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L'educazione religiosa diritto di ogni studente

Ultimo Aggiornamento: 18/05/2009 11:09
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06/05/2009 08:02

I risultati di una ricerca promossa
dal Consiglio delle Conferenze episcopali d'Europa

L'educazione religiosa diritto di ogni studente




Strasburgo, 5. In Europa l'insegnamento della religione deve essere considerato un diritto e un servizio prezioso per lo sviluppo di una società più civile e solidale, al quale vanno fornite garanzie istituzionali e giuridiche stabili:  è l'analisi emersa ieri durante una tavola rotonda organizzata presso il Consiglio d'Europa a Strasburgo, dedicata all'insegnamento della religione nelle scuole europee. Nel corso dell'incontro, in particolare, è stata presentata una ricerca sul tema, curata dalla Consiglio delle Conferenze episcopali d'Europa (Ccee) con il sostegno della Conferenza episcopale italiana (Cei).

Nel suo intervento, l'arcivescovo di Esztergom-Budapest, cardinale Péter Erdo, presidente del Ccee, ha affermato che "l'insegnamento della religione è innanzitutto un diritto dei giovani e delle loro famiglie". "Ma - ha aggiunto - è anche un diritto e una responsabilità delle religioni che devono poter proporre e fornire questo servizio". Per il porporato, "il diritto alla libertà religiosa comporta il diritto di esprimere liberamente la propria identità e dunque di manifestare la propria fede senza trascurare per questo un grande rispetto verso coloro che professano un'altra religione o che si dichiarano atei".

Il cardinale ha poi specificato che "l'idea laicista che intende imporre la sua concezione della religione, affermando che essa deve rimanere un affare privato, non rispetta l'aspetto comunitario della libertà e pertanto nega qualcosa che è costitutivo della religione stessa". "In un'epoca - ha sottolineato il presidente del Ccee - in cui in molti percepiscono i segni di una crisi, non soltanto economica o finanziaria, ma soprattutto di valori e di senso della vita, l'educazione religiosa può giocare un ruolo decisivo".

Il cardinale ha quindi ribadito:  "Ecco perché la Chiesa considera suo dovere continuare ad educare i giovani, facendo tutto il possibile per dare loro un'istruzione di alto livello. Se la religione è connaturale alla vita degli uomini, allora l'insegnamento della religione deve essere presente laddove si fa educazione e, quindi, nelle scuole e in tutti gli areopaghi del mondo attuale". "Noi siamo convinti - ha proseguito il porporato - che il contributo delle religioni in generale, e della religione cattolica in particolare, dia alla vita una prospettiva nuova e un orizzonte più vasto, rendendola più umana e capace di generare una società più solidale e ricca di speranza".

La ricerca si è svolta tra i mesi di gennaio 2005 e novembre 2007, coinvolgendo i delegati di trentatrè Conferenze episcopali. Nel presentare il lavoro, il vescovo emerito di Noto, Mariano Crociata, segretario generale della Cei, ha detto:  "L'insegnamento della religione offre un valido contributo a conoscere e comprendere la tradizione culturale dell'Occidente che, nella sua lunga storia, è stata profondamente segnata dal cristianesimo, e altresì conduce a confrontarsi con i grandi problemi dell'uomo, del suo rapporto con Dio, con l'ambiente e con il mondo circostante".
I dati raccolti nel rapporto hanno consentito di mettere in evidenza che in alcune nazioni permangono difficoltà di natura culturale o giuridica nei riguardi dell'insegnamento della religione nelle scuole. "Da ciò deriva - ha affermato don Vincenzo Annicchiarico, responsabile del Servizio per l'insegnamento della religione cattolica della Cei - la richiesta di una piena cittadinanza dell'insegnamento della religione nelle scuole, con garanzie istituzionali e giuridiche stabili".

Secondo la ricerca, in quasi tutti i Paesi d'Europa viene garantita una qualche forma di insegnamento della religione. Fanno eccezione a questi, la Bulgaria, la Bielorussia e gran parte della Francia (salvo le regioni dell'Alsazia e della Mosella). In Bulgaria, si legge nel rapporto, i cattolici sono pochi e dunque risulta molto difficile organizzare per loro un corso di religione. In Bielorussia, invece, la Chiesa ortodossa sta studiando, insieme con il Ministero dell'educazione, la possibilità di introdurre un corso di educazione ortodossa nelle scuole; mentre la Chiesa cattolica, da parte sua, ha presentato un programma per corsi facoltativi di religione. Nel caso della Francia poi, il rapporto riferisce solo dell'Alsazia e della Mosella, come uniche regioni del Paese dove l'insegnamento della religione negli istituti scolastici non subisce ostacoli di rilievo. L'educazione religiosa nelle restanti nazioni segue due principali formule:  quella dell'istruzione basata sul modello delle scienze delle religioni, gestito direttamente dallo Stato e quella, invece, dell'insegnamento della religione a contenuto confessionale, in cui le Chiese giocano un ruolo attivo. L'insegnamento della religione a contenuto confessionale rappresenta il modello largamente prevalente a livello europeo. In Polonia, per esempio, l'insegnamento della religione è facoltativo e confessionale e viene seguito dal 95,1 per cento degli studenti. In Italia, invece, sono il 91,6 per cento degli studenti a seguire corsi di religione. Sempre nel caso dell'Italia, nel rapporto "si parla anche degli attacchi all'educazione religiosa provenienti da aree radicali e laiciste, volti alla sua soppressione". Riflettendo sulle problematiche, don Annicchiarico ha concluso che "le Chiese locali rilevano come talvolta esista, in Europa, un clima sfavorevole all'insegnamento della religione, segnato anche dalla messa in discussione della sua legittima presenza nei curricula scolastici, in un contesto più generale di una cultura che considera la religione come un fatto solo privato".



(©L'Osservatore Romano - 6 maggio 2009)
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