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Chi è lo Spirito Santo?

Ultimo Aggiornamento: 06/12/2008 19:46
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Chi è lo Spirito Santo?

Catechesi di monsignor Michele Pennisi alla GMG di Sydney

SYDNEY, mercoledì, 16 luglio 2008 (ZENIT.org).- “Chi è lo Spirito Santo?”. E' questa la domanda fondamentale alla quale ha voluto rispondere monsignor Michele Pennisi, Vescovo di Piazza Armerina (Enna), nella catechesi che ha esposto questo mercoledì alla Giornata Mondiale della Gioventù di Sydney (Australia).

“Perché questa domanda diventi interessante per noi – ha osservato il presule –, dobbiamo porci un’altra domanda: cosa c’entra lo Spirito Santo con la mia vita, con il desiderio di essere felice, di essere amato e di amare?”.

Al giorno d'oggi, ha riconosciuto, “c’è una distanza abissale fra l’annuncio dello Spirito Santo e i pensieri che si agitano nella nostra frenetica società consumistica in cui si vende e si compra o tra i giovani che si accalcano nelle discoteche immersi nel movimento di corpi, di luci e di rumori”.

Il disagio nel parlare dello Spirito Santo, ha spiegato monsignor Pennisi, “non riguarda solo i cosiddetti 'lontani', ma anche tanti giovani che frequentano le nostre parrocchie o i movimenti ecclesiali”, ai quali manca “un’intima esperienza di Dio”.

Tanti ragazzi, ha constatato, “sentono l’estremo bisogno di una sapienza pratica che dia gusto al vivere, una verità 'calda' che illumini il cammino, un amore che dischiuda le potenze del cuore e si apra ad un futuro di speranza”.

Purtroppo, migliaia di battezzati non fanno esperienza dell'azione dello Spirito né lo hanno mai invocato; “non godono appieno degli effetti della Pentecoste, perché non hanno instaurato una relazione personale con lo Spirito Santo e vivono un’esistenza cristiana insipida e rassegnata”.

Lo Spirito appare quindi come “un 'grande sconosciuto', un 'dio ignoto'”, “un concetto astratto, fumoso, etereo”.

Se infatti “è più facile vedere in Gesù un amico, è più arduo, invece, accostarsi allo Spirito Santo, a un misterioso dono, apparentemente impalpabile, incorporeo e inconsistente, che rimanda direttamente ad un altro immenso mistero: la Trinità”.

Secondo monsignor Pennisi, l’opera dello Spirito Santo è quella di “rendere continuamente presente il Cristo nella vita degli uomini”.

Accostarsi a Lui significa quindi “entrare nel rapporto fra il Padre e il Figlio e permettere che il loro modo di rapportarsi dia migliore significato alla nostra vita e alle relazioni che essa contiene, con noi stessi, con i fratelli, con il creato”.

Se è necessario conoscere personalmente lo Spirito, ha proseguito il presule, questo non basta: occorre infatti accoglierlo “come guida delle nostre anime, come il 'Maestro interiore'”.

“Lo Spirito Santo è il grande, unico, immenso Dono, un regalo gratuito del Padre, che, attraverso la Chiesa, rifrange in tanti doni diversi che sono i carismi, come la luce che, a seconda dei corpi sui quali piove, suscita colori diversi. Il Dono unico si divide in tanti doni per tornare a ricomporsi in unità nella Chiesa, per la quale tutti i doni sono dati”.

“Noi non potremmo fare nulla, se non avessimo lo Spirito Santo – ha constatato –. Una persona senza la presenza dello Spirito Santo è come una macchina senza benzina”.

Nella sua catechesi, il Vescovo ha anche ricordato l'importanza della santità, “necessaria al mondo come all’uomo l’aria che respira” e che “discende da una scelta che ogni giorno incrocia la nostra coscienza e la nostra volontà: tras-formato in Cristo o con-formato al mondo?”.

“Siamo capaci di praticare una santità di pensiero, una santità di parole, una santità di opere che testimonino come lo Spirito – che è Santo e ci fa santi – vive in noi?”, ha chiesto. “L’effusione dello Spirito, mediante la quale abbiamo preso coscienza del nostro 'santo destino', ci ha veramente innestati nel “cammino di santità” che la Chiesa propone prima di ogni altra cosa?”.

Il secolo nel quale la Provvidenza ci ha posti, ha osservato, “reclama 'cristiani veramente cristiani', felici di 'riconoscersi santi' nella realtà ideologica e sociale che ci avvolge e ci sconvolge”.

Per questo, è necessario affidarsi allo Spirito, che “toglie dal cuore dei credenti tristezze, polemiche, preoccupazioni, svogliatezze, legami con il peccato, malattie fisiche e spirituali, qualsivoglia angustia che possa appesantire la nostra 'vista' del Signore, talvolta sino a rendere i nostri 'occhi incapaci di riconoscerlo' (Lc 24, 17)”.

“Lo Spirito è il segreto della Chiesa di oggi come lo è stato per la Chiesa delle origini”, “è l’amore, è colui che riempie le nostre fragilità anche di eroismo, di continuità quotidiane. E’ l’ospite di un cuore che non si sente mai solo, di un amore che non è mai sterile, di una affettività che si allarga all’amore per tutti, soprattutto di chi sperimenta la solitudine”.

“E’ il fuoco che brucia i nostri tradimenti e purifica i nostri pensieri e soprattutto fa battere il nostro cuore per Gesù il pastore, che vorremmo essere per il nostro popolo”, ha concluso.


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Lo Spirito Santo, “Maestro sommo” di cui fidarsi

Catechesi di monsignor Giuseppe Betori, Segretario della CEI

SYDNEY, mercoledì, 16 luglio 2008 (ZENIT.org).- Lo Spirito Santo è il “Maestro sommo” in cui si può avere fiducia e che è capace di guidarci lungo la retta via, ha affermato questo mercoledì monsignor Giuseppe Betori, Segretario della Conferenza Episcopale Italiana, nella catechesi che ha pronunciato nella parrocchia di St Christopher Holsworthy di Sydney in occasione della Giornata Mondiale della Gioventù.

Conoscere lo Spirito Santo e il suo ruolo nella nostra vita cristiana “non è un compito facile”, ha riconosciuto, “non solo perché si tratta di entrare in contatto con il mistero stesso di Dio e cercare di balbettare qualcosa su di lui, ma prima ancora perché dense nebbie oscurano oggi il concetto stesso di 'spirito'”.

“Troppa è infatti la distanza che separa lo Spirito, come realtà divina, dalle varie idee di 'spirito' diffuse nella cultura” odierna come lo spiritismo, ha osservato.

Anche se già nell'Antico Testamento ci sono pagine che prefigurano in vari modi il volto dello Spirito Santo, ha ricordato monsignor Betori, Gesù è il primo a parlarne propriamente.

“La stessa presenza di Gesù tra noi ci viene descritta come opera dello Spirito, che discendendo su Maria rende possibile il farsi uomo del Figlio di Dio. E già in questa prima pagina dei Vangeli capiamo che lo Spirito Santo richiede il nostro libero assenso e la nostra imitazione”.

La presenza e l’azione dello Spirito, ha aggiunto, “è anche la compagnia fedele di Gesù nel suo soggiorno tra gli uomini” e “corrobora il suo operare guarigioni e ispira la parola del suo insegnamento”.

Per comprendere chi sia lo Spirito Santo in noi, ha osservato monsignor Betori, “dobbiamo seguire il percorso che ce ne rivela l’identità nella persona stessa di Gesù e nella sua vicenda terrena e di risorto”.

“Se credere è avere accesso a Dio, al suo mistero, il nostro cammino si incrocia pertanto non solo con Gesù, il rivelatore del Padre, ma anche con lo Spirito, colui che ci permette di entrare nella pienezza della verità che Gesù ci ha rivelato”.

Il segretario generale della CEI ha affermato che non è facile “restare fedeli al progetto di vita buona che viene dallo Spirito”, e la difficoltà “è spesso accresciuta dal dimenticare che tutto ciò non è l’esito di una nostra opera, ma il dono che scaturisce da una appartenenza: essere 'di Cristo Gesù'”.

“È lo Spirito di Gesù che ci rende capaci di vivere l’amore; e l’esempio dei santi, a cominciare dai giovani santi, ci dice che ciò è possibile, se ci lasciamo plasmare da lui”, ha osservato.

La grandezza del cristiano, constata, sta “nella coscienza che l’amore di Dio ha preso possesso di lui e lo ha trasformato in un figlio amato”.

“La fiducia che Dio ha mostrato nei nostri confronti e che offre anche agli altri ci rende capaci di aprirci agli altri con fiducia, di considerare gli altri come fratelli”.

Se è vero che solo la luce dello Spirito ci permette di entrare nella pienezza del mistero di Cristo e quindi del Padre, ha proseguito, “è però anche vero che solo dalla consuetudine con Cristo ci è dato l’accesso allo Spirito che fa nuove tutte le cose, che ci rigenera secondo il nostro vero volto”.

“La vera novità non sta nell’anticonformismo puramente esteriore che in realtà ricicla gli standard imposti dai 'padroni' delle mode e delle tendenze, nell’eccesso ad ogni costo e con ogni mezzo, che ripete sempre le stesse esperienze accentuando solo la sofferenza”, denuncia.

“La vera novità sta invece nel lasciarsi ricondurre alla verità di sé e del mondo, che solo lo Spirito di Dio ci può assicurare, perché egli era presente quando il Padre ci ha pensato e creato, quando ha preso forma il suo progetto d’amore per noi; e può indirizzarci a individuarne le forme attraverso le parole del Figlio, il rivelatore”.

Monsignor Betori ha ricordato che c'è “un tracciato preciso che ci aiuta a scoprire la voce dello Spirito ed è quello che possiamo incontrare nell’ascolto dell’unica parola che veramente cerca il nostro interesse: la parola di Dio”.

“Frequentare le pagine del Vangelo, dedicarci con assiduità alla lectio divina è modalità concreta di ascolto dello Spirito e costruzione di una personalità cristiana da lui ispirata e rafforzata”, perché lo Spirito “non è solo luce per la nostra vita ma anche forza che sostiene il nostro cammino”.

“Abbiamo bisogno di maestri per imparare a parlare, a vivere, ad amare – ha concluso –: di questo Maestro sommo che è lo Spirito possiamo fidarci, perché ci conosce meglio di noi stessi, perché non ci cerca per sottometterci ma per arricchirci di sé, perché solo lui può introdurci nel mistero d’amore di Dio, che prende figura nella Santissima Trinità”.


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