro interiore

che non assordisce, che non fa paura, che non distrae, che non offende, che si appella al nostro

pensiero, alla ragione, alla volontà, al sentimento e ci rende inalterabilmente nuovi.

5

21/11/2008 16:31

DISCORSO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI AI PARTECIPANTI ALLA PLENARIA DEL PONTIFICIO CONSIGLIO PER I LAICI Sala del Concistoro Sabato, 15 novembre 2008 Signori Cardinali, Venerati Fratelli nell’episcopato e nel sacerdozio, cari fratelli e sorelle! Sono lieto di incontrare oggi tutti voi, Membri e Consultori del Pontificio Consiglio per i Laici, riuniti in Assemblea Plenaria. Saluto il Signor Cardinale Stanisław Ryłko e Mons. Josef Clemens, Presidente e Segretario del Dicastero, e insieme con loro gli altri Prelati presenti. Un benvenuto speciale rivolgo ai fedeli laici provenienti da diverse esperienze apostoliche e vari contesti sociali e culturali. Il tema scelto per la vostra Assemblea - "A vent’anni dalla Christifideles laici: memoria, sviluppo, nuove sfide e compiti" – ci introduce direttamente nel servizio che il vostro Dicastero è chiamato ad offrire alla Chiesa per il bene dei fedeli laici del mondo intero. L’Esortazione apostolica Christifideles laici, definita la magna charta del laicato cattolico nel nostro tempo, è il frutto maturo delle riflessioni e degli scambi di esperienze e di proposte della VII Assemblea generale ordinaria del Sinodo dei Vescovi, che ebbe luogo nel mese di ottobre del 1987 sul tema "Vocazione e missione dei laici nella Chiesa e nel mondo". Si tratta di una rivisitazione organica degli insegnamenti del Concilio Vaticano II riguardanti i laici – la loro dignità di battezzati, la vocazione alla santità, l’appartenenza alla comunione ecclesiale, la partecipazione all’edificazione delle comunità cristiane e alla missione della Chiesa, la testimonianza in tutti gli ambienti sociali e l’impegno a servizio della persona per la sua crescita integrale e per il bene comune della società –, temi presenti soprattutto nelle Costituzioni Lumen gentium e Gaudium et spes, come anche nel Decreto Apostolicam actuositatem. Mentre riprende gli insegnamenti del Concilio, la Christifideles laici orienta il discernimento, l’approfondimento e l’orientamento dell’impegno laicale nella Chiesa fronte ai mutamenti sociali di questi anni. Si è sviluppata in molte Chiese particolari la partecipazione dei laici grazie ai consigli pastorali, diocesani e parrocchiali, rivelandosi molto positiva in quando animata da un autentico sensus Ecclesiae. La viva consapevolezza della dimensione carismatica della Chiesa ha portato ad apprezzare e valorizzare sia i carismi più semplici che la Provvidenza di Dio dispensa alle persone, sia quelli che apportano grande fecondità spirituale, educativa e missionaria. Non a caso, il Documento riconosce e incoraggia la "nuova stagione aggregativa dei fedeli laici", segno della "ricchezza e della versatilità delle risorse che lo Spirito alimenta nel tessuto ecclesiale" (n. 29), indicando quei "criteri di ecclesialità" che sono necessari, da una parte, al discernimento dei Pastori e, dall’altra, alla crescita della vita delle associazioni di fedeli, dei movimenti ecclesiali e delle nuove comunità. A questo riguardo desidero ringraziare il Pontificio Consiglio per i Laici, in modo tutto speciale, per il lavoro compiuto durante gli scorsi decenni nell’accogliere, accompagnare, discernere, riconoscere e incoraggiare queste realtà ecclesiali, favorendo l’approfondimento della loro identità cattolica, aiutandole a inserirsi più pienamente nella grande tradizione e nel tessuto vivo della Chiesa, e assecondando il loro sviluppo missionario. Parlare del laicato cattolico significa riferirsi a innumerevoli persone battezzate, impegnate in molteplici e svariate situazioni per crescere come discepoli e testimoni del Signore e riscoprire e sperimentare la bellezza della verità e la gioia di essere cristiani. L’attuale condizione culturale e sociale rende ancora più urgente questa azione apostolica per condividere a piene mani il tesoro di grazia e di santità, di carità, dottrina, cultura e opere, di cui è composto il flusso della tradizione cattolica. Le nuove generazioni sono non solo destinatarie preferenziali di questa trasmissione e condivisione, ma anche soggetti che attendono nel proprio cuore proposte di verità e di felicità per poterne rendere testimonianza cristiana, come già accade in modo mirabile. Ne sono stato, io stesso, nuovamente testimone a Sydney, nella recente Giornata Mondiale della Gioventù. E perciò incoraggio il Pontificio Consiglio per i Laici a proseguire l’opera di questo provvidenziale pellegrinaggio globale dei giovani nel nome di Cristo, e ad adoperarsi per la promozione, ovunque, di un’autentica educazione e pastorale giovanile. Conosco anche il vostro impegno in merito a questioni di speciale rilevanza, com’è quella della dignità e partecipazione delle donne nella vita della Chiesa e della società. Ho avuto già occasione di apprezzare il Convegno da voi promosso a vent’anni dalla promulgazione della Lettera apostolica Mulieris dignitatem, sul tema "Donna e uomo, l’humanum nella sua interezza". L’uomo e la donna, uguali in dignità, sono chiamati ad arricchirsi vicendevolmente in comunione e collaborazione, non solo nel matrimonio e nella famiglia, ma anche nella società in tutte le sue dimensioni. Alle donne cristiane si richiedono consapevolezza e coraggio per affrontare compiti esigenti, per i quali tuttavia non manca loro il sostegno di una spiccata propensione alla santità, di una speciale acutezza nel discernimento delle correnti culturali del nostro tempo, e della particolare passione nella cura dell’umano che le caratterizza. Mai si dirà abbastanza di quanto la Chiesa riconosca, apprezzi e valorizzi la partecipazione delle donne alla sua missione di servizio alla diffusione del Vangelo. Permettetemi, cari amici, un’ultima riflessione riguardante l’indole secolare che è caratteristica dei fedeli laici. Il mondo, nella trama della vita familiare, lavorativa, sociale, è luogo teologico, ambito e mezzo di realizzazione della loro vocazione e missione (cfr Christifideles laici, 15-17). Ogni ambiente, circostanza e attività in cui ci si attende che possa risplendere l’unità tra la fede e la vita è affidato alla responsabilità dei fedeli laici, mossi dal desiderio di comunicare il dono dell’incontro con Cristo e la certezza della dignità della persona umana. Ad essi spetta di farsi carico della testimonianza della carità specialmente con i più poveri, sofferenti e bisognosi, come anche di assumere ogni impegno cristiano volto a costruire condizioni di sempre maggiore giustizia e pace nella convivenza umana, così da aprire nuove frontiere al Vangelo! Chiedo dunque al Pontificio Consiglio per i Laici di seguire con diligente cura pastorale la formazione, la testimonianza e la collaborazione dei fedeli laici nelle più diverse situazioni in cui sono in gioco l’autentica qualità umana della vita nella società. In particolar modo, ribadisco la necessità e l’urgenza della formazione evangelica e dell’accompagnamento pastorale di una nuova generazione di cattolici impegnati nella politica, che siano coerenti con la fede professata, che abbiano rigore morale, capacità di giudizio culturale, competenza professionale e passione di servizio per il bene comune. Il lavoro nella grande vigna del Signore ha bisogno di christifideles laici che, come la Santissima Vergine Maria, dicano e vivano il "fiat" al disegno di Dio nella loro vita. Con questa prospettiva, vi ringrazio dunque del prezioso vostro apporto a così nobile causa e di cuore imparto a voi e ai vostri cari la Benedizione Apostolica. © Copyright 2008 - Libreria Editrice Vaticana
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