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Perchè Giovanni Maria Vianney come esempio per i sacerdoti?

Ultimo Aggiornamento: 09/01/2010 06:45
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Perchè Giovanni Maria Vianney come esempio per i sacerdoti?

 di padre Piero Gheddo

ROMA, mercoledì, 1° luglio 2009 (ZENIT.org).-

È veramente straordinario che il Papa, iniziando un Anno speciale di preghiera per i sacerdoti di tutto il mondo (19 giugno 2009-2010), abbia proclamato patrono e modello da imitare un pover’uomo, buon lavoratore dei campi ma pessimo studente di latino e di teologia. In seminario lo giudicavano “non adatto a fare il prete”, il suo vescovo non voleva ordinarlo sacerdote perché “troppo ignorante”, infine lo stesso vescovo si convince a farlo prete per mandarlo in un paesino di 230 abitanti, dicendo che “per lo meno farà pochi danni”!

Fatto straordina rio perchè un Papa teologo e raffinato pensatore come il nostro Benedetto, poteva trovare qualche altra figura da proporre a noi, 404.262 preti della Chiesa cattolica in tutto il mondo, e non mancano certo santi di alto e anche di altissimo livello intellettuale.

Invece sceglie proprio Giovanni Maria Vianney. Perché questa scelta? Perchè in tanti santi sacerdoti emergono molte doti umane: intelligenza, scienza, autorevolezza, managerialità, leadership, capacità educativa, genialità finanziaria, coraggio, ecc. Nel Santo Curato d’Ars non emerge solo una natura umana molto povera, però totalmente aperta alla grazia dello Spirito  Santo, che in questa miseria umana ha potuto operare le sue meraviglie, senza quasi trovare ostacoli.

Per rinnovare la Chiesa, Benedetto XVI parte dai sacerdoti e proponendo il Santo Curato d’Ars a nostro modello, lancia un messaggio preciso soprattutto a noi sacerdoti: dobbia mo essere “affascinati dall’ideale della santità”, cioè dall’amore e dall’imitazione di Cristo. Tutto il resto conta, ma il chiodo fisso dovrebbe essere quello che spingeva don Giovanni ad una preghiera continua, un’ascesi a volte eroica, la grande amabilità e pazienza con tutti, la disponibilità di sacrificarsi, l’umiltà fino al punto di considerarsi sinceramente l’ultimo dei preti, “indegno di fare il prete”.

Inoltre, San Giovanni Maria Vianney ha vissuto nel tempo storico della Francia post-Rivoluzione francese (1789-1799), caratterizzato da ateismo pratico, costumi rilassati, indifferenza religiosa, ostilità contro il cristianesimo e la Chiesa, in un’atmosfera di “terrore all’ordine del giorno” che non invitava certo alla fede e alla vita cristiana. Cioè, praticamente, come il post-Sessantotto in cui noi ancor oggi viviamo, però i n una situazione politico-economico-sociale e anche religiosa immensamente migliore a quella del tempo in cui visse il Curato d’Ars! Eppure, nonostante tutto, lui ha avuto una fede ed una costanza nella preghiera così profonde e autentiche, che l’hanno portato alla santità.

Vedete come, specialmente oggi, fare il prete, il missionario, è come scalare una parete di sesto grado. Si può fare solo con l’aiuto di Dio. Ecco perché dovete pregare molto in quest’anno per noi.

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* Padre Gheddo, già direttore di “Mondo e Missione” e di Italia Missionaria, è il fondatore di AsiaNews. Da Missionario ha viaggiato nelle missioni di ogni continente. Dal 1994 è direttore dell’Ufficio storico del Pime e postulatore di varie cause di canonizzazione. Insegna nel seminario pre-teologico del Pime a Roma. E’ autore di oltre 70 libri. L’ultimo pubbl icato è un libro intervista condotto da Roberto Beretta dal titolo “Ho tanta fiducia” (Editrice San Paolo).

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20/08/2009 17:26

 colloquio con monsignor Guy Bagnard, vescovo di Belley-Ars

Giovanni Maria Vianney, la santità che nasce nell'oblio del mondo


di Nicola Gori

Il santo curato d'Ars come modello per i sacerdoti d'oggi, "soprattutto affinché comprendano che anche nell'anonimato della più sperduta parrocchia del mondo sia possibile risplendere nella luce della santità". Nella giornata sacerdotale, ma soprattutto nella prospettiva dell'anno sacerdotale, monsignor Guy Bagnard, vescovo di Belley-Ars, ripropone così, in questa intervista a "L'Osservatore Romano", la testimonianza di Giovanni Maria Vianney, il santo parroco che Benedetto XVI proclamerà patrono dei sacerdoti nel corso dell'anno sacerdotale che si inaugurerà il prossimo 19 giugno.

È ancora valido il modello sacerdotale proposto da san Giovanni Maria Vianney?

Se il Papa, come ha annunciato, proclamerà il santo patrono di tutti i sacerdoti del mondo, ciò vuol dire che il modello di prete che egli incarna continua a essere un riferimento per il nostro tempo, quale portatore del mistero e della santità dei ministri.

Quali aspetti sono in particolare attuali?

Credo che innanzitutto con la sua vita, il santo evidenzi l'importanza della parrocchia e il ruolo fondamentale che ha sempre avuto nella Chiesa, quale luogo della comunità dove vivono i cristiani. È dove vivono i cristiani che si deve annunciare il Cristo. In altre parole, il fatto che la parrocchia sia dimora e luogo di evangelizzazione, dimostra che è nella vita quotidiana che si realizza l'evangelizzazione. Non si devono cercare troppo le cose straordinarie. Nella quotidianità della vita si compie l'annuncio del Vangelo. Nella parrocchia poi non ci si sceglie, non vi sono eccezioni. Tutti vengono accolti, il piccolo, il povero, il ricco, chi è sano, chi è malato. Questa è la ragione per la quale la parrocchia è veramente, come diceva Giovanni Paolo II, la fontana del villaggio, dove ognuno viene a dissetarsi e a nutrirsi. Il parroco è responsabile di questa comunità davanti alla Chiesa, ed è lì che esercita la pienezza del suo ministero.

San Giovanni venne inviato in una parrocchia piccolissima, di soli 250 abitanti, lontano dai centri di interesse e di potere. Potrebbe essere questo un esempio per i sacerdoti contro la ricerca della carriera e del successo?

Penso che in effetti l'esempio di san Giovanni Maria Vianney possa essere un richiamo per molti giovani ingannati oggi dalla notorietà, dal carrierismo, dal riconoscimento immediato. Essi, al contrario, possono essere attirati da una forma di vita povera, umile, modesta e piccola come quella del curato. La piccolezza segna tutta la vita di san Giovanni. È nella piccolezza che Dio genera la grandezza. Ciò è evidente nella vita stessa del santo, nel suo arrivo povero ad Ars, che non era nemmeno una parrocchia, ma era definita una cappellania, cioè una realtà annessa alla parrocchia, praticamente niente. Nessuno voleva andarci ad Ars che a quel tempo faceva parte della diocesi di Lione. Era considerata la Siberia della diocesi, il luogo più freddo. San Giovanni non si sentì poco considerato perché mandato là. Quando arrivò si rese conto delle poche case che vi erano e disse:  "Oh, come è piccolo". Era ben consapevole che si trattava di un villaggio molto piccolo. Ma fu proprio questa constatazione di piccolezza che lo portò a concludere che vi avrebbe fatto grandi cose con la grazia di Dio.

Il santo trascorreva la maggior parte del tempo nel confessionale. Ritiene ancora attuale questa impostazione ministeriale?

Oggi più che mai la ritengo importante, perché il sacramento della penitenza si celebra nel momento in cui il sacerdote dà il perdono. Mai un uomo è così considerato nella sua individualità, nella sua unicità, come nel momento in cui riceve il perdono di Dio. Non vi è niente di più personale e niente di più decisivo in una coscienza umana se non la lotta che si sviluppa tra il bene e il male, tra la luce e le tenebre. È per questo che non si può dare l'assoluzione collettiva. Occorre che il perdono sia dato a ogni persona individualmente.

Più che con la parola il curato predicava con l'esempio di vita. È un monito?

Certamente è un esempio. Oggi si nota spesso la tendenza a ricercare una valutazione personale. Si tratta sicuramente di un'ottica deviata. Purtroppo a volte riguarda anche i sacerdoti, nel senso che si preoccupano del giudizio degli altri al loro modo di predicare, o si preoccupano di essere accettati, o sono presi dal desiderio di essere riconosciuti quando sono in strada. Questi atteggiamenti demagogici possono indurre a cercare la propria soddisfazione piuttosto in quello che si dice. E questo può far sì che a volte non si dica la verità del Vangelo pur di conquistare l'uditorio, acquisire notorietà ed essere meglio riconosciuti da chi ascolta. È un fatto molto pericoloso, perché si rischia di evitare di parlare di alcuni aspetti fondamentali del Vangelo, solo per non disturbare la coscienza di chi ascolta e ciò per interessi personali.

La santità del curato è basata sul quotidiano, sulla semplicità del suo ministero. In quale messaggio si traduce per i giovani di oggi?

Credo che i giovani che vengono a contatto con quest'uomo straordinario possano imparare a vivere l'ordinario della vita come qualcosa di straordinario. Non vi è niente di banale nella nostra vita; tutto è grande; tutto è bello; tutto dipende dalla maniera in cui si vive con Cristo nella passione.

Quali progetti avete in cantiere per aiutare i sacerdoti e fedeli a vivere l'anno sacerdotale nella giusta dimensione?

Qualcosa già l'abbiamo fatta. Abbiamo inaugurato l'anno giubilare lo scorso primo novembre. Per Belley-Ars abbiamo preparato un percorso. Il primo momento sarà la riproposizione del passaggio chiamato della piccola porta della conversione. Era una piccola porta che il curato aveva aperta e dalla quale passavano tutti quelli che egli chiamava i grandi peccatori, rimasti lontani dalla Chiesa per lunghi anni, se volevano convertirsi di nuovo e far ritorno a Dio. Accanto a questa porta in fondo alla chiesa, perché non fossero riconosciuti dalla gente, aveva messo il confessionale. Questa porta di solito è chiusa e nascosta. È stata ora riaperta in questo anno giubilare e ogni pellegrino è chiamato a passare attraverso di essa, seguendo un richiamo:  "Convertitevi". È l'invito a venire nei luoghi del curato per celebrare il perdono e rimettersi in pace con Dio e con i fratelli. Il 4 agosto, si svolgerà la grande festa del santo, che sarà presieduta dal cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato. Verrà a nome del Papa. Alla fine del mese di settembre, primi giorni di ottobre, si svolgerà il ritiro internazionale a cui parteciperanno circa mille preti. Sarà predicato dal cardinale Christoph Schönborn. Sarà un momento molto importante. Inoltre da ogni parte del mondo continuano a pervenire richieste per ottenere la visita delle reliquie di san Giovanni Maria nella propria parrocchia e consentirne così la venerazione a tutti i fedeli. I resti mortali del santo sono stati posti in un cassa sistemata nella basilica. Solo il cuore è stato messo in un reliquiario ed esposto ai fedeli nella cappella chiamata cappella del cuore. È questo reliquiario che compie la peregrinatio per il mondo. Ne abbiamo fatte già diverse. La più importante negli Stati Uniti d'America, in particolare a Boston, dove ci sono state difficoltà con dei casi di preti accusati di pedofilia. C'erano tantissimi sacerdoti in preghiera attorno al reliquiario. Siamo poi andati in Colombia, Messico, Argentina. Si tratta di un evento importante. Usciamo dalle nostre chiese e andiamo in giro per il mondo a impetrare da Dio il dono di sacerdoti esemplari. Penso che sia anche questo uno dei motivi che hanno spinto il Papa a indire l'anno sacerdotale.



(©L'Osservatore Romano - 10 aprile 2009)
[Modificato da Cattolico_Romano 20/08/2009 17:27]
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B. GIOVANNI XXIII
SACERDOTII NOSTRI PRIMORDIA

NEL XI CENTENARIO DEL PIISSIMO TRANSITO
DEL SANTO CURATO D'ARS
LETTERA ENCICLICA
(1 Agosto 1959)



Giovanni XXIII Curato d'Ars

Ai Venerabili Fratelli
Patriarchi, Primati, Arcivescovi, Vescovi
e agli altri Ordinari
aventi pace e comunione con la Sede Apostolica
Venerabili Fratelli, salute e Apostolica Benedizione.

Introduzione

Significative coincidenze

Le purissime gioie che accompagnarono copiosamente le primizie del Nostro sacerdozio sono per sempre legate, nella Nostra memoria, alla emozione profonda che Noi provammo l'8 gennaio 1905 nella Basilica Vaticana, in occasione della gloriosa beatificazione di quell'umile prete di Francia che fu Giovanni Maria Battista Vianney. Noi pure elevati al sacerdozio da alcuni mesi appena, fummo colpiti dall'ammirabile figura sacerdotale che il Nostro predecessore san Pio X, l'antico parroco di Salzano, era tanto felice di proporre come modello a tutti i pastori di anime. E, a tanti anni di distanza, non possiamo richiamare questo ricordo senza ringraziare ancora come di un'insigne grazia il Nostro Divino Redentore, per lo slancio spirituale impresso in tal modo, fin dall'inizio, alla Nostra vita sacerdotale.

Ricordiamo ancora che, il giorno stesso di quella beatificazione, venimmo a conoscenza dell'elevazione all'episcopato di Mons. Giacomo Maria Radini-Tedeschi, il grande Vescovo che doveva, dopo alcuni giorni, chiamarCi al suo servizio e che fu per Noi maestro e padre carissimo. E fu in sua compagnia che, sugli inizi di quello stesso anno 1905, Ci recavamo per la prima volta in pellegrinaggio ad Ars, il modesto villaggio che il suo Santo Curato rese per sempre così celebre.

Per una nuova disposizione della Provvidenza, nell'anno in cui ricevevamo la pienezza del sacerdozio, il Papa Pio XI di gloriosa memoria, il 31 maggio 1925, procedeva alla solenne canonizzazione del " povero Curato d'Ars ". Nella sua omelia il Pontefice si compiaceva di descrivere " l'esile figura corporea di Giovanni Battista Vianney, la testa risplendente di una specie di bianca corona di lunghi capelli, il volto gracile e disfatto pei digiuni, dal quale talmente traspariva l'innocenza e la santità di un animo umilissimo e soavissimo che, al primo aspetto, le moltitudini venivano richiamate a pensieri salutari ". Poco dopo, lo stesso Pontefice, nell'anno del suo giubileo sacerdotale, completava il gesto già compiuto da San Pio X verso i parroci di Francia ed estendeva al mondo intero il celeste patrocinio di San Giovanni Maria Vianney " per promuovere il bene spirituale dei parroci in tutto il mondo ".

Questi atti dei Nostri Predecessori, legati a tanti cari ricordi personali, amiamo richiamare, Venerabili Fratelli, in questo Centenario della morte del Santo Curato d'Ars.
Il 4 agosto 1859, infatti, egli rese l'anima a Dio, consumato dalle fatiche di un eccezionale ministero pastorale di oltre quarant'anni e oggetto di unanime venerazione. E benediciamo la divina Provvidenza, che per due volte già volle rallegrare e illuminare le ore solenni della Nostra vita sacerdotale con lo splendore della santità del Curato d'Ars, perché ci offre nuovamente, fin dai primi tempi di questo supremo Pontificato, l'occasione di celebrare la memoria tanto gloriosa di questo pastore di anime. Non vi meraviglierete, d'altra parte, se, nell'indirizzarvi questa Lettera, il Nostro spirito e il Nostro cuore si rivolgono in modo speciale ai sacerdoti, Nostri figli carissimi, per esortarli tutti insistentemente - e soprattutto quelli che sono impegnati nel ministero pastorale - a meditare gli ammirabili esempi di un loro confratello nel sacerdozio, divenuto loro celeste patrono.

Insegnamenti di questo Centenario.

Sono certo numerosi i documenti pontifici che già richiamano ai sacerdoti le esigenze del loro stato e li guidano nell'esercizio del loro ministero. Per non ricordare se non i più importanti, raccomandiamo nuovamente l'Esortazione Haerent animo di San Pio X, che stimolò il fervore dei Nostri primi anni di sacerdozio, la magistrale enciclica Ad Catholici Sacerdotii fastigium di Pio XI e, tra tanti documenti e allocuzioni del Nostro immediato predecessore sul sacerdote, la sua esortazione Menti Nostrae, nonché l'ammirabile trilogia in onore del sacerdozio, che gli fu suggerita dalla canonizzazione di san Pio X. Tali testi, Venerabili Fratelli, vi sono noti. Ma ci permetterete di ricordare qui con l'animo commosso l'ultimo discorso che la morte impedì a Pio XII di pronunciare e che rimane come l'estremo e solenne appello di questo grande Pontefice alla santità sacerdotale: " Il carattere sacramentale dell'Ordine - vi è scritto - sigilla da parte di Dio un patto eterno del suo amore di predilezione, che esige dalla creatura prescelta il contraccambio della santificazione... il chierico sarà un prescelto tra il popolo, un privilegiato dei carismi divini, un depositario del potere divino, in una parola un alter Christus... Egli non si appartiene, come non appartiene a parenti, amici, neppure ad una determinata patria: la carità universale sarà il suo respiro. Gli stessi pensieri, volontà, sentimenti non sono suoi; ma di Cristo, sua vita ".

Verso queste vette della santità sacerdotale San Giovanni Maria Vianney tutti ci spinge, e noi siamo lieti di invitarvi i sacerdoti di oggi; perché se sappiamo le difficoltà che essi incontrano nella loro vita personale e negli oneri del ministero, se non ignoriamo le tentazioni e le stanchezze di alcuni, la nostra esperienza ci dice altresì la fedeltà coraggiosa della grande maggioranza e le ascensioni spirituali dei migliori. Agli uni come agli altri il Signore rivolse, nel giorno dell'Ordinazione, questa frase piena di tenerezza: " Iam non dicam vos servos, sed amicos! " (cf Gv 15,15). Possa questa Nostra Lettera Enciclica aiutarli tutti a perseverare e crescere in quest'amicizia divina, che costituisce la gioia e la forza di ogni vita sacerdotale.

Scopo dell'Enciclica

Non è nostra intenzione, Venerabili Fratelli, affrontare qui tutti gli aspetti della vita sacerdotale contemporanea; anzi, sull'esempio di San Pio X, " non diremo cose da voi mai udite o nuove per qualcuno, ma semplicemente cose che conviene a tutti ricordare ". Nel delineare, infatti, i tratti della santità del Curato d'Ars, saremo condotti a porre in rilievo alcuni aspetti della vita sacerdotale, che in tutti i tempi sono essenziali, ma acquistano tanta importanza ai nostri giorni che stimiamo un dovere del Nostro mandato apostolico insistervi in modo speciale in occasione di questo Centenario.

La Chiesa, che ha glorificato questo sacerdote " mirabile per lo zelo pastorale e per un desiderio ininterrotto di preghiera e penitenza ", oggi, a un secolo dopo la sua morte, ha la gioia di presentarlo ai sacerdoti di tutto il mondo come modello di ascesi sacerdotale, modello di pietà e soprattutto di pietà eucaristica, e modello di zelo pastorale.

                                                    Curato d'Ars 



Prima Parte

ASCESI SACERDOTALE


Parlare di San Giovanni Maria Vianney è richiamare la figura di un sacerdote straordinariamente mortificato, che, per amore di Dio e per la conversione dei peccatori, si privava di nutrimento e di sonno, s'imponeva rudi discipline e praticava soprattutto la rinunzia di se stesso in grado eroico. Se è vero che non è generalmente richiesto ai fedeli di seguire questa via eccezionale, tuttavia la Divina Provvidenza ha disposto che nella Chiesa non mancassero mai pastori di anime che, mossi dallo Spirito Santo, non esitano ad incamminarsi per questo sentiero, poiché sono tali uomini specialmente che operano miracoli di conversioni. A tutti l'ammirabile esempio di rinunzia del Curato d'Ars, " severo con sé e dolce con gli altri ", richiama in modo eloquente e pressante il posto primordiale dell'ascesi della vita sacerdotale.


Consigli evangelici e santità sacerdotale

Il Nostro Predecessore Pio XII, volendo chiarire maggiormente questa dottrina e dissipare alcuni equivoci, tenne a precisare essere falso affermare " che lo stato clericale - in quanto tale e in quanto procede dal diritto divino - per sua natura o almeno per un postulato della stessa natura, esiga che siano osservati dai suoi membri i consigli evangelici ". E il Papa conclude giustamente: " Il chierico dunque non è obbligato per diritto divino ai consigli evangelici di povertà, castità e obbedienza ". Ma sarebbe sbagliare enormemente sul pensiero di questo Pontefice, tanto sollecito della santità dei sacerdoti, e sull'insegnamento costante della Chiesa, credere pertanto che il sacerdote secolare sia chiamato alla perfezione meno del religioso. Anzi è vero il contrario, perché per il compimento delle funzioni sacerdotali " si richiede una santità interiore maggiore di quella richiesta anche dallo stato religioso ". E se, per raggiungere questa santità di vita, la pratica dei consigli evangelici non è imposta al sacerdote in virtù dello stato clericale, essa si presenta nondimeno a lui, come a tutti i discepoli del Signore, come la via regolare della santificazione cristiana. Del resto, con grande Nostra consolazione, quanti sacerdoti generosi l'hanno oggi compreso giacché, pur rimanendo tra le file del clero secolare, domandano a pie associazioni approvate dalla Chiesa di essere guidati e sostenuti nelle vie della perfezione!

Persuasi che " la grandezza del sacerdote consiste nell'imitazione di Gesù Cristo ", i sacerdoti saranno dunque più che mai attenti agli appelli del divino Maestro: " Se qualcuno vuol seguirmi, rinunzi a se stesso, prenda la sua croce e mi segua " (Mt 16,24). Il Santo Curato d'Ars, vien riferito, " aveva meditato spesso questa frase di Nostro Signore e cercava di metterla in pratica ". Dio gli fece la grazia di restarvi eroicamente fedele; e il suo esempio ci guida ancora nelle vie dell'ascesi, in cui brilla di grande splendore per la sua povertà, castità e ubbidienza.

San Giovanni M. Vianney, esempio mirabile di povertà evangelica

Anzitutto osservate la povertà dell'umile Curato d'Ars, degno emulo di San Francesco d'Assisi, di cui fu nel Terz'Ordine un fedele discepolo. Ricco per dare agli altri, ma povero per sé, visse in un totale distacco dai beni di questo mondo e il suo cuore veramente libero si apriva largamente a tutte le miserie materiali e spirituali che affluivano a lui. " Il mio segreto - egli diceva - è semplicissimo: Dare tutto e non conservare niente ". Il suo disinteresse lo rendeva premuroso verso i poveri, soprattutto quelli della parrocchia, ai quali dimostrava un'estrema delicatezza, trattandoli " con vera tenerezza, con molti riguardi, si deve dire con rispetto ". Raccomandava che non bisogna mai mancare di riguardo ai poveri, perché tale mancanza ricade su Dio; e quando i miseri bussavano alla porta, egli era felice di poter loro dire, accogliendoli con bontà: " Io sono povero come voi; sono oggi uno dei vostri! ". Alla fine della vita amava ripetere: " Sono contentissimo: non ho più niente e il buon Dio può chiamarmi quando vorrà ".

Applicazioni per i sacerdoti di oggi

Potrete da ciò comprendere, Venerabili Fratelli, che con affetto esortiamo i nostri cari figli del sacerdozio cattolico a meditare un tale esempio di povertà e di carità. " L'esperienza quotidiana attesta - scriveva Pio XI pensando appunto al Santo Curato d'Ars - che i sacerdoti di vita modesta i quali, secondo la dottrina evangelica, non cercano in nessuna maniera i propri interessi, apportano mirabili benefici al popolo cristiano ". E lo stesso Pontefice, considerando la società contemporanea, rivolgeva anche ai sacerdoti questo grave monito: " Mentre si vedono gli uomini vendere e negoziare tutto per il denaro, procedano essi disinteressatamente attraverso le attrattive dei vizi; e respingendo santamente l'indegna cupidigia del guadagno, non cerchino l'utile pecuniario, ma quello delle anime, bramino e chiedano la gloria di Dio e non la loro ".

Queste parole devono essere scolpite nel cuore di tutti i sacerdoti. Se ve ne sono che possiedono legittimamente beni personali, non vi si attacchino. Si ricordino piuttosto dell'obbligo enunciato dal Codice di Diritto Canonico, a proposito dei benefici ecclesiastici, " di destinare il superfluo ai poveri e alle cause pie ". E voglia Dio che nessuno meriti il rimprovero fatto dal Santo Curato alle sue pecorelle: " Quanti hanno denaro che tengono serrato, mentre tanti poveri muoiono di fame! ". Ma Noi sappiamo che molti sacerdoti oggi vivono effettivamente in condizioni di reale povertà. La glorificazione di uno di loro, che volontariamente visse tanto spogliato e si rallegrava al pensiero di essere il più povero della parrocchia, sarà per essi un provvidenziale incoraggiamento a rinnegare se stessi nella pratica di una povertà evangelica. E se la Nostra paterna sollecitudine può essere loro di qualche conforto, sappiano che noi vivamente godiamo del loro disinteresse nel servizio di Cristo e della Chiesa.

Certamente, nel raccomandare questa santa povertà, non intendiamo affatto, Venerabili Fratelli, approvare la miseria, nella quale sono talora ridotti i ministri del Signore nelle città o nelle campagne. Nel commento su l'esortazione del Signore al distacco dai beni di questo mondo, San Beda Venerabile ci mette precisamente in guardia da ogni interpretazione abusiva: " Non bisogna credere - scrive egli - che sia comandato ai santi di non conservare denaro ad uso proprio o dei poveri; perché si legge che il Signore stesso per formare la sua chiesa aveva una cassa...; ma piuttosto che non si serva Dio per questo né rinunzi alla giustizia per timore della povertà ". D'altronde l'operaio ha diritto alla sua mercede: e Noi, facendo nostre le sollecitudini del nostro immediato precedessore, domandiamo instantemente a tutti i fedeli di rispondere con generosità all'appello dei Vescovi, giustamente premurosi di assicurare ai loro collaboratori convenienti risorse.

La sua castità angelica

San Giovanni Maria Vianney, povero di beni, fu ugualmente mortificato nella carne. " Non vi è che una maniera di darsi a Dio nell'esercizio della rinunzia e del sacrificio - egli diceva - darsi cioè interamente ". E in tutta la sua vita praticò in grado eroico l'ascesi della castità.
Il suo esempio su questo punto sembra particolarmente opportuno, perché in molte regioni, purtroppo, i sacerdoti sono costretti a vivere, a motivo del loro ufficio, in un mondo in cui regna un'atmosfera di eccessiva libertà e sensualità. Ed è troppo vera per essi la espressione di San Tommaso: " E' alquanto difficile vivere bene nella cura delle anime a causa dei pericoli esteriori ". Spesso, inoltre, essi sono moralmente soli, poco compresi, poco sostenuti dai fedeli, cui si dedicano. A tutti, specialmente ai più isolati e ai più esposti, Noi rivolgiamo qui un caldissimo appello perché la loro vita intera sia una chiara testimonianza resa a questa virtù che San Pio X chiamava " ornamento insigne dell'Ordine nostro ". E vi raccomandiamo con viva insistenza, Venerabili Fratelli, di procurare ai vostri sacerdoti, nel miglior modo possibile, condizioni di vita e di lavoro tale da sostenere la loro generosità. Bisogna cioè ad ogni costo combattere i pericoli dell'isolamento, denunciare le imprudenze, allontanare le tentazioni dell'ozio o i rischi dell'esagerata attività. Ci si ricordi ugualmente a questo riguardo dei magnifici insegnamenti del Nostro Predecessore nell'enciclica Sacra virginitas.

" La castità brillava nel suo sguardo ", è stato detto del Curato d'Ars. Realmente chi si pone alla sua scuola è colpito non solo dall'eroismo con cui questo sacerdote ridusse in servitù il suo corpo (cf 1 Cor 9,27), ma anche dall'accento di convinzione con cui egli riusciva a trascinare dietro di sé la moltitudine dei suoi penitenti. Egli conosceva, attraverso una lunga pratica del confessionale, le tristi rovine dei peccati della carne: " Se non ci fossero alcune anime pure per ricompensare Dio, sospirava..., vedreste come saremmo puniti! ". E parlando per esperienza, aggiungeva al suo appello un incoraggiamento fraterno: " La mortificazione ha un balsamo e dei sapori di cui non si può fare a meno quando li si abbia una volta conosciuti... In questa via quello che costa è solo il primo passo! ".

Questa ascesi necessaria della castità, lungi dal chiudere il sacerdote in uno sterile egoismo, rende il suo cuore più aperto e più pronto a tutte le necessità dei suoi fratelli: " Quando il cuore è puro - diceva ottimamente il Curato d'Ars - non può fare a meno di amare, poiché ha ritrovato la sorgente dell'amore che è Dio ". Quale beneficio per la società ave-e nel suo seno uomini che, liberi dalle preoccupazioni temporali, si consacrano completamente al servizio divino e dedicano ai propri fratelli la loro vita, i loro pensieri e le loro energie! Quale grazia sono per la Chiesa i sacerdoti fedeli a questa eccelsa virtù! Con Pio XI Noi la consideriamo come la gloria più pura del sacerdozio cattolico, e " per quanto riguarda le anime sacerdotali, Ci sembra rispondere nella maniera più degna e conveniente ai disegni e desideri del Sacratissimo Cuore di Gesù ". Pensava a questo disegno dell'amore divino il Santo Curato d'Ars, quando esclamava: " Il sacerdozio, ecco l'amore del Cuore di Gesù! ".

Il suo spirito di obbedienza

Sullo spirito di obbedienza del Santo le testimonianze sono innumerevoli, giacché si può veramente affermare che per lui l'esatta fedeltà al promitto dell'Ordinazione fu l'occasione di una rinuncia continua durata quarant'anni. Per tutta la sua vita, infatti, egli aspirò alla solitudine di un santo ritiro e le responsabilità pastorali furono per lui un fardello troppo pesante, di cui tentò anche più volte di liberarsi. Ma la sua obbedienza totale al Vescovo fu ancora più ammirabile. Ascoltiamo, Venerabili Fratelli, alcuni testimoni della sua vita: " Dall'età di quindici anni - dice uno di essi - questo desiderio (della solitudine) era nel suo cuore per tormentarlo e sottrargli le gioie che avrebbe potuto gustare nella sua posizione "; ma " Dio non permise - attesta un altro - che egli potesse realizzare il suo disegno. La divina Provvidenza voleva senza dubbio che, sacrificando il proprio gusto all'obbedienza, il piacere al dovere, già M. Vianney avesse continua occasione di vincersi "; " M. Vianney - conclude un terzo - restò Curato d'Ars con un'obbedienza cieca, e vi è rimasto fino alla morte ".

Questa totale adesione alla volontà dei suoi Superiori era, conviene precisarlo, interamente soprannaturale nel motivo; era un atto di fede nella parola di Cristo che dice ai suoi Apostoli: " Chi ascolta voi, ascolta me " (Lc 10,16) e, per restarvi fedele, si esercitava a rinunziare abitualmente alla sua volontà nell'accettare il pesante ministero del confessionale e in tutti gli altri compiti quotidiani, in cui la collaborazione tra confratelli rende l'apostolato più fruttuoso.
Ci piace proporre come esempio ai sacerdoti questa rigida obbedienza, nella fiducia che essi ne comprenderanno tutta la grandezza e ne acquisteranno il gusto spirituale. E, se mai fos- sero tentati di dubitare dell'importanza di questa virtù capitale, tanto facilmente misconosciuta oggi, sappiano di aver contro le chiare e decise affermazioni di Pio XII, il quale attestava che " la santità della vita di ciascuno e l'efficacia dell'apostolato si basano e poggiano, come su solido fondamento, sul rispetto costante e fedele per la sacra gerarchia". Del resto voi ricordate, Venerabili Fratelli, con che forza i nostri ultimi predecessori hanno denunziato i gravi pericoli dello spirito di indipendenza in seno al clero, tanto per l'insegnamento dottrinale, quanto per i metodi di apostolato e per la disciplina ecclesiastica.

Noi non vogliamo insistere oltre su questo punto, ma preferiamo esortare i Nostri figli sacerdoti a sviluppare in sé il senso filiale della loro appartenenza alla Chiesa, nostra Madre. Si diceva del Curato d'Ars che non viveva che nella Chiesa e per la Chiesa, come un fuscello di paglia posto in un braciere ardente. Sacerdoti di Gesù Cristo, siamo immersi nel braciere che il fuoco dello Spirito Santo vivifica; abbiamo ricevuto tutto dalla Chiesa; operiamo in suo nome e in virtù dei poteri da essa conferitici: amiamo servirla nei vincoli dell'unità e nella maniera in cui vuole essere servita.


                                                  Anno Sacerdotale

Seconda Parte

PREGHIERA E CULTO EUCARISTICO



Uomo di penitenza, San Giovanni Maria Vianney aveva ugualmente compreso che " il sacerdote prima di tutto dev'essere uomo di preghiera ". Ognuno conosce le lunghe notti di adorazione che, giovane curato di un villaggio allora poco cristiano, egli trascorreva davanti al Santissimo Sacramento. Il tabernacolo della sua chiesa divenne presto il focolare della sua vita personale e del suo apostolato, al punto che non si saprebbe richiamare meglio la parrocchia di Ars al tempo del Santo, che con queste espressioni di Pio XII sulla parrocchia cristiana: " Il centro è la chiesa, e nella chiesa il tabernacolo con a lato il confessionale; dove ritrovano la vita le anime morte e le malate riacquistano la sanità ".

La preghiera negli esempi e negli insegnamenti del Santo Curato d'Ars

Ai sacerdoti di questo secolo, facilmente sensibili all'efficacia dell'azione e facilmente tentati pure da un attivismo pericoloso, quanto è salutare questo modello di preghiera assidua in una vita interamente consacrata alle necessità delle anime! Quel che impedisce a noi sacerdoti di essere santi - egli diceva - è la mancanza di riflessione; non si rientra in se stessi; non si sa quel che si fa; ci è necessaria la riflessione, la preghiera, l'unione con Dio. Egli stesso restava, secondo la testimonianza dei contemporanei, in uno stato di continua preghiera, da cui non lo distraeva né la fatica spossante delle confessioni né gli altri compiti di pastore. " Conservava una unione costante con Dio in mezzo alla sua vita eccessivamente occupata ".
Ascoltiamo ancora lui stesso. Egli è inesauribile quando parla delle gioie e dei benefici della preghiera. " L'uomo è un povero che ha bisogno di domandare tutto a Dio ". " Quante anime possiamo noi convertire con le nostre preghiere! ". E ripeteva: " La preghiera, ecco la felicità dell'uomo sulla terra ". Questa felicità veniva copiosamente gustata da lui stesso, mentre il suo sguardo illuminato dalla fede contemplava i misteri divini e, con l'adorazione del Verbo incarnato, elevava la sua anima semplice e pura verso la Santissima Trinità, oggetto supremo del suo amore. E i pellegrini che si affollavano nella chiesa di Ars comprendevano che l'umile sacerdote manifestava loro qualche cosa del segreto della sua vita interiore con quell'esclamazione frequente che gli era cara: " Essere amati da Dio, essere uniti a Dio, vivere alla presenza di Dio, vivere per Dio: oh! che bella vita e che bella morte! ".

Il sacerdote è in primo luogo uomo di preghiera

Noi vorremmo, Venerabili Fratelli, che tutti i sacerdoti delle vostre diocesi si lasciassero convincere dalla testimonianza del Santo Curato d'Ars, della necessità di essere uomini di preghiera e della possibilità di esserlo, qualunque sia l'aggravio talora estremo delle occupazioni del loro ministero. Ma è necessaria una fede viva, come quella che animava Giovanni Maria Vianney e gli faceva compiere meraviglie. " Che fede! - esclamava uno dei suoi confratelli -. Vi sarebbe di che arricchire tutta una diocesi! ".

Questa fedeltà alla preghiera è del resto per il sacerdote un dovere di pietà personale, di cui la saggezza della Chiesa ha precisato parecchi punti importanti, come l'orazione mentale quotidiana, la visita al Santissimo Sacramento, il Rosario e l'esame di coscienza. Ed è anche uno stretto obbligo contratto di fronte alla Chiesa, quando si tratta della recita giornaliera dell'Ufficio Divino. Forse per aver trascurato talune di queste prescrizioni alcuni membri del clero si sono visti a poco a poco vittime della instabililtà esteriore, dell'impoverimento interiore ed esposti un giorno senza difesa alle tentazioni della vita. Al contrario, " lavorando incessantemente per il bene delle anime, Maria Vianney non trascurava la sua. Santificava se stesso per essere capace di santificare gli altri ".

Con San Pio X " riteniamo dunque per certo che il sacerdote, per essere degnamente all'altezza del suo grado e ufficio, deve essere dedito in modo esimio all'esercizio della preghiera... Più intensamente degli altri deve il sacerdote obbedire al precetto di Cristo: Bisogna pregare sempre; sul cui esempio San Paolo tanto raccomandava: " Insistete nella preghiera, vegliando in essa in rendimento di grazie; pregate senza interruzione " ". E volentieri, a conclusione di questo punto, riprendiamo Noi stessi la parola d'ordine che il Nostro immediato Predecessore Pio XII dava ai sacerdoti, fin dall'inizio del suo Pontificato: " Pregate, pregate sempre di più e con maggiore insistenza ".

La pietà eucaristica del Santo Curato

La preghiera del Curato d'Ars, che trascorse per così dire gli ultimi trent'anni della sua vita in chiesa, dove lo trattenevano i suoi innumerevoli penitenti, era soprattutto una preghiera eucaristica. La sua devozione a Nostro Signore presente nel Santissimo Sacramento dell'altare era veramente straordinaria: " E' là - diceva - Colui che ci ama tanto; perché non lo dovremmo amare noi? ". E certamente egli l'amava e si sentiva irresistibilmente attratto verso il tabernacolo: " Non c'è bisogno di parlar molto per ben pregare - spiegava egli ai suoi parrocchiani -. Si sa che il buon Dio è là, nel santo tabernacolo; gli si apre il cuore, ci si rallegra della sua presenza. E' questa la migliore preghiera ". In ogni circostanza egli inculcava ai fedeli il rispetto e l'amore della divina presenza eucaristica, invitandoli ad accostarsi frequentemente alla mensa eucaristica e lui stesso dava l'esempio di questa profonda pietà: " Per convincersene - riferirono i testimoni - bastava vederlo celebrare la Santa Messa e fare la genuflessione quando passava davanti al tabernacolo ".

L'importanza dell'Eucaristia nella vita del sacerdote

" L'esempio ammirabile del Santo Curato d'Ars conserva anche oggi tutto il suo valore ", attesta Pio XII. Niente potrebbe sostituire nella vita di un sacerdote la preghiera silenziosa e prolungata davanti all'altare. L'adorazione di Gesù, nostro Dio, il ringraziamento, la riparazione per le nostre colpe e per quelle degli uomini, la supplica per tante intenzioni che gli sono raccomandate, si avvicendano nell'elevare questo sacerdote a un maggiore amore per il divino Maestro, al quale ha promesso fedeltà, e per gli uomini che attendono il suo ministero sacerdotale. Con la pratica di un tale culto, illuminato e fervente, verso l'Eucaristia, si accresce la vita spirituale del sacerdote e si preparano le energie missionarie degli apostoli più valorosi.
E bisogna aggiungere il beneficio che ne deriva per i fedeli, testimoni di questa pietà dei loro sacerdoti e attirati dal loro esempio. " Se volete che i fedeli preghino volentieri e con pietà - diceva Pio XII al clero di Roma - precedeteli in chiesa con l'esempio, facendo orazione al loro cospetto. Un sacerdote genuflesso davanti al tabernacolo, in atteggiamento degno, in profondo raccoglimento, è un modello di edificazione, un ammonimento e un invito all'emulazione orante per il popolo ". Questa fu l'arma apostolica per eccellenza del giovane Curato d'Ars, non dubitiamo del suo valore in qualsiasi circostanza.

Il Sacerdozio e il Sacrificio della Santa Messa

Non possiamo dimenticare tuttavia che la preghiera eucaristica nel significato pieno della parola è il Santo Sacrificio della Messa. Conviene insistere, Venerabili Fratelli, specialmente su questo punto, poiché tocca uno degli aspetti essenziali della vita sacerdotale.
Non abbiamo certo intenzione di rifare qui l'esposto della dottrina tradizionale della Chiesa circa il sacerdozio e il sacrificio eucaristico; i Nostri Predecessori di fel. mem. Pio XI e Pio XII, in documenti magistrali, hanno richiamato con tanta chiarezza questo insegnamento che non Ci resta se non esortarvi a farlo largamente conoscere dai sacerdoti e fedeli che vi sono affidati. Così verranno dissipate delle incertezze o audacie di pensiero che qua e là si sono manifestate a questo riguardo.

Giova però in questa Enciclica mostrare in quale senso profondo il Santo Curato d'Ars, fedele eroicamente ai doveri del suo ministero, meritò veramente di essere proposto come esemplare ai pastori di anime e proclamato celeste loro Patrono. Se, infatti, è vero che il sacerdote ha ricevuto il carattere dell'Ordine per il servizio dell'altare, e ha cominciato l'esercizio del suo sacerdozio col sacrificio eucaristico, questo non cesserà, per tutto il corso della sua vita, di essere alla base della sua attività apostolica e della sua santificazione personale. E tale fu appunto il caso di San Giovanni Maria Vianney.

Qual è infatti l'apostolato del sacerdote, considerato nella sua azione essenziale, se non di attuare, ovunque vive la Chiesa, la raccolta intorno all'altare di un popolo unito nella fede, rigenerato e purificato? Proprio allora il sacerdote, per quei poteri che egli solo ha ricevuto, offre il divino sacrificio nel quale Gesù stesso rinnova l'immolazione unica compiuta sul Calvario per la redenzione del mondo e la glorificazione del suo Padre. E' allora che i cristiani riuniti offrono al Padre Celeste la Vittima divina per mezzo del sacerdote e imparano ad immolare se stessi come " ostie vive, sante, gradite a Dio " (Rm 12,1). E' là che il popolo di Dio, illuminato dalla predicazione della fede, nutrito del corpo di Cristo, trova la sua vita, la sua crescita e, se ve ne è bisogno, rinsalda la sua unità. E' là in una parola che per generazioni e generazioni, su tutte le plaghe del mondo, si costruisce nella carità il Corpo mistico di Cristo, che è la Chiesa.

A questo proposito, poiché il Santo Curato d'Ars fu di giorno in giorno sempre più esclusivamente impegnato nell'insegnamento della fede e nella purificazione delle coscienze, mentre tutti i suoi atti di ministero convergevano verso l'altare, tale sua vita deve giustamente dirsi eminentemente sacerdotale e pastorale. E' vero che ad Ars i peccatori affluivano spontaneamente alla Chiesa, attirati dalla fama di santità del pastore, mentre tanti altri sacerdoti devono impiegare sforzi lunghi e laboriosi per raccogliere il loro gregge; è certo pure che altri hanno un compito più missionario, e si trovano appena al primo annunzio della buona Novella del Salvatore; questi lavori apostolici, tuttavia, tanto necessari e talora così difficili non possono far dimenticare agli apostoli il fine a cui devono mirare e a cui giungeva il Curato d'Ars, quando nella sua umile chiesa di campagna, si consacrava ai compiti essenziali dell'azione pastorale.

CONTINUA.....................

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La Santa Messa,  sorgente prima di santificazione personale del sacerdote


C'è di più. Tutta la santificazione personale del sacerdote deve modellarsi sul sacrificio che celebra, conforme all'invito del Pontificale Romano: " Conoscete quel che fate; imitate quel che maneggiate ". Ma lasciamo qui la parola al nostro immediato Predecessore nella sua Esortazione Menti nostrae: " Come tutta la vita del nostro Salvatore fu in funzione del suo sacrificio, così pure la vita del sacerdote, che deve riprodurre in sé l'immagine di Cristo, bisogna che diventi con lui, in lui, per lui un grato sacrificio... Perciò bisogna che non solo celebri il sacrificio eucaristico, ma, in una certa profonda maniera, lo viva; in questo modo può attingere quella forza soprannaturale, da cui sarà intimamente trasformato e parteciperà alla vita espiatoria dello stesso Divin Redentore ". E il medesimo Pontefice concludeva: " E' quindi necessario che l'anima sacerdotale si sforzi di riprodurre in sé quello che si compie sull'altare del sacrificio: come infatti Gesù Cristo immola se stesso, così il suo ministro deve insieme con lui immolare se stesso; come Gesù espia i peccati degli uomini, così il sacerdote deve pervenire alla propria ed altrui purificazione attraverso l'arduo cammino dell'ascesi cristiana ".
La Chiesa ha presente quest'alta dottrina quando invita i suoi ministri a una vita d'ascesi e loro raccomanda di celebrare con profonda pietà il sacrificio eucaristico. Non è forse per non aver compreso abbastanza bene lo stretto legame, e quasi reciprocità, che unisce il dono quotidiano di se stesso all'offerta della Messa, che certi sacerdoti sono giunti poco alla volta a perdere la " prima caritas " della loro Ordinazione? Tale era l'esperienza fatta dal Curato d'Ars: " La causa - egli diceva - del rilassamento del sacerdote è che non fa attenzione alla Messa ". E il santo che aveva appunto l'eroica " abitudine di offrirsi in sacrificio per i peccatori ", versava lacrime abbondanti " pensando alla disgrazia dei sacerdoti che non corrispondono alla santità della loro vocazione ".

Con affetto paterno, Noi chiediamo ai Nostri diletti sacerdoti di esaminarsi periodicamente sulla maniera con cui celebrano i santi misteri, e sulle disposizioni spirituali con cui salgono all'altare e sui frutti che si sforzano di ricavarne. Il Centenario di questo ammirabile sacerdote che attingeva dalla " consolazione e fortuna di celebrare la Santa Messa " il coraggio del suo proprio sacrificio, ve l'invita; Noi nutriamo ferma fiducia che la sua intercessione otterrà loro abbondanti grazie di luce e di forza.



Anno Sacerdotale

Terza Parte


ZELO PASTORALE

Il Santo Curato d'Ars modello di zelo apostolico

La vita di ascesi e di preghiera di cui, Venerabili Fratelli, vi abbiamo detto il fervore, manifesta inoltre il segreto dello zelo pastorale di San Giovanni Maria Vianney e la sorprendente efficacia soprannaturale del suo ministero. " Si ricordi il sacerdote - scriveva il Nostro Predecessore di fel. mem. Pio XII - che tanto più fruttuoso sarà il gravissimo compito a lui affidato quanto più egli opererà congiunto con Cristo e guidato dal suo spirito ". La vita del Curato d'Ars conferma una volta ancora questa grande legge di ogni apostolato, basato sulla parola stessa di Gesù: " Senza di me non potete fare nulla " (Gv 25,15).
Non si tratta evidentemente qui di ricordare tutta l'ammirabile storia di questo umile curato di campagna, il cui confessionale fu per trent'anni assediato da folle così innumerevoli che certi spiriti forti dell'epoca osarono rimproverargli di " turbare il diciannovesimo secolo "; né crediamo qui opportuno trattare dei suoi metodi di apostolato che non sempre sono applicabili all'apostolato contemporaneo. A Noi basta richiamare alla mente su questo punto che il santo Curato fu al suo tempo un modello di zelo pastorale in quel villaggio di Francia, dove la fede e i costumi risentivano ancora il turbamento della Rivoluzione. " Non c'è molto amor di Dio in quella parrocchia; voi ce ne metterete ", gli si era detto nel mandarvelo. Apostolo infaticabile, pieno di iniziative per guadagnare la gioventù e santificare i focolari, attento alle necessità umane delle sue pecorelle, vicino alla loro vita, sollecito a prodigarsi senza misura per l'istituzione delle scuole cristiane e in favore delle missioni popolari, egli fu davvero per il suo piccolo gregge il buon pastore che conosce le sue pecorelle, le salvaguarda dai pericoli e le guida con autorità e saggezza. Non faceva forse, senza pensarvi, un elogio di se stesso con questa esclamazione in uno dei suoi discorsi: " Un buon pastore, un pastore secondo il cuore di Dio: ecco il più grande tesoro che il buon Dio possa concedere ad una parrocchia "?
L'esempio del Curato d'Ars conserva un valore permanente ed universale su tre punti essenziali, che qui Ci piace, Venerabili Fratelli, proporre alla vostra attenzione.

Alto senso delle proprie responsabilità pastorali

Ciò che colpisce, anzitutto, è il senso profondo che egli aveva delle sue responsabilità pastorali. La sua umiltà e la conoscenza soprannaturale che aveva del prezzo delle anime, gli fecero portare con paura l'ufficio di parroco. " Amico mio - confidava un giorno ad un confratello - voi non sapete ciò che voglia dire per un parroco presentarsi al tribunale di Dio! ". Ed è ben conosciuto il desiderio che lo tormentò a lungo di fuggire in qualche luogo solitario per " piangervi la sua povera vita ", e come l'obbedienza e lo zelo delle anime lo ricondussero ogni volta al suo posto.

Ma se in certi momenti fu così abbattuto dal suo ufficio divenuto eccezionalmente opprimente, fu precisamente perché aveva un'idea eroica del suo dovere e delle responsabilità di pastore. " Mio Dio - pregava nei suoi primi anni - accordatemi la conversione della mia parrocchia; accetto di soffrire tutto quello che vorrete per tutto il tempo della mia vita! ". Ottenne dal cielo quella conversione. Ma più tardi confessava: " Se avessi previsto, quando venni ad Ars, le sofferenze che mi aspettavano, sul colpo sarei morto di apprensione ". Sull'esempio degli apostoli di tutti i tempi, egli vedeva nella croce il grande mezzo soprannaturale per cooperare alla salvezza, delle anime che gli erano affidate. Senza lamentarsi soffriva per esse le calunnie, le incomprensioni, le contraddizioni; per esse accettò il vero martirio fisico e morale d'una presenza quasi ininterrotta al confessionale, ogni giorno, per trent'anni; per esse lottò come atleta del Signore contro le potenze infernali; per esse mortificò il suo corpo. Ed è ben nota la risposta data a un confratello che si lamentava per la poca efficacia del suo ministero: " Voi avete pregato, avete pianto, gemuto e sospirato. Ma avete voi digiunato, avete vegliato, vi siete coricato per terra, vi siete data la disciplina? Finché non sarete giunto a questo, non crediate d'aver fatto tutto ".

Noi Ci rivolgiamo a tutti i sacerdoti in cura d'anime e li scongiuriamo di ascoltare queste veementi parole! Ognuno, secondo la prudenza soprannaturale che deve sempre regolare le nostre azioni, valuti la propria condotta nei riguardi del popolo affidato alle sue sollecitudini pastorali. Senza mai dubitare della divina misericordia che viene in aiuto della nostra debolezza, consideri alla luce degli esempi di San Giovanni Maria Vianney le proprie responsabilità. " La grande sventura per noi parroci - deplorava il Santo - è che l'anima si intorpidisce "; ed intendeva con questo un pericoloso assuefarsi del pastore allo stato di peccato in cui vivono tante delle sue pecorelle. O ancora, per meglio mettersi alla scuola del Curato d'Ars, che era convinto che per fare del bene agli uomini bisogna amarli, interroghi ciascuno se stesso intorno alla carità da cui è animato nei riguardi di coloro per cui deve rispondere davanti a Dio e per cui Cristo è morto!

E' pur vero che la libertà degli uomini o certi avvenimenti indipendenti dalla loro volontà possono talora opporsi agli sforzi dei più grandi santi. Il sacerdote però ha il dovere di ricordare che, secondo i disegni insondabili della divina Provvidenza, la sorte di molte anime è legata al suo zelo pastorale e all'esempio della sua vita. E tal pensiero non è forse di tal natura da provocare una salutare inquietudine nei tiepidi e stimolare i più ferventi?

Predicatore e catechista infaticabile

" Sempre pronto a rispondere ai bisogni delle anime ", San Giovanni Maria Vianney eccelse come vero pastore nel procurare loro abbondantemente l'alimento primordiale della verità religiosa. Per tutta la vita fu predicatore e catechista.
E' ben nota la fatica improba e perseverante che si impose per soddisfare pienamente a questo dovere d'ufficio, " primum et maximum officium " secondo il Concilio di Trento. Gli studi suoi, compiuti in ritardo, furono laboriosi; e le sue prediche gli costarono da principio molte veglie. Ma quale esempio per i ministri della parola di Dio! Alcuni si appoggerebbero volentieri sulla scarsa istruzione di lui, per scusare il proprio difetto di zelo negli studi. Sarebbe meglio imitare il suo coraggio per rendersi degno d'un sì grande ministero, secondo la misura dei doni che gli erano stati conferiti: d'altronde questi stessi non erano così modesti come qualche volta si ama ripetere, poiché " egli aveva una intelligenza molto limpida e chiara ". Ad ogni modo, ciascun sacerdote ha il dovere di acquistare e coltivare le cognizioni generali e la scienza teologica proporzionata alle sue capacità e alle sue funzioni. E piacesse al Signore che i pastori di anime facciano sempre quanto fece il Curato d'Ars per sviluppare le capacità della sua intelligenza e memoria, e soprattutto per attingere ai lumi del libro più ricco di scienza che si possa leggere, la croce del Cristo! Il suo Vescovo diceva di lui a certi suoi detrattori: " Non so se sia dotto, ma egli è illuminato ".

Ben a ragione quindi il Nostro Predecessore di fel. mem. Pio XII non esitava affatto ad assegnare come modello ai predicatori della Città Eterna l'umile prete di campagna. " Il Santo Curato d'Ars non aveva certo il genio naturale d'un Segneri o di un Bossuet, ma la convinzione viva, chiara, profonda, da cui era animato, vibrava nella sua parola, brillava nei suoi occhi, suggeriva alla sua fantasia e alla sua sensibilità idee, immagini, paragoni giusti, appropriati, deliziosi, che avrebbero rapito un San Francesco di Sales. Tali predicatori conquistano veramente il loro uditorio. Chi è pieno di Cristo, non troverà difficile di guadagnare altri a Cristo ". Queste parole descrivono a meraviglia il Curato d'Ars, catechista e predicatore. E quando alla fine della sua vita, la sua voce affievolita non arrivava più a farsi intendere da tutto l'uditorio, era ancora col suo sguardo di fuoco, con le sue lacrime, coi suoi gridi di amor di Dio o le sue espressioni di dolore al solo pensiero del peccato, che convertiva i fedeli accorsi ai piedi del suo pulpito. Come non essere colpiti dalla testimonianza d'una vita così totalmente consacrata all'amore di Cristo?

Fino alla sua santa morte San Giovanni Maria Vianney fu in tal modo fedele nell'istruire il suo popolo e i pellegrini che riempivano la sua chiesa, denunziando " opportune, importune " (2 Tm 4,2) il male sotto tutte le sue forme, ed innalzando soprattutto le anime verso Dio, perché " preferiva mostrare l'aspetto attraente della virtù piuttosto che la bruttezza del vizio ". Questo umile sacerdote aveva in realtà compreso in grado non comune la dignità e la grandezza del ministero della parola di Dio: " Nostro Signore che è la Verità stessa - diceva egli - non ha minor cura della sua parola che del suo Corpo ".

Si comprende perciò la gioia dei Nostri Predecessori nell'offrire questo pastore di anime a modello dei sacerdoti, perché è di somma importanza che il clero ovunque ed in ogni tempo sia fedele al suo dovere di insegnare. " Qui giova - diceva a tal proposito San Pio X - a questo solo tendere e su questo solo insistere, che cioè ogni sacerdote non è tenuto da nessun altro ufficio più grave, né è obbligato da nessun altro vincolo più stretto ". Questo vibrante appello, costantemente rinnovato dai Nostri Predecessori, e di cui si fa eco il Diritto Canonico, ve lo rivolgiamo anche Noi a Nostra volta, Venerabili Fratelli, in questo anno Centenario del santo catechista e predicatore di Ars. Noi incoraggiamo i tentativi fatti con prudenza e sotto il vostro controllo in diversi paesi per migliorare le condizioni dell'insegnamento religioso per i giovani e per gli adulti, nelle differenti sue forme e tenendo conto dei vari ambienti. Ma per quanto utili siano tali lavori, Dio ci richiama alla mente in questo Centenario del Curato d'Ars l'irresistibile potenza apostolica d'un sacerdote, che, sia nella propria vita come nelle sue parole, rende testimonianza a Cristo crocifisso " non in persuasibilibus humanae sapientiae verbis, sed in ostensione spiritus et virtutis " (1 Cor 2,4)

Strenuo apostolo del confessionale

Ci rimane infine da rievocare nella vita di San Giovanni Maria Vianney quella forma di ministero pastorale, che fu per lui come un lungo martirio e dal cui svolgimento l'amministrazione del Sacramento della Penitenza rifulse di particolare splendore e produsse frutti in sommo grado copiosi e salutari. " Egli trascorreva in media quindici ore al giorno al confessionale. Questo lavoro quotidiano cominciava all'una o alle due del mattino e non finiva che di notte ". E quando cadde, di sfinimento, cinque giorni prima della morte, gli ultimi penitenti si strinsero al capezzale del moribondo. Si calcola che verso la fine della vita il numero annuo di pellegrini avesse raggiunta la cifra di 80.000.

Si stenta ad immaginare i disagi, gli incomodi, le sofferenze fisiche di queste interminabili sedute al confessionale, per un uomo già esausto dai digiuni, macerazioni, infermità, mancanza di riposo e di sonno. Ma soprattutto egli fu moralmente come oppresso dal dolore. Ascoltate questo suo lamento: " Si offende tanto il buon Dio, che si sarebbe tentati di invocare la fine del mondo!... Bisogna venire ad Ars per sapere che cos'è il peccato... Non si sa cosa fare; non si può far altro che piangere e pregare ". Il Santo si dimenticava di aggiungere che egli prendeva anche su di sé una parte dell'espiazione: " Quanto a me - confidava a chi gli chiedeva consiglio - assegno loro una piccola penitenza ed il resto lo faccio io al loro posto ".

E veramente il Curato d'Ars non viveva che per i " poveri peccatori ", come egli diceva, nella speranza di vederli convertirsi e piangere. La loro conversione era lo scopo a cui convergevano tutti i suoi pensieri e l'opera per cui spendeva tutto il suo tempo e tutte le sue forze. E ciò per il fatto che egli conosceva per l'esperienza del confessionale tutta la malizia del peccato e le sue rovine spaventose nel mondo delle anime. Egli ne parlò in termini terribili: " Se avessimo la fede e se vedessimo un'anima in stato di peccato mortale, noi moriremmo di spavento! ".

Ma l'acerbità della sua pena e la veemenza della sua parola provengono meno dal timore delle pene eterne che minacciano il peccatore indurito, che dall'emozione provata al pensiero dell'amore divino misconosciuto ed offeso. Davanti alla ostinazione del peccatore e alla sua ingratitudine verso un Dio così buono, le lacrime sgorgavano dai suoi occhi: " Oh, amico mio - diceva - io piango proprio perché non piangete voi! ".

Al contrario però con quale delicatezza e con quale fervore non fa rinascere la speranza nei cuori pentiti! Per essi egli instancabilmente si fa ministro della misericordia divina, la quale è, diceva egli, potente " come un torrente in piena che trascina i cuori al suo passaggio ", e più tenera che la sollecitudine d'una madre, perché Dio è " pronto a perdonare più di quello che sarebbe una madre a tirar fuori dal fuoco un suo figlio ".

I pastori d'anime quindi, sull'esempio del Santo Curato d'Ars, avranno a cuore di consacrarsi, con competenza e dedizione, a questo ministero tanto importante, poiché in fondo è qui che la misericordia di Dio trionfa sulla malizia degli uomini ed il peccatore viene riconciliato al suo Dio. Si tenga pure a mente che il Nostro Predecessore Pio XII ha condannato gravissimis verbis l'opinione errata secondo cui non sarebbe da farsi gran conto della confessione frequente dei peccati veniali: " Per un progresso sempre più alacre sul cammino della virtù, intendiamo raccomandare vivamente il pio uso della confessione frequente, introdotto dalla Chiesa non senza una ispirazione dello Spirito Santo ". Infine Noi vogliamo confidare che i ministri del Signore saranno essi stessi i primi, secondo le prescrizioni del Diritto Canonico, alla pratica regolare e fervente del sacramento della Penitenza, così necessario alla loro santificazione, e terranno il più gran conto delle pressanti insistenze che più volte e dolenti animo Pio XII si sentì in dovere di loro rivolgere a questo riguardo.



CONCLUSIONE

Al termine di questa Lettera, Venerabili Fratelli, desideriamo dirvi tutta la Nostra soavissima speranza che, con la grazia di Dio, questo Centenario della morte del Santo Curato d'Ars possa risvegliare presso ogni sacerdote il desiderio di compiere più generosamente il suo ministero e soprattutto il suo " primo dovere di sacerdote, cioè il dovere di raggiungere la propria santificazione ".

Quando da questo vertice del Supremo Pontificato dove la Provvidenza Ci ha voluto collocare, consideriamo l'immensa aspettativa delle anime, i gravi problemi dell'evangelizzazione in tanti paesi e le necessità religiose delle popolazioni cristiane, sempre e ovunque si presenta al Nostro sguardo la figura del sacerdote. Senza di lui, senza la sua azione quotidiana, che sarebbe delle iniziative, anche le più adatte alle necessità dell'ora presente? Che farebbero anche i più generosi apostoli del laicato? Proprio a questi sacerdoti tanto amati e su cui si fondano tante speranze per il progresso della Chiesa, Noi osiamo richiedere, in nome di Cristo Gesù, l'intera fedeltà alle esigenze spirituali della loro vocazione sacerdotale. Avvalorino il Nostro appello queste parole, piene di sapienza, di San Pio X: " Per far regnare Gesù Cristo nel mondo nessuna cosa è così necessaria come la santità del clero, perché con l'esempio, con la parola e con la scienza esso sia guida dei fedeli ".

Quasi lo stesso diceva San Giovanni Maria Vianney al suo Vescovo: " Se volete convertire la vostra diocesi, dovete fare santi tutti i vostri parroci ".

A voi, Venerabili Fratelli, che portate la responsabilità della santificazione dei vostri sacerdoti, Noi raccomandiamo di aiutarli nelle difficoltà, talora ben gravi, della loro vita personale o del loro ministero. Cosa non può fare un Vescovo che ama i suoi sacerdoti, se ha conquistato la loro confidenza, se li conosce, li segue da vicino e li guida con autorità ferma e sempre paterna? Pastori di tutta la diocesi, siatelo anzitutto e in maniera particolare per coloro che così strettamente collaborano con voi e ai quali vi stringono vincoli tanto sacri.

A tutti i fedeli pure Noi domandiamo, in questo anno centenario, di pregare per i sacerdoti e di contribuire, per quanto possono, alla loro santificazione. Oggi i cristiani ferventi attendono molto dal sacerdote. Essi vogliono vedere in lui - in un mondo dove trionfano il potere del denaro, la seduzione dei sensi, il prestigio della tecnica - un testimonio del Dio invisibile, un uomo di fede, dimentico di se stesso e pieno di carità. Sappiano tali cristiani che essi possono molto influire sulla fedeltà dei loro sacerdoti ad un tale ideale, col religioso rispetto al loro carattere sacerdotale, una più esatta comprensione del loro compito pastorale e delle loro difficoltà, e una più attiva collaborazione al loro apostolato.

In fine verso la gioventù cristiana rivolgiamo uno sguardo colmo d'affetto e pieno di speranza. La messe è vasta ma gli operai sono pochi (cf Mt 9,37). In molte regioni gli apostoli, sfiniti dalle fatiche, con vivissimo desiderio aspettano chi li sostituirà.

Popoli interi soffrono una fame spirituale, più grave ancora che quella materiale; chi porterà loro il celeste nutrimento della verità e della vita? Abbiamo ferma fiducia che la gioventù del nostro secolo non sarà meno generosa nel rispondere all'appello del Maestro, di quella dei tempi passati. Senza dubbio, la condizione del sacerdote è spesso difficile. Non c'è da meravigliarsi che egli sia il primo esposto alla persecuzione dei nemici della Chiesa, perché, diceva il Curato d'Ars, quando si vuole distruggere la religione si comincia coll'attaccare il sacerdote. Ma, nonostante queste gravissime difficoltà, nessuno dubiti della sorte altamente fortunata che è retaggio del sacerdote fervente chiamato dal Salvatore Gesù a collaborare alla più santa delle imprese, la redenzione delle anime e la crescita del Corpo Mistico. Le famiglie cristiane perciò valutino bene le loro responsabilità, e diano loro figli con gioia e gratitudine per il servizio della Chiesa. Noi non intendiamo qui sviluppare questo appello, che è anche il vostro, Venerabili Fratelli. Ma siamo certi che voi comprenderete e parteciperete l'ansietà del No- stro cuore e tutta la forza di convinzione che vorremmo mettere nelle Nostre parole. A San Giovanni Maria Vianney Noi affidiamo questa causa tanto grave e da cui dipende l'avvenire di tante migliaia di anime!

E ora volgiamo i Nostri sguardi verso la Vergine Immacolata. Poco prima che il Curato d'Ars compisse la sua lunga carriera piena di meriti, Ella era apparsa in un'altra regione di Francia ad una fanciulla umile e pura per trasmetterle un messaggio di preghiera e di penitenza, di cui è ben nota, da un secolo, l'immensa risonanza spirituale. In realtà la vita del santo sacerdote di cui celebriamo il ricordo, era in anticipo una illustrazione vivente delle grandi verità soprannaturali insegnate alla veggente di Massabielle. Egli stesso aveva per l'Immacolata Concezione della Santissima Vergine una vivissima devozione, lui che nel 1836 aveva consacrata la sua parrocchia a Maria concepita senza peccato, e doveva accogliere con tanta fede e gioia la definizione dogmatica del 1854.

Anche Noi Ci compiaciamo di unire nel Nostro pensiero e nella Nostra gratitudine verso Dio questi due Centenari di Lourdes e di Ars, che si succedono provvidenzialmente ed onorano grandemente la Nazione sì cara al Nostro cuore, cui appartengono quei luoghi santissimi. Memori di tanti benefici ricevuti e nella speranza di nuovi favori, facciamo Nostra l'invocazione Mariana che era familiare al Santo Curato d'Ars: " Sia benedetta la santissima ed Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria Madre di Dio! Che tutte le nazioni glorifichino, tutta la terra invochi e benedica il Vostro Cuore Immacolato! ".

Con la viva speranza che questo Centenario della morte di San Giovanni Maria Vianney possa suscitare nel mondo intero un rinnovamento di fervore presso i sacerdoti e presso i giovani chiamati al sacerdozio, e possa altresì richiamare più viva ed operosa l'attenzione di ogni fedele sui problemi che riguardano la vita e il ministero dei sacerdoti, a tutti, e in primo luogo a voi, Venerabili Fratelli, di cuore impartiamo, come pegno delle grazie celesti e testimonianza della Nostra benevolenza, l'Apostolica Benedizione.

Dato a Roma, presso San Pietro, il 1° Agosto 1959, anno primo del Nostro Pontificato.

IOANNES PP. XXIII

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Magisteriale catechesi del Pontefice atta a sottolineare che l'aver preso san Giovanni Maria Vianney quale modello per i Sacerdoti in questo Anno Sacerdotali NON è per una semplice pia devozione ottocentesca, ma proprio per TROVARE LA SOLUZIONE AI TANTI PROBLEMI CHE AFFLIGGONO LA NOSTRA SOCIETA' A COMINCIARE DALLA IDENTITA' DEL SACERDOTE...

dice il Papa:

" Lungi allora dal ridurre la figura di san Giovanni Maria Vianney a un esempio, sia pure ammirevole, della spiritualità devozionale ottocentesca, è necessario al contrario cogliere la forza profetica che contrassegna la sua personalità umana e sacerdotale di altissima attualità. Nella Francia post-rivoluzionaria che sperimentava una sorta di “dittatura del razionalismo” volta a cancellare la presenza stessa dei sacerdoti e della Chiesa nella società, egli visse, prima - negli anni della giovinezza - un’eroica clandestinità percorrendo chilometri nella notte per partecipare alla Santa Messa. Poi - da sacerdote – si contraddistinse per una singolare e feconda creatività pastorale, atta a mostrare che il razionalismo, allora imperante, era in realtà distante dal soddisfare gli autentici bisogni dell’uomo e quindi, in definitiva, non vivibile.

Cari fratelli e sorelle, a 150 anni dalla morte del Santo Curato d’Ars, le sfide della società odierna non sono meno impegnative, anzi forse, si sono fatte più complesse. Se allora c’era la “dittatura del razionalismo”, all’epoca attuale si registra in molti ambienti una sorta di “dittatura del relativismo”. Entrambe appaiono risposte inadeguate alla giusta domanda dell’uomo di usare a pieno della propria ragione come elemento distintivo e costitutivo della propria identità. Il razionalismo fu inadeguato perché non tenne conto dei limiti umani e pretese di elevare la sola ragione a misura di tutte le cose, trasformandola in una dea; il relativismo contemporaneo mortifica la ragione, perché di fatto arriva ad affermare che l’essere umano non può conoscere nulla con certezza al di là del campo scientifico positivo. Oggi però, come allora, l’uomo “mendicante di significato e compimento” va alla continua ricerca di risposte esaustive alle domande di fondo che non cessa di porsi.


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                 Benedetto XVI
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Conoscere san Giovanni Maria Vianney attraverso i suoi libri

Nella biblioteca del curato d'Ars


di Bernard Ardura

Presidente del Pontificio Comitato di Scienze Storiche


La devozione popolare verso i santi ha spesso intessuto una certa legenda aurea, tesa a esprimere l'amore dei fedeli e la loro gratitudine verso Dio che ha colmato dei suoi doni di grazia questi esemplari discepoli di Cristo e, spesso, a sminuire le doti naturali dei santi per meglio mettere in risalto gli effetti dell'intervento divino nella loro vita. Il santo Curato d'Ars non fa eccezione e non mancano opere divulgative che lo presentano abusivamente quasi come privo di intelligenza, pur nell'intento lodevole di esaltare la sua santità.

Il pellegrino che visita la canonica di Jean-Marie Vianney rimane spesso commosso di fronte alla semplicità, anzi alla povertà della casa, e in genere non nota la presenza di una biblioteca ricca di ben 252 libri, cosa che per un parroco francese dell'inizio dell'Ottocento e per molti suoi contemporanei risulta considerevole. L'insieme di questi libri è molto interessante, perché il loro proprietario non ha mai pubblicato e neppure scritto i suoi catechismi che conosciamo solo attraverso gli appunti dei suoi devoti discepoli. Pertanto questa biblioteca è praticamente l'unico mezzo per conoscere da vicino la personalità del Curato d'Ars, che si presentava volentieri come ignorante, mentre era, nella misura delle sue possibilità, un amante dello studio.

Ricordiamo brevemente che, nato a Dardilly, vicino a Lione, l'8 maggio 1786, Jean-Marie, da giovane, lavorava nei campi e pascolava le pecore; quindi non ebbe l'opportunità di frequentare regolarmente la scuola. Ricevette la prima comunione nel corso di una messa clandestina a Écully, nel 1799. Solo nel 1803, quando aveva ormai 17 anni, frequentò la scuola elementare a Dardilly. Quando, nel 1806, fu presentato al seminario Saint-Irénée di Lione, fece subito l'esperienza amara di cozzare contro un muro di ignoranza apparentemente insuperabile. L'insegnamento nel seminario era esclusivamente dispensato attraverso corsi in latino, del tutto inaccessibili al giovane contadino. Per i suoi professori, era "debolissimus" e l'eventualità di restituirlo alla sua famiglia sembrava loro la soluzione migliore.

La sua vocazione fu "salvata", nel 1807, da don Charles Balley, canonico regolare di Santa Genoveffa prima della Rivoluzione francese e antico maestro dei novizi, che aveva avuto la fortuna di ricevere la solida preparazione dei sacerdoti dell'ancien régime.
Il canonico Balley univa attività intellettuale rigorosa e austerità di vita. Dopo la Rivoluzione, nominato parroco di Écully, vicino a Lione, Balley fece venire alcuni giovani per prepararli al sacerdozio. Jean-Marie fu il suo discepolo più fedele perfino nelle pratiche austere. Però, il maestro si rese immediatamente conto dell'impossibilità d'insegnargli la teologia in latino. Quindi decise di spiegargli in francese i vari trattati teologici. Lo stesso canonico si fece garante della qualità della vocazione del giovane dinanzi alle autorità diocesane. Così, Jean-Marie Vianney fu ordinato sacerdote il 13 agosto 1815.

Nominato viceparroco del canonico a Écully, ricevette dal maestro la prima iniziazione al ministero sacerdotale, per due anni e mezzo, fino alla morte di don Balley, avvenuta il 16 dicembre 1817. Il maestro aveva ereditato dal suo convento parigino un forte rigorismo influenzato dal giansenismo. Quindi non c'è da meravigliarsi se, nei primi anni del suo ministero, il Curato d'Ars fustigava i suoi parrocchiani, "cattivi cattolici", con rigorismo esagerato. Il giovane sacerdote faticava per preparare i suoi sermoni, lavorando sodo per molte ore del giorno e della notte, copiando citazioni dai libri del maestro, prima di imparare a memoria queste "sudate carte".

Alla morte del canonico Balley, Vianney ereditò i libri del maestro, all'incirca 79 titoli, che portò con sé ad Ars dove fu nominato parroco l'11 febbraio 1818. Ma la biblioteca di Ars è ricca di ben 151 libri anteriori all'anno 1818. Quindi, gli altri 81 provengono da acquisti posteriori al suo arrivo ad Ars. A partire dal 1818, la biblioteca continua a crescere e 103 titoli del catalogo sono stati pubblicati da questa data fino alla morte del santo curato nel 1859, al ritmo di uno e fino a sei libri l'anno.

Siccome Vianney non ha più lasciato Ars dopo il suo pellegrinaggio mariano a Fourvière, nella città di Lione, nel 1823, ci si chiede come abbia fatto ad acquistare una tanto copiosa quantità di libri. Il mistero rimane tuttora insoluto. Comunque, questa biblioteca è composta esclusivamente di libri religiosi e il suo fondo è simile a quello delle biblioteche ecclesiastiche del tempo. Questa osservazione porta a pensare che tale collezione di libri e documenti come le lettere pastorali o i foglietti pii sono il risultato di una scelta personale di Vianney e non di una raccolta casuale.

Come i suoi contemporanei, il Curato d'Ars era molto attratto dalle vite dei santi in cui cercava degli esempi concreti da proporre ai suoi fedeli. Dalla lettura del catalogo della biblioteca risulta che tutte le problematiche legate alla Chiesa suscitavano il suo interesse. Fra l'altro, si è particolarmente documentato sulle missioni e parlava spesso dei missionari ai suoi fedeli. Grazie, in particolare, alla Théologie morale del cardinale Thomas-MarieJoseph Gousset (1845), scoprì la dottrina di sant'Alfonso de Liguori e si è così staccato dal rigorismo iniziale, accordandosi in questo modo con il pensiero della Chiesa del suo tempo. Contrariamente ai cataloghi elaborati dai librai, gli autori membri di ordini religiosi annoverati nella biblioteca sono in minoranza e la maggior parte di loro sono gesuiti.

Osservando i segni lasciati dal lettore sui libri - ex-libris, scritture, segni, pagine piegate o tagliate, piccoli avanzi di cibo fra le pagine perché leggeva durante i pasti - si può affermare che Jean-Marie Vianney ha letto sicuramente 192 libri della sua biblioteca.
Si notano alcune assenze notevoli fra i libri conservati ad Ars:  l'Imitatio Christi e le opere di san Francesco di Sales abitualmente presenti in tutte le biblioteche ecclesiastiche francesi del tempo. Leggendo i manoscritti dei suoi sermoni ci si rende conto che il predicatore, dalla memoria poco sicura, trascriveva soltanto delle citazioni spesso lette e poi interiorizzate nella contemplazione, che restituiva in una forma approssimativa ma convincente.

Insomma, Vianney usava la sua biblioteca come fonte per il suo ministero sacerdotale, consapevole che la preghiera deve unirsi allo studio, per istruire il popolo cristiano e condurlo sulla via della santità. Rinchiuso per ore nel suo confessionale, a contatto diretto con la debolezza umana e con l'opera del Male, che chiamava "il Rampino", grazie al suo amore per Cristo che venerava nel Sacro Cuore, seppe assimilare il contenuto dei libri letti ed esprimere nel linguaggio dell'amore e della misericordia divina il grande messaggio del Vangelo della salvezza.

Vianney recepì il consiglio del suo vescovo Alexandre Devie che affermava nel 1848:  "Il secondo dovere [dei sacerdoti per mantenersi nella santità] consiste nello studio delle materie ecclesiastiche" e "mai forse il clero ebbe così tanto bisogno di istruirsi come nell'infelice secolo che stiamo vivendo." Del Curato d'Ars, anche se non ha lasciato scritti, a eccezione dei manoscritti dei suoi sermoni, ha lasciato la testimonianza inconfutabile del suo amore per i libri e per lo studio.
Jean-Baptiste-Henri Lacordaire, restauratore dell'ordine dei predicatori in Francia, pellegrino ad Ars dove predicò il 4 maggio 1845, diceva che "le Lettere sono con il Cristianesimo il principio di ogni civiltà" e "che non si rimpiange mai di aver acquistato una scienza [perché] il risultato di un lavoro coscienzioso è sempre un beneficio". Il grande predicatore di Notre-Dame di Parigi esprimeva i suoi sentimenti intimi dopo aver sentito predicare Vianney:  "Vorrei predicare come lui."

Il Curato d'Ars non è certo diventato uno studioso in grado di scrivere libri o di tenere un corso universitario, ma la sua biblioteca prova che egli non ha mai rinunciato alla personale formazione intellettuale e spirituale tramite lo studio, come aveva appreso dal canonico Balley. La scelta delle sue letture, consone con gli orientamenti spirituali e le preoccupazioni della Chiesa, e perfettamente adattate alle necessità dei suoi contemporanei, dimostra la giustezza del suo discernimento intellettuale, illuminato dalla sua vita di fede e dalla sua carità apostolica. La sua evoluzione spirituale, dal rigorismo alla fiducia nell'amore misericordioso del Salvatore, è senz'altro frutto dell'azione dello Spirito nel suo cuore, ma anche delle sue letture.

Passare in rassegna con sguardo attento la sua biblioteca ci mostra che se Vianney ha voluto possederne una, obbedendo alle istruzioni del suo vescovo, era per adempiere meglio ai suoi doveri pastorali, rivelandosi sacerdote intelligente, coscienzioso e pieno di zelo per la salvezza dei suoi fedeli.



(©L'Osservatore Romano - 9 gennaio 2010)
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