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Dizionario delle più grandi eresie

Ultimo Aggiornamento: 27/11/2008 18:42
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27/11/2008 18:31

Gallicanesimo- Il gallicanesimo non è nè una setta nè propriamente un’eresia ma un insieme di tendenze contrarie alle prerogative pontificie in Francia. La sua dottrina è compendiata nei quattro articoli della Declaratio cleri gallani votata il 19 marzo 1682 nell’Assemblea generale del clero a Parigi:

1) il Papa ha soltanto giurisdizione spirituale; i re e i principi negli affari temporali, sono assolutamente indipendenti dalla Chiesa;

2) il Concilio è superiore  al Papa;

3) l’autorità pontificia nelle cose spirituali deve essere moderata secondo i canoni e anche secondo le regole e le istituzioni e le costumanze del regno e della Chiesa di Francia;

4) al Papa spetta la preminenza nelle questioni di fede, però le sue sentenze e i suoi decreti non sono irreformabili senza il consenso di tutta la Chiesa.

La Declaratio cleri gallicani fu condannata da Innocenzo XI l’11 Aprile 1682 e di nuovo da Alessandro VIII  il 4 agosto 1690; revocata da Luigi XIV nel 1693 fu poi, alla morte del re, rimessa in vigore dal Parlamento di  Parigi. La definizione del Concilio Vaticano del 1870 sulla potestà e

sulla infallibilità del Papa diede il colpo di grazia al gallicanesimo.


Giansenismo
- Cornelius Janssen (1585-1638), vescovo di Ypres in Olanda, lasciò alla sua morte un libro l’Augustinus che fu pubblicato due anni dopo nel 1640. Le dottrine in esso contenute erano state maturate fin dal 1620, quando già professore a Lovanio, Giansenio scrisse all’amico francese Duvergier de Hauranne, abate di Saint Cyran annunziandogli di aver scoperto la vera dottrina di sant’Agostino sulla grazia e sulla predestinazione. L’opera fu subito condannata dall’Inquisizione del 1641 e l’anno dopo da Urbano VIII; essa però trovò ardenti difensori a Parigi, in Duvergier De Hauranne e Antonio Aranuld, dietro i quali stava tutto il monastero di Port-Royal che ne divenne quasi una fortezza inespugnabile. Innocenzo X con la bolla Cum occasione del 31 maggio 1653 condannò cinque proposizioni estratte dal libro di Giansenio. Due anni dopo, Antonio Arnauld, con la Seconda lettera a un duca e pari, pur accettando la condanna delle cinque proposizioni sostenne che esse non si trovavano nel libro di Giansenio o che non corrispondevano al senso inteso da lui (questione di diritto  e non di fatto). Alessandro VII, con la costituzione Ad sacram beati Petri sedem del 16 ottobre 1656 decise anche per la questione di fatto, dichiarando che le cinque proposizioni erano statate estratte dal libro di Giansenio e condannate nel senso inteso da lui. La controversia tra giansenisti e cattolici divenne più accesa con l’iscita delle Provinciali di Pascal (1656-1657)e, poichè non accennava  a smorzarsi, l’Assemblea del clero propose un formulario da firmarsi da tutti i membri del clero, dei monasteri e dei conventi del regno.

Le religiose di Port- Royal resistettero e furono scomunicate. La pace clementina sopì la controversia, ma pochi anni dopo, col Compendio della morale del Vangelo dell’oratoriano Pascasio Quesnel (1634-1719) ripreso e sviluppato nei quattro tomi di Il nuovo Testamento con riflessioni morali, il giansenismo riapparve ancor più forte e pericoloso. Clemente XI  con la costituzione  Vineam Domini del 16 luglio 1705 rinnovò le condanne precedenti e precisò che il silenzio ossequioso sostenuto dai giansenisti non bastava, ma ci voleva l’adesione interna. Con la costituzione dommatica Unigenitus dell’8 settembre 1715 furono condannate cento-un proposizioni di Quesnel. I giansenisti insorsero a tutt’uomo e appellarono al concilio generale (donde il nome di appellanti). Da questo movimento degli appellanti sorse la Chiesa giansenista scismatica di Utrecht nel 1723, la quale attualmente conta circa diecimila  fedeli, una trentina di sacerdoti e tre vescovi.

Nel Setttecento il giansenismo trovò seguaci anche in Italia; tra essi il più famoso è Scipione de’ Ricci che tenne il Sinodo di Pistoia nel 1786 e fu condannato con la bolla Auctorem fidei del 28 agosto 1794. La dottrina giansenista  è riassunta nelle cinque proposizioni condannate nel 1653:

1) alcuni precetti divini sono impossibili a osservarsi da parte delle anime giuste, nonostante i loro desideri e i loro sforzi, e manca a queste anime la grazia che ne renderebbe possibile l’osservanza;

2) nello stato di natura decaduta non si resiste mai alla grazia interiore;

3) per meritare e demeritare nello stato di natura decaduta non si richiede la libertà interiore; è sufficiente la libertà esteriore o assenza di costrizione;

4) i semipelagiani ammettevano la necessità di una grazia interiore preveniente per tutti gli atti, anche per l’inizio della fede; la loro eresia consisteva nel credere che questa grazia fosse di natura tale che la volontà potesse a suo arbitrio resistervi o obbedirvi;

5) è semipelagiano affermare che Cristo è morto e ha versato il suo sangue per tutti gli uomini. Il giansenismo dunque affermava che l’uomo dopo il peccato originale è radicalmente corrotto nelle sue facoltà naturali, non è internamente  libero di fare il bene, perchè tiranneggiato dalla concupiscenza che lo induce necessariamente al peccato, e se, d’altro canto, opera il bene è perchè non può resistere alla grazia, la quale quando è data è sempre necessitante, irresistibile , ed è concessa soltanto ai predestinati, a coloro cioè per i quali Cristo è morto sulla croce. Di conseguenza: “i pagani, i giudei, gli eretici e altri di questo genere non ricevono da Cristo alcun influsso”; ogni amore delle creature è sempre concupiscenza e perciò peccaminoso, e ogni atto che non è mosso dall’amore perfetto e diretto a Dio è un atto immorale: “tutto ciò che non proviene dalla fede soprannaturale che opera per l’amore è peccaminoso”.

Nella storia del giansenismo nota il Cayrè, devono distinguersi due fasi principali: nella prima, il giansenismo è innanzitutto un sistema teologico intorno alla grazia e alla predestinazione, nella seconda fase invece diventa un partito d’opposizione politica parlamentare, filosofico-religiosa durante un periodo di tempo che va dagli ultimi anni del secolo XVII e che dura, con alterne vicende, fino alla Rivoluzione francese.

Gioacchimiti- Seguaci dell’abate cistercense  Gioacchino da Fiore, morto il 20 marzo 12020, autore di un commento all’Apocalisse, Apocalypis nova in cui annunziava come prossimo l’inizio della nuova era tutta spirituale dello Spirito Santo, dopo quella della Legge o del Padre nell’Antico Testamento e quella del Figlio nel Nuovo Testamento. L’inizio di questa era spirituale, nella quale avrebbe dominato il Vangelo eterno con la scomparsa nella Chiesa d’ogni contaminazione temporale, era fissato per il 1260. Le idee gioacchimite furono condannate nel IV Concilio del Laterano del 1215.

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