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S. Congregazione per la Dottrina della Fede, Istruzione LIBERTATIS CONSCIENTIA, su libertà cristiana e liberazione, del 22 marzo 1986

Ultimo Aggiornamento: 15/05/2009 13:25
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15/05/2009 12:49

Dimensioni sociali dell'uomo e gloria di Dio

33. La dimensione sociale dell'essere umano riveste anche un altro significato: solamente la pluralità e la ricca diversità degli uomini possono esprimere qualcosa dell'infinita ricchezza di Dio.

Infine, questa dimensione è destinata a trovare il suo compimento nel Corpo di Cristo, che è la Chiesa. È per questo che la vita sociale, nella varietà delle sue forme e nella misura in cui è conforme alla legge divina, costituisce un riflesso della gloria di Dio nel mondo. (22)

IV. Libertà dell’uomo e dominio della natura

Vocazione dell'uomo a "dominare" la natura

34. A motivo della sua dimensione corporale, l'uomo ha bisogno delle risorse del mondo materiale per la sua realizzazione personale e sociale. In questa vocazione a dominare la terra, mettendola al proprio servizio mediante il lavoro, può essere riconosciuto un tratto dell'immagine di Dio. (23) Ma l'intervento umano non è "creatore"; esso s'incontra con una natura materiale, che ha come esso la sua origine in Dio Creatore e di cui l'uomo è stato costituito il "nobile e saggio custode". (24)

L'uomo, padrone delle sue attività

35. Le trasformazioni tecniche ed economiche si ripercuotono sull'organizzazione della vita sociale; esse non possono non incidere, in una certa misura, sulla vita culturale e sulla stessa vita religiosa.

Tuttavia, mediante la sua libertà, l'uomo resta padrone della propria attività. Le grandi e rapide trasformazioni dell'epoca contemporanea gli pongono una sfida drammatica: quella della padronanza e del controllo, mediante la sua ragione e la sua libertà, delle forze che egli attiva per il servizio delle vere finalità umane.

Scoperte scientifiche e progresso morale

36. È, dunque, proprio della libertà, ben orientata, di fare in modo che le conquiste scientifiche e tecniche, la ricerca della loro efficacia, i prodotti del lavoro e le strutture stesse dell'organizzazione economica e sociale non siano sottomesse a dei progetti che le priverebbero delle loro finalità umane e le rivolgerebbero contro l'uomo stesso.

L'attività scientifica e l'attività tecnica implicano, ciascuna, delle esigenze specifiche. Tuttavia, esse acquistano il loro significato e il loro valore propriamente umano solo quando sono subordinate ai princìpi morali. Queste esigenze devono essere rispettate; ma voler loro attribuire un'autonomia assoluta e necessitante, non conforme alla natura delle cose, significa immettersi in una via pericolosa per l'autentica libertà dell'uomo.

V. Il peccato, fonte di divisione e di oppressione

Il peccato, separazione da Dio

37. Dio chiama l'uomo alla libertà. In ciascuno è viva la volontà di essere libero. Eppure questa volontà sfocia quasi sempre nella schiavitù e nell'oppressione. Ogni impegno per la liberazione e la libertà suppone, dunque, che sia stato affrontato questo drammatico paradosso.

Il peccato dell'uomo, cioè la sua rottura con Dio, è la ragione radicale delle tragedie che segnano la storia della libertà. Per comprendere questo, molti nostri contemporanei devono riscoprire, innanzitutto, il senso del peccato.

Nella volontà di libertà dell'uomo si nasconde la tentazione di rinnegare la sua propria natura. In quanto intende tutto volere e potere, dimenticando così di essere limitato e creato, egli pretende di essere un dio. "Voi sarete come Dio" (Gn 3, 5): questa parola del serpente esprime l'essenza della tentazione dell'uomo, ed implica lo stravolgimento del vero senso della sua libertà. Questa è la profonda natura del peccato: l'uomo si stacca dalla verità, mettendo la sua volontà al di sopra di essa. Volendo liberarsi di Dio ed essere lui stesso dio, egli si inganna e si distrugge. Egli si aliena da se stesso.

In questa volontà di essere dio e di tutto sottoporre al proprio beneplacito si nasconde uno stravolgimento dell'idea stessa di Dio. Dio è amore e verità nella pienezza del dono reciproco delle Persone divine. Sì, è vero: l'uomo è chiamato a essere come Dio. Tuttavia, egli diventa simile a Dio non nell'arbitrarietà del suo beneplacito, ma nella misura in cui riconosce che la verità e l'amore sono allo stesso tempo principio e fine della sua libertà.

Il peccato, radice delle alienazioni umane

38. Peccando, l'uomo mente a se stesso e si separa dalla sua verità. Cercando la totale autonomia e l'autarchia, egli nega Dio e nega se stesso. L'alienazione in rapporto alla verità del suo essere di creatura, amata da Dio, è la radice di tutte le altre alienazioni.

Negando o tentando di negare Dio, suo principio e suo fine, l'uomo altera profondamente il suo ordine ed equilibrio interiore, quello della società e anche quello della creazione visibile. (25)

È in connessione col peccato che la Scrittura considera l'insieme delle calamità che opprimono l'uomo nel suo essere individuale e sociale.

Essa dimostra che tutto il corso della storia mantiene un legame misterioso con l'agire dell'uomo, il quale, fin dall'origine, ha abusato della sua libertà, ergendosi contro Dio e cercando di raggiungere i propri fini al di fuori di lui. (26) Nel carattere affliggente del lavoro e della maternità, nel dominio dell'uomo sulla donna e nella morte, la Genesi, indica le conseguenze di quel peccato originale. Così, gli uomini privati della grazia divina hanno ereditato una comune natura mortale, incapace di fissarsi nel bene e inclinata alla concupiscenza. (27)

Idolatria e disordine

39. L'idolatria è la forma estrema del disordine generato dal peccato. Il sostituire all'adorazione del Dio vivo il culto di una creatura altera le relazioni tra gli uomini ed implica diverse specie di oppressione.

Il misconoscimento colpevole di Dio scatena le passioni, che sono causa di squilibrio e di conflitti nell'intimo dell'uomo. Di qui derivano inevitabilmente i disordini che colpiscono la sfera familiare e sociale: permissivismo sessuale, ingiustizia, omicidio. È in questo modo che l'apostolo Paolo descrive il mondo pagano, portato dall'idolatria alle peggiori aberrazioni, che rovinano l'individuo e la società. (28)

Già prima di lui i Profeti e i Sapienti di Israele ravvisavano nelle disgrazie del popolo un castigo del suo peccato di idolatria, e nel "cuore colmo di malizia" (Qo 9, 3) (29) la fonte della radicale schiavitù dell'uomo e delle oppressioni, che egli fa subire ai suoi simili.

Disprezzo di Dio e conversione alla creatura

40. La tradizione cristiana, presso i Padri ed i dottori della Chiesa, ha esplicitato questa dottrina della Scrittura sul peccato. Per essa il peccato è disprezzo di Dio (contemptus Dei), che comporta la volontà di sfuggire al rapporto di dipendenza del servitore nei confronti del suo Signore o, piuttosto, del figlio nei confronti del Padre. Peccando, l'uomo intende liberarsi da Dio, ma, in realtà si rende schiavo. Infatti, rifiutando Dio, infrange lo slancio della sua aspirazione all'infinito e della sua vocazione a partecipare della vita divina. Per questo il suo cuore è in balìa dell'inquietudine.

L'uomo peccatore, che rifiuta di aderire a Dio, è portato necessariamente ad attaccarsi in modo errato e distruttivo alla creatura (conversio ad creaturam) egli concentra su questa il suo desiderio insoddisfatto di infinito. Se non che, i beni creati sono limitati, per cui il suo cuore trascorre dall'uno all'altro, sempre in cerca di un'impossibile pace.

In realtà, quando attribuisce alle creature un valore di infinità, l'uomo perde il senso del suo essere creatura. Pretende di trovare il suo centro e la sua unità in se stesso. L'amore disordinato di sé è l'altra faccia del disprezzo di Dio. L'uomo intende allora appoggiarsi unicamente su di sé, vuole realizzarsi da sé ed essere autosufficiente nella propria immanenza. (30)

L'ateismo, falsa emancipazione della libertà

41. Ciò diviene particolarmente evidente quando il peccatore pensa di non poter affermare la propria libertà se non negando esplicitamente Dio. La dipendenza della creatura nei confronti del Creatore, o quella della coscienza morale nei confronti della legge divina, sarebbero per lui forme di intollerabile schiavitù. L'ateismo è, dunque, ai suoi occhi la vera forma di emancipazione e di liberazione dell'uomo, mentre la religione, o anche il riconoscimento di una legge morale costituirebbero delle alienazioni. L'uomo vuole allora decidere sovranamente del bene e del male, o anche dei valori e, con la stessa dinamica, rigetta a un tempo l'idea di Dio e l'idea di peccato. Attraverso l'audacia della trasgressione egli pretende di diventare adulto e libero, e rivendica tale emancipazione non solamente per sé, ma per l'umanità intera.

Peccato e strutture d'ingiustizia

42. Divenuto centro di sé stesso, l'uomo peccatore tende ad affermarsi e a soddisfare il suo desiderio di infinito, servendosi delle cose: ricchezze, poteri e piaceri, senza preoccuparsi degli altri uomini che ingiustamente spoglia e tratta come oggetti o strumenti. Così, da parte sua, egli contribuisce a creare quelle strutture di sfruttamento e di schiavitù, che peraltro pretende di denunciare.

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