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Dizionario delle più grandi eresie

Ultimo Aggiornamento: 27/11/2008 18:42
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27/11/2008 18:40

Pelagianismo- Sostenuta dal monaco bretone Pelagio, da cui prese il nome, diffusa da Celesio in Siclia, in Africa e in Palestina, e sistematizzata poi dal vescovo campano Giuliano d’Eclano, quest’eresia sorta nei primi anni del secolo V minò il cristianesimo alla base. Essa sosteneva la naturale capacità dell’uomo a ottenere la salvezza col suo uso della ragione e della libertà e senza l’intervento soprannaturale di Dio, e negava insieme alla sostanza e alle conseguenze del peccato originale la assoluta necessità  della grazia per le opere soprannaturali. Il peccato originale, nel senso inteso dalla Chies, per Pelagio non esisteva; l’uomo infatti nasce senza alcuna macchia, con una perfetta integrità di natura simile a quella con cui Adamo uscì dalle mani del Creatore; il peccato del primo uomo non portò alcun nocumento nè alcuna conseguenza nella posterità, fu però un cattivo esempio, e intanto si potrebbe parlare di peccato originale in quanto glu uomini peccanno a somiglianza di Adamo. Di conseguenza: nè il battesimo è di assoluta necessità per la vita eterna- è però richiesto per far parte della Chiesa -, nè è necessaria la grazia per le opere soprannaturali, e neppure la Redenzione deve essere considerata come un riscatto. La grazia è soltanto una illuminazione interiore; non agisce sulla nsotra volontà e non trasforma la nostra anima; la Redenzione è semmai un richiamo, un invito a una vita superiore, ma comunque rimane sempre steriore, non crea cioà nulla dentro di noi. Cià alle prime avvisaglie dell’eresia, portata in Africa nel 310 da Celesio, il Concilio cartaginese del 311 scomunicò  Celestio e lo costrinse a riparare in Palestina, dove già si trovava Pelaigo suo amico. Se in Palestina l’eresia trovò dei vescovi compiacenti, in Africa invece la lotta, condotta da sant’Agostino, si fece serrata e portò alla condanna dell’eresia nel Concilio milevitano del 316 e nel Concilio cartaginese del 318, e infine all’Epistola tractoria di papa Zosimo che, riprendendo il meglio delle definizioni dei due citati Concilia fricani, condannò solennemente l’eresia: tale condanna fu poi confermata nel Concilio ecumenico di Efeso del 431. Alcune espressioni di sant’Agostino nella polemica pelagiana sulla necessità della grazia fecero credere che si volesse togliere al libero arbitrio ogni parte nell’opera della salvezza, e fu così che alcuni monaci del monastero di S. Vittore a Marsiglia credettero di proporre la seguente dottrina:

1) è in potere dell’uomo volgersi per primo verso Dio, così come è in potere delmalato andare per primo dal medico;

2) allo stesso modo la predestinazione eterna dipende in ultima analisi dalla volontà umana giacchè spetta a questa perseverare fino alla fine.

Un discepolo di sant’Agostino, san Prospero d’Aquitania, denunziò subito questo errore, che in seguito fu chiamato semipelagianesimo e fu al centro di varie polemiche teologiche per circa un secolo fino a che il Concilio di Oragne del 529, approvato solennemente da Bonifacio II nel 532 non lo condannò stabilendo che l’uomo decaduto non può ottenere la fede nè deisderarla senza una grazia preveniente; tanto meno può perseverare nel bene senza una sequela di grazie adiuvanti, nè perseverare fino alla fine senza un dono speciale collegato alla sua predestinazione.

Petrobrussiani- Seguaci di Pietro di Bruys, un prete ribelle che nei primi anni del secolo XII, dichiarandosi autentico rappresentante  del cristianesimo e forte di una vigorosa eloquenza, si mise a predicare contro il battesimo dei bambini, contro la transustanziazione, contro le immagini, le croci e le chiese, perchè Dio si prega in ispirito, contro le preghiere per i defunti e cotnro l’obbedienza all’autorità ecclesiastica. Riuscì ad ottenere un certo successo nella Provenza e nella Guascogna, nonostante avesse di fronte sa Bernardo. Ucciso a Saint-Gilles du Gard, il Venerdì santo del 1124 da una folla inferocita, fu bruciato sullo stesso rogo di croci e crocifissi che lui aveva approntato sulla piazza del paese per cuocervi della carne, a disprezzo dei cattolici. Il movimento dei petrobrussiani continuò ancora per un’altra ventina d’anni sotto la guida di un ex benedettino Enrico di  Losanna che fu condannato dal Concilio di Pisa del 1135 e morì in prigione nel 1145.

Quietismo- Teorico del quietismo fu il sacerdote spagnolo Miguel de Molinos (1628-1696), autore di  La guida spirituale, pubblicata a Roma nel 1675, nella quale sosteneva che la perfezione cristiana consiste in un completo, passivo abbandono in Dio, sopprimendo ogni atto esplicito di virtù e finanche ogni desiderio di santità, senza opporre alcuna resistenza alle tentazioni o alle azioni immorali ma accenttandole passivamente come vengono, perchè per l’anima annientata in Dio non c’è nulla che possa essere peccato. Nelle quasi ventimila lettere di direzione scritte dal Molinos, queste idee vengono esposte in maniera più particolareggiata e ne mettono in rilievo l’ambiguità e le conseguenze malefiche.

Condannato da Innocenzo XI nel 1687 Molinos ritrattò i propri errori. Però in Francia il quietismo, se pure in maniera mitigata, ebbe due bizzarri rappresentanti nel barnabita Francesco Lacombe e in Madame Guyon: quest’ultima poi riuscì a ingarbugliare lo stesso Fènelon, col quale entrò in polemica il Bossuet. Nel 1699 Innocenzo XII condannò ventitrè proposizioni estratte dal libro di Fènelon: Spiegazione delle massime dei santi, e così pose termine a quella che fu chiamata “controversia del puro amore” e che si condensava nella prima proposizione condannata: “Esiste uno stato abituale di amor di Dio, che è carità pura e scevra di qualunque interesse proprio. Nè il timor delle pene, nè il desiderio della ricompensa vi hanno parte. Non si ama Dio con l’idea di meritare di raggiungere la perfezione, nè per ottenere  la felicità che si trova nell’amarlo”.

Spirituali. Gruppo abbastanza nutrito di francescani esaltati, che riprendendo le idee di Gioacchino da Firoe (vedi: Gioacchimiti) e predicando la povertà evangelica, pretendevano riformare la Chiesa invischiatasi nel temporale. Francesco d’Assisi, “l’angelo del sesto sigillo dell’Apocalisse” secondo questi Spirituali, era già venuto a inaugurare la terza età dello Spirito Santo, in cui i francescani spirituali avrebbero istaurato il regno di Dio. Il movimento ebbe i suoi principali focolari in Toscana con Ubertino da Casale, autore di un Arbor vitae crufixae Jesu e nella Linguadoca con Pietro di Giovanni Olivi, di cui alcune proposizioni ereticali furono condannate, e con Gerardo da Borgo san Donnino, che scrisse un Liber introductionis in Evangelium aeternum, e infine nella Marca d’Ancona con Angelo Clareno.

Valdesi- Pietro di Vaux o Valdo o Valdès era un mercante di Lione, nativo del Delfinato, che dallo studio della Scrittura fu portato a vivere una vita più perfetta secondo l’ideale evangelico. Desideroso di far conoscere la Bibbio al poplo, con l’aiuto di due sacerdoti suoi amici, iniziò la traduzione in volgare, ma nel 1170 essendo morto improvvisamente uno dei due sacerdoti, credette di vedere in questo una chiamata del Signore, e dopo d’aver distribuito tutto ai poveri e abbandonata la moglie, si mise a predicare la povertà e la penitenza per le piazze di Lione dei dintorni, attaccando anche le eccessive ricchezze della Chiesa e la cattiva condotta del clero. Attorno a lui  si costituirono dei gruppi che si diedero il nome di “poveri di Lione” e che il popolo chiamò valdesi. La predicazione di pietro e di altri laici accodatisi a lui e che senza alcuna preparazione intedevano piegare la Scritture, preoccupò l’arcivescovo di Lione, che proibì loro di predicare. Pietro appellò a Roma e papa Alessandro III pur approvando il modo di vivere di seguaci di Valdi li sottopose per la predicazione all’autorità episcopale del uogo. Pietro non volle sottostare e seguitò a predicare senza alcuna autorizzazione, sicchè l’arcivescovo fu costretto a condannarlo. Papa Lucio III nel 1184 approvò la sentenza del prelato lionese, e fu allora che Pietro con i suoi passò all’eresia: negò il sacerdaozio nella Chiesa, disser che l’uomo si salva da  solo senza l’appartenenza a una Chiesa qualunque e che ogni fedele è depositario dello Spirito Santo; poi negò la presenza reale eucaristica, si attribuì il diritto di conferire i sacramenti da semplice laico, non ammise altre preghiere oltre il Pater nostrer ritenne il giuramento una bestemmia e negò alla società il diritto di punire e alla Chiesa il diritto di possedere. I movimento valdese s’roganizzò in setta, con capi propri che vivevano di elemosina e in perfetta castità; si diffuse nel Delfinato, nella Provenza, nella Linguadoca, in Germania, nella Spagna, nella Boemia, nella Polonia e si attestò solidamente in alcune vallate delle Alpi piemaontesi dove in seguito Pinerolo e Torre Pellice costituirono il centro preferito dei valdesi. Nel 1533, nel sinodo di Cinforan, i valdesi aderirono alla dottrina calvinista, e perciò oggi vengono considerati come una setta protestante. Attualmente il loro numero non supera i cinquantamila, di cui trentamila in Italia.

Wycleffiti- Giovanni Wyclef (1324-1384), parroco di Fillingan, elemosiniere del re, accumulatore di benefici ecclesiastici e maestro di teologia a Oxford, scrisse una serie di opere (Il dominio divino, nel 1375, Il Dominio civile, ancore nel 1375, La Chiesa nel 1378, L’ordine cristiano, L’apostasia e L’Eucarestia  nel 1379, e la più importante opera, il Trialogus, nel 1382) in cui si atteggiava a riformatore e rivoluzionario. La sua dottrina è sintetizzata nelle quarantacinque proposizioni condannate dal Concilio di Costanza, il 4 maggio 1415. Scagliandosi contro la Chiesa romana, diventata sinagoga di Satan e corpo dell’anticridto, sosteneva che la Chiesa deve essere puramente spirituale, senza gerarchia, quasi senza sacramenti e senza sacerdozio, costituita invisibilmente dai predestinati. Poichè la sovrantià appartiene soltanto a Dio, e il potere viene esercitato sotto l’autorità di Dio e quasi per delegazione divina, non ha diritto alla  sovranità sia temporale che spirituale che non si trova nello stato di grazia; di conseguenza, il papato, il clero, i monaci, accusati tutti di peccato, non rappresentano nessuna autorità. La Bibbia è l’unica regola di salvezza e perciò Wyclef ne favorì la traduzione nella lingua nazionale. Inoltre negava la transustanziazione e la libertà umana, sostenendo la predestinazione degli eletti e dei reprobi. Queste teorie trovarono fautori nella corte inglese, avida di beni ecclesiastici, e propagandisti popolari che si chiamavamo “i poveri preti” ma che il popolo chiamò lollardi. Condannato nel sinodo di Canterbury del maggio 1382, Wyclef morì due anni dopo. I suoi seguaci furono dispersi da Enrico IV di Lancaster nei primi anni del secolo XV.

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