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V Domenica di Pasqua

Ultimo Aggiornamento: 09/05/2009 18:36
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09/05/2009 18:36

Commento al Vangelo del 10 maggio
Gesù rivelazione del padre
V Domenica di Pasqua
08.05.2009
di Giuseppe GRAMPA
Parroco di S. Giovanni in Laterano, Milano


Pascal, il grande filosofo, scienziato e mistico francese del XVII secolo, custodiva cucita nella giubba una piccola pergamena sulla quale aveva tentato di confessare una bruciante esperienza mistica: il ricordo della notte del 23 novembre 1654, in cui, dopo mesi di incertezza e aridità, aveva sentito nuovamente l’appello della grazia e aveva esclamato: «Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe, non Dio dei filosofi e dei dotti, Dio di Gesù Cristo».
Di Dio noi possiamo parlare appunto alla maniera dei filosofi e dei dotti, grazie alla nostra ragione che, partendo dalle cose create, è in grado di giungere fino al Creatore. I filosofi in molti modi hanno tentato di parlare di Dio: causa prima dell'universo; motore immobile che tutto muove; grande architetto o orologiaio che tutto mantiene nell'ordine. C'è una affermazione di Napoleone che presenta questa idea di Dio: «Io non nutro alcun interesse per l'Incarnazione, ma vi esorto vescovi, preti e funzionari a insegnare Dio signore e sovrano, reggitore del mondo, al quale dovete obbedienza sotto pena di inferno eterno». È una caricatura di Dio ridotto a garante e tutore dell'ordine.
Ma se vogliamo conoscere Dio dobbiamo volgerci a Gesù. E l’evangelo di questa domenica ci aiuta a scoprire il volto di Dio che in Gesù ci è rivelato, non attraverso un discorso su Dio, ma entrando nel dialogo tra Gesù e il Padre, entrando nella preghiera di Gesù: «Alzàti gli occhi al cielo, Gesù disse: “Padre...”». Certom Gesù ci parla di Dio - quante parole stupende ci raccontano il suo amore incondizionato, la sua instancabile ricerca anche dell’ultimo e più malconcio rottame umano -, ma soprattutto Gesù ci fa conoscere Dio parlando a Lui. Si conosce il volto di Dio solo in quel dialogo che è la preghiera, perché solo così lo si conosce non come un oggetto di cui parlo. ma come un tu al quale parlo, al quale mi apro e mi affido.

Parlare di Dio e parlare a Dio

Un mio amico, lo scrittore Erri De Luca, una volta mi ha detto: «Io non sono credente anche se parlo molto di Dio, studio ogni mattina di buon’ora le sue parole, i testi sacri, Dio è oggetto delle mie ricerche. Ma a lui io non mi rivolgo come a un Tu, non gli parlo, non prego». Parlare di Dio e parlare a Dio. Tutti possono parlare o sparlare di Dio, tutti, atei compresi, che appunto versano fiumi di inchiostro per negarne l’esistenza. Parla a Dio solo chi si affida a lui, magari per contestarlo, per implorarlo, per gridargli rabbia o disperazione, per ringraziarlo o implorarlo. Non importa quel che si dice, basta volgersi a lui, dargli del tu proprio come a un amico.
L’evangelo di oggi è un frammento di una lunga, grande preghiera di Gesù al Padre. Gli evangelisti ripetutamente annotano le lunghe ore, soprattutto notturne, trascorse da Gesù in preghiera, in dialogo con il Padre. I momenti cruciali della sua vita sono segnati dalla preghiera. Ma quale il significato di tale preghiera? Nella preghiera è la comunione con il Padre che affiora e si fa parola. La preghiera di Gesù esprime il suo affidamento senza riserve al Padre. Pensiamo alla drammatica preghiera nella notte del Getsemani: Gesù ritrova la forza per dare la sua vita fino alla fine.
Infine, la preghiera di Gesù esprime la sua solitudine. Una solitudine che nasce dalla ricchezza d'essere sempre con Dio (Gv 16,32). A Gesù non bastava parlare con gli uomini, neppure bastava morire per i fratelli. Avverte una solitudine che solo Dio può colmare. La preghiera esprime la solitudine dell'uomo che si sente pellegrino verso l'Assoluto. Così la preghiera è segno che l'uomo è fatto per Dio. Ma nella preghiera di Gesù non c’è solo il volto del Padre. Ci sono i volti di uomini e donne, i volti di tutti, senza esclusioni.: «Io prego per loro, per coloro che tu mi hai dato perché sono tuoi...».

Una vita di donazione

Anche per noi Gesù ha pregato quell’ultima sera della sua vita, prima di andare a morire per noi: ha pregato chiedendo che, custoditi nel suo amore, fossimo una cosa sola: con e per gli altri, come Lui è uomo per gli altri, aperto, solidale, proteso nel dono di sè. Gesù progetta l'esistenza in termini di donazione, non di possesso. Si direbbe che la sua ansia è quella di condividere, di con-patire. Tale solidarietà trova il suo vertice nella croce, ma è la legge di tutta la sua esistenza. È venuto non per essere servito, ma per servire e dare la sua vita per tutti.
Gesù è rivelazione del volto di Dio e del volto dell'uomo. Un Dio col quale l'uomo entra in dialogo, un Dio alleato che è per noi, irrevocabilmente. Un Dio solidale con l'uomo. Un uomo aperto all’Altro, a un Tu, un uomo che al suo Dio parla così: Sia che viva, sia che muoia, io sono accanto a te e tu sei accanto a me, Mio Dio... Io non comprendo le tue vie, ma la mia via tu la conosci.
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