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Storie di conversioni

Ultimo Aggiornamento: 22/03/2010 19:43
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02/12/2008 09:47

La Fede arriverà progressiva, esercitandosi nell’Amore e nelle virtù.
Lungo il suo cammino intellettuale, nella sua esperienza di attento osservatore, Pascal individua due differenti spiriti (modi d’intendere, di cogliere i problemi e percepire la realtà) attivi nell’uomo, che egli definisce come: spirito di geometria (esprit de géométrie) e spirito di finezza (esprit de finesse).
Il primo procede dimostrativamente, è la ragione scientificamente intesa, ed ha come oggetto le cose esteriori; il secondo permette di “sentire” ed intuire le verità, discernere le sfumature basandosi sul sentimento, ed ha per oggetto l’uomo.
Lo spirito di geometria è comunque subordinato allo spirito di finezza, proprio come la ragione lo è al cuore.
Lo spirito di finezza permette di conoscere l’uomo interiormente, nella sua essenza spirituale e questa è la strada per raggiungere la Verità, ed il modo migliore di vivere.
"Bisogna conoscere se stessi; quand’anche non servisse a trovare la verità, giova per lo meno a regolare la propria vita. E non c’è nulla di più giusto".
Ed è proprio grazie ad una vita moralmente più giusta ed equilibrata, regolando i suoi desideri e le sue aspettative, che l’uomo può trovare la giusta dimensione con la quale intraprendere il viaggio verso le Conoscenze più alte.
L’auto-convincimento è vano, se non viene accompagnato dalla costante eliminazione delle passioni.
L’unica forza e grandezza dell’uomo è la sua capacità di riflettere, di pensare e riconoscere la sua pochezza di fronte all’Infinito o alle forze ed elementi della natura, ma in virtù di questa consapevolezza, diviene immenso e partecipe del Divino quando regola la sua vita ed esercita queste sue prerogative.

“L’ uomo non è che una canna, la più fragile di tutta la natura; ma è una canna pensante.
Non c'è bisogno che tutto l'universo s'armi per schiacciarlo: un vapore, una goccia d'acqua basta a ucciderlo. Ma, anche se l'universo lo schiacciasse, l'uomo sarebbe ancor più nobile di chi lo uccide, perché sa di morire e conosce la superiorità dell'universo su di lui; l'universo invece non ne sa niente.
Tutta la nostra dignità consiste dunque nel pensiero.
E' con questo che dobbiamo nobilitarci e non già con lo spazio e il tempo che potremmo riempire. Studiamoci dunque di pensare bene: questo è il principio della morale".

Il 19 agosto del 1662, a soli 39 anni, Pascal muore, in casa della sorella Gilberte.
Lascia in eredità, all’intero genere umano, importanti e fondamentali scoperte scientifiche, ed ancor più preziose intuizioni, che ne fanno un autentico ricercatore e pioniere, tanto delle scienze della fisica, quanto di quelle dello Spirito.
I suoi “Pensieri” sono il limpido testamento, amorevolmente lasciato al genere umano, da un uomo che, con coerenza, ha modellato la sua vita per renderla davvero utile ed esemplare, insegnandoci a vivere nel presente ogni attimo della nostra esistenza, non rimandando al futuro decisioni e speranze.
L’esperienza di Pascal insegna come ogni dolore e tribolazione sia trampolino di lancio verso le più alte vette dello Spirito, la sofferenza va quindi affrontata con la giusta attitudine.
Se il mondo è affanno e tristezza, Dio è Gioia ed Amore, sta a noi, esseri dotati di pensiero, scegliere come dirigere la nostra vita.
Nell’ottocento, il grande scrittore francese Chateaubriand, percependo l’importanza di tali precetti, descriverà la luminosa parabola della vita di Pascal con queste memorabili parole:

"Ci fu un uomo che a 12 anni, con aste e cerchi, creò la matematica;
che a 16 compose il più dotto trattato sulle coniche dall’antichità in poi;
che a 19 condensò in una macchina una scienza che è dell’intelletto;
che a 23 anni dimostrò i fenomeni del peso dell’aria ed eliminò uno dei grandi errori della fisica antica; che nell’età in cui gli altri cominciano appena a vivere, avendo già percorso tutto l’itinerario delle scienze umane, si accorge della loro vanità e volse la mente alla religione; che da quel momento sino alla morte – avvenuta a 39 anni – sempre malato e sofferente, fissò la forma della lingua in cui dovevano esprimersi Bossuet e Racine, diede il modello tanto del motto di spirito più perfetto quanto del ragionamento più rigoroso;
che infine, nei brevi intervalli concessigli dal male, risolse quasi distrattamente uno dei maggiori problemi della geometria e scrisse dei pensieri che hanno sia del divino che dell’umano.
Il nome di questo genio portentoso è Blaise Pascal".


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