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La Chiesa, l'Aids, il preservativo

Ultimo Aggiornamento: 29/03/2009 08:24
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29/03/2009 08:24

La Chiesa, l'Aids, il preservativo

Polemiche in Europa per le parole del papa. Ma i dati rivelano che la posizione della Chiesa è condivisa da molti e risulta vincente


Elaborazione di Documentazione.info da varie fonti, 19 marzo 2009

Le parole del papa sull'Aids in Africa hanno sollevato un nugolo di polemiche creando confusione e smarrimento. Proponiamo una serie di fatti e dati per ricostruire come stanno veramente le cose

La Chiesa, l'Aids, il preservativoLa Chiesa è la massima esperta di Aids in Africa
Il papa ha detto che per sconfiggere l'Aids la via più efficace è quella dell'assistenza e dell'educazione. Non basta distribuire preservativi. Lo ha detto perché conosce molto bene la realtà africana e gli studi scientifici sul tema.
Di fatto la Chiesa è la massima esperta di aids nel continente, dato che da sola fornisce circa il 30% dell'assistenza sanitaria sul territorio africano.

Le reali parole del papa
Riportiamo perciò anzitutto le reali parole del papa sulla questione (tratte da Radio Vaticana): "Penso che la realtà più efficiente, più presente, più forte della lotta contro l'Aids sia proprio la Chiesa cattolica, con i suoi movimenti, con le sue diverse realtà. Penso alla Comunità di Sant'Egidio che fa tanto - visibilmente e anche invisibilmente - per la lotta contro l'Aids, ai Camilliani, tante altre cose, a tutte le suore che sono a disposizione dei malati ... Direi che non si può superare questo problema dell'Aids solo con soldi. Sono necessari, ma se non c'è l'anima che li sappia applicare, non aiutano, non si può superare con la distribuzione di preservativi: al contrario, aumentano il problema. La soluzione può essere solo una duplice: la prima, una umanizzazione della sessualità, cioè un rinnovo spirituale e umano che porti con sé un nuovo modo di comportarsi l'uno con l'altro, e secondo, una vera amicizia anche e soprattutto per le persone sofferenti, una disponibilità, anche con sacrifici, con rinunce personali, per essere con i sofferenti. E questi sono i fattori che aiutano e che portano con sé anche veri e visibili progressi. Perciò, direi questa nostra duplice forza di rinnovare l'uomo interiormente, di dargli forza spirituale e umana per un comportamento giusto nei confronti del proprio corpo e dell'altro, e questa capacità di soffrire con i sofferenti, di rimanere presente nelle situazioni di prova. Mi sembra la giusta risposta, e la Chiesa fa questo e così offre un contributo grandissimo ed importante. Ringraziamo tutti coloro che lo fanno".

I dati che confermano la ragionevolezza delle parole del papa
Riportiamo anche una serie di articoli (già pubblicati da documentazione.info) che fanno riferimento agli studi scientifici disponibili sul tema dell'efficacia del solo preservativo contro l'aids. Studi su cui gli esperti sono d'accordo:

1. Una strategia realistica contro l'Aids in Africa, Matthew Hanley, Mercatornet, 29 febbraio 2008
2. Preservativo: panacea contro le infezioni sessuali?, di John Flynn, Zenit.org 17 febbraio 2008
3. Prevenzione Aids: il preservativo non basta, Elaborazione di Documentazione.info su fonti varie, novembre 2007
4. Lotta all'AIDS: una via efficace, di Rodolfo Casadei, Tempi, 6 ottobre 2005


Il disinteresse occidentale verso l'Africa

Infine solleviamo un dubbio: non è che tanto accanimento polemico su un tema in fondo assodato per gli esperti serve a distrarre da qualcosa? Un'idea ci è venuta leggendo un articolo di Riccardo Bonacina pubblicato ieri sul sito del settimanale Vita (e segnalato nel suo blog ieri dal giornalista Andrea Tornielli) in cui riporta i dati di un rapporto dell'Ocse che sottolinea il disinteresse dei paesi occidentali nei confronti dell'Africa. Ecco le sue parole: "a salire in cattedra, oggi, sono stati gli stessi responsabili di aver fatto carta straccia di tutti gli impegni internazionali da qualche decennio in qua... A parlare sono gli stessi rappresentanti di quei Governi che non arrossiscono neppure per aver fallito e tradito l'obiettivo fissato alla conferenza di Barcellona del 2002 di destinare agli aiuti internazionali lo 0,33 per cento del PIL entro il 2006. Di aver tradito e fallito un ulteriore impegno, quello preso nel 2004 sugli Obiettivi del Millennio, quando firmarono e controfirmarono con inchiostro invisibile l'impegno di innalzare la quota per la cooperazione allo sviluppo sino allo 0,7% del Pil entro il 2015. E ancora la promessa del G8 2005 che disse di voler raddoppiare l'aiuto all'Africa. Come stiano le cose l'ha spiegato poche settimane fa l'Ocse."I Paesi donatori avevano promesso di aumentare i loro finanziamenti di circa 50 miliardi di dollari l'anno entro il 2015, a partire dai livelli del 2004 - si legge nel Development Co-operation Report pubblicato in questi giorni - ma le proiezioni dell'OCSE rispetto alla destinazione di questi fondi registrano una caduta complessiva di circa 30 miliardi ciascun anno. I numeri sono abbastanza eloquenti: tra 2006 e 2007 i Paesi di area Ocse hanno diminuito il loro impegno dell'8,5% a livello internazionale, con punte del 29,6% per il Regno unito, del 29,8% del Giappone, del 16,4% della Francia e dell'11,2% del Belgio. Anche l'Italia perde terreno: meno 2,6% nel 2007".


Una risposta di successo: l'approccio ABC

Da Il Sussidiario.net del 7 agosto 2008, articolo di Filippo Clantia e Pier Alberto Bertazzi

...Come ha spiegato Edward Green, dell'Harvard Center for Population and Development Studies, i più rilevanti risultati in tema di prevenzione dell'Aids sono stati ottenuti nei Paesi che hanno puntato non solo sulla diffusione di preservativi, ma anche su programmi di Primary Behavior Change, attraverso formazione ed educazione. Il primo tipo di approccio si è dimostrato efficace nei gruppi ad alto rischio nei Paesi occidentali, ma non nei Paesi dove il rischio è diffuso nell'intera popolazione.

La possibile inversione di tendenza: una lezione dai Paesi in via di sviluppo

In quei Paesi si è dimostrato vincente il modello di prevenzione originalmente sviluppato in Africa. È basato su tre principi, indicati dalle lettere A, B e C. A, ovvero Abstain, astieniti da rapporti sessuali in età molto giovane, non iniziare un'attività sessuale precocemente; B, come Be faithful, ovvero sii fedele, non cambiare continuamente partner; C, ovvero usa il Condom in modo corretto e continuo. Nel 1991 durante la conferenza internazionale sull'Aids a Firenze il presidente ugandese Museveni spiegava così la scelta politica del suo Paese: «Credo che la migliore risposta alla minaccia posta dall'Aids sia riaffermare pubblicamente e con forza la stima e il rispetto che ogni persona deve al suo prossimo. I giovani devono imparare le virtù del controllo di sé, della non immediatezza del piacere e talora del sacrificio». E in Uganda la frequenza di infezioni Hiv nella popolazione è scesa dal 15% nel 1991 al 5% nel 2001, mentre nell'intera Africa sub-sahariana, secondo Unaids, la frequenza media di infezione Hiv nella popolazione si va riducendo: da 7,5% nel 2003 a 7,2% nel 2005. L'approccio ABC è stato considerato con interesse negli ultimi anni e discusso su riviste internazionali autorevoli, incluse «The Lancet», «Science», «British Medical Journal». In questa discussione è stata messa in luce l'importanza di tutti e tre gli aspetti, nel loro insieme, ma anche la loro diversa rilevanza ed efficacia a seconda dei diversi segmenti o tipi di popolazione: tenendo conto dei risultati raggiunti, per i giovani la misura più rilevante sembra la A, per gli adulti la B, mentre la C ha la maggior rilevanza nei gruppi ad alto rischio, data la loro avvertenza e coscienza del problema, o comunque nei Paesi con epidemie concentrate e non diffuse all'intera popolazione (per esempio Cambogia e Thailandia). L'impatto del programma di prevenzione ABC risente naturalmente di molte condizioni di contesto quali povertà, mancanza di educazione, instabilità residenziale, migrazione forzata, ineguaglianza di diritti tra uomini e donne, etc. Molti Paesi in Africa soffrono di tali condizioni, e ciò rende ancora più importante non coltivare l'illusione che la questione si risolva soltanto con una distribuzione capillare di preservativi: il loro uso corretto e continuo ha ben poche applicazioni in situazioni di tale drammaticità. In ogni caso, i 700 milioni di abitanti dell'Africa sub-sahariana stanno ricevendo annualmente oltre 700 milioni di preservativi, ma la curva epidemica dell'infezione ha cominciato a subire un calo solo quando si è messo in atto un programma centrato sulla responsabilità della persona, sulla sua capacità di riconoscere il bene, sulla leale e simpatetica considerazione delle condizioni particolari nelle quali il programma andava applicato.

Il fenomeno Aids si è manifestato con quattro principali ondate. La prima è stata l'ondata dell'infezione che ha progressivamente colpito settori crescenti della popolazione in tutto il mondo fino ai 60 milioni attualmente stimati; la seconda si è presentata con un pesante tributo di morti (più di 25 milioni finora), data l'alta letalità della malattia e la mancanza nella prima fase dell'epidemia di farmaci efficaci; la terza ondata, particolarmente a carico dei Paesi del Terzo mondo, è stata quella dei bimbi, infetti e non infetti, orfani a causa di Aids. Ora la sfida è riuscire a rendere disponibili trattamenti anti-retrovirali alle persone che ne necessitano: uno solo (o due, secondo le stime) su dieci in Africa, e uno solo su sette in Asia lo stanno ricevendo. Questa sfida non va condotta senza tenere presente, come si è rischiato di fare, tutti i fattori in gioco, a cominciare dal contesto e da chi lo abita. L'Occidente si sta impegnando a fornire all'Africa farmaci e condom. È questo il segno di un impegno concreto o di un disimpegno? È il modo efficace di aiutare la soluzione del loro problema o di un nostro problema? È sufficiente occuparsi del virus e non delle condizioni sociali, culturali, economiche, di vita quotidiana, nelle quali il virus prospera? L'esperienza, anche scientifica, sembra dire di no.


www.sentinelledelmattino.org

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