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Cardinale John Henry Newman

Ultimo Aggiornamento: 01/09/2010 13:28
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09/04/2010 14:19

Con la gioia pensosa e gentile dell'Oratorio


di Edoardo Aldo Cerrato


L'oratoriano cardinale John Henry Newman condividerà la gloria degli altari con san Filippo Neri e i discepoli del santo già riconosciuti dalla Chiesa come sicuri modelli di vita cristiana:  san Francesco di Sales (1567-1622), fondatore e primo preposito dell'oratorio di Thonon, sebbene per la sua azione pastorale e la grandezza di dottore della Chiesa egli travalichi ampiamente i confini dell'oratorio; san Luigi Scrosoppi (1804-1884), mite e forte servo della carità nella sua città di Udine; i beati Giovanni Giovenale Ancina (1545-1604), discepolo di padre Filippo nell'oratorio di Roma e poi vescovo intrepido e riformatore della diocesi piemontese di Saluzzo; Antonio Grassi (1592-1671), angelo di pace nella sua città di Fermo; Sebastiano Valfré (1629-1710), operoso apostolo di Torino nei più vari campi della evangelizzazione e della carità, del quale stiamo celebrando il iii centenario del dies natalis; José Vaz (1651-1711), indiano di Goa ed evangelizzatore dello Sri Lanka, "il più grande missionario dell'Asia per l'Asia" (Giovanni Paolo II) del quale ci si appresta a celebrare, nel 2011, il iii centenario della morte.

Appartenente alla famiglia di padre Filippo, John Henry Newman - di cui già Pio xii aveva confidato a Jean Guitton:  "Non dubiti, Newman sarà un giorno dottore della Chiesa" - appartiene, al tempo stesso, a tutti coloro che "sono alla ricerca - come disse Paolo vi - di un preciso orientamento e di una direzione attraverso le incertezze del mondo moderno". Anche Giovanni Paolo ii sottolineò l'universalità dell'oratoriano nella lettera commemorativa del secondo centenario della nascita:  "Mi unisco volentieri a una schiera di voci in tutto il mondo, nel lodare Dio per il dono del grande Cardinale inglese e per la sua duratura testimonianza. (...) La missione particolare che Dio gli affidò garantisce che John Henry Newman appartiene a ogni epoca, luogo e persona".
Nell'imminenza della beatificazione è bello riascoltare, insieme alle parole di questi romani Pontefici almeno quelle che il Papa Benedetto XVI ha rivolto, recentemente, ai vescovi di Inghilterra e Galles in Visita ad limina:  "Il cardinale Newman (...) ci ha lasciato un esempio eccezionale di fedeltà alla verità rivelata, seguendo quella kindly light ovunque essa lo conducesse, anche a un considerevole costo personale. Grandi scrittori e comunicatori della sua statura e della sua integrità sono necessari nella Chiesa oggi e spero che la devozione a lui ispirerà molti a seguirne le orme. Giustamente è stata prestata molta attenzione all'attività accademica e ai molti scritti di Newman, ma è importante ricordare che egli si considerava soprattutto un sacerdote. In questo Annus sacerdotalis, vi esorto a far presente ai vostri sacerdoti il suo esempio di impegno nella preghiera, di sensibilità pastorale per le necessità del suo gregge, di passione per la predicazione del Vangelo. Voi stessi dovreste offrire un esempio simile. Siate vicini ai vostri sacerdoti e riaccendete il loro senso di enorme privilegio e di gioia nello stare in mezzo al popolo di Dio come alter Christus".

Il grande Leone xiii, di cui ricorre quest'anno il secondo centenario della nascita, parlando della scelta di farlo cardinale nel primo concistoro del suo pontificato, confidava:  "Non è stato facile, non è stato facile. Dicevano che fosse troppo liberale, ma io avevo deciso di onorare la Chiesa onorando Newman. Ho sempre avuto un culto per lui". Lo considerò - e lo dichiarò - il "suo cardinale".
Per il concistoro in cui avrebbe ricevuto la porpora padre J. H. Newman, giunto a Roma, scriveva al suo vescovo:  "Il  Santo  Padre  mi  ha  ricevuto molto affettuosamente stringendo la mia mano nella sua. Mi ha chiesto:  "Intende continuare a guidare la Casa di Birmingham?". Risposi:  "Dipende dal Santo Padre". Egli riprese:  "Bene. Desidero che continuiate a dirigerla", e parlò a lungo di questo".

Una preziosa riflessione sul significato della scelta di Leone xiii - tenacemente voluta - di fare Newman a cardinale è stata offerta recentemente da monsignor Inos Biffi che scrive:  "Il cardinalato e l'accoglienza di Leone xiii oltre che una riparazione per la diffidenza che per anni aveva circondato la vita e l'opera di Newman, erano soprattutto il riconoscimento del valore dell'ampio e lungo magistero di Newman. Ed è molto significativo che "L'Osservatore Romano" del 14 maggio, la vigilia del concistoro pubblico, pubblicasse in prima pagina il discorso pronunziato da Newman dopo la consegna del Biglietto di nomina, il 12 maggio, dove faceva un rapido bilancio della sua vita e dove trattava di un tema che appare ancora di impressionante attualità:  quello del liberalismo religioso". Newman, infatti, dopo aver espresso la sua meraviglia, affermava in quel discorso:  "Godo nel dire che a un gran male mi sono opposto fin dal principio. Per trenta, quaranta, cinquant'anni anni ho resistito, con tutte le mie forze, allo spirito del liberalismo religioso, e mai la Chiesa ebbe come oggi più urgentemente bisogno di oppositori contro di esso, mentre, ahimé, questo errore si stende come una rete su tutta la terra. (...) Il liberalismo religioso è la dottrina secondo la quale non esiste nessuna verità positiva in campo religioso, ma che qualsiasi credo è buono come qualunque altro; e questa è la dottrina che, di giorno in giorno, acquista consistenza e vigore. Questa posizione è incompatibile con ogni riconoscimento di una religione come vera. Esso insegna che tutte sono da tollerare, in quanto sono tutte materia di opinione. La religione rivelata non è verità, ma sentimento e gusto, non fatto obiettivo (...) Ogni individuo ha diritto a interpretarla a modo suo (...) La bella struttura della società che è l'opera del cristianesimo, sta ripudiando il cristianesimo; filosofi e politici vorrebbero surrogare anzitutto un'educazione universale, affatto secolare che provvede le ampie verità etiche fondamentali di giustizia, benevolenza, veracità e simili; sennonché un tale progetto è diretto a rimuovere e ad escludere la religione".

Newman fu profondamente oratoriano. La scelta oratoriana compiuta dal neo-convertito - che tornò da Roma in Inghilterra portando con sé il breve Magna Nobis semper del 1847, con cui il beato Pio ix istituiva l'oratorio in Inghilterra dando a Newman facoltà di propagarlo in quella nazione - è dettata dall'amore per la proposta di vita sacerdotale che venne da san Filippo Neri e che Newman visse intensamente, come lucidamente la descrisse nei sermoni sulla Missione di san Filippo Neri (Birmingham, 1850), nelle Lettere inviate da Dublino nel 1856 alla sua comunità, in alcune preghiere - tra queste le preziose Litaniae - composte per chiedere al santo le grazie di cui egli fu singolarmente arricchito.
Che cosa, di padre Filippo, affascinò John Henry Newman, spingendolo a scegliere l'oratorio come forma e metodo della sua vita sacerdotale nella Chiesa cattolica?
Un solo elemento desideriamo sottolineare che ci pare esprimere in armoniosa sintesi tutto il mondo interiore di padre Filippo colto da Newman:  la "gentilezza".

Caratteristica del santo come dote temperamentale, questa "gentilezza" è, al tempo stesso, sintesi di alti valori acquisiti in un forte e dolce rapporto con la presenza viva di Gesù Cristo:  singolare libertà di spirito, amore per una vita autenticamente comunitaria normata da leggi di discrezione, rispetto delle doti di ognuno, sapiente semplicità che fece della gioia di Filippo "una gioia pensosa", secondo la bella formula di Goethe affidata al diario del suo Viaggio in Italia.
"Amo un vecchio dal dolce aspetto, - scrisse Newman in riferimento a san Filippo - lo ravviso nel suo pronto sorriso, nell'occhio acuto e profondo, nella parola che infiamma uscendo dal suo labbro quando non è rapito in estasi".

Nel momento in cui gli fu offerta la porpora romana, un favore Newman chiese a Papa Leone:  "Da trent'anni sono vissuto nell'Oratorio, nella pace e nella felicità. Vorrei pregare Vostra Santità di non togliermi a san Filippo, mio padre e patrono, e di lasciarmi morire là dove sono vissuto così a lungo".
Con tali espressioni padre John Henry si collocava sulla scia dei primi discepoli di Filippo Neri chiamati alla dignità cardinalizia, e anticipava la scelta fatta dall'ultimo cardinale oratoriano, padre Giulio Bevilacqua (1881-1965), il quale, accettando la porpora per le insistenze di Paolo vi, chiese e ottenne dal Papa di poter continuare il suo ministero di parroco nella comunità di Sant'Antonio, alla periferia di Brescia.


(©L'Osservatore Romano - 9 aprile 2010)
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