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Il neurologo che ha visitato Eluana rivela che può deglutire

Ultimo Aggiornamento: 26/12/2008 22:49
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24/12/2008 17:58

Il neurologo che ha visitato Eluana rivela che può deglutire


ROMA, martedì, 23 dicembre 2008 (ZENIT.org).- Secondo il neurologo Giuliano Dolce, direttore scientifico dell’Istituto Sant’Anna di Crotone, che visitato Eluana Englaro, la giovane deglutisce e quindi potrebbe essere alimentata per via orale.

Questa rivelazione potrebbe rimettere in discussione la sentenza della Corte di Appello che autorizza a staccare il sondino e quindi far morire di fame e di sete la giovane in stato vegetativo.


Per comprendere le implicazioni di questa rivelazione, riportiamo di seguito la lettera inviata dal dott. Dolce al quotidiano “Avvenire” e pubblicata il 23 dicembre.

* * *

“La situazione che stiamo vivendo è veramente paradossale, soprattutto per noi medici, poiché siamo costretti ad ascoltare le diverse opinioni di persone che parlano, senza alcun fondamento scientifico. Questo succede quando si pretende di prendere una intransigente posizione senza conoscere bene la materia. La confusione che ne deriva però è veramente drammatica perché riguarda la vita di una persona che vive in mezzo a noi.

Io ho visitato a gennaio scorso Eluana Englaro con il consenso del padre. Eluana si trovava in uno stato vegetativo conclamato per cui non è stato possibile ottenere alcuna risposta consistente, ma alcune funzioni erano conservate. In modo particolare la deglutizione.

Eluana ingoia e ha sempre ingoiato la saliva e dalla anamnesi è risultato che nei primi anni veniva spesso alimentata per bocca dalla madre anche se la pratica richiedeva tempo. Per ragioni di praticità venne poi preferita esclusivamente la nutrizione attraverso sondino. Veniva poi riferito che da pochi mesi era ritornato il ciclo mestruale dopo anni dal momento dell’incidente.

Prima di sospendere la nutrizione artificiale quindi, è assolutamente necessario valutare bene le residue capacità funzionali della deglutizione con un particolare esame radiologico, anche perché ne deriva che il medico che applicasse il dispositivo della sentenza rischia di essere accusato di aver fatto morire di fame e di sete una grave disabile, capace di essere nutrita per via naturale. Oltre al reato di omicidio si configura anche quello aggravante di tortura di incapace.

In modo particolare la sete è intollerabile dopo uno o due giorni e tutti chiederebbero l’acqua, cambiando le disposizioni anticipate date decenni prima, o anche il giorno prima. Se si interviene con antidolorifici che potrebbero sicuramente alleviare il disagio, allora non si pratica più l’abbandono attivo, ma una eutanasia crudele perché l’evento morte non è immediato ma si prolunga nel tempo.

La sentenza del tribunale di Milano autorizza la sospensione delle terapie compresa la idratazione e la nutrizione artificiale e non certo quella naturale! Va detto che anche dopo molti anni i dolori fisici spontanei o provocati da malattie intercorrenti o da inadeguate manovre vengono percepiti dai pazienti in stato vegetativo e verosimilmente anche quelli provocati dalla fame e dalla sete.

Proprio su questo punto è stata vergata una dichiarazione condivisa cui hanno aderito 26 specialisti della materia italiani, francesi, spagnoli e tedeschi in una recente riunione internazionale tenutasi a Roma presso l’istituto Santa Lucia. In questo congresso sono state rese note diverse comunicazioni che mettono in luce come durante lo stato vegetativo, anche dopo anni è possibile registrare attività di coscienza sommersa, anche in assenza di consapevolezza in altre parole il cervello lavora.

Infine, e non per importanza, il tutore il curatore e tutti quelli che si adopereranno a mettere in esecuzione il decreto della Corte d’appello di Milano, devono necessariamente tenere presente che la procedura in esso indicata non è assolutamente praticabile sotto un profilo medico per due ragioni: per eliminare le sofferenze provocate dalla fame dalla sete, il sanitario deve eliminare per prima cosa la causa della sofferenza e ciò si può fare solamente somministrando acqua e non sedativi.

Lo esige la buona pratica medica. Se invece si somministra una forte sedazione prolungata, praticamente si esegue una forma di eutanasia che In italia, attualmente, costituisce un reato grave. È altrettanto grave che il tribunale non abbia disposto una perizia sulle reali condizioni di Eluana alla luce delle recenti novità in campo scientifico.

Evidentemente i giudici non erano bene informati sulle capacità funzionali di una persona in stato vegetativo, e sono altresì convinto che gli stessi giudici, una volta adeguatamente informati, condannerebbero quelle persone pronte oggi a dare esecuzione alla sentenza”.

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24/12/2008 17:59

Se Eluana deglutisce, la sentenza va rivista


Scienza & Vita e "Avvenire" chiedono altre indagini

ROMA, martedì, 23 dicembre 2008 (ZENIT.org).- “Se davvero Eluana deglutisce ed è ancora possibile che possa essere imboccata e nutrita, non riusciamo a capire perché i giudici non abbiano valutato accuratamente questa circostanza”.


Così l’associazione Scienza & Vita, con un comunicato recapitato a ZENIT il 23 dicembre, commenta le rivelazioni del dott. Giuliano Dolce - direttore scientifico dell’Istituto Sant’Anna di Crotone - che, dalle colonne di “Avvenire”, ha fatto sapere di aver verificato questa situazione nel quadro clinico di Eluana durante una visita medica.

“In sostanza ci chiediamo – prosegue Scienza & Vita – se questa circostanza non sia tale da dover indurre a un ulteriore ripensamento sul destino di Eluana, già segnato da un provvedimento della Corte d’Appello”.

Ed ancora: “è stata fatta davvero ogni valutazione medica o è rimasta qualche zona d’ombra? Sono stati effettuati tutti, ribadiamo tutti, gli accertamenti clinici anche e soprattutto in riferimento alla valutazione della capacità di deglutire?”.

“A queste domande – osserva l’associazione – ci piacerebbe trovare risposte adeguate e non ideologiche, foss’anche fondate su una sentenza passata in giudicato. Anche ai condannati a morte – laddove purtroppo esiste la pena capitale – è concessa la possibilità di una sospensione o revisione della condanna quando emergano fatti nuovi sulle circostanze che hanno spinto i giudici a emettere la sentenza più grave e terribile che un uomo possa subire”.

Scienza & Vita conclude affermando: “Non pensiamo di chiedere troppo, dinanzi al valore straordinario che la vita di ciascun cittadino ha, sia agli occhi dei costituenti di ieri sia dei legislatori di oggi”.

A commento delle rivelazioni del dott. Dolce il quotidiano Avvenire ha scritto il 23 dicembre che “ci sono aspetti della condizione di Eluana Englaro che non solo l’opinione pubblica ma anche i giudici mostrano di non avere valutato (o addirittura saputo) e che modificano taluni dei presupposti su cui si basa il decreto della Corte d’Appello”.

Il neurologo ha così raccontato: “È accaduto lo scorso 18 gennaio. Dopo gli ultimi sviluppi, credo di non poter tacere che Eluana ha mantenuto la deglutizione. Si tratta di un particolare non indifferente. Infatti tra le persone in stato vegetativo alcune non riescono a deglutire, altre sì”.

“La differenza è visibile, perché i primi perdono bava dalla bocca, e questo non era il caso di Eluana – afferma –. Le suore mi hanno confermato che mai aveva perso questa capacità e che, nei primi anni, veniva alimentata dalla madre con un cucchiaino. Addirittura mi hanno riferito che ha ancora il riflesso della tosse: un particolare decisivo per poterla alimentare per bocca”.

Ma la riflessione a questo punto passa su un altro piano: “Il decreto – spiega Dolce – dice che si può sospendere l’alimentazione artificiale con il sondino, non che si può lasciar morire di sete e di fame una persona che può essere alimentata per via naturale”.

“Credo – continua – che se i giudici avessero nominato una commissione medica per valutare le condizioni di Eluana, questi elementi sarebbero emersi. Si sarebbero anche potuti effettuare altri esami, come la videofluoroscopia per valutare quanto la deglutizione sia valida, o la risonanza magnetica dinamica. Si doveva chiarire che gli specialisti non parlano più di stato vegetativo permanente o persistente”.

La vicenda di Eluana, secondo Dolce, è tutt’altro che chiusa: “Abbiamo già scritto una lettera al direttore sanitario della clinica di Udine per spiegargli questi argomenti. Ma certamente, se qualcuno pensasse di mettere in atto il decreto, ci rivolgeremmo alla procura”.

Di fronte a queste rivelazioni, osserva “Avvenire”, è venuto per tutti “il momento della coscienza e della massima responsabilità”.

In merito alla vicenda il Movimento per la Vita ha fatto notare che dagli ambienti scientifici stanno arrivando in queste ore numerose conferme che non poche persone in stato vegetativo persistente sono in grado di deglutire.

Ci sono anche le attestazioni di altri neurologi e di famiglie che, sia pure con grande pazienza, danno da bere e da mangiare ai propri congiunti con le normali posate.

Carlo Casini, Presidente del Movimento per la Vita italiano (MpV), ha commentato che “è dunque sempre più difficile sostenere che alimentare e dare da bere sono terapia. Ed è sempre più irrazionale e contraddittorio sostenere che  non c’è violazione della legge penale se a togliere il sondino è un medico mentre vi è reato se provvede un privato”.

“Siamo curiosi di vedere chi, a questo punto, se la sentirà di sostenere che le strutture sanitarie pubbliche o accreditate possono togliere cibo od acqua a persone in esse ospitate. O chi se la sentirà di proibire a volontari, di dare da bere e da mangiare con il cucchiaino ad Eluana”, ha sostenuto il Presidente del MpV.

“Umidificare le mucose è doveroso – ha scritto la Corte d’Appello di Milano – ma dare da bere è proibito. Vi può essere contraddizione più grande?”, conclude Casini.

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24/12/2008 18:02

Il caso Eluana e i giudizi clinici (apparentemente) inappellabili


di Renzo Puccetti


ROMA, martedì, 23 dicembre 2008 (ZENIT.org).- La questione di Eluana Englaro, la giovane donna che da sedici anni vive in stato vegetativo occupa da mesi le cronache e alimenta un acceso dibattito bioetico in cui molto spesso si registra, duole dirlo, una scarsa o erronea conoscenza tecnica della questione. Questa approssimativa informazione alimenta molto spesso una distorta valutazione etica sull’intera vicenda.


Cercheremo di offrire alcuni elementi per una chiarificazione di alcuni aspetti, offrendo i riferimenti essenziali per ulteriori, possibili, approfondimenti.


Eluana, al pari di tutti i pazienti in stato vegetativo, non è morta. La definizione di morte cerebrale prevede la perdita irreversibile delle funzioni da parte di tutto l’encefalo (corteccia e tronco encefalico). Sebbene in maniera aneddotica ogni tanto appaia in letteratura medica qualche autore che pone la questione, in nessun paese occidentale i pazienti in stato vegetativo sono espiantati dei loro organi, o sono utilizzati quali donatori per la ricerca.

L’uso del termine “morte corticale” per i soggetti in stato vegetativo (1) è del tutto inadeguato, dal momento che la diagnosi di stato vegetativo è eminentemente clinica ed il substrato anatomo-funzionale di tale condizione è oltremodo diversificato (2).

Anzi, potremmo dire, che utilizzare il termine “morte corticale” è operazione che si connota per scarso livello di scientificità, ma elevato livello di propaganda ideologica. Lo stato vegetativo è pertanto una condizione di grave disabilità che in prima istanza si connota per l’assenza di evidenza della consapevolezza di sé e dell’ambiente, una vigilanza intermittente e conservazione delle funzioni autonomiche (il cuore batte autonomamente, la respirazione è spontanea, la auto-regolazione della temperatura corporea è integra). Non vi è quindi alcuna macchina a cui il paziente in stato vegetativo sia collegato e non vi è alcuna “spina” da staccare.

La qualificazione di “permanente” per definire lo stato vegetativo in cui versa Eluana Englaro non è corretta, dal momento che la permanenza è un giudizio prognostico che, seppure altamente probabile, non può assumere il carattere di certezza.

Anche l’impiego del termine “persistente”, seppure più idoneo in una prospettiva diagnostica, non è scevro da possibili interpretazioni disomogenee, pertanto se ne sconsiglia l’uso in favore dell’indicazione della durata della condizione (stato vegetativo da numero mesi/anni) (3). Il recentissimo caso della ventenne, uscita dallo stato vegetativo in cui si trovava dal 2005 grazie all’intervento di stimolazione corticale extradurale bifocale, ha, dicono il dottor Sergio Canavero e la dottoressa Barbara Massa Micon, autori dell’intervento,“infranto il muro dell'irreversibilità” (4), dimostrando ulteriormente quanto le valutazioni prognostiche dovrebbero sempre essere improntate alla cautela.
 

Non risulta allo scrivente che Eluana Englaro sia stata mai sottoposta a questo genere di accertamenti, né che a tutt’oggi sia stato richiesto ai medici dell’ospedale di Torino un consulto sul caso specifico.

La possibile residua capacità di deglutizione riferita ad Eluana da un collega specialista in neurologia riportata sui media, non fa altro che confermare l’inadeguatezza di certa sicumera nel formulare giudizi clinici apparentemente inappellabili e dimostra la necessità di una maggiore tutela giuridica dei soggetti altamente vulnerabili.

L’affermazione che “Eluana non ha alcuna sensazione” (5) è oltremodo temeraria e non supportata dalle evidenze scientifiche. Nessuno conosce l’entità e la qualità della sensibilità dei soggetti in stato vegetativo.

La percezione sensitiva e l’elaborazione delle sensazioni è assente se valutata clinicamente, ma il lavoro portato avanti soprattutto dal gruppo di lavoro del dr. Adrian Owen (6)“consente di identificare segni di coscienza nei pazienti con danni cerebrali che non comunicano” (7).


Peraltro l’elaborazione e la sottoscrizione da parte del padre, del primario e dell’amministratore delegato della clinica di un protocollo che prevede, tra l’altro, “la somministrazione di sostanze idonee a eliminare l'eventuale disagio utilizzando prodotti come saliva artificiale, spray di soluzione fisiologica e gel”, l’osservazione clinica della giovane donna per “verificare l'eventuale modifica della terapia, qualora fosse insufficiente a evitare la comparsa di segni clinici di sofferenza” e la sospensione del supporto nutrizionale e dell’idratazione da attuare “gradualmente, al fine di consentire la familiarizzazione del personale assistenziale con le manifestazioni cliniche di Eluana” (8) sono indicatori sufficientemente esaustivi dell’incertezza circa il livello di sofferenza che la eventuale morte per inedia procurerebbe ad Eluana Englaro.


La sovrabbondante letteratura scientifica dimostra che il testamento biologico è uno strumento del tutto inidoneo ad assicurare il rispetto dell’autonomia del paziente (9-13). Nel caso Englaro l’immaginifico testamento biologico orale della ragazza è stato ricostruito a posteriori sulla base di alcune testimonianze.

Interessante come la letteratura medica dimostri che l’accuratezza dei fiduciari nell’interpretare le reali volontà del paziente è assai insoddisfacente (14). Nel caso Englaro non vi è alcuna designazione di un fiduciario. Quindi possiamo dire che la morte per sospensione della nutrizione e idratazione non è certo che dia attuazione all’autonomia della paziente, sicuramente assicura la eteronomia del tutore e che questa coincida con quella della paziente è l’opinione del collegio dei giudici, non una verità scientifica.


La sospensione della nutrizione e dell’idratazione nel caso di una persona in stato vegetativo è un atto eutanasico. Ciò corrisponde alla definizione di eutanasia suggerita dalla National Library of Medicine: “The act or practice of killing hopelessly sick or injured individuals (as persons or domestic animals) in a relatively painless way for reasons of mercy; also : the act or practice of allowing a hopelessly sick or injured patient to die by taking less than complete medical measures to prolong life”.


Con la sentenza Englaro nel nostro paese un organo dello Stato stabilisce che una condizione clinica, considerata tale da rendere la vita non degna di essere vissuta, legittima la richiesta di morte.

La richiesta di non essere sottoposto a trattamenti non voluti non è qualcosa che riguarda unicamente l’individuo. L’articolo 32 della costituzione si compone di due commi; nel primo si afferma: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività”. Che Eluana viva è interesse della comunità, al pari dei tanti casi in cui leggi dello stato regolano i comportamenti delle persone e ne limitano la libertà proprio al fine di assicurare una maggiore tutela della salute dello stesso individuo.

Avremo modo di riprendere l’argomento rivolgendo particolare attenzione agli aspetti antropologici ed etici sollevati dal caso.

Riferimenti:


1. Luciano Orsi,
http://www.swif.uniba.it/lei/scuola/carelli/bioetica/bioetica6.htm

2. Kampfl A, Franz G, Aichner F, Pfausler B, Haring HP, Felber S, Luz G, Schocke M, Schmutzhard E. The persistent vegetative state after closed head injury: clinical and magnetic resonance imaging findings in 42 patients. J Neurosurg. 1998 May;88(5):809-16.

3. Definizione di Stato Vegetativo e di Stato di Minima Coscienza. Documento elaborato dal Ministero della Salute, Gruppo di lavoro ''Stato vegetativo e stato di minima coscienza''. http://www.sicp.it/SICP_news.asp?ID=79

4. cfr. Italiasalute.it http://italiasalute.leonardo.it/Copertina.asp?Articolo_ID=9703

5. Riccio M. http://www.aduc.it/dyn/dilatua/dila_mostra.php?id=240291

6. University of Cambridge. http://www.neuroscience.cam.ac.uk/directory/profile.php?adrian

7. Di H, Boly M, Weng X, Ledoux D, Laureys S. Neuroimaging activation studies in the vegetative state: predictors of recovery? Clin Med. 2008 Oct;8(5):502-7.

8. cfr. Il Foglio, del 19 Dicembre 2008, pag. 1 e ins. I.

9. Silverstein MD, Stocking CB, Antel JP, Beckwith J, Roos RP, Siegler M. Amyotrophic lateral sclerosis and life-sustaining therapy: patients' desires for information, participation in decision making, and life-sustaining therapy. Mayo Clin Proc. 1991 Sep;66(9):906-13.

10. Weissman JS, Haas JS, Fowler FJ Jr, Gatsonis C, Massagli MP, Seage GR 3rd, Cleary P. The stability of preferences for lifesustaining care among persons with AIDS in the Boston Health Study. Med Decis Making. 1999 Jan-Mar;19(1):16-26.

11. Danis M, Garrett A, Harris R, Patrick D. Stability of choices about life sustaining treatments. Ann Intern Med. 1994; 120:567-573.

12. Kressel LM, Chapman GB. The default effect in end-of-life medical treatment preferences. Med Decis Making. 2007 May-Jun;27(3):299-310.

13. Kressel LM, Chapman GB, Leventhal E. The influence of default options on the expression of end-of-life treatment preferences in advance directives. J Gen Intern Med. 2007 Jul;22(7):1007-10.

14. Shalowitz DI, Garrett-Mayer E, Wendler D. The Accuracy of Surrogate Decision Makers. Arch Intern Med. 2006;166:493-497.


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* Medico-chirurgo, specialista in medicina interna e Segretario del Comitato "Scienza & Vita" di Pisa-Livorno. E' inoltre membro del gruppo di lavoro della European Medical Association.

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24/12/2008 18:25

deglutisce
deglutisce
PERCHE' NON INDAGARE ANCORA

23/12/2008 23.22 by enricorns


Perchè quì non andava bene?
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26/12/2008 15:18

In tutta sincerità non avevo fatto caso che avevi aperto questo Topic nella cartella principale...cmq non fa nulla, utilizziamo il Topic tuo per dialogare sul caso in questione mentre qui inseriamo solo testi di lettura e di approfondimento.

Buone Feste caro Enrico!
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26/12/2008 22:49

Non c'è problema, solo pensavo fosse postato nel posto sbagliato.

Buone feste anche a te e famiglia.
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