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I cosidetti "fratelli del Signore" chi sono realmente?

Ultimo Aggiornamento: 23/08/2009 21:52
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20/08/2009 19:34

Comunque, personalmente credo alla perpetua Verginità di Maria, anche se non a livello fisico, a causa del parto.
E ritengo che i fratelli di Gesù siano figli di un precedente matrimonio di Giuseppe.
Tutto ciò è compatibile con la fede cattolica, senza alcun problema.

Non hai mai pensato che essendo straordinario il concepimento possa essere stato straordinario anche il parto?


La Chiesa insegna, a partire almeno dal IV secolo, quando dice che Maria Santissima fu vergine prima del parto, durante il parto e dopo il parto. Questa fede fu espressa solennemente, nei tempi recenti, dal Papa Paolo VI, quando nel Credo del Popolo di Dio (29-6-1968) proclamò solennemente:

 

«Noi crediamo che Maria è la Madre, rimasta sempre vergine, del Verbo Incarnato, il nostro Dio e Salvatore Gesù Cristo».

Quindi la Chiesa insegna sulla verginità di Maria le seguenti verità rivelate:

a) l'assoluta e perpetua integrità corporale della Vergine;

b) la verginità della sua anima, cioè la piena ed esclusiva unione sponsale della sua anima con il Signore.

Così il dogma della fede cattolica suppone:

1) che Maria concepì miracolosamente e verginalmente per l'onnipotenza divina, per cui Gesù non ebbe un padre umano;

2) che diede alla luce il Figlio senza lesione della sua integrità corporale;

3) che dopo la nascita di Gesù Maria rimase vergine durante tutta la sua vita terrena.

Guardando ora i simboli della fede, vediamo che nella quasi totalità essi parlano dell'Incarnazione «dallo Spirito Santo e da Maria Vergine». La concezione verginale appartiene quindi sin dagli inizi al deposito della fede. Non si fa cenno invece, nel II e III secolo, alla verginità perpetua di Maria. Essa entrerà nei Simboli un poco più tardi.

Tornando ai Santi Padri ricordiamo come Epifanio († 403) consideri Maria «la Vergine» per eccellenza. Anche se la teoria dell'«uterus clausus» sembra a lui sconosciuta, tuttavia egli parla di un parto senza dolori e chiama per sedici volte Maria «Vergine perpetua».

Per quanto riguarda la questione specifica del parto verginale, fuori della costa africana si parla di un evento straordinario e miracoloso. Una delle spiegazioni più audaci è quella data dal Sermo de Margarita (Discorso sulla Perla), attribuito a S. Efrem († 373) o a un autore siro della stessa epoca. In esso leggiamo che «il nato non lese il sigillo della verginità, né la Vergine soffrì». L'autore però porta l'esempio della conchiglia, che si apre per fare uscire la perla e poi si richiude. Alcuni interpretano queste parole nel senso di una ricostituzione per intervento divino del grembo della Santa Vergine. Ma una simile interpretazione non si accorda con le parole esplicite del testo, secondo cui Gesù «non lese il sigillo della verginità». Quindi piuttosto che di ricostituzione si potrebbe pensare, senza anticipare la dottrina scolastica della compenetrazione dei corpi, a una dilatazione e a un restringimento senza rottura alcuna del grembo verginale. Infatti il testo afferma a un certo punto: «Non è forse Dio più abile degli uomini, se fa allargare e restringere la natura, senza che venga lesa dal corpo nascente?».

È chiaro che i Padri di questo periodo sono unanimi nell'affermare anche la verginità dopo il parto. Valga per tutte la significativa affermazione di S. Basilio: «Coloro che amano Cristo non sopportano di sentire che la Theotókos abbia a un certo punto cessato di essere vergine».

Passiamo ora a considerare il Magistero della Chiesa. Il primo Concilio ecumenico che parla esplicitamente della perpetua verginità di Maria è il Concilio Costantinopolitano II (553): «Prese carne dalla gloriosa Theotókos e sempre vergine Maria» (DS 42).

La definizione dogmatica della perpetua verginità di Maria appartiene al Concilio Lateranense del 649, convocato da Papa Martino I. Il terzo canone del Concilio si esprime così:

«Se qualcuno non confessa secondo i santi Padri che la santa e sempre vergine e immacolata Maria sia in senso proprio e secondo verità Madre di Dio, in quanto propriamente e veramente alla fine dei secoli ha concepito dallo Spirito Santo senza seme e partorito senza corruzione, permanendo anche dopo il parto la sua indissolubile verginità, lo stesso Dio Verbo, nato dal Padre prima di tutti i secoli, sia scomunicato» (DS 503).

Questa definizione è infallibile e irreformabile, poiché data l'intenzione espressa dal Papa e l'accettazione universale del Concilio, questo risulta praticamente ecumenico. La perpetua verginità di Maria è quindi una verità di fede definita.

Approfondimento teologico della verginità dopo il parto

Sentiamo come si esprime S. Tommaso nell'articolo della Somma consacrato a questo argomento:

 

«Senza alcuna esitazione dobbiamo condannare l'errore di Elvidio, il quale osò affermare che la madre di Cristo dopo il parto ebbe rapporti coniugali con Giuseppe e generò altri figli. Primo, perché ciò deroga alla dignità di Cristo: il quale come per la natura divina è "l'Unigenito del Padre" (Gv 1,14), quale suo "figlio assolutamente perfetto", così conveniva che fosse anche l'unigenito della madre, quale suo frutto perfettissimo».

«Secondo, perché tale errore offende lo Spirito Santo, che nel seno della Vergine, divenuto suo santuario, formò la carne di Cristo: per cui non era decoroso che in seguito questo seno verginale fosse violato da rapporti coniugali».

«Terzo, perché ciò compromette la dignità e la santità della Madre di Dio: la quale si sarebbe dimostrata sommamente ingrata se non si fosse accontentata di un Figlio così grande; e se avesse voluto perdere spontaneamente con dei rapporti coniugali la verginità che un miracolo le aveva conservata».

«Quarto, perché sarebbe da rimproverare a Giuseppe la massima presunzione se egli avesse tentato di profanare colei che aveva concepito Dio per opera dello Spirito Santo, come egli sapeva per rivelazione angelica».

«Quindi dobbiamo affermare senza alcuna riserva che la Madre di Dio, come vergine concepì e vergine partorì, così anche dopo il parto rimase vergine per sempre» (S. Th., III, q. 28, a. 3).

Maria quindi è vergine perpetua. E qui viene spontaneo chiedersi qual è il significato profondo di questa verginità.

Scrive Paolo VI nella Marialis Cultus (n. 37):

«La scelta dello stato verginale da parte di Maria non fu un atto di chiusura ad alcuno dei valori dello stato matrimoniale, ma costituì una scelta coraggiosa, compiuta per consacrarsi totalmente all'amore di Dio».


per quanto attiene i fratelli:

Difficoltà esegetiche

a) Spesso nei Vangeli, anche di S. Matteo e di S. Luca, Giuseppe viene chiamato «padre» di Gesù, e Gesù viene detto «figlio» di Giuseppe. Come risolvere la difficoltà? Bisogna intendere evidentemente questa paternità come puramente legale, altrimenti i Vangeli di Matteo e Luca conterrebbero delle contraddizioni, dato che in essi la concezione verginale è indicata nel modo più chiaro.

b) Si legge in S. Matteo (1,18.25): «Prima che andassero a vivere insieme», e ancora: «Egli non la conosceva finché non ebbe dato alla luce il figlio». Qui si deve intendere che l'Evangelista si riferisce al tempo precedente il concepimento e la nascita, senza dire nulla di quanto accadde dopo. È questo un modo di esprimersi abbastanza usuale nella Scrittura.

c) Gesù viene chiamato in due testi figlio «primogenito» (Mt 1,25; Lc 2,7). Ma anche qui il termine significa che prima Maria non aveva avuto altri figli, e non implica affatto che ne abbia avuto degli altri dopo. Infatti la legge dava delle prescrizioni riguardanti tutti i primogeniti, evidentemente prescindendo dal fatto che poi avessero o non avessero dei fratelli. Bisogna quindi dire con S. Girolamo: «Omnis unigenitus est primogenitus (Ogni unigenito è primogenito)».

d) Una difficoltà classica è quella riguardante i «fratelli» di Gesù. Si risponde dicendo che in ebraico non c'è una parola per designare i cugini, per cui con il termine di «fratelli» vengono designati tutti i membri del gruppo familiare. Abramo dice a Lot, che è suo nipote: «Noi siamo fratelli» (Gen 13,8). «Suo fratello Lot», leggiamo in Gen 14,14 e 16. Giacobbe si dichiara «fratello di Labano», suo zio, in Gen 29,12 (cf. 29,15). E così via.

Che i fratelli di Gesù siano effettivamente dei cugini risulta anche da numerosi indizi. I «fratelli» di Gesù risultano formare un gruppo piuttosto numeroso. Per esempio in Mt 13,55 s. si parla di quattro fratelli e di «tutte le sue sorelle». L'espressione «tutte», come fa notare S. Girolamo, si dice solo di una moltitudine. Inoltre Giacomo e Giuseppe, «fratelli di Gesù» (Mt 13,55), sono figli di una Maria discepola di Cristo (cf. Mt 27,56), la quale è designata in modo significativo come «l'altra Maria» (Mt 28,1).

Ricordiamo ancora che Gesù è indicato come il Figlio di Maria, con l'articolo (Mc 6,3). Inoltre Maria aveva una sorella, come risulta da Gv 19,25. Questa sorella sembra avere avuto dei figli, e non c'era nulla di più normale che denominarli «fratelli di Gesù». Si noti ancora che nell'episodio del ritrovamento nel tempio non si fa menzione di altri figli, e del resto Maria non avrebbe intrapreso il pellegrinaggio se avesse avuto dei bambini più piccoli.



tratto da santorosario.net

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