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Scott Hahn: da Pastore e Teologo alla Chiesa.

Ultimo Aggiornamento: 28/11/2008 11:17
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28/11/2008 11:13

*** Trasferimento a Milwakee ***

A Milwakee iniziai dunque un corso a tempo pieno per il dottorato in teologia e in Sacra Scrittura. In quel semestre scoprii, in un seminario dopo l’altro, quanto potevano essere vere e belle le dottrine cattoliche e quanto erano trascinanti e pratici gli insegnamenti morali della Chiesa riguardo il matrimonio, la famiglia, la società. C’erano parecchi studenti cattolici che difendevano la loro fede e al tempo stesso, la vivevano e ne erano felici.

Dividevo l’ufficio con uno di loro, John Gabrowsky, che mi portò nella sua parrocchia e m’introdusse alla liturgia eucaristica. Grazie a John feci anche la conoscenza di un’eccezionale istituzione, la Franciscan University of Steubenville, dove aveva studiato teologia da studente universitario (non potevo immaginare che mi sarei trovato a insegnare lì cinque anni dopo).

Una collega che studiava anch’essa per il dottorato, Monica Migliorino Miller, grazie al suo impegno in iniziative per la vita, riuscì a motivare me e Kimberly per condividere il medesimo impegno. Di conseguenza, Kimberly ed io scoprimmo un interesse comune, di cui avevamo bisogno, nella lotta contro l’aborto e la pornografia nella zona di Milwakee.

Nel corso di quegli studi scrissi alcune cose e tra queste un saggio di 100 pagine, intitolato “Famiglia Dei: verso una teologia dell’Alleanza, della famiglia e della Trinità”, nel quale sintetizzavo i risultati di oltre dieci anni di ricerche: se l’Alleanza significava una famiglia nella quale i membri condividono la carne e il sangue, allora Cristo ha istituito l’Eucaristìa per permetterci di condividere il legame di carne e sangue della Sua famiglia basata sulla Nuova Alleanza, la Chiesa.

Padre John Debicky, il mio amico sacerdote di Pittsburgh, mi mise in contatto con il Layton Study Center, un centro dell’Opus Dei a Milwakee. Anche là feci delle amicizie bellissime. Alla fine, il processo di conversione diventò, soprannaturalmente, un racconto romanzesco. Lo Spirito Santo mi stava rivelando che la Chiesa Cattolica – che un tempo mi faceva orrore e combattevo con tutte le armi possibili – era la mia casa e la mia famiglia.

Provavo la sensazione esilarante di tornare a casa, mentre scoprivo mio padre, mia madre e i miei fratelli, le mie sorelle più grandi. Poi, un giorno, commisi l’errore “fatale”: decisi di andare, da solo, a una Messa cattolica.

Alla fine, mi risolsi a varcare la soglia della chiesa del Gesù, la parrocchia della Marquette University. Un attimo prima di mezzogiorno entrai silenziosamente nella cappella del seminterrato, per la Messa quotidiana. Non sapevo con certezza che cosa dovevo aspettarmi: forse sarei stato solo, con un prete e un paio di vecchie suore.

Presi un posto nel banco più in fondo, come osservatore.

All’improvviso, molte persone comuni cominciarono a entrare dalle strade: gente assolutamente normale. Entravano, si genuflettevano, s’inginocchiavano e pregavano. La loro devozione, semplice ma sincera, colpiva. Squillò un campanello e arrivò un sacerdote, avanzando verso l’altare. Rimasi seduto: non sapevo ancora se mi potevo inginocchiare tranquillamente. Come evangelico calvinista, mi era stato insegnato che la Messa cattolica (come la Sacra Liturgia ortodossa) era il più grande sacrilegio che un uomo potesse commettere – sacrificare Cristo una seconda volta – perciò non sapevo che cosa fare.

Guardai e ascoltai, mentre le letture, le preghiere e le risposte dei fedeli – tutte molto imbevute di Scrittura – trasformavano la Bibbia in una cosa viva. Avrei quasi voluto interrompere la Messa e dire: “Aspettate. Quel verso è di Isaia; il canto proviene dai Salmi. Caspita, avete un altro profeta in quella preghiera”. Trovai numerosi elementi dell’antica liturgia ebraica che avevo studiato con tanta intensità. Improvvisamente capii che il posto della Bibbia era quello. Quello era l’ambiente in cui quella preziosa eredità familiare veniva letta, proclamata e interpretata. Poi si passò alla liturgia eucaristica, nella quale convergevano tutte le mie conclusioni sull’Alleanza. Volevo bloccare tutto e gridare: “Ehi, posso spiegarvi in base alla Bibbia quello che sta succedendo? E’ fantastico!”.

Invece, me ne rimasi là seduto, affamato di una fame soprannaturale per il Pane di Vita. Dopo aver pronunciato le parole della consacrazione, il sacerdote sollevò l’ostia.

Sentii che anche l’ultima ombra si era dileguata.

Con tutto il mio cuore mormorai: “Mio Signore e mio Dio. Sei veramente tu! E allora voglio piena comunione con te. Non voglio più negarti niente”. Ricordai la mia promessa: 1990. Ah, sì. Ero ancora un evangelico presbiteriano. Uscii senza dire nulla a nessuno ma vi tonai il giorno successivo e anche quello dopo. In poche settimane fui catturato, mi ero innamorato follemente di nostro Signore nell’Eucaristia. Per me, la Sua Presenza nell’Eucaritìa era potente e personale. Seduto in un banco in fondo alla chiesa, cominciai a inginocchiarmi e a pregare con gli altri, miei fratelli e sorelle. Non ero un orfano! Ma il 1990 mi sembrava così lontano!

Giorno dopo giorno , mentre assistevo al dramma della Messa, vedevo rinnovare l’alleanza proprio davanti ai miei occhi. Sapevo che Cristo lo ricevessi con fede, spiritualmente ma anche fisicamente: sulla lingua, nella gola, e dentro il corpo e l’anima. Questo era il senso dell’incarnazione. Questo era il Vangelo nella sua pienezza.

Le cose iniziarono a procedere più velocemente. Due settimane prima della Pasqua del 1986, Gerry mi telefonò per annunciarmi che lui e sua moglie Lesile sarebbero entrati nella Chiesa Cattolica durante la vigilia di Pasqua.

Ero sbalordito. “Gerry non posso crederci! Tu eri quello che doveva dissuadermi dal diventare cattolico. Non puoi arrivare all’Eucaristìa prima di me!” Non mi sembrava giusto. “Scott, non voglio intromettermi e sapere che ragioni hai per aspettare, ma Dio ci ha già fatto vedere abbastanza”.

Mi accucciai sulla sedia del mio studio e mi rivolsi a Dio: “Signore, che vuoi che io faccia?”. Sentii la risposta: “Che cos’è che vuoi fare tu, Scott?”. “Padre voglio tornare a casa. Voglio ricevere te, Gesù, mio Signore, nella Santa Eucaristia”. Fu come se il Signore mi rispondesse in silenzio: “Non ti sto fermando”.

Mi resi conto che dovevo parlare con l’unica persona che cercava di fermarmi. Scesi e andai da Kimberly: Tesoro sai cosa mi ha appena detto Gerry? Mi ha informato che lui e Lesile saranno cattolici a Pasqua, fra due settimane”. Kimberly mi rispose con aria diffidente: “Beh, e che differenza fa?”. Intuì tutto al volo. “Tesoro, stavo pregando il Signore per avere un’indicazione…” “Hai detto nel 1990, ricordi? Hai promesso. Non trovare pretesti”. Con riluttanza riconobbi che aveva ragione. “Sì, ricordo, nel 1990. Ma, dal momento in cui ho cominciato ad andare alla Messa quotidiana, ho sentito Cristo che mi chiamava a sè nella Santa Eucaristìa”. Ascoltò in silenzio e vidi un’espressione di dolore sul suo viso. “esoro, Kimberly, potresti liberarmi da quella promessa?”.

A quel punto, sentimmo un dolore che le parole non possono descrivere.

Dopo un tempo di preghiera in un’altra stanza Kimberly uscì mi abbracciò e disse: “Ti libererò della promessa, ma voglio che tu sappia che non mi sono mai sentita così tradita in tutta la mia vita”. Fu duro per entrambi.

Più tardi, quella notte, pregai con fervore: “Signore, perché mi riveli la Tua famiglia e mi strappi dalla mia? Perché mi mostri la Tua Sposa e mi hai strappato via da mia moglie?” Andai da monsignor Bruskewitz, il sacerdote della chiesa di San Bernardo (poi diventò vescovo di Lincoln, in Nebraska), una parrocchia molto vitale.

Monsignor Bruskewitz ascoltò tutta la mia storia e la mia odissea teologica. Essendo lui stesso un esperto teologo, ci capimmo. Mi comunicò che se volevo entrare nella Chiesa quella vigilia di Pasqua non ci sarebbero stati problemi. Tuttavia si sentì in dovere, vista la sua esperienza pastorale, di darmi qualche consiglio pratico. Infatti ascoltò pazientemente il mio programma per prepararmi alla prima Comunione: una settimana di preghiera, da concludere con un digiuno di tre giorni che mi avrebbe fatto arrivare alla veglia pasquale.

Al che mi domandò con saggezza e gentilezza: “Scott… ma Kimberly e i bimbi che posto hanno in tutto questo?”. Fui imbarazzato nell’ammettere che, in qualche modo, li avevo lasciati al di fuori dei miei piani. Monsignore rispose: “Scott, posso darti un programma alternativo?”. “Certo” risposi, vergognandomi. “Perchè non riversi su di loro amore e attenzione in abbondanza per tutta la settimana, concludendola con un meraviglioso picnic di famiglia nel parco il sabato pomeriggio, prima che io ti dia la prima Comunione nel corso della serata?”.

Dio sia ringraziato per la sua saggezza pastorale.

La vigilia di quella Pasqua fu un gran momento di gioia soprannaturale, ma anche di grande tristezza naturale. Ricevetti tutti i Sacramenti insieme: il Battesimo condizionale, la Confessione, la Cresima e la prima Comunione. Tornai al banco e mi sedetti accanto a mia moglie che era così triste, e che io amavo con tutto il cuore. Passai un braccio intorno a lei e cominciammo a pregare. Sentivo che Cristo stesso mediante l’Eucarestia dentro di me, si protendeva ad abbracciarci entrambi.

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