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Uomo: valore unico

Ultimo Aggiornamento: 23/11/2008 14:37
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23/11/2008 14:32

Scegli la vita!

5 Ottobre

"Oggi la mia vita è cominciata. Il babbo e la mamma non lo sanno ancora. Io sono più piccola di una capocchia di spillo, eppure sono già un essere indipendente. Tutte le mie caratteristiche fisiche e psicologiche sono già fissate. Ad esempio, io avrò gli occhi del babbo e i biondi capelli ondulati della mamma. Ed anche un'altra cosa è già stabilita: io sarò una bambina".

19 Ottobre

"Il mio primo sangue, le mie prime vene appaiono. Poiché i miei organi non sono ancora completamente formati, la mia mamma mi deve sostenere con il suo sangue e con la sua energia vitale. Ma quando sarò nata mi basterà soltanto che, per qualche tempo, ella mi dia il latte".

23 Ottobre

"La mia bocca si apre verso l'esterno. Entro un anno già potrò ridere, quando i genitori si chineranno sul mio lettino. La mia prima parola sarà: Mamma".

P.S. Sarebbe veramente ridicolo affermare che io non sono un essere umano del tutto autonomo, ma che sono invece una parte del corpo di mia mamma!

25 Ottobre

"Il mio cuore ha cominciato a battere. Esso esplicherà la sua funzione senza mai fermarsi, senza mai riposare, fino alla fine della mia vita. Questo è proprio un grande miracolo!

2 Novembre

"Le mie braccia e le mie gambe cominciano a crescere. E cresceranno fino a che non saranno completamente formate e del tutto idonee all'uso; ciò durerà per un certo tempo, anche dopo la mia nascita...".

12 Novembre

"Adesso nelle mie mani stanno spuntando le dita. Con esse mi impadronirò del mondo e parteciperò alla fatica degli uomini".

20 Novembre

"Oggi, per la prima volta, mia madre ha appreso dal suo cuore, che mi portava in seno. Chissà quanto è grande la sua gioia".

25 Novembre

"Adesso già si potrebbe vedere che io sarò una bambina. Certamente i miei genitori stanno già pensando a come mi dovrò chiamare! potessi saperlo!"

28 Novembre

"Tutti i miei organi sono completamente formati. Io sono molto cresciuta".

12 Dicembre

"Mi stanno crescendo i capelli e le ciglia. Chissà come sarà contenta la mia mamma della sua figliolina!"

13 Dicembre

"Presto potrò vedere. Però i miei occhi sono ancora cuciti con un filo. Luce, colori, fiori...deve essere magnifico! Sopratutto mi riempie di gioia il pensiero che potrò vedere la mia mamma...Oh! se non ci fosse tanto da aspettare! Ancora più di sei mesi..."

24 Dicembre

"Il mio cuore è ormai perfetto. Ci debbono essere bambini che vengono al mondo con un cuore malato. In questi casi bisogna affrontare terribili pene per salvarli con una operazione. Grazie a Dio  il mio cuore è sano, io sarò una bambina piena di forze e di vita. Tutti saranno lieti della mia nascita".

28 Dicembre

"Oggi mia madre mi ha assassinata".

M. Schwab

(Diario di una bambina mai nata. Citato da Vita Sociale, Firenze, n.6, 1957)

23/11/2008 14:34

Uomo:valore unico
"Ho tenuto per mano il bambino abortito fino a quando il suo cuore ha cessato di battere"

Il bambino non è mai un rischio
Di Enrico Masini

"Oggi- dice il neonatologo Bellieni- la metà delle donne passano la metà della vita facendo di tutto per non avere figli e la seconda metà a disperarsi perché non gli vengono". E a rimetterci è sempre chi dovrebbe nascere.

"Una volta è nato vivo un bambino di 20 settimane da un aborto spontaneo. L'ostetrica lo stava avvolgendo in un panno per buttarlo via. Io, consapevole che così piccolo non lo potevo rianimare, l'ho battezzato e gli sono stato vicino tenendogli la mano finché dopo 45 minuti ha cessato di battergli il cuore. Chi passava mi diceva di lasciar stare, che dovevo buttarlo via. Io rispondevo che non si può buttar via un bambino, ha il diritto di morire con tutta la sua dignità". A raccontare il fatto, straziante e allo stesso tempo carico di umanità, è il dottor Carlo Bellieni, neonatologo presso il Policlinico "Le Scotte" di Siena, intervenuto al gruppo di studio su "disabilità nel grembo materno" durante il convegno di Belluria del 19-20 settembre 2003.

"In neonatologia -continua il medico- curiamo i feti, bambini che stanno nel palmo di una mano e pesano 500 grammi, con un piedino di 2 centimetri. E' evidente che il feto è una persona, noi li curiamo tutti i giorni. Il feto prova dolore, più di un adulto, perché non ha ancora sviluppato la capacità di produrre endorfine. Ricorda e riconosce la voce e i sapori di ciò che mangia la madre, bevendo… il liquido amniotico. Almeno dalle 30 settimane sogna, si rileva il sonno REM. Spesso dobbiamo fare prelievi ai feti ed è per loro dolorosissimo, ma il dolore scompare se gli stiamo vicini accarezzandogli, parlandogli, tenendogli la manina. Quello che connota il feto, la persona, fin dall'utero della mamma è il desiderio di una presenza, qualcuno che stia con, accanto. Abbiamo scoperto che l'accudimento è il sistema analgesico e terapeutico fondamentale".

Se dall'esperienza professionale del medico emerge chiaramente che il feto è persona a tutti gli effetti, e quindi titolare di diritti, la realtà è ben diversa, e il fatto che il bambino abbia o meno diritto di nascere si vuol far dipendere dalla valutazione degli adulti. Una errata visione che, secondo Bellieni, viene alimentata dagli stessi medici: "In diagnosi prenatale si usa la parola rischio: "Lei signora ha il rischio di avere un bambino Down nella percentuale x" E' una cosa fuorviante, è oggettivamente sbagliato applicare la parola rischio alla parola bambino. Si dovrebbe dire "Suo figlio ha la probabilità di essere malato di …" Perché il bambino non è mai un rischio.

Di fatto invece, secondo il medico, oggi la gravidanza viene vissuta con angoscia, con il timore continuo che il bambino non sia sano, non sia normale. Un atteggiamento che non ha solo implicazioni sul piano etico ma che porta a conseguenze patologiche sui bambini che devono nascere. E' il caso, ad esempio, dell'eccessivo ricorso all'amniocentesi, che "ha un rischio di morte per il bambino di 1 su 100 e serve principalmente per la diagnosi della sindrome di Down che colpisce circa 1 bambino su 700. Quindi nella ricerca esasperata di eliminare un bambino Down si fanno fuori 7 bambini sani".

Ma Bellieni evidenzia anche un paradosso del nostro tempo:" Oggi la metà delle donne passano la prima metà della vita facendo di tutto per non avere figli e la seconda metà a disperarsi perché non gli vengono". Si sceglie di avere un figlio quando si sono raggiunte sicurezze sul piano economico e professionale, ma poi magari il figlio non viene più (oltre al fatto che "un'età materna oltre i 35 anni è legata a maggior rischio di anomalie per il bambino, di abortività e di prematurità"). Sempre più frequentemente si ricorre così a pratiche come la fecondazione in vitro, in cui però "capita che alcuni feti vengano abortiti selettivamente, si ha un rischio doppio di paralisi cerebrali e di malformazioni, un rischio 2-3 volte maggiore di peso alla nascita basissimo, una percentuale di gravidanze gemellari del 15% contro il dato normale di 2-3%".

Bellieni, medico, chiama in causa anzitutto la responsabilità della categoria alla quale appartiene:" Ciò che aiuta i genitori è lo sguardo che i medici che attuano le indagini prenatali hanno su quel bambino, dal quale dipende lo sguardo che avranno poi i genitori nei confronti del loro figlio". "Dobbiamo fare un passo indietro interiore quando si guarda qualcuno- conclude- . La persona che ho davanti è mia proprietà o ha un valore in sé? Questo libera dalla possibilità di poter fare delle sciocchezze. Ci fa rendere conto che io e lui abbiamo lo stesso destino".

Tratto da:

Mensile "Sempre", Novembre 2003, pag 27-28


23/11/2008 14:35

Uomo : valore unico

In Cielo c'è un angelo che prega per noi


Un convegno organizzato a Fossano dall’Associazione Giovanni XXIII di don Oreste Benzi si è occupato di aborto terapeutico. 
In quell’occasione abbiamo raccolto la stupenda testimonianza di una donna che non solo ha saputo accogliere fino in fondo una figlia anencefala e condannata a morire a pochi minuti dalla nascita, ma che, 
da quella esperienza, ha imparato che la vita è sempre vita a prescindere dalle malattie che possono affliggerla o dalla durata che il fato - o la Provvidenza - ci ha riservato. Oggi quella donna e suo marito vivono con i loro figli e con un bambino adottato gravemente cerebroleso. E tutti insieme, tutte le sere, si affidano alla piccola Sara che da lassù veglia su di loro

Nei primi mesi del 1989 la stampa fiorentina, ma un po’ anche quella nazionale, si occupò con mille polemiche dell’aborto eseguito in un ospedale di Fiesole da una giovane donna, sposata, che desiderava avere un figlio, ma che nel controllo ecografico si era trovata madre di due gemelli, uno sano e l’altro malato. Anzi, il secondo era affetto da una gravissima malformazione, l’anencefalia, che lo avrebbe condotto a morte sicura immediatamente dopo il parto. La gravidanza era prossima al 5° mese e i medici non ebbero dubbi nel consigliare l’aborto. L’ipocrisia della legge 194 non consente l’aborto eugenetico dopo il 3° mese di gestazione; né prevede che per anticipare di 3 o 4 mesi la morte sicura di un figlio si possa uccidere anche il fratello sano che potrebbe vivere una esistenza normale. 
Ma il grimaldello, in questi casi, è la “malattia psichica” della madre. Così la certificazione, non di una commissione di psichiatri, e neppure di un solo psichiatra, ma di un medico ginecologo condannò a morte due gemelli, uno sano e l’altro handicappato. Si potrebbe dire, restando nella logica “abortista”, “inutilmente”, perché il disabile sarebbe comunque morto entro poco tempo. 
Anche se vogliamo pensare soltanto alla madre è da chiedersi se la sua sofferenza per tre mesi di gravidanza con un invisibile gemello malato nel seno ma senza alcun rischio per lei sarebbe stata maggiore di quella derivata dalla assenza per una intera vita di un figlio sano. 
Questa vicenda mi è tornata alla mente durante un convegno organizzato a Fossano il 14 febbraio dalla Associazione Papa Giovanni XXIII sull’aborto cosiddetto terapeutico, ascoltando la commovente testimonianza dei coniugi Elena e Flavio Zanini. Valeva la pena, dopo il convegno, raggiungere lei e chiederle di raccontare la sua storia anche a Sì alla vita. 


Elena è infermiera, il marito è educatore professionale in un centro diurno. Lei di malattia e di dolore se ne intende, perché lavorava nel reparto di rianimazione. Si è messa a casa da quando insieme al marito ha preso in affidamento, sei anni fa, un bambino che è celebroleso, affetto da displasia spastica. Allora aveva solo una bambina sua, Anna, che ora ha sei anni ed allora aveva sei mesi. Ora ha anche partorito Elena di 4 anni e Pietro di due. Ma è di un’altra figlia che voglio parlare: la primogenita, Sara, morta tra le braccia della mamma appena nata, perché affetta da anencefalia. Un caso simile a quello di Firenze dell’89.
Come seppe di questa terribile malformazione?
Alla ventesima settimana, quando mi sottoposi alla prima ecografia, l’impatto fu tremendo. La rottura di un sogno. Essendo infermiera capii subito e del resto l’ecografista mi spiegò bene. Tutti i presenti cambiarono subito atteggiamento. Qualcuno mi offrì un bicchiere d’acqua. Nessuno parlò di aborto, ma i medici dissero che bisognava subito fare un’intervento, mettere delle candelette. Spiegarono che tutto sarebbe stato rapido.
Quali sono stati i suoi sentimenti immediati?
Un senso di lutto. Una situazione senza speranza. Una malattia mia, diagnosticata. Tornai a casa con mio marito con il ricovero per l’intervento già fissato per il giorno dopo. Ero come stordita.
Come e perché ha portato avanti la gravidanza?
Nel pomeriggio di quello stesso giorno mia cognata e mio marito mi misero in contatto con il dr. Campanella, medico impegnato nel Movimento per la vita. Così il giorno successivo feci rinviare gli esami di ricovero. Dissi che volevo pensarci e andai a fare un nuovo controllo nell’ospedale di Savigliano dove lavorava Campanella. C’erano anche altri medici. C’era anche il primario. Purtroppo la diagnosi venne confermata e mi dissero di abortire: “la gravidanza è fatta per portare la vita, non la morte”, mi dissero. Ma il dr. Campanella mi chiamò in privato e mi disse: “lei non ha bisogno di uno psichiatra, ma di una persona con cui parlare. C’è un sacerdote di sua fiducia?” 
Io sapevo che non c’era rischio per la mia vita. Andai da un sacerdote che conoscevo da molto tempo. Mi disse: “Pensa a Maria. Anche la sua vita è stata sconvolta. Non ha scelto”. Mi ricordai che poco tempo prima in un Convegno avevo incontrato una coppia che aveva avuto l’esperienza della attesa di un figlio handicappato. Riuscii ad incontrarla. Mi dissero: “leggi il capitolo IV della Sapienza”. Vi ho trovato un brano che poi ho fatto leggere al funerale di Sara: vi si dice che il giusto vive per poco tempo, perché subito deve tornare da Dio. Devo aggiungere che mio marito non è stato mai favorevole alla Ivg e mi è sempre stato vicino affettivamente. Per una settimana io sono rimasta frastornata. Ma con il passare delle ore ho cominciato a sentire i movimenti della bambina. Forse la situazione drammatica mi ha fatto avvertire un contatto maggiore con questa figlia.
Come ha passato il tempo restante della gravidanza?
Ci sono stati anche momenti di depressione, ma nel complesso ho vissuto in una situazione di grazia! Mi gustavo il tempo che dovevo passare con la mia creatura… Ho preso coscienza di cosa vuol dire essere madre. Avevo poco tempo da stare con mia figlia e volevo viverlo intensamente. Anche mio marito mi è apparso una grande grazia, con la sua forza e la sua vicinanza. Certo: quando mi domandavano: “è maschio o femmina?”, o quando andai a comprare la vestaglia per andare a partorire qualcosa lacrimava dentro… E’ nata all’8° mese. Me l’hanno messa in braccio ancora con il funicolo attaccato e subito è morta sul cuore della sua mamma. Tutti piangevano. Io no. Io sono molto emotiva ma le parlai. Avevo la sensazione di aver fatto tutto quello che dovevo e quindi sentivo una gran pace dentro. La bimba fu battezzata dall’ostetrica quand’era ancora impegnata nel parto. 
Come vive il ricordo?
Tanta croce, ma anche tanta grazia. Non vado spesso al cimitero ma tutte le sere le preghiere della mia famiglia si concludono con le parole “Sara, prega per noi”. Ella mi appare come un angelo dato alla mia famiglia. Io l’ho accolta. Quindi a maggior ragione ella mi restituisce il bene che le ho voluto. Gli altri figli sanno di avere una sorellina in Paradiso. Solo domandano: “ma perché Gesù non ce l’ha lasciata?”.
C’è qualche rapporto tra la vicenda di Sara e l’affidamento di un bimbo celebroleso?
Sì, certo. Ma non così automaticamente. L’estate dopo il parto e la morte di Sara andammo al mare. Vicino a noi c’erano dei ragazzi con handicap e per la prima volta ho sentito il rifiuto: il rifiuto di avere un figlio con handicap. Ma con il passare del tempo mio marito ed io abbiamo sentito il desiderio di condividere la nostra vita con chi ti fa paura, che ti richiama alla precarietà, al limite.
Lasciai il lavoro, perché certamente non avrei potuto seguire insieme la famiglia e il lavoro… Il fatto decisivo è stato l’incontro con la Comunità Papa Giovanni XXIII. Ci mettemmo alla ricerca e alla fine in essa ci sentimmo a casa.
Cosa direbbe a una donna che oggi si trovasse nelle condizioni da lei vissute?
Oggi l’aborto è propagandato da tutti come una soluzione. Si dice “non possiamo mettere al mondo figli per farli soffrire”. Di fronte ad una madre con un figlio disabile prima c’era il compatimento, nel senso etimologico della parola, come patire insieme. Ora sei giudicata come una incosciente. Perciò in primo luogo direi di buttarsi dietro le spalle questi giudizi. Ai cristiani direi di immergersi nel Dio della vita. E poi suggerirei di mettersi in contatto con il figlio portato in seno, di credere che lui vuole stare con te. Anche io avevo paura. Ma un bambino malato non chiede di essere ucciso. Chiede di essere accompagnato. Vuole la mamma vicino.

23/11/2008 14:37

Uomo : valore unico
 
per la prima volta ho sentito il rifiuto: il rifiuto di avere un figlio con handicap. Ma con il passare del tempo mio marito ed io abbiamo sentito il desiderio di condividere la nostra vita con chi ti fa paura, che ti richiama alla precarietà, al limite.
Quanta umanità in queste parole...vorremmo scappare di fronte alla sofferenza ...nn accettiamo la realtà dolorosa che affligge i bambini,cosi' piccoli e già con una croce sulle spalle...da qui il rifiuto nn verso il bambino ma verso il suo handiccap....ma il Signore opera nei ns cuori e se Gli permettiamo di farlo grandi cose può in noi,poveri esseri umani che si fanno prendere da mille paure.Ammiro qta infermiera,ammiro la sua capacità di guardare oltre l'umano ...ammiro la sua umiltà nell'essersi fatta guidare da persone con una marcia in più ,che la sofferenza l'hanno abbracciata senza guardarsi indietro ,come fece la moglie di Lot (tanto per citare la Bibbia) che fuggendo da Sodoma e Gomorra nn diede ascolto all'angelo e si fermo' a guardare  le città incendiate,diventando cosi' una statua di sale. Immagine forte che ci fa capire che spesso di fronte a scelte importanti siamo come delle statue di sale,quando abbiamo tentennamenti o siamo attaccati al ns passato, alle ns certezze.E' il caso di dire nella ns debolezza ,o Signore,Tu sei la mia forza.
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