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VANGELO DI MARCO

Ultimo Aggiornamento: 25/11/2008 11:40
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25/11/2008 11:37

- La crocifissione (15, 21-32)

Sembra che Mc. scriva non tanto un episodio di cui sia stato testimone oculare quanto una compilazione di dettagli setacciati da numerose narrazioni al riguardo che circolavano nella Chiesa primitiva. Egli cerca di dare informazioni sull'avvenimento ai cristiani convertiti dal paganesimo.<o:p></o:p>

"Costringono un certo Simone di Cirene": obbligano a compiere un servizio.<o:p></o:p>

"Padre di Alessandro e Rufo": cristiani sconosciuti, ma forse noti alla Chiesa di ex-gentili per la quale Mc. scrive il suo vangelo.<o:p></o:p>

"A portare la croce": alla persona condannata si faceva portare almeno il "patibulum" (il braccio orizzontale) e Gv. 19,17 lascia capire che Gesù lo portò. Che Simone sia stato costretto dai soldati romani ad aiutare Gesù è molto verosimile dopo il fatto della flagellazione (15,15).<o:p></o:p>

"Golgota": una forma grecizzata della parola aramaica che significa "cranio". Può darsi che il luogo sia stato così chiamato a causa di una collina a forma di cranio, ma il N.T. non fa alcuna menzione di una collina. Leggende tardive identificarono il posto come il luogo in cui fu sepolto il cranio di Adamo.<o:p></o:p>

"Vino mescolato con mirra": era un calmante.<o:p></o:p>

"Poi lo crocifissero": nei termini più semplici, viene riferito questo terribile gesto. Non c'è alcun tentativo di descrivere i dettagli strazianti.<o:p></o:p>

"Divisero le sue vesti": l'usanza romana di permettere ai soldati di prendere le vesti del prigioniero come bottino è colorata da un'allusione al Sal. 22,18. La spoliazione di Gesù è quindi presentata come l'adempimento dell'immagine veterotestamentaria del giusto sofferente del salterio. Gv. 19,24 invece ci offre un'interpretazione differente di questo fatto.<o:p></o:p>

"L'ora terza": circa le nove del mattino, che è in contraddizione con con Gv. 19,14 ("ora sesta", o mezzogiorno circa). L'indicazione marciana del tempo ha in sé qualcosa di artificioso e potrebbe riflettere una celebrazione liturgica della passione in qualche primitiva comunità cristiana più che non la sequenza cronologica degli eventi.<o:p></o:p>

"Il re dei Giudei": benché la formulazione vari leggermente in Mt. e Lc. l'iscrizione sopra la croce è sostanzialmente la stessa nei sinottici, che non sanno nulla delle tre lingue di cui si parla in Gv. 19,27. L'usanza romana si serviva dell'iscrizione per indicare la ragione della punizione.<o:p></o:p>

"Due ladroni": il termine greco "lestes" potrebbe significare anche "insurrezionisti" .<o:p></o:p>

"Scrollando il capo... i grandi sacerdoti": non soltanto i passanti (v. 29) e i crocifissi con lui (v. 32) ma anche i grandi sacerdoti scherniscono Gesù. I dileggi riferiti qui riflettono le accuse della scena del "processo" (distruzione del tempio e pretesa messianica).<o:p></o:p>

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- La morte di Gesù (15, 33-41)<o:p></o:p>

Il racconto scarno di Mc. continua come un ulteriore tentativo di offrirci delle informazioni e un'interpretazione dell'evento. Il suo carattere singolare viene messo in evidenza dai fenomeni straordinari che l'accompagnano.<o:p></o:p>

"L'ora sesta": mezzogiorno.<o:p></o:p>

"Si fece buio su tutta la terra": si può anche leggere: "sull'intera regione" (cioè la Giudea). L'oscurità che coprì la terra in Mc. è un tratto leggendario, non si dà alcuna spiegazione, e la parola non indica una grande oscurità. E' un simbolo dell' "ora delle tenebre" (Lc. 22,53).<o:p></o:p>

"All'ora nona": le tre pomeridiane.<o:p></o:p>

"Eloì, Eloì, lamà sabactanì": Mc traduce immediatamente il grido. Così com'è esso riflette una versione aramaica del Sal. 22,2. In quanto citazione di un salmo dell'A.T. questo grido non può essere senz'altro interpretato letteralmente come un espressione di disperazione reale, anzi Gesù applica a se stesso un passo dell'A.T. che sintetizza la sofferenza del giusto il quale si rivolge a suo Dio nella sofferenza e nello scoraggiamento causati dalla persecuzione. Usando il Salmo, Gesù non esprime la convinzione che la sua vita sia stata un fallimento e che pertanto Dio lo ha abbandonato; egli si identifica con un precedente biblico: il giusto perseguitato che ha confidato in Jahwè e ha trovato in lui la fonte del suo conforto e del suo definitivo trionfo.<o:p></o:p>

"Chiama Elia": il ritorno di Elia era atteso (Mc. 6,14; 8,28; 9,11, Mal. 3,1; 4,5); la credenza popolare considerava come uno dei suoi ruoli quello di soccorrere il giusto nella necessità (Sir. 48, 1-11). Non è facile spiegare l'errore d'interpretazione, di "Eloì" frainteso per Elijah". <o:p></o:p>

"Aceto da bere": la bevanda offerta a Gesù era vino aspro oppure aceto di vino, una bevanda poco costosa e dissetante usata dai poveri; era abbastanza buona se mescolata con acqua. A Gesù fu offerta una porzione della bevanda che i soldati avevano portato con sé. Ma la tradizione cristiana vide il gesto come un adempimento del Sal. 69,22 ("nella mia sete mi hanno dato aceto").<o:p></o:p>

"Gesù emesso un alto grido spirò": l'alto grido indica che la morte avvenne con violenza. Fu un grido di dolore? Nulla in Mc. e Mt. escluderebbe questo senso: Lc. 23,46 dopo aver soppresso il grido di Mc. 15,34 introduce a questo punto un'interpretazione ("Padre nelle tue mani raccomando il mio spirito"). Anche la solenne riflessione teologica di Gv. 19,30 ("Tutto è compiuto"), contrasta con la cruda realtà di Mc.<o:p></o:p>

"Il velo del tempio si squarciò in due": due tendine erano appese nel tempio di Gerusalemme: una davanti al "Santo", e un'altra immediatamente avanti al "Santo dei santi" per separarlo dal resto del tempio. Probabilmente l'evangelista allude a quest'ultima tendina. Ma esiste poi qui un riferimento a un reale velo materiale del tempio? L'osservazione così come si presenta potrebbe essere un'affermazione simbolica dell'evangelista a commento della morte di Gesù che inaugurò un nuovo modo di arrivare a Dio e significò la fine della sua inaccessibilità rappresentata dall'inviolabile Santo dei santi. Potrebbe essere una maniera marciana di esprimere ciò che Eb. 9,9ss. e 10,19 hanno formulato in una maniera più teologica. L'accesso a Dio si attua ora attraverso la morte di Cristo.<o:p></o:p>

"Quest'uomo era veramente Figlio di Dio": questo versetto è il punto culminante del vangelo di Marco: la piena rivelazione dell'identità di Gesù diventa pubblica. Il culmine raggiunto è in realtà duplice perché una manifestazione molto simile è contenuta implicitamente nella domanda del sommo sacerdote giudaico (14,61). Ora, in contrasto con quella incredulità, un pagano - un centurione dell'odiato esercito romano - fa l'ammissione che era stata lungamente attesa in tutto il vangelo di Mc. Naturalmente, una cosa è chiederci quale senso il centurione romano possa aver dato all'espressione "Figlio di Dio", e un'altra cosa è chiederci quale possa essere il senso ad essa attribuito dall'evangelista che ce lo riferisce. In Lc. 23,47 il centurione riconosce Gesù semplicemente come un "giusto", il che potrebbe essere più vicino alla valutazione originale. D'altra parte, un uomo della sua condizione sociale potrebbe aver usato nei riguardi di Gesù un titolo imperiale e aver detto che era "divi filius".<o:p></o:p>

"Maria di Magdala": quest'abitante della città galilaica di Magdala è probabilmente la stessa donna "dalla quale Gesù fece uscire sette demoni" (Lc. 8,2), che non si identifica, comunque, con la peccatrice di Lc. 7,37.<o:p></o:p>

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LA SEPOLTURA (15, 42-47)<o:p></o:p>

La descrizione della sepoltura di Gesù è una conferma della sua morte; e benché i dettagli siano riportati in vista del successivo episodio della tomba vuota, la narrazione non può essere un pezzo redazionale nel quale un pio giudeo dà a Gesù un'affrettata sepoltura e i suoi stessi discepoli non vi prendono alcuna parte.<o:p></o:p>

"Giuseppe d'Arimatea": Giuseppe appare qui come un pio giudeo, un membro in vista del Sinedrio, che spinto dalla sua devozione o perlomeno rispetto per le norme del Dt. 21,23 cercò di dare sepoltura a Gesù. Mt. ce lo presenta come un ricco discepolo di Gesù (cfr. Lc. 23, 50-51).<o:p></o:p>

"Il cadavere": Mc. usa il crudo termine greco "ptoma" = "cadavere", vale a dire ciò che è caduto.<o:p></o:p>

"Lenzuolo": o drappo funerario che non può essere così facilmente identificato con la Sindone di Torino.<o:p></o:p>

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LA TOMBA VUOTA. MESSAGGIO DELL'ANGELO (16, 1-8)<o:p></o:p>

La maggior parte degli esegeti ritiene che il racconto di Marco termini con il versetto 8, il resto fu aggiunto successivamente, sembrando il v. 8 una brusca e inspiegabile conclusione. I sinottici sono d'accordo nel riferire la scena della scoperta del sepolcro vuoto (Mt. 28, 1-10; Lc. 24, 1-12); dopo di che ognuno va per la sua strada e Mc. potrebbe terminare con il v. 8.<o:p></o:p>

I vv. 9-20 (la parte aggiunta successivamente) riassumono tradizioni che già conosciamo attraverso i vangeli di Lc. e Gv. Sono temi importanti, normali nella chiusura di un vangelo: le apparizioni di Gesù ai discepoli, la sua vittoria sulla loro incredulità e durezza di cuore, l'invio in missione, l'efficacia della loro parola; infine, l'affermazione della salita al Padre: la Risurrezione, che non è un ritorno alla vita, ma un balzo in una vita nuova, nella comunione col Padre.<o:p></o:p>

Il racconto è costruito con sobrietà: il viaggio delle donne al sepolcro, la sorpresa della pietra ribaltata, la presenza del messaggero celeste che annuncia le Risurrezione, l'incarico alle donne di riferire ai discepoli, il comando ai discepoli di recarsi in Galilea, il riferimento alle parole del Gesù terreno.<o:p></o:p>

Ma attraverso alcune piccole precisazioni Mc. ci rivela la sua intenzione di mettere in risalto la "sorpresa" delle donne. Si può dire che le donne passano di sorpresa in sorpresa, e la loro reazione è di disorientamento, di paura e di incomprensione.<o:p></o:p>

La prima sorpresa è la pietra ribaltata, ma il loro problema è superato dall'avvenimento! Sono donne piene di amore verso Cristo e hanno pensato a tutto, ma sono rimaste al di qua del vero significato di Cristo e della sua morte: la Risurrezione le coglie di sorpresa, esse sono rimaste ferme all'ora della morte di Gesù.<o:p></o:p>

C'è una seconda sorpresa: la presenza del messaggero celeste e il suo annuncio. La presenza del messaggero celeste fa parte del genere teofanico. E qui si tratta, appunto, di una teofania sul modello delle teofanie bibliche dell'A.T. Fedele in questo alla tradizione biblica, Mc. mostra che l'incontro con il divino - quando esso si rivela - suscita nell'uomo meraviglia e timore. Con l'espressione: "E' risorto!", l'angelo dà notizia dell'avvenuto miracolo e cioè che egli è intervenuto nella storia quando da un punto di vista umano tutto era finito. A questa notizia la reazione delle donne è la medesima: di stupore, paura e meraviglia.<o:p></o:p>

A questo punto siamo in grado di capire il v. 8 che ha attirato la nostra attenzione. Esso è la conclusione di un motivo che percorre tutto l'episodio e l'intero vangelo: <o:p></o:p>

Marco infatti non ha perso occasione, lungo il suo racconto, per ricordare l'incomprensione dei discepoli, il segreto messianico, il timore e la paura di fronte alle manifestazioni di Gesù. E' la reazione normale dell'uomo non solo di fronte al Gesù terreno, ma anche ora di fronte al Gesù risorto, di fronte alla Parola annunciata dalla comunità. Si direbbe una incomprensione invincibile. Ma non è così: se non altro, di fronte al disorientamento delle donne, c'è la fiducia di Dio che affida ad esse la sua promessa: "Andate, dunque, dite ai discepoli e a Pietro che egli vi precede in Galilea; là lo vedrete, come vi disse".<o:p></o:p>

L'incomprensione dell'uomo non arresta il piano di Dio. Le parole del messaggero suonano come una promessa, sono aperte sul futuro. L'avventura di Cristo continua, vittoriosa sulla cecità dei discepoli: di fronte alla incomprensione ancora perdurante degli uomini, rimane la promessa di Gesù che egli li precederà e che opererà egli stesso laddove gli uomini sono incapaci, che chiamerà ancora una volta, nonostante tutte le loro defezioni, i discepoli a seguirlo, e che andrà loro incontro, in modo che essi lo vedano.<o:p></o:p>

Se la conclusione del v. 8 ci è sembrata brusca, ora comprendiamo che è profondamente in sintonia con la tematica di Marco: la Risurrezione svela il vero significato della Passione. <o:p></o:p>

Marco afferma che il Signore risorto è lo stesso Gesù di Nazaret. La Risurrezione, quindi, manifesta il vero senso della vita terrestre del salvatore: una via che nascondeva la salvezza, la vittoria di Dio, il suo amore. Fra i due momenti - il Gesù di Nazaret e il Signore risorto - non c'è rottura, ma un rapporto che corre tra ciò che è nascosto e ciò che è svelato.<o:p></o:p>

La Risurrezione, in definitiva, è rivelazione della via di Gesù ma anche rivelazione dell'esistenza cristiana: la realtà salvifica è già presente e operante nel cristiano. Solo che l'uomo non sa vedere. I suoi occhi devono "aprirsi", e solo Dio può aprirli al suo mistero di salvezza. <o:p></o:p>

"Comprarono oli aromatici ": l'unzione di un cadavere era permesso dalle legge rabbinica.<o:p></o:p>

"Chi ci rotolerà il masso?": la loro domanda è giustificata dal peso enorme delle pietre circolari che venivano fatte rotolare su una pista scavata nella pietra e usate in Palestina per chiudere l'entrata delle grotte sepolcrali.<o:p></o:p>

"La pietra era già stata rotolata": Mc. non dice come; Mt. 28,2 ascrive ciò all'"angelo del Signore" venuto dal cielo a questo scopo.<o:p></o:p>

"Entrando nel sepolcro": cioè nella stanza o stanze che contenevano dei loculi per i corpi dei morti.<o:p></o:p>

"Videro un giovane vestito di bianco": la parola "giovane" si trova in 2 Macc. 3,26.33 e designa un angelo. Potrebbe essere stato questo il senso voluto qui da Mc.; in Mt. 28,5 è "un angelo" che rivolge la parola alle donne, cfr. Lc. 24,4. Il messaggio che Mc. ci vuol far pervenire, nella sua viva e pittoresca relazione, è che le donne compresero appieno il significato del sepolcro vuoto.<o:p></o:p>

"E' risorto, non è qui": in questo modo la semplicità marciana formula il fondamentale annuncio pasquale dei cristiani; la croce ha come sua fase finale il sepolcro vuoto.<o:p></o:p>

"Vi precede in Galilea": queste parole preannunciano le apparizioni galilaiche. Essi vedranno il Gesù risorto negli stessi luoghi nei quali videro le sue azioni e i suoi miracoli.<o:p></o:p>

"Erano piene di timore e spavento": tale è l'effetto del messaggio, cfr. Gen. 45,3.<o:p></o:p>

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APPARIZIONI DI CRISTO RISORTO (16, 9-20)<o:p></o:p>

Può darsi che Mc. abbia terminato il suo vangelo al v. 8, ma la conclusione strana di quel versetto e la sua brusca interruzione indicano che forse la finale reale del vangelo sia andata smarrita.<o:p></o:p>

Questa finale canonica (16, 9-20), la cui data non può risalire a prima del II sec. d.C. e che potrebbe essere agganciata a tradizioni della Chiesa primitiva diverse da quella marciana, viene solitamente divisa in quattro sezioni:<o:p></o:p>

1.     l'apparizione a Maria di Magdala (16, 9-11), <o:p></o:p>

2.     l'apparizione ai due pellegrini (16, 12-13), <o:p></o:p>

3.     l'apparizione agli undici (16, 14-18), <o:p></o:p>

4.     l'Ascensione e l'inizio della missione apostolica (16, 19-20). <o:p></o:p>

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L'apparizione a Maria di Magdala. (16, 9-11)<o:p></o:p>

Quanto a stile e linguaggio questi versetti si allacciano a una tradizione lucana o giovannea (Gv. 20, 11-18). Sono la relazione per nulla vivace della prima apparizione del Gesù risorto a Maria di Magdala (16,1), che corre poi a darne l'annuncio ai discepoli tristi e increduli.<o:p></o:p>

"Risuscitato al mattino": il participio greco usato qui è "anastas", una forma intransitiva che è in contrasto con il passivo "egerthe" di 16,6. La forma intransitiva rappresenta uno stadio posteriore nella coscienza cristologica della Chiesa primitiva quando l'atto del risorgere veniva attribuito più a Gesù stesso che non al Padre.<o:p></o:p>

"Erano in lutto": per la perdita del loro maestro.<o:p></o:p>

"Non credettero": c'è una certa ironia nel fatto che Gesù sia apparso per primo non ai suoi discepoli eletti, ma a una donna; Maria di Magdala (con le altre donne 16,1) divenne la prima annunciatrice della risurrezione.<o:p></o:p>

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L'apparizione ai due pellegrini (16, 12-13)<o:p></o:p>

Questi versetti richiamano alla mente del lettore l'episodio di Emmaus di Lc. 24, 13-35; servono a sottolineare nuovamente l'incredulità dei discepoli dopo la risurrezione.<o:p></o:p>

"Dopo ciò": la frase greca "meta tauta" (dopo queste cose), comune in Gv. non è usata in Mc.<o:p></o:p>

"Sotto altro aspetto": lett. "in un'altra forma", il termine "morphè" indica le sue sembianze esterne. Questa e altre relazioni evangeliche (per es. Gv. 20,14.19) sono la base della diffusa convinzione che il Gesù Risorto si sia presentato alla Chiesa primitiva in sembianze che non erano completamente identiche a quelle del suo ministero terrestre (cfr. 1 Cor. 15, 35-41).<o:p></o:p>

"In cammino per andare nella campagna": Lc. 24,15.<o:p></o:p>

"Ritornarono ad annunziarlo": Lc. 24,35.<o:p></o:p>

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L'apparizione agli undici (16, 14-18)<o:p></o:p>

Questo brano riecheggia passi di altri vangeli quali Lc. 24, 36-49; Gv. 20, 19-23; Mt. 28, 16-20. L'apparizione forma un crescendo in questa finale, come appare dai termini "proton" (prima) in 16,9; "hetera" (dopo) in 16,12; e "hjsteron" (infine) in 16,14. Il crescendo è creato anche dal rimprovero indirizzato ai discepoli, punto culminante delle informazioni sulla loro incredulità.<o:p></o:p>

"Andate in tutto il mondo": una versione indipendente di Mt. 28, 18-20. Non si può fare a meno di rilevare l'universalismo.<o:p></o:p>

"Sarà salvo": le condizioni sono la fede e il battesimo (come in Mt. 28,18). L'annuncio della buona novella porterà o la vita o la morte agli uomini, a seconda della loro risposta di fede o di incredulità. Gli uomini di tutti i tempi devono fare una loro scelta.<o:p></o:p>

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L'Ascensione e l'inizio della missione apostolica (16, 19-20).<o:p></o:p>

Come Lc. 24, 50-51 questa finale canonica di Mc. colloca l'esaltazione di Gesù alla gloria celeste (quello che noi chiamiamo normalmente l'ascensione), nel giorno stesso di Pasqua. E' l'adeguata conclusione alle apparizioni riportate in questa finale.<o:p></o:p>

"Dopo aver parlato con loro": l'intervallo, stando all'interpretazione più normale di questa frase, deve essere stato molto breve.<o:p></o:p>

"Fu assunto in cielo": qui viene nuovamente usato il "passivo teologico", e cioè "preso su" da Dio.<o:p></o:p>

"Sedette alla destra di Dio": la frase è tratta dal Sal. 110,1 già citata in Mc. 12,36.<o:p></o:p>

"Allora essi partirono e predicarono": essi partirono da Gerusalemme e portarono la "parola del Signore" a tutti gli uomini.<o:p></o:p>

"Mentre il Signore operava con loro": è il Gesù glorioso e risorto che viene qui presentato come colui che coopera con gli sforzi dei suoi discepoli e rappresentanti nella propagazione del regno che veniva proclamato con la "parola". La "parola" non è altro che il vangelo con cui la composizione marciana ebbe inizio (1,1).

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