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Green (Harvard): io, scienziato laico, sto con il Papa

Ultimo Aggiornamento: 17/09/2009 11:58
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Green (Harvard): io, scienziato laico, sto con il Papa

INT. Edward C. Green lunedì 23 marzo 2009

Il dott. Edward Green è il Direttore dell'AIDS Prevention Research Project della Harvard School of Public Health and Center for Population and Development Studies. Una voce autorevole in campo medico e con una grande esperienza nella lotta all'AIDS nei Paesi in via di sviluppo. Ilsussidiario.net lo ha intervistato in esclusiva.

Le dichiarazioni del Papa su AIDS e uso dei preservativi è al centro di un aspro dibattito e molti, da Kouchner a Zapatero, inclusa la UE, hanno definito la sua posizione come astratta e alla fine anche pericolosa. Qual è la sua opinione?

Io sono un liberal sui temi sociali e per me è difficile ammetterlo, ma il Papa ha davvero ragione. Le prove che abbiamo dimostrano che, in Africa, i preservativi non funzionano come intervento per ridurre il tasso di infezione da HIV. Hanno funzionato, per esempio, in Tailandia e Cambogia che hanno dinamiche epidemiologiche molto diverse.

In una recente intervista a National Review Online, lei ha detto che non vi è alcuna consistente relazione tra l’uso del preservativo e un più basso tasso di infezione da HIV. Può approfondire questa affermazione?

Quello che si riscontra in realtà è una relazione tra un più largo uso di preservativi e un maggiore tasso di infezione. Non conosciamo tutte le cause di questo fenomeno, ma parte di esso è dovuto a ciò che chiamiamo compensazione del rischio. Significa che chi usa i preservativi è convinto che siano più efficaci di quanto realmente sono, finendo così per assumere maggiori rischi sessuali. Un altro fatto che è ampiamente trascurato è che i preservativi sono usati in caso di sesso occasionale o a pagamento, ma non sono usati tra persone sposate o con il partner abituale. Perciò, una conseguenza dell’incremento nell’uso dei preservativi può essere un aumento del sesso occasionale.

Quindi, per quanto sorprendente, è provato che un maggior utilizzo di preservativi è collegato ad un più alto tasso di infezione?

Si è cominciato a notare qualche anno fa che, in Africa, i paesi con maggiore disponibilità di preservativi e tassi superiori di loro utilizzo avevano anche il più alto tasso di infezione da HIV. Questo non prova una relazione causale, ma ci avrebbe dovuto portare qualche anno fa a valutare in modo più critico i programmi relativi all’utilizzo del preservativo.

Oltre il caso dell’Uganda, vi sono altre prove che il modello cosiddetto ABC (Abstinence, Be faithful, Condom) possa funzionare?

Stiamo osservando il declino dell’HIV in almeno 8 o 9 paesi africani. In tutti i casi, la proporzione di uomini e donne che dichiarano rapporti sessuali con molti partner è diminuito qualche anno prima che noi riscontrassimo questo declino. Tuttavia, molti programmi contro l’AIDS mettono l’accento su preservativi, controlli e farmaci: questo ampio cambiamento nel comportamento è quindi avvenuto malgrado questi programmi, che hanno posto l’enfasi su elementi errati (almeno per l’Africa). Sono contento di riferire che i due paesi con il più alto tasso di infezione, Swaziland e Botswana, hanno lanciato campagne mirate a scoraggiare i rapporti sessuali con partner multipli e contemporanei.
L’astinenza tra i ragazzi è un altro fattore, ovviamente. Se le persone cominciano a fare sesso in un’età più adulta avranno meno partner sessuali durante la loro vita, diminuendo così le probabilità di contrarre infezioni da HIV.

Quindi, nella lotta contro l’AIDS la riduzione del numero dei partner sessuali è uno dei fattori più importanti.

Come ho già detto, è la sfida più importante in questa battaglia.

Un’ultima domanda. Nel modello ABC, A e B non sono così economicamente rilevanti come C, che ha alle spalle una forte industria. È improprio dire che non si tratta, quindi, solo di una questione culturale e sanitaria, ma anche economica?

Dipende da cosa intende per aspetti economici. Se consideriamo i programmi ABC, PEPFAR (programma governativo di lotta contro l’AIDS varato nel 2003 da Bush) è l’unico grande donatore che ha immesso reali finanziamenti in A e B e, forse purtroppo, la maggior parte dei soldi, e comunque dell’enfasi, sull’astinenza. Il fattore B è il più importante, con l’astinenza al secondo posto, secondo la mia opinione e in accordo con le evidenze da me riscontrate.
Se invece il punto è se la povertà dà impulso all’AIDS, anche in questo caso l’Africa è diversa dal resto del mondo, perché in Africa il tasso di infezione è più alto presso i ceti più agiati e più istruiti. Perciò il miglioramento della situazione economica dei paesi africani non porterà una diminuzione delle infezioni. Questa evidentemente non è una buona ragione per abbandonare a se stesse le economie africane.

© Copyright Il Sussidiario, 23 marzo 2009
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Un epidemiologo francese dà ragione al Papa sul preservativo

E ricorda il parere condiviso dall'UNAIDS, il programma dell'ONU contro l'HIV



PARIGI, mercoledì, 16 settembre 2009 (ZENIT.org).-

Per René Ecochard, professore di medicina, epidemiologo e responsabile del servizio di biostatistica del Centro Ospedaliero Universitario di Lione, “le parole di Benedetto XVI sul preservativo sono semplicemente realistiche”.

E' questo, infatti, il titolo di un documento che ha firmato nell'aprile scorso, dopo il viaggio papale in Africa (dal 17 al 23 marzo) e la polemica sollevata dai mezzi di comunicazione occidentali sulle dichiarazioni del Papa sul preservativo.

Intervistato dal settimanale francese “La Manche Libre”, il professor Ecochard ha lamentato “la mancanza di realismo” “in tale questione, che è prigioniera dell'ideologia”. Sembra come se “l'opinione pubblica perdesse i suoi punti di riferimento quando affronta le questioni della sessualità e della famiglia”.Per René Ecochard “c'è stato un errore di comprensione nell'opinione pubblica”. “La gente ha creduto che il Papa parlasse dell'efficacia del preservativo, quando in realtà parlava delle campagne di diffusione del preservativo. E' una cosa molto diversa”.

“Come qualsiasi oggetto tecnologico di prevenzione, il preservativo ha un'efficiacia quantificata”, ha affermato l'esperto, ma “il problema non risiede in questo: tutti gli epidemiologi concordano oggi nell'affermare che le campagne di diffusione, nei Paesi in cui la percentuale di persone colpite è molto alta, non funzionano”.

“Se il preservativo funziona quattro volte su cinque”, questo può essere sufficiente “dove l'Aids non è molto diffuso”, “ma in un Paese in cui il 25% dei giovani di 25 anni è infetto (Kenya, Malawi, Uganda, Zambia) non è sufficiente”. “Il fallimento di questa forma di prevenzione è una realtà epidemiologica”.“Circondato di esperti, ben informato dall'Accademia delle Scienze di Roma, il Papa dominava perfettamente la questione prima di andare in Africa”, ha rilevato.

Ecochard si è soffermato particolarmente sul caso dell'Uganda, l'unico Paese in cui il numero dei malati si è drasticamente ridotto. “Oltre alla campagna sul preservativo, questo Paese ne ha svolta un'altra molto ampia basata sul trittico ABC (astinenza, fedeltà, preservativo)”.

“La coppia presidenziale, i gruppi religiosi, le scuole, le imprese... tutti hanno sostenuto questa campagna, frenando l'Aids, che sarà combattuto se ciascuno ritroverà atteggiamenti sessuali conformi alle tradizioni familiari”, ha spiegato.

“Può essere che questo metodo non sia facile da riproporre in un altro Paese, ma oggi è l'unica speranza”.

Attualmente, “più del 60% degli scienziati è a favore delle campagne ABC”, ha concluso, ricordando che è la politica adottata anche dall'UNAIDS, il programma delle Nazioni Unite per far fronte alla malattia. 
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