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Il Purgatorio inventato da Le Goff

Ultimo Aggiornamento: 02/09/2009 20:20
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Il Purgatorio inventato da Le Goff
 di François Livi

Tutti i «buchi», gli errori metodologici, gli improvvisati sociologismi e le congetture – già formulate precedentemente in ambito protestante – presenti nel volume La nascita del Purgatorio del celebre medievista Jacques Le Goff. I cristiani non hanno cominciato a credere al Purgatorio nel XIII secolo. Al contrario, le formulazioni dogmatiche sul Purgatorio sono in piena continuità con la fede della tradizione.

[Da «Studi Cattolici», n. 272, ottobre 1983, pp. 634-637]

Il revival di studi sul Medioevo che da più anni caratterizza l’editoria francese ha favorito non pochi cedimenti metodologici e non poche improvvisazioni. Se a ciò si aggiunge la pretesa “totalizzante”, chiaramente rivendicata da indagini storiche di ispirazione sociologica, si potrà intuire la precarietà di tante “scoperte” e il malinconico e precoce autunno di vari storici che in passato avevano dato di sé prove più qualificate. Per non citare che un esempio, basterà pensane a Georges Duby che nel recente Le chevalier, la femme, le prêtre aveva mostrato il “trionfo” medievale del matrimonio, strumento di potere della classe dominante.
Sulla cresta dell’onda è giunto anche l’imponente volume di Jacques Le Goff, La naissance du Purgatoire (1). È il Medioevo ad avere “inventato” il Purgatorio. Ormai, grazie alla sagaci ricerche di Jacques Le Goff nessuno potrà più ignorarlo. Prima di seguire l’autore nella sua pretesa “dimostrazione”, una precisazione: che un imponente volume possa marciare sulla cresta dell’onda è possibile a patto che l’onda sia forte e il volume leggero. Ambedue le condizioni ci sembrano qui presenti. La forte spinta editoriale, unita al costante ribasso della cultura generale, segnatamente in campo religioso, spiega tanti acritici entusiasmi. D’altra parte La naissance du Pungatoire è la quintessenza della leggerezza parigina, e non solo di scrittura (2): una leggerezza fatta di eleganza, di provocazione intellettuale nella fattispecie, di una deliziosa vanità. Nel suo genere, un vero capolavoro en trompe l’oeil.
Jacques Le Goff suddivide le oltre cinquecento pagine del suo lavoro in tre grandi patti (Gli aldilà prima del Purgatorio, Il dodicesimo secolo: nascita del Purgatorio, Il trionfo del Purgatorio), seguite da varie appendici e precedute da un’introduzione (Il terzo luogo) nella quale l’autore definisce il proprio intento. Secondo Le Goff, il Purgatorio corrisponde a un’esigenza dell’immaginario cristiano e a una funzione ideologica delegatagli dalla Chiesa. La credenza nel Purgatorio, sorta nel IV secolo, si cristallizza alla fine del dodicesimo secolo, quando (verso il 1170 circa. secondo le ricerche effettuate dall’autore) negli ambienti culturali parigini dell’epoca, dall’aggettivo “purgatorio”, si passa al sostantivo omonimo (p. 12).

Nascita del luogo

La nascita del sostantivo segnerebbe la nascita del luogo, favorita dalla spazializzazione del pensiero e da un cambiamento di mentalità. Dal sistema binario chierici-laici, si giunge a un sistema ternario determinato dall’imporsi delle classi medie, categoria intermedia o terzo ordine. Accanto ai due “luoghi” da sempre esistiti, l’Inferno e il Paradiso, emerge così il terzo “luogo” intermedio, il Purgatorio. La Chiesa, che impone questa nuova realtà, per estendere la propria influenza attraverso la potenza economica risultante dai suffragi, si annette le anime del Purgatorio come “membri della Chiesa militante [sic]” (p. 24). Immediatamente dopo affermazioni di questo calibro, Le Goff soggiunge di non essere “un teologo né uno storico della teologia” (p. 25), cosa di cui anche il lettore più sprovveduto si era accorto sin dalle prime pagine, leggendo, per esempio, che il peccato veniale è quello che può essere perdonato (p. 15). Per ulteriore conferma, Le Goff proclama che “il miglior teologo della storia del Purgatorio è Dante” (p. 26), omaggio che il fiorentino, esperto di filosofia e di teologia, avrebbe respinto come una presa in giro. Così definita la tesi, Le Goff parte, lancia in resta, per la dimostrazione. Sfilano sotto gli occhi del lettore le più significative concezioni antiche dell’aldidlà, le prime concezioni cristiane, Clemente d’Alessandria e Origene, “inventori del Purgatorio”, (pp. 79-80), il pullulare di visioni e di immagini, che riflettono le istituzioni culturali del tempo e mirano a edificare. La grande svolta si effettua comunque nel dodicesimo secolo: dalle dispute sul fuoco purgatorio e sul luogo purgatorio si giunge, tra il 1170 e il 1180, al sostantivo “purgatorio” del quale si è detto. La logica del Purgatorio, secondo Le Golf, esige una rigorosa classificazione e distinzione dei peccati e in particolare la nozione di peccato veniale. Il ruolo della Chiesa è indicato così, senza sfumature: «Dappertutto la Chiesa è presente, nel suo ruolo ambiguo: controllare e salvare, giustificare e contestare l’ordine stabilito» (p. 283). La procedura giudiziaria umana, sempre più complessa, è trasposta sul piano soprannaturale. I suffragi permettono di “accrescere attraverso i morti la potenza dei vivi” (p. 315) e, dopo il concilio di Lione del 1274 e l’opera della scolastica (due aspetti del trionfo dottrinale), il Giubileo del 1300 sancisce il trionfo sociale del Purgatorio. Giunge infine il trionfo poetico, grazie al Purgatorio di Dante. Nella conclusione (Le ragioni del Purgatorio), Le Goff, costatando che il Purgatorio e i novissimi in genere perdono sempre più terreno nello spazio delle coscienze individuali, osserva che occorre “adattare le credenze all’evoluzione delle società e delle mentalità senza mutilare l’uomo di una parte essenziale della sua memoria e del suo essere: l’immaginario” (p. 486). Difesa modernista in nome dei diritti dell’immaginazione...
Le innumerevoli obiezioni suscitate da La naissance du Purgatoire possono essere ricondotte a due matrici fondamentali: il metodo e l’informazione. Se Jacques Le Goff avesse intitolato il suo saggio “Immagini del Purgatorio”, eludendo rigorosamente ogni problema teologico e collocandosi semplicemente in quell’ambito di “inchiesta di geografia e di sociologia culturale” (p. 179) da lui stesso indicato, il suo volume avrebbe avuto un indubbio interesse documentario: una compilazione, spesso utile, integrata da qualche ricerca personale dell’autore. Invece La naissance du Purgatoire ha l’ambizione di dare una spiegazione, sociologicamente riduttiva, di una realtà e di un problema squisitamente teologici, colti attraverso parametri del tutto inadeguati. I fondamenti concettuali e la procedura stessa del sapere teologico sembrano sfuggire completamente a Le Goff.

Difetto di metodo & di informazione

Così, a livello metodologico, appare incredibile che uno storico professionista possa proclamare, più che ipotizzare, la nascita del Purgatorio basandosi su una mutazione linguistica ben poco rilevante quale il passaggio dall’aggettivo al sostantivo. La professione nominalista è reiterata nella IV appendice (Lavori recenti), quando Le Goff ribadisce il “significato capitale dri cambiamenti di vocabolario” (p. 497). In altri termini il vecchio adagio di Isidoro di Siviglia, nomina sunt consequentia rerum (che Dante, caro a Le Goff, adottò con entusiasmo) è ribaltato in res sunt consequentiae nominum. La battuta può fare effetto in un salotto mondano, ma sembra poco pertinente per comprendere e spiegare la tradizione dottrinale cristiana, tesa a enunziare sempre più precisamente e chiaramente l’inesauribile ricchezza del mistero divino e della rivelazione, e non certo ad arricchire il vocabolario dei sinonimi a degli antonimi. Basterà pensare alle controversie cristologiche dei primi secoli e allo sforzo di chiarificazione e di elucidazione di termini quali ousia, physis, hypostasis, prosopon, per comprovare che la fede precede e sorregge la ricerca teologica. Non sono i termini a creare la fede, guidata dalla fede (virtù teologale e dono di Dio) e dal Magistero, l’intelligenza umana scruta la ricchezza trascendente della Rivelazione nei suoi aspetti inseparabili di Scrittura e tradizione. La formulazione dogmatica sancisce solamente il passaggio dall’esperienza vissuta alla formulazione.

Le prove scritturali

Per quanto riguarda il Purgatorio, le formulazioni del concilio di Lione (1274), del concilio di Firenze (1439), del concilio di Trento (1563, XXV e ultima sessione) riprendono e confermano una fede che è esistita sin dall’inizio come attesta ampiamente la liturgia e l’offerta di preghiere e suffragi per i defunti. Le prove scritturali sono ben note: si pensi ai celebri luoghi del Vecchio e del Nuovo Testamento quali 2 Mac 12, 39-44 (sacrificio espiatorio per i combattenti caduti, “perche fossero assolti dal peccato”, sostenuto dalla “ferma fiducia che i caduti sarebbero risuscitati”), Mt 12, 32, 1 Cor 3, 11-15, ecc. Se Clemente di Alessandria parla di anime peccatrici e di anime scellerate, di anime correggibili e incorreggibili sulla terra e in cielo, se Origene parla di un nuovo battesimo attraverso il fuoco, di una purificazione più lunga. ma non eterna, dei peccatori, entrambi affermano la fede comune dei credenti, pur nelle incertezze e negli errori della teoria dell’apocatastasi: l’esigenza di una purificazione temporale nell’aldilà per le anime del giusti che devono ancora espiare i propri peccati; la necessità di preghiere e suffragi. La tradizione latina progredisce in modo decisivo con Agostino, che distingue chiaramente l’ignis purgationis (che scomparirà dopo il Giudizio Universale) dalla poena aeterna dell’Inferno, sottolineando altresì che immediatamente dopo la morte l’anima accede alla visione beatifica o alla purificazione del Purgatorio, o al fuoco eterno. Il fiorire di leggende, di illazioni, di rivelazioni apocrife sul “luogo” e sul “fuoco” del Purgatorio, non fanno deviare nella sua essenza la fede cattolica. Cosicché, al secondo concilio di Lione Michele Paleologo può accettare senza difficoltà, in nome dei Greci. La professione preparata da Clemente IV: non è necessario un secondo battesimo per i peccatori (il Sacramento della Penitenza basta); coloro che muoiono nella carità di Dio, se già purificati accedono alla visione beatifica, se devono ancora purificarsi, subiscono nel Purgatorio pene purificatrici e espiatrici, che possono essere alleggerite da preghiere e suffragi. Come noto la Chiesa non volle dare una definizione del “luogo” e del “fuoco” di questa purificazione. Le formule del concilio di Firenze sono simili a quelle di Lione e rassicurano sia i Latini (giacché i Greci ribadiscono la loro fede nelle preghiere per i morti) che i Greci (i Latini riafférmano la loro opposizione all’eresia origenista sul riscatto finale di tutti i peccatori, cioè alla non eternità dell’Inferno). Se la dottrina sul Purgatorio, definita da Lutero nel 1530 mera diaboli larva, fu esaminata dal concilio tridentino solo nel 1563, dopo essere stata messa all’ordine del giorno sin dal 1547, non è certo perche esistessero dubbi sui punti essenziali, da sempre affermati dal Magistero. L’eresia protestante investiva la nozione stessa della grazia, dei sacramenti, della giustificazione. La negazione del Purgatorio, il rifiuto delle dottrina tradizionale sui novissimi, era in un certo senso la conseguenza, non il punto focale dell’eresia protestante.
Emerge chiaramente, dai dati qui sommariamente ricordati, la fondamentale e sostanziale continuità tra la fede della tradizione e le formulazioni dogmatiche (il testo di Lione equivale a una definizione ex cathedra). I cristiani non hanno incominciato a credere al Purgatorio nel 1274, come non avevano incominciato a venerare in Maria la Madre di Dio, teotokos, nel 431, dopo la solenne definizione di Efcso, né la fede nell’Assunzione di Maria è iniziata il novembre 1950. Se avesse tenuto conto di queste considerazioni elementari, Le Goff si sarebbe astenuto da numerose affermazioni stravaganti. Né avrebbe scritto che il Purgatorio, spazio intermedio tra l’Inferno e il Paradiso, è stato generato dall’avvento di un ritmo ternario, se non trinitario, nella società medievale. La Trinità non è un’invenzione del Medioevo (attendiamo comunque il prossimo lavoro di Le Goff...).

Sorprendente ignoranza

Sul piano della semplice informazione, La naissance du Purgatoire tradisce come dicevamo, una continua sfasatura rispetto alla terminologia cristiana e una davvero sorprendente ignoranza. Per la propria documentazione Le Goff ha evidentemente utilizzato numerosi testi cattolici (3), rivisitati in chiave sociologica o comunque in una prospettiva non teologica ma utilizzati con la loro terminologia specifica. Numerosissime, quindi, le contraddizioni interne, le “perle”. Secondo Le Goff, la distinzione tra peccati veniali e mortali, creata o inventata tra la fine del dodicesimo secolo e il Duecento, equivale alla distinzione tra peccati perdonabili e imperdonabili (pp. 295, ss.). Semplice lapsus? In ogni caso (relapsus), Le Goff osserva che Dante si discosta dai teologi, perche nel Purgatorio dantesco si espiano i peccati capitali (p. 459) ignorando, probabilmente, che cosa significhi “morire in grazia di Dio”. Nessuna menzione del sacramento della confessione né della contrizione perfetta che permette, grazie alla misericordia divina, a numerosi personaggi danteschi. peccatori impenitenti (Manfredi, Buonconte, eec.) di riconciliarsi con Dio all’ultimo istante della loro vita. In altri casi Le Goff usa il termine “eretico” nell’accezione cattolica (p. 83 per Origene, e passim). Che significato ha questo termine in un saggio altezzosamente collocato sulle vette della storia pura e totale, al di sopra delle verità rivelate e delle religioni? Questa contraddizione è legata a un’altra, di fondo: chi è l’inventore del Purgatorio? Naturalmente il Medioevo e la Chiesa, mentre Le Goff ne è il (modesto?) scopritore. Ma Clemente di Alessandria e Origene (pp. 79-80) sono chiamati “inventori” del Purgatorio; e sant’Agostino ne sarebbe il padre... Troppi candidati. In realtà la tesi esposta non è farina del sacco di Le Goff, bensì una nota tesi protestante, espressa dal tedesco Anrich all’inizio del Novecento (4). Tesi adottata, con la dovuta discrezione, da Le Goff, probabilmente attratto da questo storicismo relativistico; ed egli di suo aggiunge ben poco: la facezia linguistica già osservata.
Analoghe considerazioni per la singolarissima omissione del già citato fondamentale passo del secondo Libro dei Maccabei. O Le Goff, collocandosi su un piano teologico, ne rifiuta la canonicità, riprendendo le discutibilissime tesi luterane, nel qual caso è lecito attendere una precisazione in merito, o non può non produrre questa fondamentale testimonianza storica e scritturale. Un altro esempio. Le Goff cita l’Apocalissi di San Paolo, testo apocrifo composto verso la metà del III secolo (pp. 56-57) e sempre rifiutato. Anche in questo caso regna l’ambiguità, se non si precisa che tale testo non può essere considerata pari alle Scritture, per ragioni chiaramente cronologiche: la rivelazione divina si è conclusa con la morte dell’uItimo Apostolo. E così via.
L’ultimo capitolo, dedicato al Purgatorio di Dante, illustra compiutamente le carenze di informazione alle quali si accennava e delle quali abbiamo dato qualche saggio. Lucienne Pottier ha rilevato con molta delicatezza i numerosi errori testuali e di interpretazione che infiorano le pagine di Le Goff: dall’uso inesatto del termine “pentimento” (le anime si pentirebbero nell’aldilà), alla confusione tra indulgenze e preghiere, ecc. (5). Dal canto nostro osserveremo che Le Goff non si allinea sulla tradizione esegetica che vuol far di Dante, a tutti i costi, un eterodosso e un riformatore. Se Le Goff afferma, nei termini eccessivi che abbiamo già vista, l’”ortodossia” di Dante, è per servire una tesi che non condividiamo affatto. “Creazione” del Medioevo e del Concilio di Lione, la dottrina sul Purgatorio sarebbe stata lanciata sul mercato, a scopo di lucro, da Bonifacio VIII. Dante avrebbe contribuito in modo decisiva alla commercializzazione del nuovo prodotto. Un minimo di familiarità col mondo dantesco rivela l’assurdità di tale tesi: una nuova credenza non può permeare la cultura in modo così profondo nel giro di pochi decenni. Inoltre, supporre che Dante abbia entusiasticamente adottato le invenzioni “commerciali” del suo acerrimo nemico (temporale) Bonifacio VIII è semplicemente assurdo. Dante aderisce alla dottrina sull’efficacia delle preghiere per i defunti (Leitmotiv del Purgatorio e singolarmente dell’Antipurgatorio) e si riferisce alle indulgenze speciali concesse per il giubileo “veramente da tre mesi elli ha tolto / chi ha voluta intrar, con tutta pace” dice Casella a Dante, a proposito dell’angelo nocchiero (c. II, 98-99). Allo stesso tempo precipita nell’Inferno Bonifacio VIII tacciandolo di simonia (Inferno, c. XIX, 76-81) come accusa anche il suo predecessore Nicola III e il suo successore Clemente V. Se la dottrina dei suffragi e delle indulgenze, e di riflesso quella del Purgatorio, fosse stata strumentalizzata da Bonifacio VIII, perché mai Dante si sarebbe privato di quest’arma polemica? E proprio in questo canto, qualche verso dopo quelli testé citati, Dante si rifà al secondo libro dei Maccabei, che Le Goff omette nel suo lavoro... Del resto la struttura stessa del Purgatorio dantesco conferma un perfetto rispetto della ortodossia. giacché le creazioni poetiche (l’Antipurgatorio, ecc.) non intaccano minimamente il contenuto dottrinale. Al contrario, con il loro suggestivo simbolismo (la barriera di fuoco che occorre attraversare per giungere al Paradiso Terrestre, ecc.) riassumono poeticamente dodici secoli di tradizione cristiana. Ma questo è un assunto che esula dalle presenti brevi note.
In definitiva quest’ultima fatica di Le Goff rivela sul piano terminologico e informativo scompensi e approssimazioni che non fanno onore alla scienza storica. Quanto alle intenzioni profonde di Jacques Le Goff, de internis neque Ecciesia judicat (massima che, se conosciuta, avrebbe permesso all’autore di questo volume, di evitare numerosi controsensi). Tanto meno noi, semplici lettori.

François Livi

(1) Jacques Le Goff, La naissance du Purgatoire, “Bibtiothèque des histoires”, Gallimard, Parigi 1981, pp. 516. Citeremo sempre dall’edizione francese.
(2) Che non è sfuggita neppure ai più benevoli recensori; cfr Sergio Quinzio: «Il tentativo di Le Goff è ambizioso, e la sua tutta francese leggerezza di scrittura trasforma la minuta analisi di una ponderosa documentazione in una lettura, se non sempre piacevole, spesso avvincente» (Tuttolibri; 26 febbraio 1983, recensione alla traduzione italiana pubblicata da Einaudi: La nascita del Purgatorio; Torino 1982. pp. 428, L. 35.000).
(3) Cita, tra l’altro, l’esauriente trattato di A. Michel, in Dictionnaire da theologie catholique, fasc. CXVI-CXVIII, coll. 1163-1326.
(4) G. Anrich, Clemens und Origenes als Begründer der Lehre von Fegfeuer, in Theologische Abhandlungen, Tübingen, maggio 1902, citato da A. Michel.
(5) L. Pottier, Le vrai Purgatoire de Dante, Revue des Etudes Italiennes, gennaio-giugno 1982, pp. 168-180.

© Studi Cattolici
Edizioni Ares
www.ares.mi.it/
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