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S. Congregazione per la Dottrina della Fede, Istruzione LIBERTATIS CONSCIENTIA, su libertà cristiana e liberazione, del 22 marzo 1986

Ultimo Aggiornamento: 15/05/2009 13:25
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15/05/2009 13:15

IV. Il comandamento nuovo

L'amore, dono dello Spirito

55. L’amore di Dio, diffuso nei nostri cuori dallo Spirito Santo, implica l’amore del prossimo. Ricordando il primo comandamento, Gesù aggiunge subito: "E il secondo è simile al primo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Da questi due comandamenti dipende tutta la legge e i Profeti" (Mt 22, 39-40). E san Paolo afferma che la carità è il pieno compimento della legge. (69)

L'amore del prossimo non conosce limiti, estendendosi ai nemici e ai persecutori. La perfezione, immagine di quella del Padre, alla quale il discepolo deve tendere, risiede nella misericordia. (70) La parabola del buon Samaritano dimostra che l'amore compassionevole, che si pone al servizio del prossimo, distrugge i pregiudizi, i quali mettono i gruppi etnici o sociali gli uni contro gli altri. (71) Tutti i libri del Nuovo Testamento documentano la inesauribile ricchezza di sentimenti, di cui è portatore l'amore cristiano del prossimo. (72)

L'amore del prossimo

56. L'amore cristiano, gratuito e universale, deriva la sua natura dall'amore di Cristo, che ha dato la sua vita per noi: "Come io vi ho amati, così amatevi anche voi gli uni gli altri" (Gv 13, 34-35). (73) Questo è il "comandamento nuovo" per i discepoli.

Alla luce di questo comandamento san Giacomo richiama severamente i ricchi al loro dovere, (74) mentre san Giovanni afferma che colui che, disponendo delle ricchezze di questo mondo, chiude il suo cuore al fratello che è in necessità, non può avere dimorante in sé l'amore di Dio. (75) L'amore del fratello è la pietra di paragone dell'amore di Dio: "Chi non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede" (1 Gv 4, 20). San Paolo sottolinea con vigore il legame che esiste tra la partecipazione al sacramento del Corpo e del Sangue di Cristo e la condivisione con il fratello, che si trova nel bisogno. (76)

Giustizia e carità

57. L'amore evangelico e la vocazione di figli di Dio, alla quale tutti gli uomini sono chiamati, hanno come conseguenza l'esigenza diretta e imperativa del rispetto di ciascun essere umano nei suoi diritti alla vita e alla dignità. Non c'è divario tra l'amore del prossimo e la volontà di giustizia. L'opporli significherebbe snaturare a un tempo l'amore e la giustizia. Più ancora, il senso della misericordia completa quello della giustizia, impedendole di rinchiudersi nel cerchio della vendetta.

Le inique disuguaglianze e le oppressioni di ogni sorta, che colpiscono oggi milioni di uomini e di donne, sono in aperta contraddizione col Vangelo di Cristo e non possono lasciar tranquilla la coscienza di nessun cristiano.

Nella sua docilità allo Spirito, la Chiesa avanza con fedeltà lungo le strade dell'autentica liberazione. I suoi membri hanno coscienza delle proprie manchevolezze e dei ritardi in questa ricerca. Ma una moltitudine di cristiani, fin dal tempo degli Apostoli, ha impegnato le proprie forze e la propria vita per la liberazione da ogni forma di oppressione e per la promozione della dignità umana. L'esperienza dei Santi e l'esempio di tante opere al servizio del prossimo costituiscono uno stimolo e una luce per quelle iniziative liberatrici, che al giorno d'oggi si impongono.

V. La Chiesa, popolo di Dio della nuova Alleanza

Verso la pienezza della libertà

58. Il popolo di Dio della nuova alleanza è la Chiesa di Cristo. La sua legge è il comandamento dell'amore. Nel cuore dei suoi membri lo Spirito abita come in un tempio. Essa è il germe e l'inizio del regno di Dio su questa terra, regno che avrà il suo compimento alla fine dei tempi con la risurrezione dei morti e il rinnovamento di tutta la creazione. (77)

Possedendo così la caparra dello Spirito, (78) il popolo di Dio è condotto verso la pienezza della libertà. La nuova Gerusalemme, che noi attendiamo con fervore, è chiamata a giusto titolo città della libertà nel senso più alto del termine. (79) Allora "Dio tergerà ogni lacrima dai loro occhi; non ci sarà più la morte, né lutto né lamento né affanno, perché le cose di prima sono passate" (Ap 21, 4). La speranza è l'attesa sicura "di nuovi cieli e di una terra nuova, nei quali avrà stabile dimora la giustizia" (2 Pt 3, 13).

L'incontro finale con Cristo

59. La trasfigurazione della Chiesa, giunta al termine del suo pellegrinaggio, che Cristo risorto opererà, non elimina assolutamente il destino personale di ciascuno, al termine della propria vita. Ogni uomo, trovato degno davanti al tribunale di Cristo per aver ben usato con la grazia di Dio del suo libero arbitrio, avrà la felicità. (80) Egli sarà reso simile a Dio, perché lo vedrà come è. (81) Il dono divino della beatitudine eterna è l'esaltazione della più alta libertà che si possa concepire.

Speranza escatologica e impegno per la liberazione temporale

60. Questa speranza non attenua l'impegno per il progresso della città terrena, ma al contrario gli dà senso e forza. Certamente, bisogna distinguere con cura tra progresso terrestre e crescita del regno, che non sono dello stesso ordine. Tuttavia, questa distinzione non è una separazione; infatti, la vocazione dell'uomo alla vita eterna non elimina, anzi conferma il suo compito di mettere in atto le energie e i mezzi, che ha ricevuti dal Creatore per sviluppare la sua vita temporale. (82)

Illuminata dallo Spirito del Signore, la Chiesa di Cristo può discernere nei segni dei tempi quelli che promettono la liberazione e quelli che sono ingannevoli e illusori. Essa chiama l'uomo e le società a vincere le situazioni di peccato e d'ingiustizia e a stabilire le condizioni di una vera libertà. Essa è cosciente che tutti questi beni: dignità umana, unione fraterna, libertà, che costituiscono il frutto di sforzi conformi alla volontà di Dio, noi li ritroveremo "purificati da ogni macchia, illuminati e trasfigurati, quando Cristo rimetterà al Padre il regno eterno e universale", (83) che è un regno di libertà.

La vigile e operosa attesa della venuta del regno è pure quella di una giustizia finalmente perfetta per i vivi e per i morti, per gli uomini di tutti i tempi e di tutti i luoghi, che Gesù Cristo, costituito Giudice supremo, instaurerà. (84) Una tale promessa, che supera tutte le possibilità umane, riguarda direttamente la nostra vita in questo mondo. Infatti, una vera giustizia deve estendersi a tutti, portare la risposta all'immenso cumulo di sofferenze che gravano su tutte le generazioni. In realtà, senza la risurrezione dei morti e il giudizio del Signore non c'è giustizia nel senso pieno di questo termine. La promessa della risurrezione viene gratuitamente incontro al desiderio di vera giustizia, che abita nel cuore umano.


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