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PENTECOSTE

Ultimo Aggiornamento: 30/05/2009 20:46
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30/05/2009 20:46

Commento al Vangelo del 31 maggio
Lo Spirito guida i passi della Chiesa
Pentecoste 
29.05.2009
di Giuseppe GRAMPA
Parroco di S. Giovanni in Laterano, Milano


Nell'evangelo di questa domenica di Pentecoste vi è un tratto di singolare tenerezza. Nell'imminenza della sua separazione dai discepoli Gesù dice loro, come a voler fugare le loro paure: «Non vi lascerò orfani». I dodici Gesù li aveva scelti anzitutto «perché stessero con lui e poi per mandarli» ad annunciare l'Evangelo. Ora questo singolare legame-stare con Lui viene meno e Gesù vuole rassicurare i suoi promettendo che la sua presenza continuerà grazie al dono del suo Spirito che viene appunto chiamato l'altro Paraclito, l'altro dopo Gesù, il suo Spirito che rimarrà per sempre con i discepoli. Ai discepoli, prima della sua Ascensione, Gesù aveva promesso: «Riceverete forza dallo Spirito Santo e mi sarete testimoni". Questo Spirito è lo Spirito di Gesù: Spirito che ha formato Gesù nel grembo di Maria, che é su Gesù nel battesimo. Nella Sinagoga di Nazareth Gesù si era presentato con queste parole: «Lo Spirito del Signore è sopra di me» (Lc 4). Ora questo Spirito promesso ai discepoli è donato a Pentecoste e guiderà i passi della Chiesa. Ora anche i discepoli possono dire: «Lo Spirito del Signore è sopra di noi». C'è quindi, grazie allo Spirito, continuità obbiettiva tra Gesù e i suoi discepoli, la sua Chiesa. Soffermiamoci sul racconto della prima Pentecoste, la prima lettura di questo giorno.

Compiendosi i giorni...

...e compiendosi il giorno della Pentecoste. Notiamo questo verbo che già abbiamo in Lc 9,51: «Compiendosi i giorni in cui sarebbe stato tolto dal mondo, si diresse decisamente verso Gerusalemme». Inizia con questa espressione il grande viaggio di Gesù, come inizia il grande viaggio della chiesa. Di nuovo Luca vuol sottolineare la continuità tra Gesù e discepoli.
...dall'alto, dal cielo. L'agire di Dio è contrassegnato appunto dal suo venire da una origine che non è umana. Tre segni accompagnano l'evento e sono ben noti al linguaggio delle manifestazioni di Dio nel V.T. Il vento o soffio è segno della sua presenza (Sal 103: «Fai dei venti i tuoi messaggeri, della fiamma guizzante i tuoi ministri»). Troviamo questo segno soprattutto all'origine della creazione: «Lo Spirito di Dio aleggiava sulle acque» (Gen 1,2); «Dio soffiò nelle sue narici un alito di vita e l'uomo divenne vivente» (Gen 2,7). E infine lo Spirito è sul Messia: «Su di lui si poserà lo Spirito del Signore...» (Is 11,2). Il secondo segno è il fuoco per indicare la presenza di Dio (il roveto ardente di Es 3,2; la colonna di fuoco di Es 13,21). Il fuoco indica la trascendenza di Dio (non lo si può afferrare) e insieme la sua vicinanza (riscalda).
...ed essi furono tutti pieni di Spirito Santo. Uomini e donne ripieni di Spirito appaiono fin dall'inizio del vangelo di Luca: Giovanni Battista, Elisabetta, Zaccaria, Pietro, Paolo. Tuttavia il dono dello Spirito a Pentecoste ha un rilievo speciale, è dono per una comunità, segna infatti l'inizio del tempo della chiesa. Il terzo segno della presenza dello Spirito è una nuova capacità di comprensione tra genti diverse. Per Lc sono importanti due cose in questo evento: lo Spirito promesso da Gesù agli apostoli per metterli in grado di essere suoi testimoni nel mondo si trasforma immediatamente nella parola della predicazione. Lo Spirito e la missione universale costituiscono una unità inscindibile. Lo Spirito crea qui la prima comunità cristiana e la prima missione universale.

Il segno delle lingue

Il segno delle lingue è stato messo in rapporto alla pagina di Babele (Gen 11). Allora la divisione dei linguaggi era il segno della frattura dell'umanità, ora la molteplicità delle lingue, le diversità non impediscono la comprensione e la comunicazione. Grazie allo Spirito nasce un nuovo popolo ricco di diversità, molteplice per razze, lingue e culture eppure uno. I nostri giorni sono segnati da diffuse paure per le diversità avvertite come minaccia alla nostra identità. Lo Spirito è fattore di unità grazie alla ricchezza delle diversità. Notiamo anche il parallelismo tra la reazione di diffidenza suscitata dall'ingresso in scena di Gesù nella Sinagoga di Nazareth, il suo villaggio (Lc 4,14ss: «Non è forse questi il figlio di Giuseppe, il carpentiere?»), e l'analoga diffidenza suscitata dalla prima predicazione degli apostoli: «Non sono forse questi tutti Galilei?». L'umanità di Gesù e l'umanità della chiesa suscitano diffidenza e sfiducia. E' invece Luca vuole, con questi parallelismi, rafforzare la continuità tra Gesù e la Chiesa. La dimensione universale della Chiesa è sottolineata dalla tavola dei popoli. I primi quattro nomi designano zone appartenenti all'impero dei Parti, la potenza ai confini orientali dell'impero romano; gli altri menzionano genti dell'impero romano. Di nuovo Luca vuole, con questo elenco, raccogliere i rappresentanti di tutti i popoli come testimoni della Pentecoste e primizie della chiesa. Riconoscere il dono dello Spirito vuol dire che non c'è persona veramente irrecuperabile, impenetrabile. Per questo, senza cadere in facili ottimismi dobbiamo esser aperti ai molteplici segni, al vento e al fuoco dello Spirito. Quante energie di bene, gesti di coraggio:bisogna esser aperti a riconoscerli e favorirli. Esser mossi dallo Spirito vuol dire riconoscere in sè un principio interiore, la coscienza, il cuore in cui l'uomo incontra Dio. La nostra storia non è che la proiezione visibile di ciò che avviene nell'intimo. Infine lo Spirito guida verso la missione, la testimonianza coraggiosa. La comunità animata dallo Spirito non potrà mai essere ghetto, piccolo clan, elite, ma respiro universale, abbraccio sconfinato. Lo Spirito costruisce una chiesa così, e pone nel tessuto sociale un principio di fraternità, di apertura, di universalismo.
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