Benvenuto in Famiglia Cattolica
Famiglia Cattolica da MSN a FFZ
Gruppo dedicato ai Cattolici e a tutti quelli che vogliono conoscere la dottrina della Chiesa, Una, Santa, Cattolica e Apostolica Amiamo Gesu e lo vogliamo seguire con tutto il cuore........Siamo fedeli al Magistero della Chiesa e alla Tradizione Apostolica che è stata trasmessa ai santi una volta per sempre. Ti aspettiamo!!!

 
Pagina precedente | 1 | Pagina successiva

VANGELO DI LUCA

Ultimo Aggiornamento: 23/11/2008 16:21
Autore
Stampa | Notifica email    
OFFLINE
Post: 11.290
Registrato il: 03/10/2008
Registrato il: 01/11/2008
Sesso: Maschile
23/11/2008 16:05

Luca è il solo evangelista che premette al suo scritto un prologo nel quale dichiara, nei primi due versetti, le fonti a cui attinge: “Coloro che furono testimoni e divennero ministri della parola” (gli apostoli) e nei due versetti successivi, lo scopo e le caratteristiche del lavoro che intraprende: “Ho deciso di fare ricerche accurate  e di scriverne un resoconto ordinato … perché ti possa rendere conto della solidità degli insegnamenti”.

In questo prologo, Luca adotta un classico stile greco e un vocabolario che si ritrova identico in trattati ellenistici dell'epoca, in cui si dichiarano le finalità per cui si scrive un libro e il metodo che si è seguito.

In questo modo, egli rivela chiaramente che il suo libro è un'opera di attualità, destinata ai suoi contemporanei non giudei. Fin dall'inizio, Luca si pone in relazione con alcuni precursori che hanno redatto un racconto scritto[5]. Essi erano privi, secondo lui, sia delle qualità che lui spera di mettere in opera e sia delle fonti a cui attingerà: il vangelo di Marco, che non riporta né la nascita di Gesù né le apparizioni pasquali, e una raccolta di parole del Maestro ("fonte Q"), che non conteneva quasi nessuna narrazione.

Questi precursori (Marco e fonte Q), per comporre i loro scritti, avevano attinto alla "Tradizione"[6], cioè alla trasmissione orale del vangelo da parte degli Apostoli, che sono stati prima testimoni oculari delle parole e delle opere di Cristo (è il contenuto del primo volume) e ministri poi della parola (secondo volume: Atti degli Apostoli).

Luca precisa allora, che si è preoccupato di porsi scrupolosamente in ascolto della tradizione ecclesiale e di scriverne un resoconto ordinato.  Quest'ultima annotazione non indica in primo luogo un ordine cronologico: intende piuttosto precisare che l'opera illumina il modo in cui Dio guida, avvenimento dopo avvenimento, il suo disegno di salvezza nella storia. Luca ha indubbiamente una preoccupazione di storicità, ma conoscendo le opere degli storici greci e latini suoi contemporanei, cerchiamo di non proiettare sul progetto di Luca la concezione moderna della ricerca storica.

L'opera è dedicata all' "egregio Teofilo", un convertito di origine pagana, che forse occupava un posto importante nell'amministrazione romana. Lo scopo a cui mira Luca è quello di "convincere Teofilo della solidità degli insegnamenti ricevuti".

Due annotazioni per concludere.

La prima è che la trasmissione degli avvenimenti di Gesù avvenne in una comunità di credenti: questo è il senso fondamentale dell’espressione “servi della Parola”, che Luca applica direttamente ai primi testimoni, ma anche ai successivi testimoni. Servitore della Parola dice l’atteggiamento di chi si assoggetta alla Parola e cerca con ogni cura di non tradirla, indica anche che i testimoni si lasciano coinvolgere dalla Parola che trasmettono: sono discepoli del Signore, non persone neutrali.

La seconda annotazione è che non basta affermare che gli avvenimenti di Gesù esigono di essere trasmessi in una comunità credente. Occorre andare oltre e precisare che la vita della comunità fa intimamente parte degli avvenimenti stessi: infatti occorre annunciare un Cristo vivo, che opera attualmente, non un semplice ricordo del passato.

La comunità è il luogo in cui gli avvenimenti di Gesù tornano ad essere vivi, attuali e salvifici, tornano ad essere “vangelo oggi”, cioè storia di salvezza che accade “fra noi”. E’ in forza di questa intuizione che Luca può parlare, con molta profondità, di avvenimenti accaduti fra noi, cioè nella comunità cristiana, pur essendo in realtà accaduti nel passato. Ed è per lo stesso motivo che egli sente il bisogno di scrivere, in continuità con la storia di Gesù, la storia della chiesa (Atti degli Apostoli).


TORNA ALL'INDICEII.  I RACCONTI DELL'INFANZIA (1,5-2,52)


Matteo, Luca e Giovanni aggiungono una specie di "vangelo dell'infanzia" alla loro opera principale. Quello di Giovanni potrebbe essere descritto come un inno arcaico cristiano nel quale viene proclamata la preesistenza di Gesù e il suo divenire carne, il racconto di Matteo è composto sotto forma di annuncio ufficiale, catechetico; la narrazione di Luca, invece,  combina insieme lo stile dottrinale e meditativo.

Che questi "racconti dell'infanzia" non facessero parte della predicazione apostolica originale può essere stabilito non soltanto dal fatto che il ministero pubblico di Gesù ebbe inizio solo con il suo battesimo amministratogli da Giovanni ma anche dal fatto che il ministero degli apostoli si poggiava unicamente su ciò di cui essi stessi erano stati, cioè testimoni oculari.

A partire dalla Pentecoste gli apostoli nella loro predicazione, si rifacevano alla risurrezione, alla passione e morte, al ministero pubblico di Gesù e infine alla sua "vita nascosta". I racconti dell'infanzia emersero solo più tardi come risultato dello sforzo di impartire una istruzione sempre più completa sull'opera e le parole redentrici di Gesù.

Anche Luca, quindi, esprime nei "Vangeli dell'infanzia" il massimo della sua teologia, ed è per questo che forse dovremmo leggerli alla fine, perché per ultimi sono stati scritti, così come per ultimo è stato redatto il "Vangelo dell'infanzia" di Matteo.

Questi "Vangeli dell'infanzia" sono altamente teologici ed esprimono l'esigenza che la comunità primitiva (la comunità dei credenti sotto la guida degli Apostoli) avverte di penetrare il "mistero" del Cristo morto e risorto e tutto ciò che vi era all'origine. Si tratta di un "ritornare indietro", un interrogarsi, su questo "inizio" della vita di Gesù, anche alla luce di citazioni della Sacra Scrittura.

E' chiaro, a questo punto, che l'esigenza teologica ha il sopravvento sulla realtà storica, per cui c'è un tipo di storia nei "Vangeli dell'infanzia" completamente diverso dal resto del Vangelo.

E' risaputo che gli studiosi parlano di racconto "midrashico", cioè di dati storici non sempre facilmente ricostruibili, nei quali prevale l'interpretazione teologica e spirituale. Per esempio: chi sono i Magi? Chi mai saprà dirci qualcosa di questi personaggi? Certamente nessuno. E siccome Matteo, che ci descrive l'episodio  di questi personaggi, non sa dirci che pochissime cose; nessuno, quindi, è autorizzato a fantasticare su di loro, perché il nucleo storico che pure doveva esserci, è difficilmente ricostruibile.

Di qui l'interesse che hanno gli evangelisti Matteo e Luca nel riproporci alcuni episodi dell'infanzia, in cui il nucleo storico si riduce a ben piccola cosa, ma il più è interpretazione e meditazione.

In conclusione i racconti dell'infanzia di Gesù di Luca sono un insieme di testi dell'AT. Possiamo citare alcuni esempi: Lc. 1,12 (Dan. 10,7.12); Lc. 1,16ss (Mal. 3,1.4ss); Lc. 1,19 (Dan. 9, 20-23); Lc. 1,28.32 (Zc. 3, 14-17); Lc. 1,35 (Es. 40,35); Lc. 1, 40-46.55 (2 Sm. 6); Lc. 1,42 (Giud. 5,24); Lc. 1,64ss. (Dan. 10,16ss); Lc, 1,76 (Mal. 3,1).

TORNA ALL'INDICEA   -   IL DITTICO DELL'ANNUNCIAZIONE (1, 5-56)

Questi due "annunci" qualificano il Vangelo, che è appunto un "lieto annuncio", ed è precisamente in questi due racconti che ricorre per la prima volta in Luca il termine "Vangelo", "lieto annuncio" (2,10). L'angelo dà l'annuncio a Zaccaria, a Maria, ai pastori.

Luca nel presentare l'avvenimento reale dell'annunciazione, ha voluto offrire un insegnamento teologico e la sua abilità sta nel mettere a confronto questi due episodi come se fossero due dittici, meglio due parti di un solo quadro: l'annuncio a Zaccaria e l'annuncio a Maria: la descrizione della nascita di Giovanni e di quella di Gesù: il cantico di Zaccaria e quello di Maria.

TORNA ALL'INDICE1.     L'annuncio della nascita di Giovanni Battista (1, 5-25)

Luca decide di iniziare tutta la sua opera ponendo in scena, nel tempio, il sacerdote Zaccaria. Avrebbe potuto benissimo cominciare, ad esempio, presentando Maria in preghiera con tutte le donne di Nazaret, poi dire che sua cugina Elisabetta (cfr. 1,36) era vecchia e sterile… Invece egli punta volutamente il riflettore su Gerusalemme e il suo tempio, sull'attesa di tutto il popolo. Che cosa significa questo?

Molti particolari della scena si riferiscono al passato, ai racconti dell'AT in cui sono narrati annunci di nascite straordinarie: l'apparizione dell'angelo del Signore e il timore dell'uomo di fronte a questa manifestazione del divino, il messaggio celeste seguito da un'obiezione o dalla richiesta di un segno, che tutto avverrà come annunciato.

Un modello letterario come questo si incontra già nel caso del concepimento di Ismaele (Gn. 16, 7-13), di Isacco (Gn. 17-18) e di Sansone (Giudici 13); sarà ripreso, nella scena che segue, per l'annuncio fatto a Maria. Notiamo che, sia in questi racconti dell'AT sia nelle due annunciazioni narrate da Luca, si tratta soprattutto di dialoghi, il cui elemento centrale è una rivelazione.

Inoltre, il racconto fa chiaramente allusione ad Abramo e a sua moglie Sara: l'età viene ad aggiungersi alla sterilità (Gn. 16-17). Come Abramo (Gn. 15,8), il vecchio sacerdote chiede un segno: "In che modo potrò conoscere questo?". Ma per quale motivo l'angelo ritiene che Zaccaria, ponendo la stessa domanda di Abramo, si dimostra incredulo? Secondo alcuni perché egli sa già dalle Scritture, che sterilità e vecchiaia non rappresentano ostacoli per Dio, che in passato, appunto, ha concesso dei figli ai patriarchi. Per altri, come vedremo nel commento alle singole espressioni, qui si parla di una visione estatica.

“Nei giorni di Erode”: si tratta di Erode il Grande, che regnò poco meno di 40 anni e morì nel 4 a.C. Perciò l’anno zero della nostra èra cristiana non coincide con la nascita di Gesù, che invece va collocata, anno più anno meno, verso il 5 a.C. Luca non era in grado di fornirci una data più accurata, o forse non aveva interesse a farlo. E’ però pienamente consapevole di raccontarci un fatto reale, che si colloca in un tempo e in un luogo.

"Zaccaria": il nome significa: "Jahwé si è ricordato". Egli appartiene all'ottava classe dei sacerdoti, quelli che discendevano da Abia, uno dei ventiquattro nipoti del primo sommo sacerdote, Aronne (1 Cron. 24,10).[7]

"Elisabetta": il suo nome significa "Dio ha giurato (di proteggerci)". Essa era una parente di Maria, benché non si conosca il grado esatto di parentela (1,36). La coppia non aveva figli. Questo versetto di apertura si richiama alle numerose donne illustri d'Israele che erano rimaste sterili per lungo tempo: Sara (Gen. 15,3; 16,1); Rebecca (Gen. 25,21); Rachele (Gen. 29,31); Anna (1 Sam.1,2).

"Erano tutti e due giusti": diversamente dai farisei (Lc. 16,15), essi erano costantemente fiduciosi in Dio per il compimento delle sue promesse ed erano sempre disposti a essere guidati dalla sua volontà (At. 3,14; 7,25).

"Una grande moltitudine": ciò è un'indicazione che si trattava dell'offerta vespertina dell'incenso più che di quella mattutina.

"L'angelo del Signore": è una figura veterotestamentaria di messaggero (Gen. 16,10; 22,11.15.16; Es.3,2; Sam. 24,16). Il racconto dell’Annunciazione ricalca i motivi più comuni delle annunciazioni dell’AT: l’angelo del Signore, il turbamento e il timore dell’uomo di fronte al messaggio di Dio, l’assicurazione della presenza divina, la richiesta di un segno. Sono tratti che secondo l’AT accompagnano il manifestarsi abituale di Dio all’uomo, e che troveremo anche nel successivo racconto dell’annuncio a Maria. Questo parallelo con la letteratura veterotestamentaria rende estremamente difficile individuare e fissare il nucleo storico del documento teologico lucano.

"Non temere": queste parole introducono frequentemente una grande azione redentrice di Dio (Gen. 15,1; Gs. 1,9; Is. 41,1.4). Le parole dell'angelo ripetono una formula per la nascita assai comune nella Bibbia: Gen. 6,11; Giud. 13,3; Is. 7,14.

"Giovanni": il suo nome significa. "Jahwé ha mostrato il suo favore", un nome che simboleggia il ruolo di Giovanni nell'economia salvifica di Dio.

"Gioia e allegrezza": segni indicativi dell'era messianica: Sal. 96,11ss; 97,1.8; 126,2.5; Is. 12,6; 25,9.

"Davanti al Signore": questa preposizione ricorre 22 volte in Luca e 13 volte in Atti e in nessun altro passo nei vangeli (salvo in Gv. 20,30): un'indicazione che Luca ha rielaborato il vangelo dell'infanzia.

"Né vino né bevanda inebriante": il fanciullo sarà consacrato come un nazireo prima della nascita (Num. 6, 1-21). Una caratteristica ancora più importante del nazireo era la disposizione che non si tagliasse i capelli (1 Sam. 1,11, At. 18,18; 21, 23-26), ciò che non viene menzionato nel caso di Giovanni Battista. E' possibile che Luca abbia adattato qui il linguaggio di un brano più antico del racconto di Sansone (Giudici 13,14) come può darsi che il voto di nazireato - piuttosto imprecisato nella storia - potesse assumere forme differenti, come la vita ascetica praticata a Qumran.

"Fin dal seno di sua madre": come un secondo Geremia (Ger. 1,3). Questa immagine proclama che ogni azione del Battista era iniziata e sostenuta da Dio; nessun altro, perciò, era meglio adatto al ruolo di precursore di Gesù.

"Pieno di Spirito Santo": il riferimento non è alla terza persona della Trinità ma a Dio in quanto esercita un potere salvifico straordinario.

"Ricondurrà": il riferimento potrebbe essere o al ruolo sacerdotale di riconciliazione oppure al tema dell'Esodo, del ritorno alla terra promessa (Is. 40,3ss.; Mal. 2,6; 3,1.24).

"Lo spirito e la potenza di Elia": l'attribuzione dello spirito di Elia al Battista è evitata in maniera singolare da Luca, eccetto nei racconti dell'infanzia: un'altra indicazione che l'autore originale di questi ultimi non fu Luca. Secondo la tradizione giudaica (Mal. 3,23) il ritorno di Elia doveva precedere e preparare l'era messianica. Giovanni Battista sarà "Elia che deve venire" (Mt. 17, 10-23; Lc. 9,30). Sembra che il concetto qui espresso sia che i membri del popolo non si comporteranno più come "padri" fieri e indipendenti, ma come "figli" devoti e obbedienti. Il parallelo qui è tra padri (i disobbedienti) e figli (la saggezza dei giusti).

"Come posso conoscere questo?": la domanda di Zaccaria è simile al quesito di Abramo (Gen. 15, 3-5). Chiedere un segno si accorda perfettamente con la prassi biblica (Gen. 15,8, Giud. 6,36ss.; 2 Re 20,8), a volte è Dio stesso che offre un segno (Es. 3,12, Is. 7,11). Il conseguente castigo inflitto a Zaccaria, pertanto, sorprende alquanto. Il castigo, comunque, era solo temporaneo e mitigato dalla gioiosa attesa di un figlio. Abbiamo anche la sensazione che qui si alluda a qualcosa di simile a una gioia estatica, troppo intensa per poter essere esternata con parole: Dan. 10,15ss., Lc. 24,41. Questa è l'impressione lasciata nel popolo nel v. 22.

"Questo lieto annunzio": il greco "euaggelizo" allude a Is. 40,9; 52,7 e al ruolo del Battista nella salvezza messianica.

"Se ne tornò a casa sua":  la conclusione è simile a quella del racconto di Anna (1 Sam. 1,19ss.). Zaccaria viveva nella regione della tribù di Giuda (v. 39); una tradizione antica localizza la sua casa a "Ain Karim", a circa 6,5 Km. da Gerusalemme.

"Si tenne nascosta": forse Elisabetta si è appartata per lo stesso motivo per cui suo marito rimase senza parola, sopraffatta dalla gioia per un evento così incredibile.

"Cinque mesi": è lo stile di Luca di rivolgere l'attenzione al prossimo evento ancor più meraviglioso.

"La vergogna": cfr. Gen. 30,23; 1 Sam. 1,.8.11. Secondo la mentalità del tempo, l’assenza di figli appariva come una vergogna, una sorta di castigo.

TORNA ALL'INDICE2.     L'annuncio della nascita di Gesù (1,26-38)

Questo annuncio è parallelo a quello precedente. Non è dalla Bibbia - dove non se ne parla mai - che Luca ha attinto un tale procedimento, ma dalla letteratura ellenistica[8]. Il genere letterario adottato da Luca ci fa andare alla ricerca non tanto delle somiglianze quanto delle differenze, lo scopo è quello di far scoprire quale dei due bambini è superiore all'altro. Lo schema degli annunci permette di costatare la distanza che c'è tra Gesù e Giovanni.

Certo la scena non si svolge nello scenario prestigioso dl tempio, ma più modestamente "in una città della Galilea", in una casa privata. Che la rivelazione sia fatta alla futura madre e non più al padre costituisce una differenza poco rilevante: i modelli dell 'AT possono infatti mettere in scena una donna. Molto più significativa è la verginità di Maria. Per dono di Dio, Elisabetta ha concepito un figlio da suo marito; Maria è soltanto sposa promessa, non ha ancora potuto condurre vita comune con Giuseppe e concepirà senza unione sessuale. Se la nascita di Giovanni è straordinaria, quella di Gesù lo è ancora di più.

La verginità di Maria spiega anche un'importante differenza nello schema dell'annuncio. La giovane donna muove un'obiezione al messaggio celeste ponendo una domanda analoga a quella del sacerdote Zaccaria: "Come avverrà questo, poiché io non conosco uomo ( = non ho rapporti sessuali")? (v. 34). Ora, questa volta, l'angelo non la riterrà assolutamente una mancanza di fede; egli risponde alla domanda senza farvi obiezione e dà a Maria un segno che, al contrario di quello ricevuto da Zaccaria, non costituisce un castigo: la sua parente è incinta.

Il fatto è che Maria si trova di fronte a una situazione radicalmente nuova nella Bibbia la quale non parla di concepimento senza unione sessuale, mentre il marito di Elisabetta conosceva perfettamente la storia di Abramo, identica alla sua.

Le due annunciazioni parallele divergono, quindi, su questo punto, e al silenzio forzato del sacerdote si oppone la docile accettazione della "serva del Signore" che si sottomette alla "parola"; in questo modo, la "parola" è adempiuta. Maria si definirà di nuovo col nome di "serva" in 1,48: una parola che Luca adopera altrove per designare i membri della Chiesa (At. 2,18, 4,29; 16,17).

Nel gioco delle uguaglianze e delle differenze il racconto dell’annuncio a Maria assume toni e colori che altrimenti non avremmo notato.

Il primo quadro è sostanzialmente celebrativo. Zaccaria ed Elisabetta sono descritti come “giusti davanti a Dio” e osservanti rigorosi di tutte le leggi del Signore. Nulla di celebrativo, invece, nel secondo quadro. Nessun cenno alle virtù di Maria, né alla sua preghiera, né alla sua attesa. Tutto è dalla parte di Dio, pura grazia.

Nel primo quadro è l’osservanza della legge che viene premiata, nel secondo è la grazia che viene proclamata. La legge e la grazia: due parole che già dicono la differenza fra l’antico e il nuovo. Lo scenario del primo quadro è grandioso e solenne: nel tempio, durante una liturgia, un sacerdote nell’esercizio della sua funzione, sullo sfondo il popolo in attesa. Il secondo quadro è privo di ogni scenario, come già si è avuto modo di notare.

Il confronto mostra, dunque, un continuo alternarsi di grandezza e piccolezza, solennità e semplicità, che già lascia intravedere i tratti nuovi e inconfondibili del volto di Dio che si è manifestato in Gesù di Nazaret. Da una parte il divino si mostra con tratti di grandiosità e solennità, dall’altra si mostra nella più assoluta semplicità, e proprio per questo svela un volto inatteso e sorprendente. Da una parte l’osservanza della legge, dall’altra la grazia. Da una parte l’uomo che entra nella casa di Dio, dall’altra Dio che entra nella casa dell’uomo.

"Sesto mese": dal concepimento, cioè, del Battista.

"Nazaret": una città insignificante, mai menzionata nell'A.T. disprezzata dagli stessi palestinesi del tempo di Gesù (Gv. 1,46) e abitata da gente gelosa e materialista (Lc. 4, 23-30).

"Vergine": Luca pone due volte l'accento sulla verginità di Maria.

"Maria": "Mirjam" significa "esaltata". Giuseppe, fidanzato di Maria, sembra essere stato di origine giudaica, forse un abitante di Betlemme. Attraverso Giuseppe, pertanto, in quanto suo padre legale, e non attraverso Maria, Gesù eredita una rivendicazione al trono di Davide.

"Ti saluto": (chaire), sullo sfondo di Sof. 3,14-17;  Zc. 9,9; Gl 2,21 questo saluto assume il significato di un invito alla gioia: “gioisci”. Nei passi citati è invitata a gioire la figlia di Sion. Prima di chiamare a una missione, Dio invita alla gioia. La “lieta notizia” precede sempre ogni missione. Il contenuto della lieta notizia è detto subito dopo: la certezza della presenza del Signore (“il Signore è con te”) e il suo amore gratuito e fedele.

"Piena di grazia": (kecharitomene) il verbo dice fondamentalmente l’amore gratuito. La forma passiva suggerisce che il soggetto è Dio, il tempo perfetto che si tratta di un’azione stabile. Si può perciò tradurre con “amata gratuitamente e stabilmente”.

"Il Signore è con te": vedi Es. 3, 11-12 (Mosè), Gdc. 6, 11-16 (Gedeone), Ger 1. Affidando una missione, Dio assicura sempre la sua presenza, che tuttavia non sottrae alle difficoltà né alle debolezze. Alcuni manoscritti greci secondari (il Codice Alessandrino, un manoscritto di Sant' Efrem, ecc…) aggiungono: "Tu sei benedetta fra le donne".

"Concepirai un figlio e lo chiamerai Gesù": Maria comprese che l'angelo le stava annunziando che suo figlio sarebbe stato divino, la seconda persona della santissima Trinità? Andrebbe ricordato quanto segue: innanzitutto Luca non sta scrivendo il diario del giorno dell'annunciazione, ma un vangelo di salvezza. In secondo luogo, Maria in quanto "donna del popolo" non era certo abituata a pensare nei termini filosofici più tardivi di persona e natura (Gesù è una persona, ma ha due nature: divina e umana) e sarà stata invece impressionata dalla potenza e dall'infinità bontà divina nelle parole e nelle opere di Gesù. Il racconto dell'infanzia, composto in un periodo post-pentecostale suggerisce abbastanza chiaramente la divinità di Gesù. Il testo lucano si ispira a Zc. 3, 14-17 e Gioe 2, 21-27 nel descrivere l'era messianica e la presenza di Dio in mezzo al suo popolo. L'AT non afferma la presenza di Dio in una persona umano-divina, ciò che invece fa Luca applicando molto accuratamente i testi a Gesù.

"Non conosco uomo": il fidanzamento di Maria con Giuseppe indica che essa pensava a una vita matrimoniale normale. Gli studiosi, circa quest'obiezione di Maria, danno varie soluzioni:

1)     Maria, pensando che l'angelo parlasse di una concezione immediata, obiettò che i rapporti matrimoniali non erano permessi fino al termine dell'anno del fidanzamento.

2)     Un'opinione comunemente sostenuta da esegeti cattolici ritiene che Maria aveva fatto un voto di verginità perpetua già prima del suo fidanzamento con Giuseppe; Giuseppe avrebbe accettato il matrimonio a questa insolita condizione.

3)     Altri pensano che Maria decise di fare il voto di perpetua verginità al momento dell'annunciazione o a motivo del segno richiesto in Is. 7,14 oppure a causa dell'impellente necessità del mistero della divina maternità.

"Ti coprirà della sua ombra": l'ombra dello Spirito che copre Maria richiama la nube che riempì il tempio di Gerusalemme ((Es. 40,35; 1 Re 8,10). La discesa dello Spirito Santo di Dio (usato senza articolo) e la proclamazione del Figlio di Dio danno al versetto un tono apocalittico. Sia il tema del tempio che lo spirito escatologico esigono la verginità o la continenza, virtù richiesta dalla Bibbia nei fedeli e nei guerrieri (Lv 15, 16-18; 1 Sm 21,4; 2 sm 11,11). La verginità di Maria è in tal modo un richiamo alla lotta apocalittica della croce e all'ambiente liturgico della Chiesa primitiva.

"Nulla è impossibile a Dio": la verginità di Maria rivela una nuova dimensione e nuovo e profondo significato: quello della fiducia e dell'obbedienza totale a Dio, così come Osea raffigura Israele nel suo ruolo di vergine sposa di Dio (Is. 2,21).

“Eccomi!”: dice la prontezza dell’obbedienza. Secondo la Bibbia è questo “eccomi” che dice l’identità dell’uomo davanti a Dio. Il nome di Dio è: “Io sono colui che è qui con te”. Il nome dell’uomo è “Eccomi”.

“La serva del Signore”: è questo il terzo nome di Maria che compare nel racconto. Il narratore l’ha chiamata “Maria”, l’angelo “amata gratuitamente per sempre”, Maria chiama se stessa “serva”. Il primo è il nome dell’anagrafe: serve a distinguere Maria dalle altre donne. Il secondo è invece il nome davanti a Dio che svela la profonda identità (amata). Il terzo (serva) è il nome che dice la missione di Maria, il suo modo di stare davanti a Dio e agli uomini.


__________________________________________________

Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Nuova Discussione
 | 
Rispondi
Cerca nel forum

Feed | Forum | Bacheca | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 01:12. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com