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Ut unum sint

Ultimo Aggiornamento: 01/12/2008 18:58
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01/12/2008 18:53

Relazioni con le antiche Chiese d'Oriente

62. Dal Concilio Vaticano II in poi, la Chiesa cattolica, con modalità e ritmi diversi, ha riallacciato fraterne relazioni anche con quelle antiche Chiese dell'Oriente che hanno contestato le formule dogmatiche dei concili di Efeso e di Calcedonia. Tutte queste Chiese hanno inviato osservatori delegati al Concilio Vaticano II; i loro Patriarchi ci hanno onorato della loro visita e con essi il Vescovo di Roma ha potuto parlare come a dei fratelli che, dopo lungo tempo, si ritrovano nella gioia.

La ripresa delle relazioni fraterne con le antiche Chiese dell'Oriente, testimoni della fede cristiana in situazioni spesso ostili e tragiche, è un segno concreto di come Cristo ci unisca nonostante le barriere storiche, politiche, sociali e culturali. E proprio per quanto riguarda il tema cristologico, abbiamo potuto dichiarare insieme ai Patriarchi di alcune di queste Chiese la nostra fede comune in Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo. Papa Paolo VI di venerata memoria aveva firmato delle dichiarazioni in questo senso con Sua Santità Shenouda III, Papa e Patriarca copto ortodosso103; e con il Patriarca siro-ortodosso d'Antiochia, Sua Santità Jacoub III104. Io stesso ho potuto confermare tale accordo cristologico e trarne delle conseguenze: per lo sviluppo del dialogo con il Papa Shenouda105, e per la collaborazione pastorale con il Patriarca siro d'Antiochia Mar Ignazio Zakka I Iwas106.

Con il venerato Patriarca della Chiesa d'Etiopia, Abuna Paulos, che mi ha fatto visita a Roma l'11 giugno 1993, abbiamo sottolineato la profonda comunione esistente tra le nostre due Chiese: "Noi condividiamo la fede ricevuta dagli Apostoli, gli stessi sacramenti e lo stesso ministero radicato nella successione apostolica [...]. Oggi infatti possiamo affermare di avere la stessa fede in Cristo, allorché per lungo tempo essa è stata causa di divisione tra di noi"107.

Più recentemente, il Signore mi ha dato la grande gioia di sottoscrivere una dichiarazione comune cristologica con il Patriarca assiro dell'Oriente, Sua Santità Mar Dinkha IV, che ha voluto per questo motivo farmi visita a Roma nel mese di novembre 1994. Tenendo conto delle formulazioni teologiche differenziate, abbiamo così potuto professare insieme la vera fede in Cristo108. Voglio dire la mia esultanza per tutto questo con le parole della Vergine: "L'anima mia magnifica il Signore" (Lc 1,46).

63. Per le tradizionali controversie sulla cristologia, i contatti ecumenici hanno reso dunque possibili chiarimenti essenziali, tanto da permetterci di confessare insieme quella fede che ci è comune. Ancora una volta, si deve constatare che tale importante acquisizione è sicuramente frutto della ricerca teologica e del dialogo fraterno. E non soltanto questo. Essa ci è di incoraggiamento: ci mostra, infatti, che la via percorsa è giusta e che si può ragionevolmente sperare di trovare insieme la soluzione per le altre questioni controverse

Dialogo con le altre Chiese e Comunità ecclesiali in Occidente

64. Nell'ampio piano tracciato per il ristabilimento dell'unità fra tutti i cristiani, il Decreto sull'ecumenismo prende ugualmente in considerazione le relazioni con le Chiese e Comunità ecclesiali d'Occidente. Con l'intento di instaurare un clima di fraternità cristiana e di dialogo, il Concilio situa le sue indicazioni nell'ambito di due considerazioni di ordine generale: l'una a carattere storico-psicologico e l'altra a carattere teologico-dottrinale. Da una parte, il suddetto documento rileva: "Le Chiese e le Comunità ecclesiali, che o in quel gravissimo sconvolgimento incominciato in Occidente già alla fine del Medioevo o in tempi posteriori si sono separate dalla sede apostolica romana, sono unite alla Chiesa cattolica da una speciale affinità e stretta relazione, dato il lungo periodo di vita che il popolo cristiano nei secoli passati trascorse nella comunione ecclesiastica"109. D'altra parte, con altrettanto realismo si constata: "Bisogna però riconoscere che tra queste Chiese e Comunità e la Chiesa cattolica vi sono importanti divergenze, non solo d'indole storica, sociologica, psicologica e culturale, ma soprattutto d'interpretazione della verità rivelata"110.

65. Sono comuni le radici e sono simili, nonostante le differenze, gli orientamenti che hanno guidato in Occidente lo sviluppo della Chiesa cattolica e delle Chiese e Comunità sorte dalla Riforma. Di conseguenza esse possiedono una comune caratteristica occidentale. Le "divergenze", pur importanti sopra accennate, non escludono quindi reciproche influenze e complementarità.

Il movimento ecumenico ha preso avvio proprio nell'ambito delle Chiese e Comunità della Riforma. Contemporaneamente, e già nel gennaio del 1920, il Patriarcato ecumenico aveva espresso l'auspicio che si organizzasse una collaborazione tra le Comunioni cristiane. Questo fatto mostra che l'incidenza dello sfondo culturale non è decisiva. Essenziale è invece la questione della fede. La preghiera di Cristo, nostro unico Signore, Redentore e Maestro, parla a tutti nello stesso modo, all'Oriente come all'Occidente. Essa diventa un imperativo che impone di abbandonare le divisioni per ricercare e ritrovare l'unità, sospinti anche dalle stesse amare esperienze della divisione.

66. Il Concilio Vaticano II non intende fare la "descrizione" del cristianesimo del "dopo Riforma", poiché le Chiese e le Comunità ecclesiali "differiscono non solo da noi, ma anche non poco tra di loro" e questo "per la loro diversità di origine, di dottrina e di vita spirituale"111. Inoltre, lo stesso Decreto osserva che il movimento ecumenico e il desiderio di pace con la Chiesa cattolica non è ancora invalso dappertutto112. Indipendentemente da queste circostanze, però, il Concilio propone il dialogo.

Il Decreto conciliare cerca poi di "mettere in risalto alcuni punti che possono [...] costituire il fondamento di questo dialogo ed un incitamento ad esso"113.

"Il nostro pensiero si rivolge [...] a quei cristiani che apertamente confessano Gesù Cristo come Dio e Signore e unico mediatore tra Dio e gli uomini, per la gloria di un solo Dio, Padre e Figlio e Spirito Santo"114.

Questi fratelli coltivano amore e venerazione per le Sacre Scritture: "Invocando lo Spirito Santo, essi cercano nelle stesse Scritture Dio che parla ad essi in Cristo, preannunciato dai Profeti, Verbo di Dio per noi incarnato. In esse contemplano la vita di Cristo e quanto il Divino Maestro ha insegnato e compiuto per la salvezza degli uomini, specialmente i misteri della sua morte e della sua risurrezione [...]; essi affermano la divina autorità dei libri sacri"115.

Allo stesso tempo, però, "pensano diversamente da noi [...] circa il rapporto tra le Sacre Scritture e la Chiesa, nella quale, secondo la fede cattolica, il Magistero autentico ha un posto speciale nell'esporre e predicare la parola di Dio scritta"116. Malgrado ciò, "la Sacra Scrittura nello stesso dialogo [ecumenico] costituisce l'eccellente strumento nella potente mano di Dio per il raggiungimento di quella unità, che il Salvatore offre a tutti gli uomini"117.

Inoltre, il sacramento del Battesimo che abbiamo in comune rappresenta "il vincolo sacramentale dell'unità, che vige tra tutti quelli che per mezzo di esso sono stati rigenerati"118. Le implicazioni teologiche, pastorali ed ecumeniche del comune Battesimo sono molte ed importanti. Sebbene di per sé costituisca "soltanto l'inizio e l'esordio", questo sacramento "è ordinato all'integra professione della fede, all'integrale incorporazione nell'istituzione della salvezza, come lo stesso Cristo ha voluto e, infine, alla integra inserzione nella comunione eucaristica"119.

67. Divergenze dottrinali e storiche del tempo della Riforma sono emerse a proposito della Chiesa, dei sacramenti e del Ministero ordinato. Il Concilio richiede pertanto che "la dottrina circa la Cena del Signore, gli altri sacramenti, il culto e i ministeri della Chiesa costituiscano l'oggetto del dialogo"120.

Il Decreto Unitatis redintegratio, rilevando come alle Comunità del dopo Riforma faccia difetto la "piena unità con noi, derivante dal Battesimo", osserva che esse "specialmente per la mancanza del sacramento dell'Ordine, non hanno conservata la genuina ed integra sostanza del mistero eucaristico", anche se "nella Santa Cena fanno memoria della morte e della risurrezione del Signore, professano che nella comunione di Cristo è significata la vita e aspettano la sua venuta gloriosa"121.

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