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L'azione dei vescovi in Perú

Ultimo Aggiornamento: 13/09/2009 06:51
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  L'azione dei vescovi in Perú

Evangelizzazione e giustizia sociale



 
Lima, 2. L'evangelizzazione, la pace sociale e la preoccupazione per la povertà di larghi strati della popolazione sono le principali priorità della Chiesa cattolica in Perú. Lo sottolineano in particolare le parole del presidente dell'episcopato, l'arcivescovo di Trujillo, Héctor Miguel Cabrejos Vidarte, pronunciate nel corso di una recente cerimonia e un convegno internazionale organizzato dall'arcidiocesi di Lima che, riflettendo sui contenuti dell'enciclica di Benedetto XVI Caritas in veritate, affronterà il tema "Carità, riconciliazione e dignità umana".

Per il presidente dei vescovi "il primo compito della Chiesa in Perú è l'evangelizzazione, la diffusione del Vangelo nella nostra nazione. È un compito che ovviamente non possiamo svolgere fuori dalla realtà poiché Cristo stesso è il Dio incarnato. Nulla che sia umano, dunque, è alieno ai doveri e alla missione della Chiesa". Con riferimento ai settori della popolazione più poveri e più colpiti dalla crisi, il presule ha rilevato che ci sono persone la cui situazione "è una priorità per la Chiesa, che lavora perché l'iniquità sociale diminuisca, così come i numerosi conflitti sociali in atto, oltre trecento". E commentando il fatto che spesso si chiede alla Chiesa di mediare in questi conflitti, Cabrejos Vidarte ha precisato che non è una cosa che spaventa anche se nessuno può immaginare che - ha detto con una battuta - la Chiesa "esista per spegnere incendi".

Parlando con la stampa locale in occasione della cerimonia per il conferimento del dottorato honoris causa che il consiglio iberoamericano gli ha concesso per i suoi "alti meriti nel campo dell'educazione" e per il suo "lavoro pastorale al servizio della crescita dei valori della nazione", il presule è dunque tornato a ribadire le posizioni dell'episcopato peruviano espresse al termine dell'assemblea plenaria. E confermando che il compito fondamentale della Chiesa è la missione, Cabrejos Vidarte ha osservato che mai sarà negato da parte dei vescovi un contributo positivo "al dialogo" come slancio alla "partecipazione di tutti nella soluzione dei problemi". In questo contesto il presule riflette anche sul bisogno di evitare che i conflitti sociali sfocino nella violenza e ha rinnovato l'appello dell'episcopato al dialogo e all'intesa come "vero cammino per costruire il bene comune e una società giusta e solidale".

Il presule ha anche respinto alcune recenti accuse che indicavano nella Chiesa l'istigatrice delle violenze verificatesi nella regione amazzonica di Baguas, dove si sono avute numerose vittime tra poliziotti e aborigeni. Questi tragici fatti, ha concluso monsignor Cabrejos Vidarte, dimostrano come la prima cosa da fare sia sempre la prevenzione dei conflitti, mentre non appena questi scoppiano "si deve agire tempestivamente per anticipare gli eventi". E rinnovando il dolore della Chiesa per le vittime, il presule ha ricordato che la violenza deve essere sradicata dalla realtà sociale come strumento di lotta perché "la vita, meraviglioso dono di Dio, è sacra e tutti hanno il dovere di proteggerla e difenderla".

I temi della carità, della riconciliazione e della dignità umana, riletti alla luce degli insegnamenti di Benedetto XVI e in particolare della recente enciclica Caritas in veritate, sono invece al centro di un congresso che dal 3 al 5 settembre è in programma nella capitale peruviana. L'incontro, inserito nella Grande missione di Lima - iniziativa sorta in sintonia con Missione continentale di Aparecida - è promossa dalla locale arcidiocesi in collaborazione con l'associazione Vita e Spiritualità.

Tra gli oratori principali figurano il cardinale Juan Luis Cipriani Thorne, arcivescovo di Lima e primate del Perú, il cardinale James Francis Stafford, penitenziere maggiore emerito, il vescovo argentino di San Rafael, Eduardo María Taussig, e Luis Fernando Figari, fondatore del Sodalizio di Vita Cristiana. Spiegando il senso del congresso, gli organizzatori rilevano in un comunicato come Benedetto XVI nella Caritas in veritate proponga "che l'umanità debba cercare la via del progresso e dello sviluppo attraverso un umanesimo integrale che rispetti la persona umana, sottolineando il fatto che il grande sviluppo tecnologico e il fenomeno della globalizzazione non sono andati di pari passo con un maggior rispetto della dignità umana nel mondo".


(©L'Osservatore Romano - 3 settembre 2009)
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Il 7 novembre a Chiclayo una marcia di sensibilizzazione

Trentatremila firme contro l'aborto in Perú


Lima, 12. Trentatremila firme per dire "no all'aborto" sono state presentate dal vescovo di Chiclayo, monsignor Jesús Moliné Labarta, al Congresso nazionale del Perú. La raccolta delle firme è frutto di una campagna di sensibilizzazione che mira a promuovere la difesa della vita dal concepimento fino alla morte naturale.

"L'iniziativa - ha sottolineato il vescovo - sostenuta, fra gli altri, dal presidente regionale, Nery Saldarriaga, e dai rettori di due università cattoliche del Paese - è un incoraggiamento alle autorità nazionali ad assumersi il compito urgente di difendere la vita. La stragrande maggioranza della popolazione - ha proseguito il presule - è per la difesa della vita. Noi siamo sempre a favore della vita e tale vita deve essere protetta e tutelata fin dalla sua esistenza, ossia dal momento del concepimento  fino  al  decesso  naturale".

Monsignor Moliné Labarta, dopo aver sottolineato l'impegno a fare di più nella lotta contro l'aborto, ha detto che "coloro i quali hanno sostenuto questa campagna con la propria firma lo hanno fatto con la convinzione che sia estremamente necessario essere la voce dei nascituri, di quelli che stanno nel grembo materno, i quali non possono gridare e non possono far sentire la loro voce".

Il vescovo di Chiclayo, oltre a ringraziare i calciatori della squadra di professionisti "Juan Aurich" che indosseranno durante le partite di campionato peruviano la maglia con la scritta "no all'aborto", si è congratulato con il Congresso nazionale e con tutte le istituzioni presenti che hanno offerto il loro impegno per la lotta contro l'aborto. In particolare, si è felicitato con la deputata parlamentare Fabiola Morales che si è fatta promotrice dell'iniziativa raccogliendo le trentatremila firme.

"Queste firme - ha spiegato il presule - mirano a far sì che le nostre autorità si sentano sostenute dai cittadini. Tali iniziative si estendono a tutto il Paese per dimostrare che la maggioranza della nostra società è a favore della vita".

Monsignor Moliné Labarta ha anche  esortato  i  peruviani  a "scommettere sulla famiglia" e a esporsi pubblicamente con iniziative di ogni genere, sia private che pubbliche, a supporto della vita e della famiglia stessa.

Il vescovo ha ribadito l'invito a tutti  i peruviani a partecipare alla "Marcia per la vita... no all'aborto" che  si  svolgerà il prossimo 7 novembre e che si snoderà per le principali strade  e  piazze  della diocesi di Chiclayo.

Secondo  gli organizzatori, all'evento parteciperanno circa diecimila persone.

Il documento con le trentatremila firme raccolte è stato consegnato al presidente del Congresso, Alan García e al presidente della Corte costituzionale, Juan Vergara. Si tratta di un'iniziativa congiunta della Commissione della famiglia della diocesi di Chiclayo e  dell'Instituto  de  familia che cercano di impedire la legalizzazione dell'aborto.

Il presule, durante una conferenza stampa, ha spiegato le motivazioni che hanno spinto le autorità ecclesiastiche alla loro iniziativa e ha ribadito ancora una volta l'importanza della campagna poiché in Perú ogni anno circa quindicimila donne si sottopongono alla pratica abortiva.

A tal riguardo, l'arcivescovo di Lima, cardinale Juan Luis Thorne Cipriani, è intervenuto nei giorni scorsi criticando i promotori delle organizzazioni che difendono la legalità dell'aborto nel Paese.
In Perú, ogni anno vengono praticati trecentosettantunomila aborti clandestini, di cui settemila per motivi di salute. Dal 1924 è considerato legale l'aborto terapeutico, cioè l'interruzione di gravidanza dovuta al rischio di vita per le donne, sebbene non esista  un  protocollo che regoli tale pratica.
In Perú, ogni giorno abortiscono più di mille donne e due muoiono per complicazioni dovute o al parto o alla gravidanza.

Intanto, nei prossimi giorni, la Corte costituzionale si pronuncerà su un caso attraverso il quale si esaminerà la questione della tutela della vita nascente nella fase successiva al concepimento. In particolare, a partire da questa sentenza, i fautori dell'aborto vorrebbero che l'interruzione volontaria di gravidanza fosse possibile almeno fino all'annidamento dell'embrione nell'utero materno.


(©L'Osservatore Romano - 13 settembre 2009)
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