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"Dalla Fede il Metodo"

Ultimo Aggiornamento: 03/10/2009 14:10
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21/09/2009 20:12

b) Verifica della fede
Ma il percorso non finisce qui.
Una volta riconosciuto, occorre fare la verifica nell'esperienza di questa Presenza che abbiamo riconosciuto.
Dice ancora Ratzinger:
«La fede cristiana non è un sistema [non è un pensiero].
Non può essere presentata come un edificio teorico chiuso.
 È una via, e una via si riconosce solo imboccandola e percorrendola.
Questo vale in un duplice senso: il fatto cristiano non si dischiude a nessuno se non nell'esperienza dell'accompagnarvisi [non si svela Cristo davanti ai nostri occhi se non nella misura in cui si manifesta nel come Lui ci cambia e ci accompagna]; e nella sua totalità consente di essere colto soltanto come cammino storico».
Occorre perciò che noi lasciamo alla fede lo spazio per dischiudere la sua verità, perché si possa mostrare in grado di sostenere la vita, di reggere davanti alle circostanze.
Il nostro Dio è un Dio che si rivela nella storia, non nei nostri pensieri.
 È lì dove svela la Sua diversità rispetto a tutti i nostri idoli.
 Perciò se uno non rischia nel reale, nel lavoro, nella crisi, nella malattia, nei rapporti, nelle circostanze, non potrà venire fuori l'evidenza di cui abbiamo bisogno per aderire ragionevolmente a Cristo.
Perché quello di cui noi abbiamo bisogno è l'evidenza di Cristo nella nostra esperienza, non di ripetere un discorso.
 E non abbiamo bisogno che un altro ce lo spieghi, ma abbiamo bisogno di vederlo noi: che regge alle circostanze, che è in grado di sostenere la vita.
Non abbiamo bisogno della direzione spirituale, ma dell'invito a una verifica nelle circostanze.
 Esattamente questo ci può dare quella certezza di cui abbiamo bisogno.
Solo chi rischia questa verifica può arrivare alla certezza della conoscenza di cui abbiamo tutti bisogno: potere verificare che chi crede nel Figlio ha la vita eterna e fa esperienza del centuplo quaggiù.
Senza di questo l'adesione alla fede non è ragionevole, perché non L'abbiamo conosciuto all'opera. Invece chi verifica può trovare quella certezza.
Scrive a un'amica una mamma che ha avuto un figlio bellissimo, ma con la sindrome di Down:
 «Quello che vorrei dirti è che in questi tre mesi di ospedale io e mio marito siamo stati alle circostanze che si presentavano con un desiderio di abbracciare tutta la realtà per come si è rivelata.
Da circa venti anni io ho incontrato Comunione e Liberazione, ma solo in questa circostanza, in questo fatto, mi si è svelato il mistero della grande Presenza.
Egli c'è, è un fatto, come è un fatto mio figlio. Da questa nostra posizione sono nati tanti bellissimi incontri, rapporti, si è svelata l'unità con i nostri amici. Per questo mi ha colpito la Scuola di comunità che diceva: "stare dentro la realtà chiedendoci chi ce la dà, standoci fino in fondo e chiedendo, domandando fino in fondo da che cosa sono costituita, desiderando, attendendo Colui che mi fa"».
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