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Nel film "Terminator Salvation" la guerra tra macchine e uomini

Ultimo Aggiornamento: 05/06/2009 08:35
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05/06/2009 08:35

Nel film "Terminator Salvation" la guerra tra macchine e uomini

Bit e sentimenti Due mondi a confronto


di Luca Pellegrini

Ah! Gli innocui elettrodomestici che tutti i giorni ci aiutano nelle incombenze terrene. E i computer, senza i quali il mondo si fermerebbe? Macchine:  di ogni genere, dimensione, precisione, velocità, importanza. Ovunque, a ogni angolo della casa e della città, ecco telecamere, telecomandi, televisori, teleallarmi, telepass. Schermi e ronzii, brusii, ticchettii e luci intermittenti. Confessiamolo:  il lavoro duro lo abbiamo delegato alle macchine. Si occupano e preoccupano della nostra salute, della nostra sicurezza, della nostra difesa, della nostra stessa sopravvivenza. Sono brave e addomesticate. Se fanno le bizze, basta staccare la spina, abbassare il contatore. Ma se un giorno quei solerti e fidati hard disk cominciassero a pensare di testa loro e decidessero che noi umani, ossia i loro creatori, non gli siamo per nulla utili e simpatici? Anzi, se con la nostra coscienza che sa distinguere tra bene e male, con il nostro cuore che sa provare pietà e compassione, con il nostro anelito spirituale che crede ad una vita oltre la vita, noi diventassimo addirittura obsoleti, un intralcio da spazzare via per consentire la nascita di un mondo perfetto, efficiente, indistruttibile e, appunto, disumano?

Non è una storiellina banale d'altri tempi quella nata nel 1984 con la saga di Terminator, regista James Cameron e icona della serie Arnold Schwarzenegger in versione dura, tonica e prepolitica. Tutto concorreva, già venticinque anni fa, a farne un successo cinematografico duraturo e globale, per una somma di ingredienti spettacolari capaci di creare il kolossal cui si aggiungevano anche piccole e grandi paure di una fine non troppo futuribile, non eccessivamente lontana, non assolutamente impossibile.

John Connor, il protagonista di tutti i capitoli, in questo futuro vicino e assai poco piacevole diventa un pericolo serio per le macchine perché organizza l'eroica resistenza dell'umanità e dei valori che incarna, quindi va assolutamente eliminato. Già dalla nascita gli mettono alle costole nuovi modelli di robot molto efficienti nello sterminio computerizzato:  in Terminator. Il giorno del giudizio del 1991, stessi protagonisti del precedente capitolo, la macchina killer ha l'aspetto di un giovanotto implacabile e rimodellabile grazie a un metallo liquido addirittura intelligente e nel 2003, in Terminator. Le macchine ribelli di Jonathan Mostow, le forme sono quelle di un'inossidabile ragazza che uccide senza tanti complimenti e fronteggia, logica della serialità, il vecchio modello - sempre Schwarzenegger - un poco arrugginito e passato fortunatamente dalla nostra parte.



Poi la serie è entrata in crisi, dopo aver partorito nidiate di videogiochi - divertenti ma, come spesso avviene, non troppo educativi - assieme a parecchi libri, fumetti e derivati. Infine, uno sconosciuto regista americano di spot pubblicitari, ma affermato produttore, dal nome d'arte McG, al quale Hollywood ha messo in mano quasi duecento milioni di dollari da spendere per risollevare lo spettacolo e le avventure mozzafiato di John Connor, è riuscito a convincere il pensoso e irritabile Christian Bale a interpretarlo, calandolo in un 2018 piuttosto lugubre e decisamente ostile. Le bombe sono scoppiate ovunque quattordici anni prima, il cielo è strano, flora e fauna sono quasi scomparse, le città sono scheletri e l'umanità sopravvissuta si riunisce per autodifesa in piccoli gruppi senza grandi progetti, mentre tutt'intorno pullulano macchine geneticamente modificate, rapide, spietate e capaci di predare l'uomo per terra, per cielo e per mare, coordinate dal diabolico cervellone centrale di nome Skynet. Terminator Salvation è davvero un film avvincente, con overdose di effetti speciali e caratterizzazioni di prammatica. Nel suo genere è l'erede di quella bizzarra fantatecnologia che fin dai tempi lontani di Metropolis del profetico Fritz Lang (era il 1927) non ha mai cessato di affascinare la celluloide, campo neutro per immaginare diversi scenari in cui il progresso raggiunge i limiti consentiti dall'etica e dalla ragione, spesso disastrosamente sorpassandoli.

L'umanità ora è ridotta in schiavitù dalle macchine e anzi le deve servire e sostituire - infernale contrappasso - i ribelli sono eroi con molti muscoli, molti dubbi e molta paura. La confusione scatena anche la rabbia quando appare chissà da dove e perché una variabile sconosciuta, tale Marcus Wright (il bravo Sam Worthington), che dal passato nel quale incautamente aveva donato il proprio corpo alla scienza, si sveglia nel futuro e scopre in modo sgradevole di essere una nuova creatura, sempre assemblata con parecchi ferri e i fili, ma anche dotata di un vero cuore che batte e di sentimenti che lo mandano più volte in cortocircuito. L'ibridazione, a questo punto, sembra essere totale. Ricapitolando:  la perfezione delle macchine aveva supplito inizialmente il limite umano; poi, interpretato il limite come un'inutile, dannosa debolezza, loro erano riuscite facilmente a combatterlo e debellarlo. Sembrerebbe ora che nel nuovo mondo dei terminator dominanti, l'imperfezione e la debolezza siano di nuovo dalla parte delle macchine. La storia è pronta per ricominciare e noi per riprenderci il nostro giusto posto. Forse.


(©L'Osservatore Romano - 5 giugno 2009)

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