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San Giovanni Crisostomo: La Verginità

Ultimo Aggiornamento: 13/09/2009 19:33
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13/09/2009 19:05

XXIII. Come mai coloro che commettono gli stessi peccati non vengono puniti allo stesso modo

Ma forse qualcuno di voi chiederà: "Nessuno dunque dopo quei tempi insultò i santi?" Molti, ed in molti punti della terra, l’hanno fatto. "Come mai allora non sono stati puniti allo stesso modo?". Sappiamo che molti di loro lo sono stati. Se poi alcuni sono sfuggiti al castigo, non sfuggiranno ad esso per sempre. Secondo il beato Paolo "i peccati di alcuni sono evidenti e portano al giudizio, mentre per altri si rivelano successivamente". Come i legislatori mettono per iscritto le pene dei trasgressori, così anche nostro Signore Gesù Cristo, quando punisce uno o due peccatori e scrive per così dire i loro castighi su di una colonna di bronzo, si serve della loro sorte per parlare a tutti; Egli dice che coloro che osano commettere gli stessi peccati di chi è stato punito, anche se per il momento non vengono puniti, in futuro subiranno un castigo più severo.

XXIV. Coloro che peccano e non sono puniti non devono rassicurarsi, ma piuttosto temere

1. Di conseguenza, se non soffriamo alcun male pur avendo peccato oltre misura, non dobbiamo rassicurarci, ma piuttosto temere. Se infatti qui non siamo giudicati da Dio, lì saremo condannati assieme al mondo. Anche in questo caso, le parole non sono mie, ma di Cristo che parla in Paolo. Parlando a coloro che prendono i sacramenti senza esserne degni, egli dice: "Per questo tra voi ce ne sono molti che sono deboli e malati, mentre un buon numero dorme. Se ci giudicassimo, non saremmo giudicati; ora invece, se siamo giudicati, veniamo educati dal Signore per non essere condannati assieme al mondo". Vi sono alcuni che hanno bisogno soltanto di una condanna su questa terra, quando nei loro peccati non oltrepassano una certa misura e quando, dopo essere stati puniti, non corrono più verso di essi, imitando il cane che si volge verso ciò che ha vomitato; vi sono poi altri che per l'enormità delle loro colpe sono puniti sia qui che lì; altri, infine, saranno puniti solo lì per avere commesso le colpe più gravi, non essendo stati ritenuti degni di essere sferzati assieme agli uomini. "Non saranno sferzati assieme agli uomini" - è detto -, in quanto sono destinati ad essere puniti con i demoni. "Andate via da me - dice il Signore - verso la tenebra eterna, preparata per il diavolo ed i suoi seguaci".

2. Molti sono riusciti ad ottenere il sacerdozio pagando, senza essere rimproverati da nessuno e senza ascoltare le parole che Simone udì a suo tempo da Pietro. Non per questo però sfuggono al castigo: ne subiranno uno molto peggiore di quello che avrebbero dovuto subire qui, giacché neanche l'esempio è valso a renderli più saggi. Molti hanno osato fare quello che fece Core; non hanno subito la sua sorte, ma soffriranno in seguito una pena più grave. Molti che hanno imitato l'empietà del Faraone non sono annegati come lui, ma sono attesi dall'oceano della Geenna. Neanche coloro che chiamano sciocchi i propri fratelli sono stati puniti, ma il castigo è riservato per loro nell'al di là.

3. Non pensate dunque che le minacce di Dio siano solo parole. Egli ha dato esecuzione ad alcune di esse come nel caso di Saffira, di suo marito, di Carmi, di Aaron e di molti altri, perché chi non crede alle sue parole, convinto dall'evidenza dei fatti, in futuro non s'illuda più di sfuggire alla punizione ed impari che la bontà di Dio consiste non nel non punire affatto chi persevera nei suoi peccati, ma nel concedere una proroga ai peccatori.

4. Si potrebbe parlare anche più a lungo, per dare un’idea di tutto il fuoco che si preparano coloro che disprezzano la bellezza della verginità. Ma queste parole sono sufficienti ai saggi, mentre neanche un discorso più lungo del presente potrebbe allontanare gl’incorreggibili ed i pazzi dalla loro mania. Chiudiamo quindi questa parte, e rivolgiamo il nostro discorso ai saggi, ritornando al beato Paolo. "Riguardo a ciò su cui mi avete scritto - dice - è bene per l'uomo non toccare la donna". Si vergognino ora entrambe le categorie di persone, sia quelli che denigrano il matrimonio, sia quelli che lo esaltano oltre il dovuto. Ad entrambi il beato Paolo chiude la bocca sia con queste parole che con quelle che seguono.

XXV. Il matrimonio è necessario ai deboli

Il matrimonio è una bella cosa, perché conserva l’uomo nella temperanza e gl’impedisce di rotolare nella fornicazione e di morirvi. Non va quindi calunniato. E' in effetti di grande utilità, giacché non consente alle membra di Cristo di diventare membra di una prostituta, e vieta che il sacro tempio venga profanato ed insozzato. E’ bello perché sostiene e rimette in piedi chi sta per cadere. Ma di quale utilità può essere per colui che sta già in piedi e che non ha bisogno del suo aiuto? In tal caso, esso non è né utile né necessario, ma è solo d’impedimento alla virtù, non solo perché le frappone molti ostacoli, ma anche perché la priva della maggior parte degli elogi.

XXVI. Chi si sposa pur essendo in grado di restare vergine, reca un gravissimo torto a se stesso

Chi ricopre di armi un uomo che può combattere nudo e vincere, non solo non gli giova, ma gli fa il più grande torto, privandolo dell'ammirazione e delle più grandi corone: impedisce alla sua forza di rivelarsi in modo completo, e fa perdere al suo trofeo molta fama. Nel caso del matrimonio, il danno è ancora più grave: si priva l'uomo non solo della grande considerazione della gente ordinaria, ma anche dei premi riservati alla vergine. Per questo vien detto: "E' bene per l'uomo non toccare donna". Perché allora permetti di toccarla? "A causa della fornicazione, ciascuno abbia la propria moglie". "Esito - dice l'apostolo - a condurti fino all'altezza della verginità, nel timore che tu possa precipitare nel baratro della fornicazione. Le tue ali non sono ancora abbastanza leggere, perché io possa sollevarti fino a quella vetta". Eppure, essi hanno deciso di cimentarsi e si sono slanciati verso la bellezza della verginità. Perché allora hai paura e tremi, o beato Paolo? "Perché - risponderebbe forse - mostrano tanta voglia in quanto ignorano di che cosa si tratta; io invece, avendo esperienza e conoscendo già questa battaglia, esito a consigliarla agli altri".

XXVII. La verginità è un gran bene e dispensa grandi beni

1. Conosco le difficoltà di quest’impresa, l’asprezza di questo combattimento, la pesantezza di questa guerra. Bisogna avere un'anima combattiva, violenta, disperatamente decisa nella sua lotta contro i desideri, giacché si deve camminare sui carboni senza bruciarsi e sulle spade senza farsi colpire. La forza del desiderio è infatti pari a quella del fuoco e del ferro; e l'anima, se non impara a non voltarsi verso questi dolori, ben presto perisce. Ci occorrono un pensiero di diamante, un occhio che non si addormenta mai, molta pazienza, delle mura robuste, [dei muri esterni] e delle sbarre, delle guardie vigili e prodi, e prima di ogni altra cosa, l’intervento superiore: "Se il Signore non custodisce la città, invano vegliano i suoi custodi".

2. Come potremo dunque far giungere a noi quest'aiuto? L'otterremo solo dopo che avremo dato tutto il nostro contributo: mi riferisco ai pensieri sani, alla forte intensità dei digiuni e delle veglie, alla scrupolosa osservanza della legge, al rispetto dei comandamenti, e soprattutto alla sfiducia in noi stessi. Anche se riusciamo a realizzare grandi cose, dobbiamo infatti dire sempre: "Se non è il Signore a costruire la casa, invano hanno lavorato i suoi costruttori. "Noi non lottiamo contro il sangue e la carne, ma contro le dominazioni, contro le potestà, contro i capi delle tenebre di questo mondo, contro gli spiriti maligni che si trovano negli spazi celesti". Restando armati di giorno e di notte, dobbiamo tener desti i nostri pensieri e mettere paura ai desideri impudenti. Basta che i pensieri si rilassino un po', che compare il diavolo con in mano il fuoco, che scaglia per incendiare il tempio di Dio. Dobbiamo dunque essere fortificati da ogni parte. La nostra è una battaglia contro le necessità naturali; cerchiamo d'imitare il modo di vita degli angeli e di correre assieme alle potenze incorporee. Noi, terra e cenere, facciamo di tutto per renderci uguali agli esseri che vivono in cielo: la corruzione vuole gareggiare con l’incorruttibilità.

3. Dimmi: qualcuno oserà ancora paragonare il piacere del matrimonio a tale stato? Come non sarebbe oltremodo sciocco? Paolo, sapendo bene tutto questo, disse: "Ognuno abbia la propria moglie". Per questo si mostrava ritroso, per questo non osava parlare loro subito della verginità, ma si soffermava a discorrere sul matrimonio, nell’intento di distaccarli da esso a poco a poco; le poche parole che diceva sulla continenza le mescolava ai suoi lunghi discorsi sul matrimonio, in modo che l'udito non fosse colpito dalla severità dell’esortazione. Chi infatti intreccia in tutto il suo discorso argomenti troppo severi si rende molesto all'ascoltatore, e costringe spesso alla ribellione l'anima che non sopporta il peso di ciò che vien detto. Chi invece lo varia, e vi mescola più argomenti piacevoli che argomenti spiacevoli, evita di renderlo pesante, e facendo riposare l'ascoltatore riesce meglio a persuaderlo e ad attirarlo, come fece appunto Paolo.

4. Subito dopo aver detto "E' bene per l'uomo non toccare la donna", passò al matrimonio con le parole: "Ognuno abbia la propria moglie". Benedisse la verginità e la mise da parte limitandosi a dire: "E' bene per l'uomo non toccare la donna". Per quanto riguarda invece il matrimonio, dà dei consigli e degli ordini e ne spiega il motivo: "A causa della fornicazione"; sembra così voler giustificare il permesso che dà di sposarsi. In verità egli, parlando del matrimonio, fa nascostamente l'elogio della continenza: non lo svela apertamente, ma lo lascia alla coscienza degli ascoltatori. Chi infatti si rende conto che Paolo l'esorta al matrimonio non perché lo consideri il sommo della virtù ma perché gli rimprovera una sensualità troppo forte, che non può essere scacciata senza di esso, pieno di rossore e di vergogna cerca di abbracciare subito la verginità e di allontanare da sé tale reputazione.

XXVIII. Ciò che viene detto sul matrimonio è un'esortazione alla verginità

1. Perché Paolo dice quindi "Il marito dia alla moglie l’affetto dovuto, e similmente si comporti la moglie con il marito"? Per spiegare queste parole e renderle più chiare, aggiunge: "La moglie non è padrona del proprio corpo, ma solo il marito lo è; similmente, il marito non è padrone del proprio corpo, ma solo la moglie lo è". Queste parole sembrano dette in favore del matrimonio. In realtà però Paolo riveste un amo con l'esca consueta, e lo getta nelle orecchie dei suoi discepoli nell'intento di distoglierli dal matrimonio parlando di esso. Chi infatti sente che dopo il matrimonio non sarà più padrone di sé ma dipenderà dalla volontà della moglie, cerca di liberarsi subito da questa schiavitù così amara, o piuttosto non vuole neanche cominciare a sottomettersi a questo giogo, perché una volta che vi si è sottomesso deve restare schiavo finché lo vuole la moglie.

Che io non faccio delle semplici congetture sul pensiero di Paolo lo si può capire facilmente, se si pensa ai discepoli del Signore: costoro non ritennero il matrimonio una cosa pesante e molesta finché non si avvidero che il Signore voleva rinserrarli nello stesso obbligo in cui Paolo avrebbe poi rinchiuso i Corinzi. Le frasi "Chi ripudia la propria moglie quando non ricorre il motivo della fornicazione la spinge all'adulterio" e "il marito non è padrone del proprio corpo" esprimono lo stesso pensiero, anche se con parole diverse.

Se si esaminano più attentamente le parole di Paolo, si vede che esse accrescono la tirannide del matrimonio e ne rendono più pesante la schiavitù. Se infatti il Signore non consente al marito di scacciare la propria moglie dalla sua casa, Paolo lo priva perfino della facoltà di disporre del proprio corpo, dando tutto il potere alla moglie e mettendolo al di sotto di un servo comprato. Quest’ultimo può spesso ottenere la completa libertà se, divenuto ricco, riesce a pagare il prezzo al padrone. Il marito invece, anche se ha la moglie più terribile, si vede costretto a fare buon viso alla sua schiavitù, non potendo trovare il modo di liberarsi da tale dominio o di sfuggirne.

XXIX. Le parole "Non negatevi l'uno all’altro" sono un'esortazione alla verginità

1. Paolo, dopo aver detto "La moglie non è padrona del proprio corpo", aggiunge: "Non negatevi l'uno all'altro se non quando siete d'accordo, nel momento più opportuno, in modo che possiate attendere alla preghiera ed al digiuno; dopo di che, ritornate a stare insieme". Penso ora che molti di coloro che hanno abbracciato la verginità arrossiscano e si vergognino della grande indulgenza di Paolo. Ma non abbiate timore, e non siate sciocchi. Queste parole sembrano essere state dette da chi vuole compiacere gli sposati, ma chi le esamina attentamente si accorge che sono animate dallo stesso pensiero delle frasi precedenti. Se infatti le si ascoltassero staccandole dalla questione che precede, sembrerebbero degne più di una pronuba che di un apostolo, ma una volta spiegato il significato di tutto il contesto, si vedrebbe che anche quest'esortazione è conforme alla dignità dell'apostolo.

Perché Paolo si dilunga su questo discorso? Una volta indicato il suo pensiero in modo più dignitoso con le parole precedenti, non avrebbe potuto contentarsi di limitare ad esse la sua esortazione? Che cosa dice in più la frase "Non negatevi l’uno all'altro se non quando siete d'accordo, nel momento più opportuno" delle altre "Il marito dia alla moglie l’affetto dovuto" e "il marito non è padrone del proprio corpo"? Certo, non dice nulla di più; ma qui l’apostolo, usando più parole, ha reso più chiaro ciò che prima aveva detto più brevemente ed in modo più oscuro.

2. Agendo così, egli ha voluto imitare Samuele, il santo di Dio. Come questi spiegò al popolo con la maggiore esattezza possibile le leggi di chi regna non perché accettasse un re ma perché lo rifiutasse (il suo discorso sembrava un insegnamento, ma in realtà mirava a distogliere il popolo da un desiderio inopportuno), così anche Paolo dibatte con maggiore continuità e chiarezza la questione della tirannia del matrimonio nell'intento di distogliere da esso gli ascoltatori con le sue parole. Dopo aver detto "la moglie non è padrona del proprio corpo", aggiunge "Non negatevi l'uno all'altro se non quando siete d'accordo, in modo che possiate attendere al digiuno ed alle preghiere". Vedi come conduce alla pratica della continenza le persone sposate, senza destare sospetti e senza rendersi molesto? All’inizio si limitò a lodare la continenza, dicendo: "E' bene per l'uomo non toccare la donna". Ora, invece, aggiunge un'esortazione: "Non negatevi l'uno all'altro, se non quando siete d'accordo". Tale discorso è più gentile, e rivela il pensiero del maestro, che non accampa pretese con veemenza, soprattutto quando il mettere in pratica i suoi consigli richiede una grande bontà. Egli non cerca di consolare l'ascoltatore soltanto così: trattato con poche parole l'aspetto più austero, prima ancora che l'ascoltatore si addolori, passa all'aspetto più piacevole e vi si sofferma più a lungo.

XXX. Come mai Paolo, pur ritenendo il matrimonio una cosa pregevole, raccomanda a chi digiuna di astenersi dai rapporti coniugali

1. Vale la pena di esaminare come mai, "se il matrimonio è una cosa pregevole e se il letto coniugale è esente da contaminazione", Paolo non consente il rapporto coniugale nel periodo del digiuno e della preghiera. Sarebbe del tutto assurdo che mentre gli Ebrei - nei quali tutti i bisogni corporei sono profondamente impressi, e che hanno il permesso di avere due mogli, di ripudiarle e di sposarne altre al loro posto - si preoccupano della continenza fino al punto di astenersi dal rapporto legittimo non per un giorno o due soltanto ma per più giorni quando devono ascoltare la parola di Dio, noi invece - che godiamo di una grazia così grande, che abbiamo ricevuto lo spirito, che siamo morti e siamo stati sepolti assieme a Cristo, che siamo stati ritenuti degni di essere figli adottivi di Dio, che siamo stati elevati ad una dignità così grande e che abbiamo goduto di tanti e così grandi beni - non dobbiamo avere neppure la stessa preoccupazione di quei piccoli.

2. Se qualcuno poi insistesse a ricercare il motivo per cui Mosè proibì agli Ebrei questi rapporti, direi che, anche se il matrimonio è una cosa pregevole, può soltanto giungere a non contaminare chi ne fa uso; mettere in mostra i santi, rientra però non nelle sue possibilità, ma in quelle della verginità. Mosè e Paolo non sono stati i soli a dare tali precetti: ascolta le parole di Ioel: "Santificate il digiuno, annunziate la guarigione, radunate l'assemblea, fate venire gli anziani". Ma cerchi forse il passo in cui ha ordinato di tenersi lontani dalle mogli? "Lo sposo esca dal suo letto e la sposa esca dalla sua camera nuziale". Quest’ordine va al di là di quello di Mosè. Se lo sposo e la sposa, in cui il desiderio è al culmine, in cui la giovinezza è piena di vigore, in cui il desiderio è indomabile, non devono avere rapporti nel periodo del digiuno e della preghiera, non devono comportarsi così a maggior ragione gli altri, che non sono sottoposti ad una costrizione così grave? Chi vuol pregare e digiunare nel modo giusto deve eliminare ogni desiderio terreno, ogni pensiero ed ogni motivo di dispersione, e presentarsi a Dio dopo essersi ben raccolto in sé sotto ogni rispetto. Il digiuno è bello perché recide le preoccupazioni dell’anima, perché allontana la pigrizia che circonda la mente, perché fa sì che il pensiero si raccolga tutto in se stesso. Alludendo a tutto questo, Paolo vieta il rapporto e fa uso di parole ben appropriate. Non dice infatti "Perché non veniate contaminati", ma "perché possiate attendere al digiuno ed alla preghiera", come se il rapporto con la propria moglie fosse causa non d'impurità, ma di una perdita di tempo.

XXXI. Paolo era obbligato a vietare i rapporti a coloro che intendevano attendere alla preghiera

Se anche ora, nonostante la grande sicurezza di cui godiamo, il diavolo cerca di ostacolarci nel momento della preghiera, ammesso che trovi un’arsura dissoluta e rammollita dalla passione per una donna, che cosa non è capace di fare, quando svia in un senso o nell’altro gli occhi del pensiero? Per non metterci in condizione di subire questa sorte e di offendere Dio con una preghiera così inutile proprio quando cerchiamo di rendercelo propizio, egli ci ordina di astenerci dai rapporti.

XXXII. Quando preghiamo con negligenza non solo non ci propiziamo Dio, ma l’irritiamo

1. Se coloro che avvicinano i re - ma perché parlare dei re? basta pensare ai più bassi magistrati; se gli schiavi che avvicinano i padroni o perché hanno subito un torto da altri, o perché hanno bisogno di un favore, o perché cercano di mitigare l'ira che si è levata contro di loro, incontrano questi potenti solo dopo avere concentrato su di loro tutti i loro sguardi ed i loro pensieri, ed alla minima negligenza non solo non ottengono ciò di cui hanno bisogno, ma ricevono in aggiunta una punizione e vengono cacciati via; se coloro che cercano di fermare l'ira degli uomini stanno così attenti, quali pene non dobbiamo soffrire noi miseri, quando ci accostiamo con tanta negligenza a Dio, il padrone universale, e ci rendiamo meritevoli di una collera tanto più grande? Né il servo né il suddito irritano tanto il padrone o il re quanto noi irritiamo Dio ogni giorno.

2. Alludendo a questo, Cristo chiama "cento denari" i peccati verso il prossimo e "diecimila talenti" i peccati verso Dio. Poiché dunque ci accostiamo alla preghiera per spegnere la sua ira e per riconciliarci con colui che combattiamo ogni giorno, a ragione l’apostolo cerca di tenerci lontani dal piacere, come se dicesse: "O miei diletti, è dell'anima che si parla; corriamo i più gravi pericoli: dobbiamo tremare, avere paura e mostrarci contriti; ci accostiamo ad un padrone terribile, che abbiamo molto offeso e che ha da muoverci gravi accuse per gravi mancanze. Non è il momento delle carezze e dei piaceri, ma delle lacrime, degli amari lamenti, delle prostrazioni, delle confessioni scrupolose, delle suppliche ferventi, delle preghiere assidue. Sarà già una buona cosa se potremo mitigare la sua ira accostandoci a lui con tanto riguardo, non perché nostro Signore sia insensibile o crudele - al contrario, è assai mite e pieno di amore per gli uomini - ma perché l’enormità dei nostri peccati non permette neanche a chi è così buono, ben disposto e misericordioso di perdonarci tanto presto. Per questo egli dice: "In modo che possiate attendere al digiuno ed alla preghiera". Che cosa c'è di più amaro di questa schiavitù? "Vuoi - ci chiede - progredire verso la virtù, volare verso il cielo, togliere la sporcizia dalla tua anima insistendo senza interruzione nei digiuni e nelle preghiere? ". Ma se la moglie non vuole acconsentire a questo tuo progetto, devi rimanere schiavo della sua sensualità. Per questo all’inizio l'apostolo disse: "E' bene per l'uomo non toccare la donna"; e per questo i discepoli dissero al Signore: "Se questa è la condizione dell'uomo quando sta con la moglie, non conviene sposarsi". Pronunciarono tali parole, perché pensarono agl’inconvenienti che necessariamente si verificano nell'uno o nell'altro caso, e perché furono messi in imbarazzo da tali riflessioni.

XXXIII. Quando si parla due volte dello stesso argomento si imita Cristo

Anche Paolo tratta continuamente lo stesso tema per indurre i Corinzi a fare questa riflessione. "Ognuno abbia la propria moglie, il marito dia alla moglie l’affetto dovuto, la moglie non è padrona del proprio corpo, non negatevi l'uno all’altro, tornate a stare insieme". Questi beati ascoltatori non rimasero colpiti dalle sue prime parole; solo dopo averle sentite una seconda volta, si resero conto dell'obbligo contenuto in quel comandamento. Anche Cristo, quando si sedette sul monte, parlò di questo e tornò a parlarne dopo avere toccato molti altri argomenti; in tal modo, poté condurre i suoi ascoltatori all'amore per la continenza. Le stesse cose ripetute continuamente hanno maggiore efficacia. Il discepolo quindi, imitando anche in questo il maestro, parla continuamente delle stesse cose, e non dà il permesso di sposarsi senza dire altro, ma ne spiega il motivo: "a causa della fornicazione, delle tentazioni sataniche e dell'incontinenza"; così, senza destare sospetti, mentre parla del matrimonio tesse l'elogio della verginità.

XXXIV. La verginità è ammirevole, e degna di molte corone

1. Se Paolo ha paura di separare per molto tempo coloro che vivono nel matrimonio, nel timore che il diavolo trovi il modo d'introdursi, di quante corone non sono degne le donne che non hanno bisogno di questa consolazione neanche all’inizio, e che rimangono invitte fino alla fine? Eppure il diavolo non ricorre ad uguali mezzi contro queste due categorie di persone. A mio avviso, egli non molesta le persone sposate, sapendo bene che hanno a portata di mano un rifugio: se si accorgono di essere oggetto di un attacco più forte, quest'ultime possono subito rifugiarsi nel porto, giacché il beato Paolo non permette loro di spingersi troppo lontano nella navigazione, ma le esorta a tornare indietro se sono stanche, invitandole a stare di nuovo insieme. La vergine è invece costretta a restare sempre in alto mare, e a navigare su di un oceano senza porti; anche se si leva una tempesta più violenta, non può fare ondeggiare la sua nave e concedersi un riposo.

2. I pirati non attaccano i naviganti quando si trovano vicini ad una città, ad una rada o ad un porto: sarebbe un rischio vano. Se invece riescono ad intercettare la nave in alto mare, incoraggiati nella loro audacia dalla mancanza di aiuto, tutto muovono e sconvolgono, e non desistono, finché non fanno affondare i naviganti o non subiscono essi stessi questa sorte. Allo stesso modo il terribile tentatore suscita contro la vergine una grande tempesta, un violento uragano ed enormi, irresistibili ondate, tutto sconvolgendo, in modo da sommergere la nave con la sua violenza ed impetuosità. Ha sentito dire infatti che la vergine non può "tornare a stare insieme" ma è obbligata a lottare e a combattere sempre contro gli spiriti del male, finché non approda nel porto veramente tranquillo.

3. Paolo chiude la vergine fuori delle mura come se fosse un soldato valoroso, e non permette che le si aprano le porte, anche se il nemico si accanisce molto contro di lei, anche se diventa più violento perché l’avversario non può godere di nessuna tregua. Non solo il diavolo, ma anche il pungolo del desiderio molesta maggiormente i non sposati. E questo è chiaro a tutti. Noi non diveniamo facilmente preda del desiderio di quelle cose di cui possiamo godere, giacché la sicurezza consente all’anima di starsene tranquilla. Ce lo testimonia un proverbio, popolare ma pur sempre vero: ciò di cui si dispone - esso dice - non suscita violenti desideri. Se però ci viene vietato l'uso di ciò di cui eravamo padroni da tempo, si produce l’effetto contrario, e ciò che prima disprezzavamo, quando sfugge al nostro potere risveglia un desiderio più violento.

4. Questa è la prima ragione per cui gli sposati godono di una più grande serenità; la seconda è dovuta al fatto che la fiamma, anche se cerca di alzarsi, è subito soffocata dall’unione che sopravviene. La vergine invece, non sapendo come spegnere il fuoco, lo vede allungarsi ed alzarsi, e non riuscendo ad estinguerlo si preoccupa unicamente di combatterlo per non lasciarsi bruciare. C'è forse qualcosa di più paradossale del fatto che essa sopporti dentro di sé tutto il peso del fuoco e non si bruci? O del fatto che covi la fiamma nelle parti più riposte della sua anima e che conservi il pensiero intatto? Nessuno le permette di liberarsi di questi carboni gettandoli fuori, e lei si vede costretta a sopportare nella sua anima ciò che l'autore dei proverbi considera impossibile se riferito ai colpi. Che cosa dice costui? "Potrà qualcuno camminare sui carboni ardenti senza bruciarsi i piedi?". Ma guarda: la vergine vi cammina, e sopporta il tormento. "Qualcuno metterà il fuoco nel seno, e non si brucerà le vesti"?. La vergine ha un fuoco rabbioso e rimbombante non nelle vesti ma dentro di sé, eppure sopporta la fiamma e la ripara.

5. Dimmi, qualcuno oserà ancora paragonare il matrimonio alla verginità? Oserà ancora guardarlo in faccia? Non lo permette il beato Paolo, che ha posto una grande distanza tra le due cose. "La donna vergine - dice - si preoccupa delle cose del Signore, quella sposata delle cose del mondo". Ascolta come rimprovera le persone sposate, dopo averle ricongiunte ed avere concesso loro questo favore: "Tornate a stare insieme - dice loro - perché Satana non vi tenti". Allo scopo di dimostrare che tutto non dipende tanto dalla tentazione quanto dalla nostra debolezza, egli adduce il motivo principale con le parole: "A causa della vostra intemperanza".

6. Chi non arrossirebbe, sentendo queste parole? chi non cercherebbe di sfuggire alla taccia d’intemperanza? Quest'esortazione non riguarda tutti, ma quelli che cadono troppo in basso. "Se sei così schiavo dei piaceri - dice Paolo -, se sei così molle da disperderti sempre nell’accoppiamento e da desiderarlo, sta' pure con tua moglie". Dando questo permesso egli non approva né loda, ma deride e condanna. Se non avesse voluto colpire veramente l'anima delle persone libidinose, non avrebbe usato la parola "intemperanza", che è così espressiva e così pregna di rimprovero. Perché non ha detto "A causa della vostra debolezza"? Perché con quest'ultima frase avrebbe mostrato piuttosto di perdonare, mentre usando parola "intemperanza" ha voluto far rilevare l'enormità del loro rilassamento. E' dunque proprio dell'intemperanza il non potersi tenere lontani dalla fornicazione, se non si sta sempre attaccati alla moglie e non si gode dell'unione coniugale.

7. Che cosa potrebbero dire ora coloro che ritengono superflua la verginità? Mentre quest’ultima merita lodi tanto più grandi quanto maggiore è il suo impegno, il matrimonio invece, proprio quando lo si usa a sazietà, viene a perdere ogni merito. "Quello che io dico - afferma Paolo - è una concessione, non un ordine". Dove c'è la concessione, non c'è posto per la lode. Ma anche quando parla delle vergini, egli dice: "Non ho un ordine del Signore, ma esprimo un parere". Ha forse voluto respingere la verginità? Niente affatto. Nel caso della vergine esprime un parere, nell’altro caso invece fa una concessione. In nessuno dei due casi dà un ordine, ma non per lo stesso motivo: nel caso del matrimonio, onde evitare che qualcuno che voglia liberarsi dell'intemperanza riceva un divieto perché vincolato dall’obbligo di un comandamento; nel caso delle vergini, per evitare che qualcuno, non riuscendo ad elevarsi fino alla verginità, venga condannato come trasgressore di un precetto. "Non comando di restare vergini - egli dice - perché temo la difficoltà dell'impresa. Non comando di avere continui rapporti con la moglie, perché non voglio legittimare l'intemperanza. Ho detto "state insieme" perché voglio impedirvi di precipitare, non perché voglio ostacolare il desiderio di salire in alto".

8. Paolo non vuole dunque in primo luogo che si abbiano sempre rapporti con la moglie: è stata l’intemperanza dei pigri a prescrivere questo. Se vuoi sapere qual è il desiderio di Paolo, ascolta: "Voglio - egli dice - che tutti siano come me", vale a dire continenti. Se vuoi che tutti siano continenti, vuoi che nessuno si sposi. "Non per questo però vieto il matrimonio a chi lo desidera né accuso, ma faccio voti e desidero che tutti siano come me; d'altra parte, permetto il matrimonio a causa della fornicazione. Per questo all’inizio dissi: "è bene per l’uomo non toccare la donna".

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