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La perpetua verginità di Maria

Ultimo Aggiornamento: 05/06/2009 19:48
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05/06/2009 19:19

...Sintesi dogmatica. Un dogma mai definito solennemente: Magistero, Scrittura, Patristica...

La perpetua verginità di Maria

 

  • Maria fu vergine prima, durante e dopo il parto. De fide.

Il Concilio Lateranense del 649, presieduto da Papa Martino I, pone in risalto i tre momenti della verginità di Maria, insegnando che "la santa Madre di Dio sempre vergine immacolata Maria... ha concepito senza, seme per opera dello Spirito Santo e ha partorito senza corruzione, permanendo indissolubile anche dopo parto la sua verginità" (D. 256 [DS. 503]). Paolo IV dichiarò (1555): Beatissimam Virginem Mariam... pestitisse semper in virginitatis integritate, ante partum scilicet, in partu et perpetuo post partum (D. 993 [DS 1880]).
La verginità di Maria comprende la "virginitas mentis" cioè il costante proposito della verginità, la "virginitas sensus" cioè l'immunità dagli impulsi disordinati della concupiscenza sessuale, e la "virginitas corporis" cioè l'integrità fisica. Il dogma della Chiesa si riferisce in primo luogo all'integrità fisica.

 

l. Verginità prima del parto.

  • Maria concepì senza cooperazione di uomo per virtù dello Spirito Santo. De fide.

  • Avversari della concezione verginale furono nell'antichità i giudei ed i pagani (Celso, Giuliano l'Apostata), Cerinto e gli ebioniti, nell'epoca moderna i razionalisti, i quali cercano di far derivare la fede nella verginità della concezione o dal passo di Is. 7, 14 o dalla mitologia pagana.

    La fede della Chiesa nella concezione verginale (attiva) di Maria è espressa in tutti i simboli della fede. Quello apostolico professa: Qui conceptus est de Spiritu Sancto. Cfr. D. 86, 256, 993 (DS. 150, 503, 1880).

    Che Maria, fino al momento della concezione attiva, sia stata vergine è attestato da Lc. 1, 26-27: "L'angelo Gabriele fu da Dio mandato... a una vergine... e la vergine si chiamava Maria".
    La concezione verginale fu già predetta nel Vecchio Testamento da Isaia nelle sue celebri profezie dell'Emmanuele (Is. 7, 14): "Ebbene il Signore stesso vi darà un segno. Ecco la vergine che concepisce e partorisce un Figlio, e gli porrà nome Emmanuele (= Dio con noi)".

    Il giudaismo non ha inteso il passo in senso messianico. Il cristianesimo sin dall'inizio lo ha invece riferito a Cristo, poichè vide che il segno era compiuto. Cfr. Mt. 1, 22. Poichè l'Emmanuele, secondo quanto dice in seguito il profeta (Is. 9 ss.), è il Messia, è chiaro che per 'alma non si può intendere né la moglie del re Achaz; né quella dello stesso profeta, ma la madre del Messia. L'obbiezione mossa da parte ebraica che i Settanta avrebbero reso male 'alma con "la vergine", invece di "la ragazza, la donzella" (così Aquila, Teodozione, Simmaco), non è giustificata poiché quel termine nell'uso biblico designa la ragazza da marito, ancora vergine. Cfr. Gen. 24, 43 con Gen. 24, 16; Es. 2, 8; Sal. 67, 26; Cant. 1, 2 (M. 1, 3); 6, 7 (M. 6, 8). Inoltre il contesto parla di segno, cioè di carattere miracoloso della nascita del Messia; ma di prodigio in quest'annunzio di una concezione e nascita non ci può essere se non ch'esse, avvengono senza scapito della verginità della Madre.

    Matteo 1, 18 ss. e Luca 1, 26 ss. narrano il compimento della profezia di Isaia. Mt. 1, 18: "La madre di lui, Maria, essendo fidanzata a Giuseppe, prima, che venissero a stare insieme, si trovò incinta per virtù dello Spirito Santo". Lc. 1, 34-35: "Disse Maria all'angelo: Come avverrà questo, poichè io non conosco: uomo? E l'angelo le rispose: Lo Spirito Santo verrà sopra di te, e la potenza dell'Altissimo ti ricoprirà". Poiché Maria visse in legittimo matrimonio con Giuseppe, questi era il padre legale di Gesù. Lc. 3, 23: "Il figlio, come si credeva, di Giuseppe". Cfr. Lc. 2, 23. 48.

    Le obiezioni della critica razionalistica contro l'autenticità di Lc. 1, 34-35 derivano esclusivamente dal pregiudizio filosofico della impossibilità del soprannaturale. La forma del tutto isolata che la versione siriaca sinaitica ci dà di Mt. 1, 16: "Giacobbe generò Giuseppe; Giuseppe cui era fidanzata la Vergine Maria, generò Gesù", non può, per mancanza di testimonianze, esser ritenuta come primitiva. A quanto pare l'antico traduttore siriaco intese la paternità di Giuseppe nel senso legale, non naturale, poiché in seguito (I, 18 ss.) in perfetta armonia con tutte le altre testimonianze testuali, narra la concezione verginale ad opera dello Spirito Santo. La singolare versione sarebbe nata dal fatto che il traduttore notando che "generò" nella genealogia è sempre attribuita all'uomo, continuò sino alla fine la prima formulazione, stimando che l'inciso "cui era fidanzata la Vergine Maria" manifestasse abbastanza il suo pensiero. Il testo che servì traduttore conteneva la seconda forma di Mt. 1, 16 testimoniata da numerosi testi principalmente occidentali, che così risulta: "Giacobbe generò Giuseppe, cui (era) fidanzata Maria Vergine (la quale) generò Gesù detto il Cristo".

    I Padri attestano in pieno accordo la concezione verginale di Maria. Cfr. IGNAZIO di ANTIOCHIA, Smirn. I, I: "Nato realmente da una vergine"; Trall. 9, 1; Ef. 7, 2; 18, 2; 19, i. Essi difendono, a cominciare da Giustino, il significato messianico di Is. 7, 14 e fanno osservare che le parole vanno intese nel senso che la Madre dell'Emmanuele concepisse e partorisse come vergine (in sensu composito, non in sensu diviso). Cfr. GIUSTINO, Dial. 43; 66-68; Apol. 1, 33; IRENEO, Adv. haer. 111, 21; ORIGENE, Contra Celsum 1, 34-35; S. th. 111, 28, 1.

     

    2. Verginità durante il parto.

    Maria partorì senza lesione della sua integrità verginale. De fide.

    La verginità di Maria nel parto fu negata nell'antichità da TERTULLIANO (De carne Christi 23) e particolarmente da GIOVINIANO, avversario dell'ideale cristiano della verginità, e nel tempo moderno dal razionalismo. A. Harnack, ad es., ritiene che sia un'invenzione dello gnosticismo.

    La dottrina di Gioviniano (Virgo concepit, sed non virgo generavit) fu respinta in un sinodo di Milano (390) presieduto da SANT'AMBROGIO (cfr. Ep. 42), in cui si fece appello al simbolo apostolico: natus ex Maria virgine. La verginità nel parto è inclusa nel titolo onorifico di "sempre vergine" è espressamente insegnata da Papa LEONE I nell'Epistola dogmatica ad Flavianum (Ep. 28, 2), dal Concilio Lateranense del 649 e da Papa Paolo IV nel 1555 (D. 256, 993 [DS. 503, 1880]). Nell'Enciclica Mystici corporis PIO XII scrive: "Lei con un parto ammirabile dette alla luce Cristo Signore" (mirando partu edidit; l. C., P. 247).

    La fede generale della Chiesa risulta anche dalla liturgia. Cfr. il Prefazio delle feste della Madonna (virginitatis gloria permanente) ed i responsori della 5a lezione della festa del Natale (cuius viscera intacta permanent) e della 8a lezione della festa della Circoncisione (peperit sine dolore).
    Is. 7, 14 annuncia che la vergine (come vergine) partorirà. Al parto verginale i Padri riferiscono in senso tipico anche le parole del profeta Ezechiele sulla porta chiusa (Ez. 44, 2; cfr. AMBROGIO, Ep. 42, 6; GEROLAMO, EP. 49, 21), quelle del profeta Isaia sul parto senza dolori (Is. 66, 7; cfr. IRENEO, Epid. 54; GIOVANNI DI DAMASCO, De fide orth. IV, 14) e quelle del Cantico dei Cantici sul giardino chiuso e della fonte sigillata (4, 12; cfr. GEROLAMO, Adv. Iov. 1, 31; EP. 49, 21).
    IGNAZIO DI ANTIOCHIA definisce non solo la verginità di Maria ma anche il suo parto come "un mistero strepitoso" (Ef. 19, 1). La nascita verginale di Cristo è attestata con certezza da scritti apocrifi del II secolo (Odi di Salomone 19, 7 SS.; Protovangelo di Giacomo 19-2o; Ascensione di Isaia 11, 7 ss.) e da scrittori della Chiesa, come IRENEO (Epid. 54; Adv. haer. III, 21, 4-6). CLEMENTE ALESSANDRINO (Strom. VII, 16, 93), ORIGENE (In Lev. hom. 8, 2; diversamente In Luc. hom. 14). Contro Gioviniano la dottrina tradizionale della Chiesa fu difesa da S. AMBROGIO (Ep. 42, 4-7), da S. GEROLAMO (Adv. Iovinian. 1 31; Ep. 49, 21) e da S. AGOSTINO (Enchir. 34). Per illustrare il mistero i Padri, e con loro i teologi, si servono di diverse analogie: l'uscita di Cristo dal sepolcro sigillato, il suo passaggio attraverso le porte chiuse, la penetrazione dei raggi solari attraverso il vetro, la nascita del Logos dal seno del Padre, la nascita del pensiero umano dall'intelletto.

    Il dogma afferma che l'integrità fisica di Maria non fu lesa all'atto dei parto. Come nel concepire, così anche nel partorire la sua integrità verginale rimase intatta. Il modo in cui partorì ebbe quindi un carattere straordinario. La spiegazione precisa, in che consista sotto l'aspetto fisiologico l'integrità verginale nel parto, non rientra nella fede della Chiesa. Tuttavia, in base alle dichiarazioni del magistero ecclesiastico ed in base alle testimonianze della tradizione si deve ritenere che la verginità nel parto è diversa dalla verginità nel concepimento, cui si aggiunge come un nuovo elemento.
    La spiegazione teologica mette l'integrità fisica nel parto in rapporto con l'immunità dalla concupiscenza, la quale aveva come conseguenza un singolare dominio delle forze spirituali sugli organi e processi fisici. Ne risulta che Maria, nel partorire Gesù, si comportò in modo del tutto attivo, come indica anche la Scrittura (Lc. 2, 7). In tal modo si può spiegare la mancanza del dolore fisico e soprattutto di moti sessuali. L'integrità fisica è l'elemento materiale della verginità nel parto, mentre la mancanza di moti sessuali è l'elemento formale.

     

    3. Verginità dopo il parto.

    Maria visse vergine anche dopo la nascita di Gesù. De fide.

    Quest'aspetto della verginità di Maria fu negato in antico da Tertulliano (De monog. 8), Eunomio, Gioviniano, Elvidio, Bonoso di Sardica e dagli Antidicomarianiti. Al presente viene contestato dalla maggior parte dei protestanti, sia liberali sia conservatori.

    Papa Siricio (392) respinse la dottrina di Bonoso (D. 91). Il V Concilio ecumenico di Costantinopoli (553) attribuisce a Maria il titolo onorifico di "sempre vergine" D. 214, 218, 227 [DS 422, 427, 437]). Cfr. le dichiarazioni del Concilio Lateranense del 649 e di Paolo IV (D. 256, 993 [DS- 503, 1880]). Anche la liturgia celebra Maria "sempre vergine". Cfr. la preghiera Communicantes nel canone della Messa. La Chiesa prega: post partum, Virgo, inviolata permansisti.
    La Scrittura attesta solo indirettamente la verginità di Maria dopo il parto. Il fatto che il Salvatore morente affidi sua madre alla protezione di Giovanni (Gv. 19, 26: "Donna, ecco tuo figlio"), presuppone che Maria non avesse altri figli oltre Gesù. Cfr. ORIGENE, in Ioan. 1, 4 (6), 23.
    L'interpretazione tradizionale di Lc. 1, 34, dalla risposta di Maria: "Come avverrà questo, poichè io non conosco uomo?" arguisce il suo proposito di verginità perpetua, fatta per una particolare illuminazione divina. Agostino suppone, persino un voto formale di verginità. Secondo una moderna interpretazione Maria, che concepiva il matrimonio e la maternità alla luce del Vecchio Testamento, contrasse matrimonio con un'intenzione normale. Quando l'angelo le annunziò il concepimento come un fatto imminente, obiettò che ciò non era possibile, perché, prima di essere accolta in casa del marito, non aveva con esso rapporti coniugali.
    Per coloro che la Scrittura chiama parecchie volte "fratelli di Gesù", mai però "figli di Maria", si devono intendere parenti prossimi di Gesù. Cfr. Mt. 13, 55 con Mt. 27, 56, Gv. 19, 25 e Gal. 1, 19. Dal passo Lc. 2, 7: "E diede alla luce il suo figlio primogenito" (cfr. Mt. 1, 25 sec. la Volgata) non si può inferire che Maria dopo Cristo abbia dato alla luce altri figli, poichè nel giudaismo anche il figlio unico e designato con il nome di primogenito. Un epitaffio giudaico scoperto ultimamente in Egitto chiama primogenito il figlio d'una donna morta al suo primo parto. Il titolo di primogenito portava con sè particolari diritti e doveri. Cfr. Ebr. 1, 6, dove l'unico figlio di Dio viene detto primogenito. I passi Mt. 1, 18: "prima che venissero a stare insieme" e Mt. 1, 25, "egli non la conobbe finchè non ebbe partorito un figlio" non significano che Giuseppe l'abbia conosciuta in seguito, ma solo che nessun rapporto coniugale intervenne tra lui Maria prima del parto. Meglio quindi tradurre Mt. 1, 25 così: " senza che egli la conoscesse, ella partorì un figlio". Cfr. Gen. 8, 7; 2 Sam. 6, 23; Mt. 28, 20.

    Tra i Padri emergono come difensori della verginità Maria dopo il parto ORIGENE (In Lc. hom. 7), AMBROGIO (De inst. virg. et S. Mariae virginitate perpetua), GEROLAMO (De perpetua virginitate B. Mariae adv. Helvidium), AGOSTINO (De haeresibus 56, 84), EPIFANIO (Haer. 78; contro gli antidicomarianiti). BASILIO osserva: "Gli amici di Cristo non tollerano di udire che la madre di Dio cessò di essere vergine" (Hom. in s. Christi generationem, n. 5). Cfr. GIOVANNI DAMASCENO, De fide orth. 14. S. th. 111, 28, 3.
    Dal IV secolo in poi i Padri, quali S. ZENO DI VERO (Tract. I, 5, 3; II, 8, 2), AGOSTINO (Sermo 196, 1, 1; De carud. 22, 40), PIETRO CRISOLOGO (Sermo 117) esprimono i tre momenti della verginità di Maria in formule come: Virgo concepit, virgo peperit, virgo permansit (AGOSTINO, Sermo 51, 11, 18).

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    05/06/2009 19:20

    Conversazioni gentilmente forniteci dall'autore e tenute durante delle trasmissioni a Radio Maria

     

    La perpetua verginità di Maria

     
    Affrontiamo un altro argomento utilizzato dai contestatori della dottrina cattolica per negare una verità di fede: la perpetua verginità di Maria.
     Che cosa insegna la nostra fede su questo punto? Il Catechismo della Chiesa Cattolica, al punto n. 501, dice testualmente: “Gesù è l’unico Figlio di Maria”. Dunque, stando alla dottrina cattolica così ben sintetizzata nel Catechismo, Gesù no ha avuto fratelli e sorelle e questo corrisponde perfettamente, e doverosamente, al dogma della perpetua verginità di Maria.
     Questa verità di fede cattolica non è condivisa, anzi è contestata dai Protestanti e dai Testimoni di Geova. Come è possibile –questo è il succo della contestazione – credere nella perpetua verginità di Maria se il Vangelo parla esplicitamente dei fratelli di Gesù?
    In effetti, se stiamo bene attenti, è vero che i Vangeli parlano dei fratelli di Gesù.
    Sentiamo san Matteo: “non è Egli (Gesù) forse il figlio del carpentiere? Sua Madre non si chiama Maria? E i suoi fratelli Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda? E le sue sorelle non sono tutte tra noi?”  (13,55-56)
    Il Vangelo di Matteo, come abbiamo potuto ascoltare, non solo parla dei fratelli di Gesù, ma ci fornisce anche i loro nomi: Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda.
    Sentiamo san Marco: “Non è costui il carpentiere, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Joses (Giuseppe), di Giuda e di Simone? (6,3). Anche san Marco concorda con san Matteo nel dire che Gesù aveva dei fratelli e ci fornisce i loro nomi.
    Anche nel Vangelo di san Luca si parla di fratelli del Signore: “Un giorno andarono a trovarlo la madre e i fratelli, ma non poterono avvicinarlo a causa della folla” (8,19)
    E, infine, il quarto Vangelo, quello di san Giovanni: “Dopo questo fatto discese (Gesù) a Cafarnao insieme con sua Madre, i fratelli e i discepoli” (2,12).
    E, non solo i Vangeli, ma anche nel libro degli Atti degli apostoli  troviamo un accenno ai fratelli di Gesù: “Tutti questi erano assidui e concordi nella preghiera, insieme con alcune donne e con Maria, la Madre di Gesù, e con i fratelli di lui”  (1,14).
    Ora, questa insistenza della Parola di Dio sui “fratelli” di Gesù sembra mettere noi cattolici spalle al muro e sembra dare man forte alle contestazioni di Protestanti e Testimoni di Geova. Torna alla mente la solita domanda, cavallo di battaglia di tutte le contestazioni: se i Vangeli parlano dei “fratelli” di Gesù, come possiamo noi cattolici credere al dogma della perpetua verginità di Maria?
    Badate bene che la questione sollevata da questa domanda è delicatissima e implica conseguenze addirittura mortali per la fede cattolica. Infatti, se la perpetua verginità di Maria, che è verità dogmatica, non ha fondamento biblico, allora vuol dire che la Chiesa ha sbagliato, ha annunciato una “presunta verità”; ma questo comporta il dover ammettere che la Chiesa può insegnare l’errore, non è infallibile. Capite bene che, di questo passo, si corre il rischio di minare irrimediabilmente la credibilità della Chiesa cattolica e della fede cattolica.
    Prima di disarmare, noi cattolici dobbiamo almeno tentare di far fronte  e rispondere a queste osservazioni, anzi: a queste vere e proprie contestazioni. E come è nostra abitudine, vogliamo approfondire bene il discorso e vedremo – al termine di questa conversazione – che noi cattolici possiamo tranquillamente, e con piena ragione, continuare a credere nella perpetua verginità di Maria, con buona pace di tutti i contestatori di ieri e di oggi.

     Veniamo subito alla prima  osservazione. Leggendo il Vangelo, non ci deve sfuggire un particolare estremamente significativo. Avete notato che nel Vangelo si parla sempre ed esclusivamente di “fratelli” di Gesù, ma che questi fratelli di Gesù non sono mai chiamati “figli di Maria” ?

    Badate bene: soltanto Gesù viene chiamato “figlio di Maria”, i suoi fratelli no. E anche Maria è sempre chiamata la “Madre di Gesù” e mai viene detta madre dei suoi fratelli.
    Non è un particolare di poco conto. Se stiamo attenti al modo con il quale san Luca racconta, negli Atti degli Apostoli, il brano che abbiamo letto prima, possiamo fare una osservazione interessante. San Luca scrive: “Tutti questi erano assidui e concordi nella preghiera , insieme con alcune donne e con Maria, la Madre di Gesù, e con i fratelli di lui”  (1,14).
    A noi sorge spontanea una considerazione: se quei fratelli di Gesù fossero stati veramente figli della Madonna, san Luca avrebbe dovuto scrivere, molto più correttamente: “C’era Maria, Madre di Gesù con gli altri suoi figli”. Invece no: san Luca non  dice, non vuole  dire che Maria è anche la madre dei “fratelli “ di Gesù.
    Naturalmente, questo è solo un primo indizio, un particolare certamente interessante, che non deve sfuggire a chi sa leggere bene la Bibbia: ma si tratta di un indizio che ci introduce ad una riflessione più profonda.
    Proseguiamo. Come abbiamo ascoltato, i Vangeli ci hanno conservato i nomi  dei fratelli di Gesù: Giacomo, Giuseppe (Joses) , Giuda (non il traditore) e Simone.
    Non solo: i Vangeli sono così ricchi di informazioni che ci dicono anche chi era la loro madre e ci fanno sapere che la madre dei “fratelli” di Gesù si chiamava anch’essa Maria, ma non era la Madonna. Era un’altra Maria.
    Ascoltiamo con attenzione il Vangelo di san Matteo nel capitolo che racconta i fatti del Venerdì santo. Siamo sul monte Calvario, subito dopo la morte di Gesù in Croce. Scrive san Matteo: “C’erano là molte donne che osservavano da lontano:  quelle stesse che dalla Galilea avevano seguito Gesù per servirlo. Tra esse, c’era Maria di Magdala, Maria madre di Giacomo e Giuseppe, e la madre dei figli di Zebedeo” (27,55.56)
    Attenti bene: per san Matteo, in quel tragico Venerdì santo, c’era sul Calvario una donna di nome Maria che era madre di Giacomo e Giuseppe, cioè era la madre di due dei “fratelli” di Gesù. Domandiamoci: questa Maria era forse la Madonna? Rispondiamo con sicurezza: no, non era la Madonna. Era la madre di due dei “fratelli” di Gesù, ma  non era la Madonna.
    Da dove nasce questa sicurezza? Nasce dal fatto che solo qualche versetto più avanti, proprio per distinguerla dalla Madonna, san Matteo la chiama per ben due volte “l’altra Maria”.
    E ci dice che questa “altra Maria”, insieme a Maria di Magdala, assistette alla sepoltura di Gesù (27,61) e poi, il giorno dopo il sabato, sempre insieme a Maria di Magdala, andò al sepolcro (28,1) e ascoltò quelle famose parole dall’angelo: “So che cercate Gesù il crocifisso. Non è qui. È risorto”.
    Come vedete, la verità cattolica comincia ad avere fondamenti biblici e, parallelamente, le contestazioni, che ci sembravano a prima vista così sicure, cominciano a scricchiolare. Ora, diamo un colpetto e  le facciamo scricchiolare e cascare del tutto.
    Siamo propri sicuri che “l’altra Maria”, di cui parla san Matteo, non sia la Madonna ma proprio la madre di Giacomo e Giuseppe, cioè di due “fratelli” di Gesù?
    Si, siamo sicuri perché lo afferma esplicitamente San Marco nel suo Vangelo. San Marco prima conferma quello che ha detto san Matteo: “C’erano là alcune donne che osservavano da distanza, tra le altre: Maria di Magdala, Maria madre di Giacomo il minore e di Giuseppe, e Salome, le quali lo seguivano e lo servivano, etc etc.”  (15,40-41).
    Poi – e la cosa ci interessa particolarmente – san Marco ci spiega che “l’altra Maria” che andò al sepolcro non era la Madonna ma era la madre dei “fratelli” di Gesù. Sentiamolo: “Passato il sabato, Maria di Magdala, Maria di Giacomo e Salome, comprarono oli aromatici per andare a imbalsamare Gesù”; (Mc 16,1) quindi conferma l’episodio dell’incontro con l’angelo al sepolcro.
    Dunque Marco dice chiaramente che quella donna che andò  al sepolcro con la Maddalena e che Matteo chiama “l’altra Maria” era proprio Maria madre di Giacomo,  di uno dei fratelli di Gesù.
    Le nostre informazioni, leggendo bene i Vangeli, si stanno arricchendo e ci dicono che almeno due dei “fratelli” di Gesù, Giacomo e Giuseppe, non hanno la stessa Madre di Gesù. Il vangelo li chiama “fratelli” di Gesù ma non hanno la stessa Madre. Possiamo lecitamente pensare la stessa cosa anche per gli altri due.
    Proseguiamo. Giovanni ci offre qualche altro particolare interessante per identificare bene quella donna che Matteo chiama “l’altra Maria”. Scrive: “Presso la croce di Gesù stavano sua Madre e la sorella di lei, Maria di Cleofa, e Maria di Magdala” (Gv. 19,25)
    Per san Giovanni, ai piedi della croce di Gesù stavano, insieme ad altre persone, almeno tre donne che portavano lo stesso nome Maria: una era la Madonna, un’altra era Maria di Cleofa (che cosa vuol dire “di Cleofa” ? vuol dire che era o moglie o figlia di Cleofa)  e poi c’era la Maddalena.
    San Giovanni ci fa sapere che quella donna che san Matteo chiama “l’altra Maria”, che san Marco dice essere la madre di Giacomo, era Maria di Cleofa.

    San Matteo e san Marco ci dicono che quest’altra Maria, Maria di Cleofa, era la madre di Giacomo e Giuseppe.

    Attenti bene, perché abbiamo un’altra informazione da aggiungere a quelle che sono già in nostro possesso. Questo Giacomo, nell’elenco degli Apostoli è sempre chiamato figlio di Alfeo.

    Sommando tutte queste informazioni, ci risulta, da un’attenta lettura del Vangelo, che almeno due dei “fratelli” del Signore, Giacomo e Giuseppe, avevano per madre una donna di nome Maria, che non era la Madonna, e per padre un uomo di nome Alfeo. Avevano dunque genitori diversi da quelli di Gesù; eppure sono chiamati “fratelli” di Gesù.

    A questo punto, sembra esser giunto il momento di domandarci: perché  sono chiamati “fratelli” di Gesù?

    La risposta è piuttosto semplice. Dobbiamo ricordare che nella lingua ebraica il termine “fratello” aveva un significato più ampio di quello che gli attribuiamo oggi; poteva indicare, infatti, anche cugino, nipote, parente molto vicino.

    La parola “fratello” nella Bibbia non indica sempre e soltanto “fratello di sangue”, ma anche cugino, parente prossimo.

    Abbiamo le prove di quello che stiamo dicendo. Nel libro del Genesi, per esempio, si parla di Lot e ci viene detto che Lot era fratello di Abramo”. E’ lo stesso Abramo che chiama Lot suo “fratello”. Sentiamo: “Abramo disse a Lot: non ci sia discordia tra me e te, tra i miei pastori e i tuoi, perché noi siamo fratelli.” (Gn. 13,8)

    Dunque, Lot è “fratello” di Abramo. però, lo stesso libro del Genesi ci dice anche che Lot era figlio del fratello di Abramo, che si chiamava Haran (Gn 11, 27). Dunque Abramo chiama “fratello” Lot, ma questi in realtà era suo nipote.

    Nella Bibbia c’è un altro esempio, ancora più chiaro e ci è raccontato nel Primo Libro delle Cronache. Qui ci viene detto che Eleazaro e Kish erano entrambi figli di Macli, dunque erano fratelli carnali. Poi si aggiunge: “Eleazaro morì senza figli; ebbe solo figlie. I figli di Kish, loro fratelli, le sposarono”  (1 Cr. 23,21-23)

    Come si vede, la Bibbia chiama i figli di Kish “fratelli” delle figlie di Eleazaro, che poi sposarono, ma in realtà erano cugini di queste ragazze.

    Questo si spiega solo se ricordiamo che in ebraico “fratello” può voler dire anche cugino, nipote o parente in generale.

    Dunque, visto che i Vangeli ci parlano dei “fratelli” di Gesù, considerato che ci danno i nomi dei fratelli di Gesù, osservato che ci dicono anche il nome della loro madre, che non era la Madonna, e perfino del loro padre, che non era Giuseppe, possiamo concludere che le contestazioni al dogma della perpetua verginità di Maria, basate sulla parola “fratello”, non hanno fondamento biblico.

    E con questo, noi cattolici possiamo star tranquilli. Ci vuol bene latro per minare la credibilità della nostra fede.

    Risolto questo problema, veniamo ad osservare come, interpretando malamente la Bibbia, Protestanti e Testimoni di Geova accampano altre scuse per negare la perpetua verginità di Maria.

    San Matteo scrive che Giuseppe non conobbe Maria, nel senso biblico del termine, cioè non ebbe relazioni coniugali con Lei, finchè non partorì Gesù (Mt 1,25). E leggendo malamente san Matteo, Testimoni di Geova e Protestanti sostengono che, se Matteo parla in questo modo, ciò vuol dire che “dopo” il parto di Gesù, Maria e Giuseppe vissero come tutti gli sposi. Lo dimostrerebbe quel “finché”.

    Come rispondiamo noi cattolici a questa osservazione?

    In primo luogo: San Matteo non ci dice che cosa avvenne dopo il parto di Gesù, ma si limita a dire che Maria era vergine al momento del concepimento e al momento del parto. Matteo vuol  parlare unicamente del concepimento e del parto verginale di Gesù, non di altro.

    Tanto è vero che – lo abbiamo visto – quando Matteo ci dice i nomi dei fratelli di Gesù, ci dice anche la loro madre non era la Madonna.

    In secondo luogo: il “finchè”, nell’uso della Bibbia, nega un’azione per il tempo passato, ma non implica che questa azione sia stata compiuta in seguito.

    Facciamo due esempi. Il primo: nel Salmo 110, Dio invita il Messia alla sua destra “finché” pone i nemici a sgabello dei suoi piedi. Questo “finché” non significa che dopo il Messia non starà più alla destra di Dio.

    Il secondo esempio: alla fine del capitolo 28 del Vangelo di San Matteo, Gesù affida alla Chiesa la missione di evangelizzare tutto il mondo e conclude con queste parole: “Ecco, io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo”.

    Questo “fino alla fine del mondo”, questo “finchè il mondo esiste” non implica che dopo Gesù sarà più con i suoi discepoli. Dice soltanto che sarà sempre con loro nell’opera di evangelizzazione.

    Come vedete, cari amici, anche a questa obiezione si può rispondere esaurientemente. Anche in questo caso, possiamo dire che ci vuole ben altro per minare la verità evangelica e dogmatica della perpetua verginità di Maria.

    Esaminiamo ora brevemente un’altra contestazione della perpetua verginità di Maria. Contestazione che può essere formulata in questo modo: siccome Gesù è chiamato “Figlio primogenito”, questo vuol dire che, dopo di Lui, ci fu un figlio secondogenito, un terzo, un quarto etc. Quindi la Madonna non sarebbe stata sempre vergine, ma ebbe altri figli.

    Come rispondiamo noi cattolici? Cominciamo col dire che nelle culture di tutti i popoli “primogenito” vuol dire “primo nato”. E vuol dire “primo nato” sia che dopo di lui ci siano stati altri,  sia che fosse figlio unico.

    Inoltre, dobbiamo sapere che presso gli ebrei, il primo nato era sempre chiamato “primogenito”, anche se dopo di lui non arrivavano fratelli e sorelle.

    Qui la storia ci dà una bella mano. Recentemente è stata scoperta, in un cimitero ebraico, una iscrizione  che risale proprio all’epoca appena precedente la nascita di Gesù. In questa iscrizione si legge di una madre, di nome Arsinoe, morta dopo avere dato alla luce il suo primo figlio.  Ecco che cosa leggiamo testualmente: “Nei dolori del parto del mio primogenito la sorte mi condusse al termine della vita”.

    Come si può facilmente capire, quel bambino non ebbe altri fratelli, visto che la mamma era morta proprio mentre lo partoriva. Eppure quel bambino è chiamato “primogenito” .  Questo dimostra che nella cultura ebraica del tempo di Gesù la qualifica di primogenito non implica necessariamente che vi siano altri fratelli.

    La contestazione alla perpetua verginità di Maria basata sull’uso del termine “primogenito” è così smontata.

    Bene. Molte altre cose ci sarebbero da dire. A noi può bastare, per adesso, la consolazione che la dottrina cattolica sulla perpetua verginità di Maria ha solidissime basi bibliche e non è certamente scalfita dalle critiche.

    Ma, proprio perché siamo cattolici, vogliamo concludere questa conversazione affidando a Maria, la Madre di Gesù, vero Dio e vero uomo, non solo noi stessi, ma specialmente coloro che, magari in buona fede, magari perché sono sprovveduti o forse perché non conoscono la Parola di Dio, contestano la venerazione di Maria.

    Chiediamo Maria che predisponga la loro mente a conoscere la verità sulla Madre di Dio e il loro cuore ad aprirsi all’amore veramente materno della nostra Mamma che è nei Cieli.

    Grazie e alla prossima volta, a Dio piacendo.

    Giampaolo Barra


     

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    05/06/2009 19:40

    Dal vecchio DVF forum Msn

    Vorrei condividere con voi un'altro studio fatto assieme ai miei allievi che mi domandavano come potesse Maria partorire Gesù e restare vergine, cosa impossibile agli uomini.  Nel vangelo si parla dei cosiddetti fratelli di Gesù, quindi logicamente, anche se la nascita di Gesù è avvenuta in modo "miracoloso" e senza scalfire la verginità di Maria, la cosa penso non avrebbe potuto ripetersi in concomitanza di altri fratelli o sorelle di Gesù, ma procediamo con ordine....

     Il Catechismo della Chiesa Cattolica, al punto n. 501, dice testualmente: “Gesù è l’unico Figlio di Maria”. Dunque, stando alla dottrina cattolica così ben sintetizzata nel Catechismo, Gesù non ha avuto fratelli e sorelle e questo corrisponde perfettamente, e doverosamente, al dogma della verginità di Maria.

    Questa verità di fede cattolica è stata contestata da alcuni miei allievi: "Come è possibile –questo è il succo della contestazione – credere nella perpetua verginità di Maria se il Vangelo parla esplicitamente dei fratelli di Gesù?

     In effetti, se stiamo bene attenti, è vero che i Vangeli parlano dei fratelli di Gesù.

     Sentiamo san Matteo: “non è Egli (Gesù) forse il figlio del carpentiere? Sua Madre non si chiama Maria? E i suoi fratelli Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda? E le sue sorelle non sono tutte tra noi?”  (13,55-56)

    Il Vangelo di Matteo, come abbiamo potuto ascoltare, non solo parla dei fratelli di Gesù, ma ci fornisce anche i loro nomi: Giacomo, Giuseppe, Simone e Giuda.

     Vangelo di Marco: “Non è costui il carpentiere, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Joses (Giuseppe), di Giuda e di Simone? (6,3). Anche Marco concorda con Matteo nel dire che Gesù aveva dei fratelli e ci fornisce i loro nomi.

     Il Vangelo di Luca parla di fratelli del Signore: “Un giorno andarono a trovarlo la madre e i fratelli, ma non poterono avvicinarlo a causa della folla” (8,19)

     E, infine, il quarto Vangelo, quello di Giovanni: “Dopo questo fatto discese (Gesù) a Cafarnao insieme con sua Madre, i fratelli e i discepoli” (2,12).
     
     E, non solo i Vangeli, ma anche nel libro degli Atti degli apostoli  troviamo un accenno ai fratelli di Gesù: “Tutti questi erano assidui e concordi nella preghiera, insieme con alcune donne e con Maria, la Madre di Gesù, e con i fratelli di lui”  (1,14).

     Questa insistenza della Parola di Dio sui “fratelli” di Gesù sembra dare man forte alle contestazioni e torna alla mente la solita domanda, "se i Vangeli parlano dei “fratelli” di Gesù, come si può ancora credere al dogma della perpetua verginità di Maria? "

     

    La Chiesa ha sbagliato?

    Ha annunciato una “presunta verità? 

     Allora abbiamo approfondito bene il discorso e venendo subito alla prima  osservazione,  leggendo il Vangelo, abbiamo notato  un particolare estremamente significativo e cioè : "Come mai nel Vangelo si parla sempre ed esclusivamente di “fratelli” di Gesù, ma che questi fratelli di Gesù non sono mai chiamati “figli di Maria” ?

     Badiamo bene: soltanto Gesù viene chiamato “figlio di Maria”, i suoi fratelli no. E anche Maria è sempre chiamata la “Madre di Gesù” e mai viene detta madre dei suoi fratelli.

     Non è un particolare di poco conto.

     Se stiamo attenti al modo con il quale Luca racconta, negli Atti degli Apostoli, il brano che abbiamo letto prima, possiamo fare una osservazione interessante. 

     Luca scrive: “Tutti questi erano assidui e concordi nella preghiera , insieme con alcune donne e con Maria, la Madre di Gesù, e con i fratelli di lui”  (1,14).

     Allora è sorta spontanea una considerazione: se quei fratelli di Gesù fossero stati veramente figli di Maria, Luca avrebbe dovuto scrivere, molto più correttamente: “C’era Maria, Madre di Gesù con gli altri suoi figli”.

    Invece no:  Luca non  dice, non vuole  dire che Maria è anche la madre dei “fratelli “ di Gesù.

     - continua
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    05/06/2009 19:42

    Naturalmente, questo è solo un primo indizio, un particolare certamente interessante, che non deve sfuggire a chi sa leggere bene la Bibbia: ma si tratta di un indizio che ci introduce ad una riflessione più profonda.

     Proseguiamo. Come abbiamo letto, i Vangeli ci hanno conservato i nomi  dei fratelli di Gesù: Giacomo, Giuseppe (Joses) , Giuda (non il traditore) e Simone.

     Non solo: i Vangeli ci fanno sapere che la madre dei “fratelli” di Gesù si chiamava anch’essa Maria, ma non era la Madonna. Era un’altra Maria.
     
     Leggiamo con attenzione il Vangelo di Matteo nel capitolo che racconta i fatti del Venerdì santo. Siamo sul monte Calvario, subito dopo la morte di Gesù in Croce. Scrive san Matteo: “C’erano là molte donne che osservavano da lontano:  quelle stesse che dalla Galilea avevano seguito Gesù per servirlo. Tra esse, c’era Maria di Magdala, Maria madre di Giacomo e Giuseppe, e la madre dei figli di Zebedeo” (27,55.56)

     Attenzione: per Matteo, in quel tragico Venerdì santo, c’era sul Calvario una donna di nome Maria che era madre di Giacomo e Giuseppe, cioè era la madre di due dei “fratelli” di Gesù.

     Domandiamoci: questa Maria era forse la Madonna?

     Possiamo rispondere con sicurezza: NO, non era la Madonna. Era la madre di due dei “fratelli” di Gesù, ma  non era la Madonna. Da dove nasce questa sicurezza? Dal fatto che solo qualche versetto più avanti, proprio per distinguerla dalla Madonna, Matteo la chiama per ben due volte “l’altra Maria”.

     E ci dice che questa “altra Maria”, insieme a Maria di Magdala, assistette alla sepoltura di Gesù (27,61) e poi, il giorno dopo il sabato, sempre insieme a Maria di Magdala, andò al sepolcro (28,1) e ascoltò quelle famose parole dall’angelo: “So che cercate Gesù il crocifisso. Non è qui. È risorto”.

     Come vediamo, la verità comincia ad avere fondamenti biblici e le contestazioni, che ci sembravano a prima vista così sicure, cominciano a scricchiolare.
     
     Ma siamo propri sicuri che “l’altra Maria”, di cui parla Matteo, non sia la Madonna ma proprio la madre di Giacomo e Giuseppe, cioè di due “fratelli” di Gesù?

     Lo afferma esplicitamente Marco nel suo Vangelo che conferma quello che ha detto Matteo: “C’erano là alcune donne che osservavano da distanza, tra le altre: Maria di Magdala, Maria madre di Giacomo il minore e di Giuseppe, e Salome, le quali lo seguivano e lo servivano, etc etc.”  (15,40-41).

     Poi Marco ci spiega che “l’altra Maria” che andò al sepolcro non era la Madonna ma era la madre dei “fratelli” di Gesù.

    Ecco il passo: “Passato il sabato, Maria di Magdala, Maria di Giacomo e Salome, comprarono oli aromatici per andare a imbalsamare Gesù”; (Mc 16,1) quindi conferma l’episodio dell’incontro con l’angelo al sepolcro.

     Dunque Marco dice chiaramente che quella donna che andò  al sepolcro con la Maddalena e che Matteo chiama “l’altra Maria” era proprio Maria madre di Giacomo,  di uno dei fratelli di Gesù.

     Le nostre informazioni, leggendo bene i Vangeli, ci dicono che almeno due dei “fratelli” di Gesù, Giacomo e Giuseppe, non hanno la stessa Madre di Gesù.

     Il vangelo li chiama “fratelli” di Gesù ma non hanno la stessa Madre. Possiamo lecitamente pensare la stessa cosa anche per gli altri due.

     - continua
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    05/06/2009 19:46

    Proseguiamo le nostre ricerche.

     Giovanni ci offre qualche altro particolare interessante per identificare bene quella donna che Matteo chiama “l’altra Maria”. Scrive: “Presso la croce di Gesù stavano sua Madre e la sorella di lei, Maria di Cleofa, e Maria di Magdala” (Gv. 19,25)

     Per Giovanni, ai piedi della croce di Gesù stavano, insieme ad altre persone, almeno tre donne che portavano lo stesso nome Maria: una era la Madonna, un’altra era Maria di Cleofa (che cosa vuol dire “di Cleofa” ? vuol dire che era o moglie o figlia di Cleofa)  e poi c’era la Maddalena.
     
     Giovanni ci fa sapere che quella donna che Matteo chiama “l’altra Maria”, che Marco dice essere la madre di Giacomo, era Maria di Cleofa.

     Matteo e Marco evangelisti ci dicono che quest’altra Maria, Maria di Cleofa, era la madre di Giacomo e Giuseppe.

    Attenzione perché abbiamo un’altra informazione da aggiungere a quelle che sono già in nostro possesso. Questo Giacomo, nell’elenco degli Apostoli è sempre chiamato figlio di Alfeo.

     Sommando tutte queste informazioni, ci risulta, da un’attenta lettura del Vangelo, che almeno due dei “fratelli” del Signore, Giacomo e Giuseppe, avevano per madre una donna di nome Maria, che non era la Madonna, e per padre un uomo di nome Alfeo.

    Avevano dunque genitori diversi da quelli di Gesù; eppure sono chiamati “fratelli” di Gesù.

     A questo punto, ci domandiamo: perché  sono chiamati “fratelli” di Gesù?

     Attenzione, dobbiamo ricordare che nella lingua ebraica il termine “fratello” aveva un significato più ampio di quello che gli attribuiamo oggi; poteva indicare, infatti, anche cugino, nipote, parente molto vicino.

     La parola “fratello” nella Bibbia non indica sempre e soltanto “fratello di sangue”, ma anche cugino, parente prossimo.

     Nel libro del Genesi, per esempio, si parla di Lot e ci viene detto che Lot era “fratello di Abramo”. E’ lo stesso Abramo che chiama Lot suo “fratello”.

     Sentiamo: “Abramo disse a Lot: non ci sia discordia tra me e te, tra i miei pastori e i tuoi, perché noi siamo fratelli.” (Gn. 13,8)

     Dunque, Lot è “fratello” di Abramo. però, lo stesso libro del Genesi ci dice anche che Lot era figlio del fratello di Abramo, che si chiamava Haran (Gn 11, 27).

    Dunque Abramo chiama “fratello” Lot, ma questi in realtà era suo nipote.

    Nella Bibbia abbiamo trovato un altro esempio, ancora più chiaro e ci è raccontato nel Primo Libro delle Cronache. Qui ci viene detto che Eleazaro e Kish erano entrambi figli di Macli, dunque erano fratelli carnali. Poi si aggiunge: “Eleazaro morì senza figli; ebbe solo figlie. I figli di Kish, loro fratelli, le sposarono”  (1 Cr. 23,21-23)

     Come si vede, la Bibbia chiama i figli di Kish “fratelli” delle figlie di Eleazaro, che poi sposarono, ma in realtà erano cugini di queste ragazze.

     Questo si spiega solo se ricordiamo che in ebraico “fratello” può voler dire anche cugino, nipote o parente in generale.

     Dunque, visto che i Vangeli ci parlano dei “fratelli” di Gesù, considerato che ci danno i nomi dei fratelli di Gesù, osservato che ci dicono anche il nome della loro madre, che non era la Madonna, e perfino del loro padre, che non era Giuseppe, possiamo concludere sulla parola che Gesù era figlio unico.

     
     

     

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    05/06/2009 19:48

    Ma veniamo adesso alla verginità di Maria.

    Matteo scrive che Giuseppe non conobbe Maria, nel senso biblico del termine, cioè non ebbe relazioni coniugali con Lei, finchè non partorì Gesù (Mt 1,25).  
    E leggendo malamente Matteo, molti sostengono che, se Matteo parla in questo modo, ciò vuol dire che “dopo” il parto di Gesù, Maria e Giuseppe vissero come tutti gli sposi. Lo dimostrerebbe quel “finché”.
     
    Matteo non ci dice che cosa avvenne dopo il parto di Gesù, ma dice che Maria era vergine al momento del concepimento e al momento del parto. Matteo vuol  parlare unicamente del concepimento e del parto verginale di Gesù, non di altro.

    Tanto è vero che – lo abbiamo visto – quando Matteo ci dice i nomi dei fratelli di Gesù, ci dice anche la loro madre non era la Madonna.
     
    Poi: il “finchè”, nell’uso della Bibbia, nega un’azione per il tempo passato, ma non implica che questa azione sia stata compiuta in seguito.
     
    Facciamo due esempi. Il primo: nel Salmo 110, Dio invita il Messia alla sua destra “finché” pone i nemici a sgabello dei suoi piedi. Questo “finché” non significa che dopo il Messia non starà più alla destra di Dio.
     
    Il secondo esempio: alla fine del capitolo 28 del Vangelo di Matteo, Gesù affida alla Chiesa la missione di evangelizzare tutto il mondo e conclude con queste parole: “Ecco, io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo”.
     
    Questo “fino alla fine del mondo”, questo “finchè il mondo esiste” non ci dice che dopo Gesù sarà più con i suoi discepoli. Dice soltanto che sarà sempre con loro nell’opera di evangelizzazione.
     
    Un'altra contestazione sui presunti fratelli di Gesù e sulla verginità di Maria è venuta fuori in questo modo: siccome Gesù è chiamato “Figlio primogenito”, questo vuol dire che, dopo di Lui, ci fu un figlio secondogenito, un terzo, un quarto etc.

    Quindi Maria non sarebbe stata sempre vergine, ma ebbe altri figli.
     
    Nelle culture di tutti i popoli “primogenito” vuol dire “primo nato”. E vuol dire “primo nato” sia che dopo di lui ci siano stati altri,  sia che fosse figlio unico.
     
    Inoltre, presso gli ebrei, il primo nato era sempre chiamato “primogenito”, anche se dopo di lui non arrivavano fratelli e sorelle.
     
    E la storia ci dà una bella mano. Recentemente è stata scoperta, in un cimitero ebraico, una iscrizione  che risale proprio all’epoca appena precedente la nascita di Gesù. In questa iscrizione si legge di una madre, di nome Arsinoe, morta dopo avere dato alla luce il suo primo figlio.  Ecco che cosa leggiamo testualmente: “Nei dolori del parto del mio primogenito la sorte mi condusse al termine della vita”.
     
    Come si può facilmente capire, quel bambino non ebbe altri fratelli, visto che la mamma era morta proprio mentre lo partoriva. Eppure quel bambino è chiamato “primogenito” . 

    Questo dimostra che nella cultura ebraica del tempo di Gesù la qualifica di primogenito non implica necessariamente che vi siano altri fratelli.
    Quindi la contestazione basata sull’uso del termine “primogenito” è nulla. 
    Scusate se sono stato un po' lungo, se avete osservazioni o altro per approfondire il tutto ve ne sarò grato.

    Fine.
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