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Scott Hahn: da Pastore e Teologo alla Chiesa.

Ultimo Aggiornamento: 28/11/2008 11:17
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28/11/2008 11:16

*** Una ricongiunzione insperata ***
Poco prima di trasferirci a Joliet, Kimberly e io acquistammo la nostra prima casa, a solo tré isolati di distanza dal College of Saint Francis. Ci trasferimmo lì meno di un mese dopo che Kimberly aveva messo al mondo Hannah a Milwaukee. Lei stava riprendendosi dal suo terzo parto cesareo, mentre io avevo appena soddisfatto le richieste linguistiche prescrittemi, superando gli esami di francese e di tedesco. In tanta attività frenetica, dovevo prepararmi per i quattro corsi che avrei condotto meno di due settimane dopo.
Lavorare con gli studenti del college si rivelò eccitante e gratificante. Vidi subito che quelli fra i miei studenti cattolici che realmente capivano la loro fede, anche solo le basi di essa, erano pochissimi, ammesso che ce ne fossero. Provavo un piacere particolare ad aiutare chi era cattolico dalla nascita a scoprire le ricchezze della sua eredità spirituale, specialmente della Bibbia. Varai un corso biblico settimanale con una dozzina di giocatori della squadra di football americano, e trascorsi molte ore di tempo con gli studenti fuori dalle lezioni. Abitare a tre isolati di distanza dal college si rivelò un enorme vantaggio per crearsi nuove relazioni sociali.
In tre anni, scopersi anche che occorre ben più del semplice desiderio di pochi membri dell'amministrazione e della facoltà per ripristinare l'identità cattolica di un college che ha compiuto parecchi passi sulla strada della secolarizzazione. Fu proprio una battaglia, certe volte. Quello fu il mio primo impatto diretto con cattolici che avevano abbandonato la loro fede, ma che non erano disposti a cedere le loro posizioni di potere. Per mia fortuna, ebbi il privilegio di lavorare in una seziona
in cui c'erano quattro grandi colleghi: John Hittinge, Greg Sobolewski, suor Rose Marie Surwillo e Dan Hauser.
Un giorno, sul lavoro, ricevetti una telefonata da Bill Bales, uno dei miei ex compagni di seminario, che era diventato pastore evangelico presbiteriano in Virginia. Mi telefonava per scusarsi di qualcosa che aveva fatto quando Kimberly e i bambini avevano trascorso una settimana a casa sua, senza di me, quasi un anno prima.
Bill parlò in tono calmo e contrito. «Scott, devo chiederti perdono».
«Per che cosa. Bill? Sono già felice che tu sia ancora disposto a parlare con me!».
«Scott, ho paura che tu potresti non essere più disposto a parlare con me, quando ti avrò detto che cosa ho fatto».
Nessuna sua frase avrebbe potuto stimolare di più la mia curiosità e i miei sospetti. «Va bene. Bill, che cos'hai fatto?».
«Pochi mesi fa, tua moglie ha esaminato con me le tue tesi cattoliche; penso che sperasse che le avrei fornito abbondanti munizioni allo scopo di demolirle. Ma non avevo risposte a portata di mano. In alternativa, le ho suggerito di considerare se avesse considerato di divorziare da te».
Le sue parole mi fecero male; ma ero così felice che ci parlassimo di nuovo, che mi ripresi subito. «Nessun problema, Bill. Sai bene che, se questo fosse successo a me cinque anni fa, nella stessa situazione avrei esortato Kimberly a divorziare subito».
Poi Bill fece una pausa e prese un lungo respiro. «C'è anche un'altra cosa, Scott».
Non ero sicuro di essere pronto così presto per un'altra cannonata.
«Hm, di cosa si tratta. Bill?».
«Sai, avevo detto a Kimberly che mi sarei rifatto vivo con argomenti solidi per confutare le tue tesi cattoliche».
«Sì, vai avanti».
«Beh, è trascorso un bel po' di tempo, e, in tutta onestà, ho trovato un mondo che non immaginavo».
Fui sorpreso e mi sentii un groppo in gola.
‹‹Bill, questa è un'offesa perdonabile, se mai ce ne sono state. Però, Bill, tu sai cosa ho vissuto e cosa implica la tua posizione di pastore e teologo evangelico… hai riflettuto sulle implicazioni a lungo termine che tutto ciò potrebbe avere?».
«Ci soffro da tempo ormai».
A quel punto, avevo capito la vera ragione della sua telefonata. Che diventò la prima di molte. L'anno seguente, Bill mi telefonò per pormi molte domande scaturite da un'intensa lettura di libri di teologia cattolica.
Per me Bill era un caso speciale. In seminario, superava tutti noi nella comprensione e nell'amore per l'ebraico. Attaccava alle pareti del suo studio pagine fotocopiate della Bibbia in ebraico per riuscire a studiarla meglio e a impararla a memoria.
Dopo la laurea Bill diventò pastore lavorando da pastore assistente sotto Jack Lash, il mio ex migliore amico del seminario. Bill era ancora ministro in quella Chiesa quando mi aveva telefonato. A quei tempi, quand'ero ancora evangelico Jack mi fece predicare nel giorno della sua ordinazione e in quello del suo esordio come ministro. Dopo la mia conversione al cattolicesimo, non mi aveva più rivolto la parola.
Dopo mesi di studio e di periodiche discussioni telefoniche, la direzione di Bill stava diventando chiara. Quasi subito Jack e gli anziani della chiesa presero misure per controbattere il suo potenziale “tradimento”. La cosa, a volte, diventò meschina e ripugnante. Ma ciò riuscì solo a rendere più forte la decisione della moglie di Bill di studiare anche lei la Bibbia in modo più profondo. Di conseguenza, entrambi, insieme con Kimberly, continuarono a leggere e a discutere sempre di più.
Fino a quel momento le discussioni con Kimberly non avevano portato a nessun risultato costruttivo. Tentare di farla partecipare a una discussione era vano. Perciò, ogni libro che le raccomandavo di leggere rimaneva sigillato con il bacio della morte. Dio cercava di insegnarmi a rimanere in disparte, perché lo Spirito Santo potesse avere più spazio per operare.
Anziché presentarle argomenti apologetici, tornai a parlarle delle mie sensazioni personali; non, però, come una tattica. Era semplicemente l'unico modo rispettoso e affettuoso di affrontare le nostre differenze.
Accettai a poco a poco il fatto che Kimberly sarebbe potuta non diventare mai cattolica, e che questo non doveva essere il mio obiettivo permanente.
Dopo esserci installati nella nostra nuova casa e aver fatto qualche amicizia nuova nella comunità, Kimberly e io cominciammo a imbatterci nel tipo più duro di anticattolici che entrambi avessimo mai incontrato, i fondamentalisti ex-cattolici. Diversamente dai tipici protestanti anticattolici, cui nulla dava maggior godimento di intense discussioni bibliche su tesi cattoliche come Maria o il Papa, i fondamentalisti ex-cattolici in cui c'imbattemmo erano pieni di tale rabbia e di tale risentimento contro la Chiesa cattolica da essere incapaci di una discussione razionale. Per loro io ero posseduto dal demonio; perciò esortarono Kimberly a evitare perfino di ascoltarmi, dato che Satana stava servendosi di me per adescarla con le sue menzogne. Con una donna indipendente e intelligente come Kimberly, questo consiglio era destinato a ritorcersi contro di loro.
Quasi sempre, attendevo con impazienza l'occasione di avviare conversazioni con fondamentalisti anticattolici preoccupati per la mia salvezza. Apprezzavo il loro zelante desiderio di convertirmi.
Una sera a cena riferii a Kimberly una conversazione che avevo avuto quel giorno con un fondamentalista il quale, apprendendo che ero cattolico, si era messo subito all'opera per evangelizzarmi.
Com'era ovvio, esordì domandandomi: «Sei nato di nuovo?».
Risposi: «Naturalmente si. Ma tu che cosa intendi con questo?».
Sembrò stupito: «Hai accettato Gesù Cristo come tuo Signore e Salvatore personale?».
Feci un largo sorriso e dissi: «Naturalmente sì. Ma non è questo il motivo per cui sono nato di nuovo. Sono nato di nuovo a causa di ciò che Cristo ha fatto mediante lo Spirito Santo quando sono stato battezzato».
Sembrava ancora sconcertato, perciò continuai: «Vedi, la Bibbia non dice lì: "devi accettare Gesù Cristo come tuo Signore e Salvatore personale". È un'ottima decisione da prendere, ma non è ciò di cui parlava il Signore quando disse a Nicodemo, in Giovanni 3, 3, che doveva "nascere dall'alto". Gesù ha spiegato che cosa esattamente intendeva dire solo due versetti dopo, "se uno non nasce da acqua e da Spirito non può entrare nel regno di Dio", e ha fatto questa dichiarazione riferendosi al Battesimo. Giovanni ha reso chiaro questo aspetto al lettore, perché, dopo aver terminato di riportare il dialogo di Gesù con Nicodemo nei versetti 2-21, ha scritto proprio nel versetto successivo: "Dopo queste cose Gesù andò con i suoi discepoli nella regione della Giudea; e là si trattenne con loro, e battezzava". E pochi versetti dopi Giovanni ha riferito che "i
farisei avevano sentito dire: Gesù fa più discepoli e battezza più di Giovanni". In altre parole, quando diceva che dobbiamo "nascere dall'alto" intendeva parlare del Battesimo».
Ammisi spontaneamente con Kimberly che forse ero stato troppo duro. Continuai spiegando perché ritenevo che fosse sbagliato, da parte dei fondamentalisti, pensare che i cattolici non sono veri cristiani solo perché non usano certe frasi bibliche nello stesso modo; specialmente quando i fondamentalisti non interpretano nemmeno bene quelle frasi nel loro contesto originale. Kimberly fu totalmente d'accordo.
Poco tempo dopo, tornai da una conferenza per teologi alla Franciscan Universitv of Steubenville. Era la prima volta che ci mettevo piede. Fui meravigliato di aver incontrato tanti cattolici fedeli all'ortodossia della loro Chiesa, e pieni di zelo come protestanti. Fui anche più sbalordito da ciò che vidi durante la Messa di mezzogiorno: la cappella era affollata da centinaia di studenti che cantavano con tutto il cuore, trasudando amore per Cristo nella santa Eucaristia.
Non vedevo l'ora di raccontare tutto a Kimberly. Lei fu elettrizzata, sentendo che lo zelo evangelico in cui era cresciuta poteva trovare spazio nella Chiesa cattolica.
Confidai a un amico della mia parrocchia i miei continui sforzi per far conoscere la religione cattolica a mia moglie che era protestante. Descrissi i canti appassionati, la predicazione dinamica fondata sulla Bibbia e il caldo senso di cameratismo: tutte cose che Kimberly aveva vissuto fin dall'infanzia. L'amico fece un'osservazione curiosa: «Scott, personalmente credo che i protestanti abbiano tutte queste cose perché non hanno l'Eucaristia. Quando hai la reale presenza di Cristo nell'Eucaristia, il resto non ti serve più. Ne convieni?».
Mi morsi la lingua. Non volli ribattere, ma avevo bisogno di correggere ciò che pensavo fosse un errore fastidioso. «Penso di sapere quello che stai cercando di dire, cioè che l'adorazione eucaristica può essere silenziosa e riverente senza perdere in profondità o in forza.
Sono d'accordo. In effetti, sto iniziando ad apprezzare realmente il canto gregoriano e il latino nella liturgia: ma mi esprimerei in modo diverso. Direi piuttosto che. siccome abbiamo la reale presenza di Cristo nell'Eucaristia, allora noi — più ancora dei protestanti — abbiamo qualcosa per cui cantare, di cui predicare e da celebrare insieme».
Ci furono istanti di silenzio imbarazzato. «Sì, chi può non essere d'accordo quando metti le cose in questo modo?».
Riflettendo a voce alta, dissi: «Ma come mai non le mettiamo sempre in questo modo?».
Non trovò una risposta; e non la trovai nemmeno io.
Mi sono sempre domandato perché tanti cattolici non approfondiscano mai i misteri della loro fede. Mi ha sempre sorpreso scoprire come ogni singolo mistero sia fondato sulla Scrittura, incentrato su Cristo, e, in qualche modo, conservato e proclamato nella liturgia della Chiesa, la famiglia di Dio basata sull'alleanza con lui. Mi accadde di fare questa scoperta in modo chiarissimo un giorno, dopo aver seguito la Messa della commemorazione dei defunti. Kimberly voleva conoscere il significato della commemorazione. In pochi istanti, la nostra conversazione stava degenerando in un'altra disputa sulla dottrina del purgatorio. Decisi di trasporre la dottrina del purgatorio in modo maggiore, per esprimerci in termini musicali, inquadrandola nell'amore che Dio ci manifesta nella sua alleanza con noi.
«Kimberly, la Bibbia mostra quante volte Dio si è manifestato al suo popolo nel fuoco, per rinnovare la sua alleanza con lui: come "un braciere fumante e una torcia accesa", con Abramo, in Genesi 15; nel cespuglio che bruciava, con Mosè, in Esodo 3; nella colonna di fuoco, con Israele, in Numeri 9; nel fuoco disceso dal cielo che la consumato i sacrifici dell'altare, con Salomone ed Elia, nel Secondo libro delle Cronache 1 e nel Primo libro dei Re 18; nelle "lingue come di fuoco", con gli apostoli a Pentecoste, negli Atti degli Apostoli 2......>>.
Kimberly mi interruppe. «Va bene, Scott. Che cosa vuoi dire?».
Avevo la possibilità di chiarire il concetto. «Semplicemente questo. Quando la Lettera agli Ebrei 12, 29 descrive Dio come un "fuoco divoratore", non si riferisce necessariamente alla sua ira. C'è il fuoco doloroso dell'inferno, ma c'è un fuoco infinitamente più caldo e d’amore nel paradiso. Perciò il fuoco si riferisce all'amore infinito Dio, più ancora che alla sua collera eterna. La natura di Dio è come un rogo violento di amore ardente. In altre parole, il paradiso dev'essere più caldo dell'inferno.
Non c'è da stupirsi che la Scrittura, nella Lettera agli Ebrei, chiami gli angeli che sono più vicini a Dio "Serafini", che in ebraico significa letteralmente "quelli che bruciano". Questo è anche il motivo per cui san Paolo descrivere, nella Prima lettera ai Corinzi 3, 13, il modo in cui tutti i santi devono passare attraverso la prova del fuoco: "l'opera di ciascuno sarà ben visibile: la farà conoscere quel giorno che si manifesterà col fuoco, e il fuoco proverà la qualità dell'opera di ciascuno".
Chiaramente, Paolo non sta parlando del fuoco dell'inferno, visto che quelli che sono giudicati sono santi.
Parla di un fuoco che li prepara per la vita eterna con Dio in paradiso. Quindi lo scopo del fuoco è manifesto: rivelare se le loro opere sono pure ("oro e argento") o impure ("legno, fieno e paglia"). Il versetto 15 spiega che alcuni santi che sono destinati al paradiso passeranno attraverso il fuoco e soffriranno: "ma se la sua opera finirà bruciata, egli sarà punito: tuttavia si salverà, per come attraverso il fuoco". Il fuoco c'è allo scopo di purificare i santi. Questo significa che è un fuoco di purificazione: un fuoco che purifica i santi e li prepara a essere avvolti per sempre nel fuoco che consuma della presenza amorosa di Dio».
Avevo detto molto; forse troppo. Stetti lì ad aspettare che Kimberly reagisse con rabbia e frustrazione, come faceva una volta sì e una no quando usciva l'argomento del “purgatorio”. Invece rimase in silenzio, con un'espressione meditabonda sul viso. Intuii dai suoi occhi che stava riflettendo su ciò che aveva sentito.
Decisi di non insistere oltre: per una volta.
A metà del semestre autunnale dell'89, ricevetti, inaspettatamente, una telefonata da Pat Madrid delle Risposte Cattoliche, che sapevo essere la migliore organizzazione apologetica di tutti gli Stati Uniti. Le Risposte Cattoliche, che avevano sede a San Diego, in California, erano state fondate da Karl Keating, autore di Cattolicesimo e Fondamentalismo, il libro che giudicavo più utile di qualsiasi altro per aiutare le persone a rispondere agli attacchi dei fondamentalisti contro la Chiesa cattolica. Fu bello conoscere finalmente persone con cui avevo tante affinità spirituali.
Rimanemmo in stretto contatto nelle settimane successive. Mentre parlavo con loro di future possibilità lavorative, espressero il desiderio di farmi andare da loro in aereo per un colloquio informale, e di farmi tenere per loro un seminario serale nella chiesa di San Francesco di Sales, a Riverside, in Califomia. Poi, tutto fu organizzato.
Dopo aver cercato per tre anni e mezzo persone che avessero le mie stesse convinzioni, incontrare Karl e Pat fu come trovare un'oasi in un deserto. Sabato pomeriggio, nell'ufficio delle Risposte Cattoliche, battei frettolosamente a macchina un abbozzo del discorso che avrei tenuto per il seminario serale. Sarebbe stata la testimonianza, lunga un'ora, della mia conversione alla chiesa cattolica, seguita da una serie di domande e risposte con il pubblico. Il discorso era simile a quello che avevo già tenuto una dozzina di volte in precedenza: ma stavolta si rivelò differente da ogni altro. Sarebbe diventato «una cassetta» (per chi volesse averla, si trova ancora negli USA in distribuzione ndR).
Alle 19.30 precise fui presentato a un piccolo uditorio di trentacinque persone. Dopo aver parlato per oltre un'ora — non ho mai terminato niente in orario — feci una breve pausa, e poi tomai per le domande e risposte.
Quando tutto fu concluso, andai verso il fondo per parlare con Pat.
Mentre chiacchieravamo, Terry Barber venne di corsa, agitando una copia del l'audiocassetta. «Il Signore userà questa cassetta, amico mio, ne sono sicuro».
Fui felice di vederlo così entusiasta, ma, dato che avevo tenuto lo stesso discorso in tante altre occasioni e che era stato registrato anche in quelle, non ci feci caso. Ricordo perfino di aver pensato: com'ero poco preparato questa sera; altre volte mi è venuto molto meglio. Forse è questa la ragione per la quale il Signore decise di servirsi in modo così potente proprio di questo discorso perché nessuno, tranne lui, potesse attribuirsene neanche una parte del merito.
Tomai a casa a Joliet in aereo, e raccontai a Kimberly del mio fine settimana con le Risposte Cattoliche. Ma non pensai a riferirle del seminario serale. Continuava a sembrarmi una cosa non particolarmente significativa.
II giorno dopo, ero di nuovo a tenere i miei corsi.
Passarono alcune settimane prima che avessi ancora notizie da Terry Barber. Mi telefonò per dirmi che aveva spedito decine di copie dell'audiocassetta a vari gruppi e capigruppo cattolici di tutta l'America. Mi riferì che stava ottenendo una risposta eccezionale.
Non potevo immaginarlo: quell'audiocassetta avrebbe trasformato entrambe le nostre vite, e anche una delle nostre mogli!
«Non c'è da stupirsi», gli risposi. «Che cos'altro ti aspetteresti da uno sforzo come questo? Terry, penso che tu abbia la determinazione di un apostolo».
Scoprii che una copia della «cassetta» era stata spedirà all'evangelizzatore cattolico Padre Ken Roberts, il quale la ascoltò e ne ordinò immediatamente cinquemila copie, che poi cominciò a distribuire in giro per l'America. Padre Ken ne parlò anche sulla rete televisiva religiosa EWTN, e questo fece sì che, vari mesi dopo, apparissi come ospite nel programma Madre Angelica, dal vivo.
Karl e Pat mi avvisarono entrambi: «Scott, molto presto la tua vita avrà un ritmo più veloce e diventerà piena di impegni».
Avevano ragione; e la colpa, in parte, era anche loro.
Una delle nostre prime imprese in comune fu lanciata subito dopo che era stata terminata «la cassetta». Le Risposte Cattoliche sponsorizzarono un dibattito pubblico di tre ore fra me e il dr. Robert Knudsen, professore evangelico di teologia sistematica al Westminster Theological Seminary. Nella prima metà della serata dibattemmo il sola Scriptura; nella seconda metà il sola fide. Devo confessare di aver provato non poca paura accingendomi a discutere con uno studioso di fama mondiale le due gravi questioni che separavano i protestanti dai cattolici.
Non avrei mai osato sognare un risultato così positivo. Non solo gli studenti del Westminster Seminary presenti in sala espressero, alla fine, la loro sorpresa e la loro eccitazione: ma, cosa più importante, non appena tornai a casa Kimberly accese un registratore per ascoltare l'intero dibattito. Tre ore dopo, sgranò gli occhi.
Era meravigliata e sbalordita. Riuscì a dire soltanto: «Non riesco a credere a quello che ho appena sentito».
Ero emozionatissimo. Non persi tempo, e le passai una copia della «cassetta». Era la prima volta che sentiva la mia testimonianza, da quando ero diventato cattolico.
Le cose continuarono ad accelerare. Ricevetti una telefonata dal dr. Alan Shreck, allora presidente della sezione teologica della Franciscan University of Steubenville. Mi parlò di una possibilità di lavoro nella sua sezione per 1’anno accademico seguente, il 1990-91, e mi suggerì di inviargli un curriculum vitae. Glielo spedii senza por tempo in mezzo.
Un paio di anni prima, la Franciscan University aveva sponsorizzato una conferenza sul matrimonio e la famiglia. Ci ero andato con Phil Sutton, un ottimo amico e collega che, a quell'epoca, insegnava psicologia al College of Saint Francis. Dopo la conferenza, durante il ritorno a casa in macchina, ci ricordammo che gli ebrei sparsi per il mondo hanno un detto: «II prossimo anno a Gerusalemme». Scherzosamente, Phil e io creammo per noi stessi un nuovo detto cattolico: «II prossimo anno a Steubenville». L'anno successivo Phil lasciò il College of Saint Francis per cominciare a insegnare alla
Franciscan University of Steubenville; fu assunto per iniziare il loro programma di consulenza Master of Arts. Ora venivo preso in considerazione io per l'anno dopo. Non potevamo immaginare che il Signore avrebbe interpretato un modo di dire divertente come una preghiera.
Quando riferii a Kimberly questa opportunità, le ricordai l'esperienza che avevo avuto in quel posto durante la preghiera. Le dissi che tutta l'università era impegnata a favore della vita, a partire dal rettore, Padre Michael Scanlan, fino ai mèmbri della facoltà e agli studenti. La informai che la Franciscan University aveva oltre cento studenti che si specializzavano in teologia — più della Catholic University e di Notre Dame — e inoltre aveva un corso per il Master of Arts in teologia localizzato sul matrimonio e la famiglia. Per la prima volta in più di cinque anni, stavamo pregando di nuovo con un cuore solo.
Per Natale andammo in macchina a Steubenville per un primo colloquio con Padre Scanlan e il dr. Schreck.
Il giorno prima della partenza, Kimberly ebbe il suo secondo aborto spontaneo. Io ero a terra, lei era sconvolta.
Poco prima della fine del colloquio di Padre Scanlan con entrambi, Kimberly gli raccontò quello che le era appena accaduto. Poi chiese a Padre Scanlan — a un prete cattolico! — di pregare su di lei. Senza un attimo di esitazione, lui si alzò in piedi, uscì da dietro la scrivania, appoggiò le mani sulle spalle di Kimberly e cominciò a invocare, in preghiera, la grazia guaritrice di Dio.
Nel corso del colloquio. Padre Scanlan ci confidò le difficoltà che aveva avuto in passato con certe dottrine e devozioni mariane. Niente avrebbe potuto rendere più felice Kimberly che sentire che un sacerdote cattolico aveva dovuto fare uno sforzo per acquistare una completa comprensione e un pieno apprezzamento di Maria. Kimberly quindi ascoltò attentamente, mentre Padre Scanlan proseguiva, spiegando di aver scoperto solo da poco quanto erano veramente bibliche e cristocentriche la dottrina e la devozione mariane, se adeguatamente comprese e messe in pratica alla luce del Vaticano II. Fu una spiegazione breve ma efficace.
Passarono varie settimane prima che prendessi l'aereo per un secondo colloquio e tenessi una conferenza per il corpo studentesco. Entrambe le cose andarono ottimamente. Le ore trascorse con Alan e Nancy Schreck furono particolarmente cordiali. Oltre a essere padroni di casa gentilissimi, stavano diventando cari amici. Alcuni giorni dopo il nostro ritorno a casa, Alan ci ritelefonò per dirci che mi offrivano il posto. A quel punto, le nostre preghiere per ottenere un consiglio da Dio furono tutto tranne che generiche. Accettammo l'offerta con entusiasmo e impazienza.
Abbastanza stranamente, allora sapevo ancora meno che in passato a che punto fosse Kimberly nel suo impatto con le questioni della teologia cattolica. Stavo finalmente capendo la lezione che mi aveva ficcato in testa Kaufmann, un caro amico dell'Opus Dei: sottolinea l'aspetto romanzesco, nascondi quello dottrinale.
Presi un aereo per la Califomia per parlare a un convegno nazionale sull'apologetica, sponsorizzato dalle Risposte Cattoliche. Numerose persone del pubblico avevano sentito «la cassetta», e tutte mi facevano domande su Kimberly. Dopo che ebbi terminato la conferenza, la prima domanda che mi fu rivolta suonò più o meno così: «Scott, tutti abbiamo sentito la cassetta del discorso che hai tenuto qualche mese fa; raccontaci se tua moglie sta progredendo nella sua lotta per capire la religione cattolica». Fu imbarazzante; dovetti rispondergli che non lo sapevo.
Più tardi, quella sera, telefonai a Kimberly a casa degli Schreck a Steubenville, dove sarebbe rimasta tutto il fine settimana mentre cercava un appartamento. Quando le raccontai di tutte le persone del convegno che avevano ascoltato «la cassetta» e che volevano sapere a che punto era nelle sue riflessioni, le domandai se c'era qualcosa che avrebbe voluto che io dicessi. Non ero preparato per la sua risposta.
Dopo una pausa, disse: «Dì a quelle persone che, mentre stavo tornando in macchina a Steubenville, ieri il Mercoledì delle Ceneri, dopo molta meditazione e preghiera, mi è diventato chiaro che il Signore mi sta invitando a tornare a casa per Pasqua».
Nessuno di noi poté dire una parola per più di un minuto. Poi vennero le lacrime, le preghiere, la gioia.
Kimberly doveva essere accolta nella Chiesa cattolica nella chiesa di San Patrizio a Joliet, durante la veglia pasquale del 1990 (quella data suonava non poco ironica).
Cinque anni prima, il 1990 era stato fissato come l'anno prima del quale non avrei potuto abbracciare il cattolicesimo; la mia data era diventata la sua). La gioia di pregustare l'ingresso di Kimberly nella Chiesa cattolica fu, a volte, irrefrenabile, ed entrare nello spirito penitenziale della Quaresima diventò per entrambi una sfida unica. La celebrazione della settimana santa non era mai stata, per noi, così eccezionale.
A metà della settimana santa, mi successe di domandare a Kimberly in modo un po' casuale: «Chi hai scelto come tuo santo patrono?».
Mi rivolse uno sguardo un po' strano: «Di che cosa stai parlando?».
Spiegai: «Quando uno è cresimato, ha la possibilità di scegliere un "nome di Cresima" che è, di solito, quello di un "santo patrono" al quale potrebbe sentirsi più vicino. Io, per esempio, quando sono diventato cattolico ho scelto san Francesco di Sales».
Kimberly continuò a dare l'impressione di non capire. «Perché proprio lui?», domandò.
Le diedi la doverosa spiegazione: «A san Francesco di Sales accadde di essere il vescovo di Ginevra, in Svizzera, città in cui Giovanni Calvino aveva allontanato sempre di più il popolo dalla chiesa cattolica. Ho scoperto nelle mie letture che san Francesco di Sales fu un predicatore e un apologeta così efficace che, grazie alle sue omelie e ai suoi opuscoli, più di quarantamila calvinisti furono ricondotti nella Chiesa cattolica. Perciò ho pensato che, se aveva riportato al cattolicesimo
tanti calvinisti quella volta, poteva riportarne uno in più oggi. Inoltre, san Francesco di Sales è stato anche dichiarato patrono della stampa cattolica; e, dal momento che possiedo circa quindicimila libri, ho pensato che questa per me fosse la scelta naturale».
Kimberly si girò da un'altra parte con un'espressione un po' ansiosa. «Immagino che dovrò pregare e vedere se il Signore mi suggerisce qualche nome».
Non glielo dissi, ma sapevo già chi era la mia prima scelta per la sua santa patrona. Due anni prima, non molto tempo dopo essere diventato cattolico, avevo partecipato a un Convegno degli Studiosi Cattolici, in cui incontrai un teologo rinomato, Germain Grisez. Partecipai con lui e con sua moglie Jeannette alla cena del sabato sera. Gli confidai l'entusiasmo per la mia conversione, e il mio dolore per le resistenze di Kimberly.
Alla fine delle ore trascorse insieme, si guardarono l'un l'altra, e poi guardarono me. Germain disse: «Allora sappiamo che cosa fare».
Non colsi il significato di questa sua osservazione un po' criptica. Domandai: «Che cosa intendi dire?».
Cominciarono entrambi a parlarmi di santa Elizabeth Ann Seton: casalinga, madre di cinque bambini, convertita dal protestantesimo al cattolicesimo e fondatrice delle American Sisters of Charity (le Sorelle americane della carità). Era stata recentemente canonizzata come la prima santa nata in America. Dissero anche che il suo santuario era vicino alla loro casa a Emmitsburg, nel Maryland.
Sentirli parlare di santa Elizabeth Ann Seton fu interessante, ma non mi parve certamente il clou del convegno: fino a qualche tempo dopo.
Nel giro di una settimana ricevetti un pacco postale.
Vedendo la scritta «Germain e Jeannette Grisez» sulla ricevuta di ritomo, sospettai che si trattasse di qualche oggetto cattolico, perciò portai il pacco nel mio studio per aprirlo lì, lontano dallo sguardo ansioso di Kimberly. Dentro c'era una copia della biografìa di santa Elizabeth Ann Seton scritta da Joseph Dirvin, più qualcosa che non avevo mai visto prima: un piccolo reliquiario, con dentro una reliquia di Madre Seton.
Non avevo idea di che cosa dovevo fame del reliquiario, perciò chiesi spiegazioni a un amico cattolico. Dopodiché, cominciai a portare in tasca la reliquia. Ogni volta che la situazione fra me e Kimberly diventava tesa, quella reliquia mi ricordava di affidare la causa di Kimberly al Signore, mediante il patrocinio e l'intercessione di Madre Seton.
Un giorno accadde l'inevitabile: mentre controllava le mie tasche per fare il bucato, Kimberly trovò il reliquiario.
«Scott, che cosa diavolo è questa roba?».
Mi sentii gelare. Con nervosismo mal dissimulato, farfugliai: «Oh, niente, Kimberly, non è proprio niente. Nulla che possa interessarti».
Per un attimo guardò con sospetto il reliquiario: pensai che temesse che, se avesse insistito con le domande, le avrei probabilmente spiegato qualcosa che non le importava di sentire. Perciò me lo restituì.
Un po' per prudenza e un po' per paura, smisi di portare il reliquiario con me, e lo misi, invece, nel fondo di un cassetto della mia scrivania. Nel frattempo, avevo infilato la biografìa da qualche parte della libreria nel ripiano più basso, in un angolo buio del mio studio.
Adesso capisco che, probabilmente, non avrei dovuto essere sorpreso, due anni dopo, da ciò che accadde. Invece lo fui.
All'indomani del giorno in cui avevo domandato a mia moglie se aveva scelto il suo «nome di Cresima» e il suo santo patrono, mentre stavo preparandomi per andare a letto le domandai: «Che cosa stai leggendo, Kimberly?».
«Un libro su santa Elizabeth Ann Seton».
Mi bloccai mentre stavo infilandomi il pigiama.
«Kimberly, se non sono indiscreto, dove l'hai trovato?».
Con tono indifferente, mi spiegò: «Sai, Scott, oggi stavo rovistando fra i tuoi libri, e mi è successo di tirare fuori questo».
Ignorai i brividi che sentivo lungo la schiena. «E che cosa ne pensi?».
«Beh», disse con entusiasmo, «sto leggendo la sua vita già da qualche ora, Scott, e credo di aver trovato la mia santa patrona».
O lei ha trovato te, pensai.
Fui capace soltanto di mormorare: «Davvero?» (non ero più sicuro di sapere, a quel punto, dove finisse la «comunione dei santi» e dove iniziasse la zona nebulosa e inesplorata). Poi mi sedetti sul letto, e le spiegai che cos'era successo circa due anni prima. Infine, le diedi la reliquia.
Terminammo la giornata con una breve preghiera di ringraziamento a Dio, e alla sua figlia meravigliosa, la nostra sorella spirituale in Cristo, santa Elizabeth Ann Seton.
Arrivò finalmente la sera decisiva. Kimberly uscì per la Messa della veglia pasquale con mezz'ora di anticipo, in modo che padre Memenas potesse confessarla per la prima volta.
A metà della Messa, Kimberly mi consegnò un bigliettino. Lo guardai e lessi le seguenti frasi: «Carissimo Scott, ti sono così riconoscente per aver tracciato questa strada per noi. Ti amo. K.». Ero troppo stordito dalla gioia per poter dire qualcosa; ma a Kimberly bastò vedermi sorridere e piangere per sapere a cosa pensavo.
Quella sera, per la prima volta, ricevemmo l'Eucaristia insieme. Fu il logico culmine di un romanzo religioso che faceva venire le vertigini, mentre la mia sposa e io eravamo totalmente riuniti in Cristo e nella sua sposa.
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