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Dizionario delle più grandi eresie

Ultimo Aggiornamento: 27/11/2008 18:42
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27/11/2008 18:36

Modernismo- Fu tra la fine del secolo XIX e i primi del secolo XX un tentativo di adattare la immutabilità del dogma cattoico allo spirito razionalista dei tempi. I suoi maggiri rappresntanti furono l’abate Alfredo Loisy in Francia, l’ex gesuita Tyrrell in Inghilterra, H. Schell in Germania, Romolo Murri ed Ernesto Buonaiuti in Italia. Alla condanna tempestiva delle sessantacinque proposizioni modernistiche col decreto Lamentabili Pascendi (8 settembre) la quale prendeva di fornte il modernismo con una così chiara e sistematica esposizione dei suoi errori che meravilgiò gli stessi modernisti. Senza fare alcun nome, l’enciclica dava il ritratto tipo del modernista considerato come filosofo, come credente , come teologo, come critico, come apologista e come riformatore. Come filosofo, il modernista parte dall’agnosticismo kantiano e positivistico; non sappiamo nulla di Dio, della sua esistenza e dei suoi attributi, e quel qualcosa che ne conosciamo lo sappiamo attraverso la religione che è rivelazione di Dio nell’intimo del cuore, sentimento istintivo dell’anima che ha bisogno di u ideale per vivere. Come credente, il modernista si attacca al Dio che gli si rivela nella coscienza e di cui ha una esperienza interiore (immanentismo); la religione perciò è un fatto puramente soggettivo. Come teologo, il modernista descrive la propria fede, la fede soggettiva, ricorrendo alle idee del suo tempo, inventando formule chsi trasmettono e diventano tradizionali (dogmi) ma che non corrispondono ad alcunchè di oggettivo e sono quindi mutevoli come sono mutevoli le idee del tempo. Come storico, il modernista per dando valore ai testi, li interpreta e manipola secondo i suoi concetti filosofici e teologici; quindi dichiara impossibile il miracolo e purga it estid i tutto ciò che appare come soprannaturale; fa cioè una storia critica e scientifica. Con questa storia critica e scientifica il modernista crede di fare l’apologista della religione, conciliando il cristianesimo con lo spirito razionalista moderno,e tenta una riforma della Chiesa nei suoi dogmi senza uscire dalla Chiesa. A parte alcune spodariche resistenze all’Enciclica di san Pio X, la condanna romana troncò una “somma di eresie” che si dimostrava una delle più pericolose della storia della Chiesa.

Monofisismo- Il monofisismo o dottrina dell’unità fisica tra la natura umana e la natura divina in Cristo, ebbe come primo assertore Eutiche, archimandrita d’un grande monastero di Costantinopoli. Era stato un deciso avversario di Nestorio, ma intestardito a voler prendere alla lettera ma senza capirle alcune formule poco felici e imprecise di san Cirillo Allessandrino sull’unità di perseona in Cristo, sostenne che prima dell’Incarnazione  c’erano due nature in Gesù Cristo ma che nell’Incarnazione la natura umana era stata assorbita dalla natura divina. Denunciato da Eusebio di Dorilea al patriarca di Costantinopoli  Flaviano, questi lo invitò a scolparsi davanti a un sinodo che nel 448 lo scomunicò e lo depose. Eutiche fece appello al Papa e continuò a propagandare la sua eresia, forte dell’appoggio di Dioscoro, vescovo di Alessandria, e dell’imperatore Teodosio II, che radunò un Concilio a Efeso nel 449. Il papa san Leone Magno inviò al Concilio tre legati con una Instructio dogmatica, nota col nome di Tomo a Flaviano, nella quale si affermava con precisa chiarezza l’unità di persona e la duplice natura di Cristo. Ma il Concilio presieduto da Dioscoro e sorvegliato da bande armate di monaci fedeli a Eutiche non tenne conto delle direttive di papa Leone, riabilitò Eutiche e depose i vescovi che gli erano contrari. Il Papa radunò subito un sinodo a Roma, che condannò la precedura di Efeso come un atto di brigantaggio (latricinium ephesinum). L’anno dopo, morto Teodosio II, Marciiano suo successore, d’accordo col Papa, convocò un Concilio a Calcedonia che si tenne nel 451 sotto la presidenza dei legati del Papa; fu definito il dogma controverso con questi termini: “Uno solo e medesimo Cristo, figliuolo unico, in due nature senza mescolanza, senza trasformazione, senza divisione”. I monofisti però non disarmarono e contunuarono a tener desto il campo cattolico per parecchi secoli; alcuni si costituirono in chiese separate non solo da Roma ma dalla stessa “ortodossia”, nella Siria, nella Mesopotamia, nell’Egitto e nell’Armenia.

Monotelismo-  Agli inizi del secolo VII, per conciliare eretici monofisiti e cattolici ortodossi, Sergio patriarca di Costantinopoli (610-638), propose la dottrina che afferma una sola volontà o attività in Cristo. I monofisiti dell’Egitto, con a capo Ciro patriarca di Alessandria, e quelli dell’Armenia accettarono, gli uni nel 633 e gli altri nel 634, la dottrina di Sergio. Immediatamente san Sofronio, vescovo di Gerusalemma, denunziò l’eresia con la Lettere asinodale di intronizzazione del 634, diretta a papa Onorio; ma Sergio riuscì a guadagnare il Papa alla sua causae, forte di questo appoggio, fece pubblicare dall’imperatore Eraclio l’Ectesi, una professione di fede di tendenza monotelita (638). Contro l’Ectesi si levarono proteste in Occidente e in Oriente, sicchè Costante II (641-668) successore di Eraclio, fu costretto (648) a ritirare l’Ectesi e a sostituirla con un nuovo decreto, il Tipo, col qual esi imponeva il silenzio sulla questione della unica o duplice volontà di Cristo. Nel 649 papa Martino I riunì un Concilio nel Laterano, condannò tanto l’Ectesi che il Tipo e impose la dottrina delle due volontà e della duplice operazione in Cristo; l’imperatore fece allora arrestare il Papa e lo mandò in esilio nel Chersoneso dove morì nel 655. La lotta però contro il monotelismo non cessò, e san Massimo il Confessore (580-662) ne divenne il campione. Con Costantino IV Pogonato (668-686) si ebbe una distensione. L’imperatore d’accordo con papa Agatone (678-681) convocò un concilio a Costantinopoli (VI ecumenico, 680-681), nel quale venne definitivamente liquidata la questione del monotelismo:”Conveniva, dice il Concilio, che la volontà della carne fosse mossa della volontà divina e che le fosse sottomessa. Come infatti la carne è veramente la carne del Verbo divino così la volontà naturale della carne è la volontà propria del Verbo divino”.

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