| | | OFFLINE | Post: 22 | Registrato il: 11/11/2008 Registrato il: 11/11/2008 | Sesso: Maschile | |
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6. MOTIVI DI UMILIARSI. - Chi siamo noi, o uomini, l° per la sostanza?..., 2° per l'estensione e la misura del nostro essere?..., 3° per la qualità?..., 4° per la origine da Adamo peccatore?.., 5° per l'azione?.., 6° per l'infermità?... 7° Dove siamo? su la terra, in mezzo al cielo e all'inferno... 8° Da quanto tempo esistiamo noi?.. Quanto abbiamo vissuto?... Quando morremo?.. 9° Qual è la nostra posizione?.. Oggi in piedi, domani, o forse fra un momento, caduti ed esangui... 10° Quali sono le nostre usanze?.. Come viviamo noi? Il santo Giobbe diceva: «Io ho detto alla corruzione: Tu sei mio padre; ed ai vermi: Voi siete mia madre e mia sorella» (IOB. XVII, 14). «O uomo, dice S. Agostino, se tu considerassi quello che di stomachevole racchiude il tuo corpo, tu comprenderesti non esservi altra più vile cloaca (In Psalm)». «La tua umiliazione sta in mezzo di te», dice Michea (VI, 14). Discendiamo adunque dall'altezza del nostro orgoglio, prostriamoci nella polvere, sediamoci su la nuda terra (ISAI. XLVII, 1); diciamo col Salmista: «L'essere mio è come un nulla innanzi a te, o Signore; ogni uomo vivente su la terra non è che vanità... La mia ignominia mi sta sempre dinanzi, e il mia volto è coperto di confusione» (Psalm. XXXVIII, 6); (Id, XLIII, 16).
Chi è ben persuaso di non essere che fango, e di doversi ridurre ben presto in cenere, non sarà mai superbo, dice S. Gerolamo; e chi considera la brevità del tempo e la lunghezza dell'eternità, chi tiene sempre sotto gli occhi il pensiero della morte e del suo niente, sarà umile (Lib. sup. Matth.). San Gregario osserva che chi ha un'esatta e perfetta conoscenza di se stesso, si disprezza; perché l'orgoglio nasce dall'accecamento e dall'ignoranza di noi medesimi (Moral.). A questo proposito, S. Bernardo così fa parlare il Signore: «O uomo! se tu ti vedessi, spiaceresti a te e piaceresti a me; ma perché non ti vedi, tu piaci a te, e a me dispiaci. Verrà giorno in cui tu non piacerai né a te, né a me; non a me, perché sei macchiato di peccato; non a te, perché brucerai eternamente (Serm. In Psalm.)».
Qual motivo di umiliazione è per noi il non essere capaci di produrre da noi medesimi nulla di bene? Ora Gesù Cristo ce lo dichiara apertamente: «Senza di me, voi non potete fare nulla» (IOANN. XV, 5). Ce lo ripete S. Paolo, avvertendoci che se alcuno si crede di essere qualche cosa, mentre è un nulla, costui s'inganna (Gal. VI, 3). Infatti come osserva S. Agostino, «non si dà misfatto, per quanto possa essere enorme, commesso da un uomo, che un altro uomo non possa commettere, se gli manchi n sostegno di Colui che lo ha creato (De Charitate)». «Dov'è l'uomo, domanda il Savio, il quale possa dire: il mio cuore è puro; io sono esente di colpa?» (Prov. XX, 9). No, non vi è uomo su la terra così giusto, che faccia sempre il bene e non inciampi mai in colpa (Eccle. VII, 21). Quantunque vi siano dei giusti e dei cuori puri, non devono tuttavia né invanirne né vantarsi, sia perché questa punta non e opera loro, ma di Dio, sia perché colui che è oggi perfetto, può essere domani un grande peccatore, un reprobo; egli può precipitare per fragilità naturale in vergognosissimi eccessi, come accadde e accade ogni giorno a non pochi… Il medesimo si può dire intorno all'incertezza della stato di grazia, secondo quelle parole dello Spirito Santo: «Non sa l'uomo se è degno di amore o di odio» (Id. IX, 1). Nessuno, infatti, anche santissimo, sa in modo positivo e sicuro, eccetto il caso di una rivelazione speciale, se egli è giusto, cioè se si trova nel felice stato della grazia santificante, nell'amicizia di Dio. Qual motivo di temere e tremare ed umiliarsi!... Supponete pure, dice S. Giovanni Crisostomo, che vi sia una persona così santa e giunta a tant'altezza di giustizia, che sia esente da peccato; essa non può tuttavia andare immune da qualche macchia: perché, quantunque santa, è pur sempre un uomo. Chi può dire di non avere macchia? chi può assicurare che è senza peccato? perciò ci è comandato di dire nella nostra preghiera: Perdona a noi i nostri peccati: affinché per l'uso della preghiera, siamo avvertiti che siamo esposti al male a cagione del fomite del peccato che è in noi e per le conseguenze della concupiscenza (In Orat. Dom.).
Dunque abbassiamoci innanzi a Dio, mettiamoci al di sotto degli Angeli, degli uomini, delle creature tutte, abbassiamoci fino all'inferno. S. Francesco Borgia si metteva sotto i piedi di Giuda, anzi dei demoni e di Lucifero medesimo (In Vita). Facciamo lo stesso anche noi. E perché? perché abbiamo peccato e più sovente e più gravemente di loro. S. Vincenzo Ferreri soleva dire con molto calore: Chi vuole scampare ai tranelli ed alle tentazioni del diavolo, pensi e senta di sé come di un cadavere formicolante di vermi, la cui vista lo fa raccapricciare di orrore, sul quale non ferma l'odorato, e da cui rivolge stomacato il viso. Bisogna che io guardi e tratti sempre così me stesso, giacché tutta intera la mia vita è macchiata: io sono tutto corruzione, il mio corpo, la mia anima, il mio cuore, e tutto ciò che si trova in me è putridume, stomachevole ignominia, abominevole sentina di peccati e di iniquità; e, cosa più abbietta e spaventosa!, io sento riscuotersi in me più vivamente questa corruzione degradante e pericolosa (Tract. de Vita spir.). Dionigi Cartusiano dice che vi sono in noi mille ragioni di umiliarci, principalmente se consideriamo: 1° i peccati da noi commessi... , 2° la nostra fragilità..., 3° l'imperfezione della nostra natura..., 4° le sozzure e le miserie nostre corporali..., 5° se ci paragoniamo coi Santi e con gli eletti..., 6° se osserviamo che non abbiamo nulla di per noi medesimi, che nulla ci appartiene..., 7° se meditiamo i giudizi di Dio..., 8° se contempliamo la sua divina maestà..., 9° sé pesiamo il castigo dell'orgoglio.
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