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I quarant'anni della Federazione biblica cattolica che ha contribuito al rinnovamento spirituale della Chiesa dopo il concilio

Ultimo Aggiornamento: 23/08/2009 20:21
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23/08/2009 20:19

Parola che si fa storia


di Francesco M. Valiante

Due tedeschi su cinque pensano che la Bibbia sia solo "un antico libro di leggende", ma uno su due vorrebbe addirittura che si studiasse nelle scuole. Nove americani su dieci la giudicano "interessante", eppure più della metà la trova "difficile". Oltre il cinquanta per cento degli olandesi la ritiene "astratta" e il trenta per cento "falsa":  tuttavia i praticanti dei Paesi Bassi hanno un indice di conoscenza biblica superiore a quello di spagnoli, italiani e polacchi. A quattro francesi su cinque non è mai capitato di leggere nell'ultimo anno un brano della sacra Scrittura, anche se uno su due dichiara di avere in casa una Bibbia. Un russo su quattro invece preferisce la sua lettura all'ascolto di un'omelia, ma il novanta per cento non ne ha mai acquistata una per regalarla.

È un'istantanea sullo stato di salute biblico di dodici Paesi del mondo quella che emerge da un'inchiesta promossa dalla Federazione biblica cattolica come contributo al Sinodo dei vescovi sulla Parola di Dio celebrato nell'ottobre dello scorso anno. La ricerca è stata condotta tra il 2007 e il 2008 su un campione rappresentativo della popolazione adulta e un sub-campione di cristiani "praticanti" - tredicimila persone in tutto - interpellati in Stati Uniti, Regno Unito, Olanda, Germania, Francia, Spagna, Italia, Polonia, Russia, Argentina, Hong Kong, Filippine. I risultati dell'indagine, anticipati dal vescovo Vincenzo Paglia proprio durante i lavori dell'assemblea sinodale, sono ora pubblicati nel volume Fenomeno Bibbia (Cinisello Balsamo, Edizioni San Paolo, 2009, pagine 168, euro 16) curato dallo stesso presule.

Solo in apparenza sorprendenti o contraddittori, i dati dell'inchiesta rivelano in realtà che la Bibbia continua ad avere credito e a suscitare interesse tra le persone, al di là delle singole credenze o appartenenze religiose. Tanto da far ritenere insuperata la nota espressione di Paul Claudel, che la definiva il "lessico della nostra cultura occidentale", senza il quale - lo rileva l'arcivescovo Gianfranco Ravasi nella premessa al volume - "è impossibile comprendere la nostra stessa identità di uomini e donne dell'Occidente, il nostro volto, la nostra arte, la nostra storia".

Dietro il quadro statistico delle cifre, con le sue interpretazioni anche opinabili, la ricerca rivela così quel "movimento interiore della Parola" che Benedetto XVI ha evidenziato nella meditazione proposta ai vescovi il 6 ottobre 2008 all'inizio dei lavori sinodali. Un "movimento" attraverso cui - osservò il Papa - la Parola di Dio si fa "parola umana" e "diventa storia d'amore".

È per questo che alla lettura di taglio sociologico suggerita da Luca Diotallevi - guida e coordinatore, insieme ad Arianna Trettel, dell'attività del gruppo di lavoro a cui è stata affidata l'indagine - si affianca nel volume una riflessione teologico-pastorale proposta dallo stesso monsignor Paglia. Il quale non a caso ricorda che con il concilio Vaticano II si è avviato un vero e proprio "movimento biblico" dal quale è scaturito "uno straordinario processo di riacquisizione delle Scritture da parte dell'intera comunità ecclesiale".

Di questa opera di familiarizzazione tra testo sacro e vissuto quotidiano dei credenti danno testimonianza proprio i risultati dell'inchiesta. Che Paglia interpreta come segnali di una "sete della Parola" diffusa più di quanto si creda nella società contemporanea. Anche se persistono spie di ostacoli e incertezze, soprattutto riguardo al rapporto "spirituale" e "personale" con la Bibbia. Colpa anche - rileva il presule - di una pastorale liturgica non sempre all'altezza, di omelie spesso inefficaci e poco comprensibili, di un'ignoranza di fondo delle Scritture diffusa anche tra i praticanti. Ma soprattutto va messa in conto la difficoltà di interiorizzare "il fascino che le Scritture continuano a suscitare, anche in una società secolarizzata, per renderle una parola che cambia il cuore e la vita". La predicazione e lo stile della testimonianza cristiana giocano qui un ruolo fondamentale:  "Da questo si deduce - avverte Paglia - che le pagine bibliche non sono solo belle, ma anche vivibili".

Lo conferma con riflessioni stimolanti la voce di un biblista del calibro del cardinale Carlo Maria Martini, che in un'intervista di Luca Bressan pubblicata in chiusura del volume aiuta a leggere i risultati della ricerca alla luce della lunga esperienza pastorale e ministeriale svolta al servizio della Parola. La Bibbia - riconosce - va considerata "il grande libro educativo dell'umanità". E come tale "va consegnata a ogni cristiano, aiutandolo in modo attento perché impari a trasformarla nel libro della sua preghiera, della sua vita". Da qui la necessità che la Parola sia ricollocata sempre di nuovo al centro della vita della Chiesa. Anche perché nella capacità di superare le distanze e toccare il cuore di ogni religione, credenza o non credenza, sta la vera forza della scrittura biblica:  "Libro dello Spirito Santo - dice Martini - che muove il cuore al vero e al bene e smaschera le trappole e gli infrangimenti che ostacolano il cammino della santità cristiana".


(©L'Osservatore Romano - 23 agosto 2009)
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