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L'Avvento.. è attesa fuori dalla sala parto

Ultimo Aggiornamento: 23/12/2008 18:51
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23/12/2008 18:51

Figlio di Dio e figlio dell'uomo da nove mesi

IV Domenica d'Avvento/B/2008

di padre Angelo del Favero



ROMA, venerdì, 19 dicembre 2008 (ZENIT.org).- “Concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù” (Lc 1,31): a pochi giorni dell’evento della nascita di Gesù, la Parola di Dio sottolinea anzitutto l’inizio temporale e “biologico” del “Mistero avvolto nel silenzio per secoli eterni” (Rm 16,25), l’istante del concepimento del Figlio di Dio nel grembo di Maria: “Concepirai un figlio...Gesù”.


E’ qui e ora,
che avviene l’Incarnazione del “Logos” divino;


è qui ed ora,
che “il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1,14);


è qui e ora,
che “la vita si è fatta visibile” (1 Gv 1,2);


è qui e ora,
che il Figlio eterno del Padre entra nel tempo e nello spazio dell’uomo: “Per questo entrando nel mondo, Cristo dice: tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato. Allora ho detto: 'ecco, io vengo – poiché di me sta scritto nel rotolo del libro – per fare, o Dio, la tua volontà'” (Eb 10,5-7).


E’ qui ed ora,
che ha inizio la “ri-creazione” dell’universo: “Ecco, io faccio nuove tutte le cose” (Ap 21,5), e non (come nella prima creazione) per la potenza della Parola di Dio (“Sia la luce!” – Gen 1,3), ma per l’umile “sì” di una fanciulla: “Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola” (Lc 1,38). 


Il termine “concepimento” non fa parte del lessico religioso comune, avendo un “sapore” troppo biologico, a differenza di  “concezione”, che è più spirituale (Maria è l’Immacolata Concezione). Tuttavia “concepimento” non è sostituibile, se vogliamo mantenere intatto, fin dal primo istante, il realismo dell’Incarnazione.

Possiamo, allora, coglierne meglio il significato-valore con l’aiuto di un grande uomo di scienza e di fede, scomparso da questa terra il 3 aprile 1994, e alla cui memoria il 17 dicembre è stato assegnato a Strasburgo il Premio Europeo per la Vita, intitolato a Madre Teresa di Calcutta, una sorta di Nobel istituito dai Movimenti per la Vita e per la famiglia di tutta Europa a favore dei grandi testimoni e difensori della Verità della vita, in particolare (in questo caso) quella del bambino non nato. Si tratta del genetista Jérome Lejeune, scopritore della sindrome di Down (“mongolismo”). Nel libro “L’embrione, segno di contraddizione” (1990), è riportata la sua testimonianza di fronte alla Corte Suprema degli USA che lo chiamò, quale esperto, per stabilire con certezza l’identità e la dignità umana del concepito. Egli dichiarò: “Non è difficile capire come all’inizio della vita, l’informazione genetica e la struttura molecolare dello zigote, lo spirito e la materia, l’anima e il corpo, debbano essere a questo punto coinvolti, poiché si tratta dell’inizio di questa nuova meraviglia che si chiama uomo. E’ molto significativo che si adoperi la stessa parola per definire un’idea che si affaccia allo spirito e un nuovo essere che si affaccia alla vita. Abbiamo a disposizione soltanto una parola: concepimento. Si concepisce un’idea, si concepisce un bambino. E la genetica ci dice che non a torto adoperiamo la stessa parola. Che cos’è il concepimento? E’, in realtà, l’informazione inscritta così bene nella materia, che questa non è più materia, ma un nuovo uomo...un 'giovanissimo essere umano' che non può essere la proprietà di nessuno, poiché è l’unico al mondo che abbia la proprietà di costruirsi da se stesso. E vorrei aggiungere che la scienza ha un concetto molto semplice dell’uomo; subito dopo il concepimento, l’uomo è un uomo.”


Un riferimento implicito a queste parole è contenuto nella recentissima Istruzione “Dignitas personae”, al n° 5: “Anche se la presenza di un’anima spirituale non può essere rilevata dall’osservazione di nessun dato sperimentale, sono le stesse conclusioni della scienza sull’embrione umano a fornire “un’indicazione preziosa per discernere razionalmente una presenza personale fin da questo primo comparire di una vita umana: come un individuo umano non sarebbe una persona umana?”.


Da quasi venti secoli il Vangelo di Luca, che ovviamente non ha alcuna pretesa scientifica, rivela la medesima verità in tre parole: “Concepirai un figlio” (Lc 1,31). Come un figlio non sarebbe una persona umana? Se non è persona il figlio (ogni essere umano concepito è figlio), allora neanche il Verbo divino concepito in Maria lo è, poiché Gesù è vero uomo, oltre che vero Dio. Di conseguenza è “falsificata” l’Incarnazione e l’intera Redenzione del genere umano.

Ed è proprio questo il primo messaggio del Vangelo dell’Annunciazione di oggi: l’umanità piena e perfetta del Figlio di Dio, fin dal Suo concepimento, rivelata implicitamente  dall’Angelo mediante l’indicazione del nome di “Gesù”, un nome comune a quei tempi, come l’equivalente Giosuè.

Anche la prima Lettura orienta subito il credente alla contemplazione della sacra umanità del Signore mediante una sola parola, la parola “tenda”: “Il re Davide, quando si fu stabilito nella sua casa (…), disse al profeta Natan: “vedi, io abito in una casa di cedro, mentre l’arca di Dio sta sotto i teli di una tenda” (2 Sam 7,1-2). Al desiderio di Davide di edificarGli un tempio grandioso nella città appena costruita ( per tanti anni la dimora divina era stata la tenda mobile del deserto), Dio  risponde  con un annuncio doppiamente sorprendente: anzitutto sarà Lui a garantire a Davide “una casa” (v.11), in secondo luogo non si servirà di pietre minerali, ma di pietre umane, cioè di persone, perché la casa sarà un casato, la discendenza davidica: “Io susciterò un tuo discendente dopo di te, uscito dalle tue viscere, e renderò stabile il suo regno“ (v.12).


Ritroviamo questa duplice sorpresa nel Vangelo di Luca, perchè Maria, “l’umile tenda del Verbo, mossa solo dal soffio dello Spirito Santo” (Giovanni Paolo II), in un primo momento “rimase molto turbata”, in quanto si vede oggetto del favore divino e destinataria di un messaggio celeste; e subito dopo, pur rasserenata dalle parole di Gabriele, si sente annunciare un progetto umanamente incompatibile con il suo proposito di verginità, manifestando allora una sorpresa maggiore che la spinge a chiedere: “come avverrà questo, poiché non conosco uomo?” (Lc 1,34). Questo crescendo di sacro timore, appena “l’angelo si allontanò” da Maria dopo averle offerto l’ineffabile soluzione di Dio all’interrogativo da lei posto (“lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra” – Lc 1,35), approdò in un mare di indicibile felicità, dalla quale Ella fu invasa nell’istante in cui Colui che è Gioia infinita divenne suo Figlio: “L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore” (Lc 1,47).


E’ con questa gioia radiosa che dobbiamo testimoniare, oggi più che mai,  non solamente l’infinito, divino valore della vita umana sin dal concepimento, ma anche il messaggio essenziale dell’Istruzione “Dignitas personae”, posto già all’inizio come principio e fondamento: “La vita vincerà: è questa per noi una sicura speranza. Sì, vincerà la vita, perché dalla parte della vita stanno la verità, il bene, la gioia, il vero progresso. Dalla parte della vita è Dio, che ama la vita e la dona con larghezza” (n. 3).


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