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Il celibato dei preti

Ultimo Aggiornamento: 23/09/2009 14:34
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16/04/2009 11:08

Non si nega cioè che persino alcuni apostoli erano sposati al momento della chiamata, si dice però che essi per il regno di Dio cessarono di usare il matrimonio. Tale possibilità è prospettata da Gesù stesso: “In verità vi dico: non vi è nessuno che abbia abbandonato casa, genitori, fratelli, moglie, figli per il regno di Dio che non riceva molto di più in questo tempo e nel secolo avvenire la vita eterna”(Lc 18, 28-20; Mt 19, 27-30; Mc 10, 20-21).

Converrà prima chiarire un altro punto della questione, ossia quali sono le fonti indagabili. La Chiesa dei primi secoli non era organizzata in modo burocratico, dunque fanno un grave errore coloro che fanno risalire il celibato al Concilio di Elvira solo perché in quel contesto viene riportata per la prima volta una legge scritta della Chiesa che lo esige. Hans Kelsen, uno dei più grandi storici del diritto novecenteschi, ci ricorda espressamente come sia erroneo identificare ius e lex, cioè diritto e legge. Lo ius, il diritto, è parimenti una norma vincolante ma può essere tramandata tra le consuetudini oralmente. Ciò è conosciuto non solo ai giuristi ma anche agli storici e agli antropologici. Popoli come quello romano o quelli germanici hanno messo per iscritto relativamente tardi le loro leggi, ma non per questo prima non esistevano o erano meno vincolanti.

Occorrerà indagare dunque non solo raccolte di leggi ecclesiastiche ma anche testi patristici e soprattutto il Nuovo Testamento, in entrambe queste raccolte di testi, tramite allusioni o descrizioni, è sedimentata quella che era la prassi della Chiesa nascente, sebbene chi scriveva quelle righe non aveva alcuna intenzione di comporre un trattato per giuristi. La Chiesa apostolica stessa conosceva accanto alle norme scritte delle tradizioni tramandate oralmente, specie perché in tempi di persecuzione è ben difficile fissare per iscritto una legislazione. Di questa trasmissione orale parallela a quella scritta ci dà esplicita notizia Paolo: “Perciò, fratelli, state saldi e mantenete le tradizioni che avete apprese così dalla nostra parola come dalla nostra lettera” (2Ts 2,15)

Questa trasmissione orale del depositum fidei è quello che la Chiesa cattolica chiama Tradizione, che nulla ha a che fare con la tradizione dei farisei criticata da Cristo in quanto annullava la parola di Dio, al contrario è una realtà contemplata nel Nuovo Testamento. Oltre al già citato 2 Ts 2,15 si può vedere in 2Tm 1,13-14 ove l’Apostolo ingiunge a Timoteo di conservare e trasmettere il deposito di fede che ha ricevuto: “Prendi come modello le sane parole che hai udito da me, con la fede e la carità che sono in Cristo Gesù. Custodisci il buon deposito con l’aiuto dello Spirito santo che abita in noi”, o ancora: “Le cose che hai udito da me in presenza di molti testimoni, trasmettile a persone fidate, le quali siano in grado di ammaestrare a loro volta anche altri.” (2Tm 2,2)
A rischio di risultare scandaloso per certa mentalità protestante sono costretto a ricordare che la Chiesa apostolica si basava innanzitutto sulla predicazione e non sul Nuovo Testamento che neppure esisteva, Gesù infatti disse “andate e predicate” non “andare e scrivete”, nei primi secoli infatti non era misura dell’ortodossia il solo Nuovo Testamento bensì qualcosa che cronologicamente lo precedeva, la trasmissione orale dell’insegnamento apostolico, di cui i Vangeli sono la trascrizione (ad esempio il Vangelo di Marco è la trascrizione della catechesi orale di S. Pietro). Il Nuovo Testamento così come lo conosciamo oggi, con tutti e soli i 27 libri che attualmente lo compongono, non è esistito fino al IV secolo, dunque il Sola Scriptura non poteva essere l’unico metro di giudizio per cosa fosse valido e cosa no, per la banale ragione che il Nuovo Testamento era una raccolta piuttosto variabile fino al IV secolo.4
Ad accrescere lo scandalo di una mentalità protestante non è solo la priorità cronologica della tradizione orale rispetto al Nuovo Testamento ma persino il fatto che uno dei criteri adottati per la scelta di quali libri fossero canonici fra i molti che circolavano fu che fossero conformi o meno con la Traditio orale, vale a dire che essa divenne il metro di giudizio dell’ortodossia di un libro che si voleva giudicare ispirato o meno. Il protestantesimo oggi ha capovolto il criterio, facendo sì che la Bibbia sia il giudice della Tradizione che l’ ha costituita tra II e IV secolo.
Ed è perfettamente inutile citare come replica le parole di Paolo secondo cui “tutta la Scrittura è ispirata da Dio e utile per insegnare” (2Tm 3,16), perché nessuno lo mette in dubbio, il problema è che “tutta la Scrittura è ispirata” non equivale a “solo la Scrittura è ispirata”, anzi è il Nuovo Testamento stesso a dire di sé che esso non contiene tutto e che anzi molte cose sarebbero state chiarite alla Chiesa nel corso degli anni meditando ciò che Cristo le aveva insegnato: “Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando però verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera” (Gv 16,12-13) Questo è il motivo per cui oltre al Nuovo Testamento indagheremo anche cosa dicono le fonti patristiche dei primi secoli, giacché come sosteneva Ireneo vescovo di Lione nel 180 d.C.: “Se le lingue nel mondo sono varie, il contenuto della Tradizione è però unico e identico. E non hanno altra fede o altra Tradizione né le Chiese che sono in Germania, né quelle che sono in Spagna, né quelle che sono presso i Celti (in Gallia), né quelle dell'Oriente, dell'Egitto, della Libia, né quelle che sono al centro del mondo" Adversus haereses, 1, 10, 2

E ancora: "In realtà, la Chiesa, sebbene diffusa in tutto il mondo fino alle estremità della terra, avendo ricevuto dagli Apostoli e dai loro discepoli la fede..., conserva questa predicazione e questa fede con cura e, come se abitasse un'unica casa, vi crede in uno stesso identico modo, come se avesse una sola anima ed un cuore solo, e predica le verità della fede, le insegna e le trasmette con voce unanime, come se avesse una sola bocca" Adversus haereses, 1, 10, 1-2

La Traditio apostolica si trasmette nella Chiesa grazie ai vescovi che quali successori degli apostoli trasmettono quanto da loro insegnato. Ireneo parla della Traditio apostolica, che si ha solo tramite l’imposizione della mani di successore in successore degli apostoli, come unico criterio per distinguere la Chiesa di Cristo dagli eretici, inutile dire dunque che i TdG non possono vantare alcuna successione apostolica, anzi, neppure osservano il rituale dell’imposizione della mani già attestato nel Nuovo Testamento, per la banale ragione che non hanno da mostrare alcuna continuità col periodo apostolico che si dipani nell’arco dei secoli. Ireneo già nel secondo secolo spiegava bene come la Tradizione annulli l’eresia e soprattutto dove sia da cercare: “Dunque la tradizione degli apostoli manifestata in tutto quanto il mondo, possono vederla in ogni Chiesa tutti coloro che vogliono riscontrare la verità, così possiamo enumerare i vescovi stabiliti dagli apostoli nelle Chiese e i loro successori fino a noi. Ma poiché sarebbe troppo lungo in quest'opera enumerare le successioni di tutte le Chiese, prenderemo la Chiesa grandissima e antichissima e a tutti nota, la Chiesa fondata e stabilita a Roma dai due gloriosi apostoli Pietro e Paolo. Mostrando la tradizione ricevuta dagli apostoli e la fede (cf. Rm 1,8) annunciata agli uomini che giunge fino a noi attraverso le successioni dei vescovi… Infatti con questa Chiesa, in ragione della sua origine più eccellente, deve necessariamente essere d'accordo ogni Chiesa, cioè i fedeli che vengono da ogni parte — essa nella quale per tutti gli uomini è sempre stata conservata la tradizione che viene dagli apostoli.” Adversus haereses 3, 3, 1-3.
E questo con buona pace della WTS che nega persino la venuta di Pietro a Roma.
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