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San Giovanni Crisostomo: La Verginità

Ultimo Aggiornamento: 13/09/2009 19:33
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13/09/2009 19:15

L. Il piacere è considerato illegittimo sia nell'Antico che nel Nuovo Testamento.

1. Innanzitutto, queste cose non sono consentite nel matrimonio, che è solito procurare soltanto la libertà degli accoppiamenti, e non quella di godere i piaceri. Ne è testimone il beato Paolo quando dice: "La donna che vive nella dissolutezza è morta". E se si obietta che queste parole sono state pronunziate a proposito delle vedove, ascolta ciò che dice alle donne sposate: "Analogamente, le donne devono essere vestite in modo decente, e adornarsi con ritegno e temperanza, non con trecce, ori, perle e vesti sfarzose, ma cosí come si addice alle donne che manifestano la loro religiosità attraverso le buone opere". Non solo in questo passo, ma anche in altri si può notare la sua grande insistenza sulla necessità di non ricercare tali cose.

2. Dice infatti: "Se abbiamo di che nutrirci e coprirci, ci contentiamo. Chi vuole essere ricco, diviene preda di desideri stolti e dannosi, che fanno precipitare gli uomini nella rovina e nella perdizione". Ma perché parlare di Paolo, che pronunziava tali parole all'epoca della somma filosofia e dell'abbondante grazia dello spirito? Ascolta come il profeta Amos attacca aspramente coloro che si danno ai piaceri: eppure, parlava agli Ebrei ancora bambini, in un tempo in cui erano consentiti il lusso, lo sfarzo e per così dire tutte le cose superflue. Dice: "Guai a coloro che vanno verso il giorno cattivo, che si avvicinano ai falsi sabati fino a toccarli, che dormono su letti di avorio, che sono dissoluti sui loro giacigli, che mangiano i capretti del gregge ed i vitelli da latte presi dalle mandrie; che battono le mani al suono degli strumenti, che bevono il vino filtrato e che si ungono con i profuni piú preziosi: pensano che questi beni siano stabili e non caduchi".

LI. Anche se il piacere fosse permesso, i dolori prodotti dal matrimonio basterebbero a distruggerlo.


Come ho detto, in primo luogo i piaceri non erano consentiti; ma anche se non fossero stati vietati e se tutto fosse stato permesso, va ricordato che altri fattori opposti sono causa di tristezza e di dolore; anzi, sono tanto piú numerosi e piú forti dei piaceri, che non è possibile provare questi ultimi neanche un poco: essi si dileguano completamente.

LII. Del grande male rappresentato dalla gelosia.

1. Dimmi: se un uomo è per natura geloso, o se un pretesto infondato lo fa divenire preda di questo male, che cosa è piú pietoso di quest'anima? Quale guerra, quale tempesta possiamo paragonare alla sua casa, per ottenere un'immagine fedele? Tutto gronda di dolori, di sospetti, di discordia e di confusione. Chi è colpito da tale pazzia non sta meglio degl'indemoniati o di coloro che sono vittime di una malattia mentale: continuamente scatta e si slancia, odia tutti e sfoga la sua ira sui presenti anche se non hanno colpa, si tratti dei servi, dei figli o di qualsiasi altro. Ogni gioia è scacciata, e tutto è pieno di tristezza, di dolore e di avversione. Rimanga a casa, vada in piazza o intraprenda un viaggio, fa sempre nascere questo terribile male, che è peggiore della morte e che eccita ed irrita la sua anima senza lasciarla mai tranquilla. In effetti, tale malattia è solita produrre non solo la tristezza, ma anche un'ira intollerabile. Ciascuno di questi mali è sufficiente da solo a rovinare la sua vittima; quando però tutti insieme la cingono d'assedio e la stringono continuamente senza permetterle di respirare neanche per un breve momento, quante morti sarebbero peggiori? Neanche l'estrema povertà, neanche una malattia inguaribile, neanche il fuoco o il ferro possono essere definiti mali uguali: soltanto coloro che l'hanno sperimentata lo sanno bene. Quando il marito si vede costretto a sospettare sempre della donna che ama piú di ogni altra persona, e per la quale darebbe volentieri la propria vita, che cosa è piú in grado di consolarlo?

2. Se deve mangiare e bere, l'uomo geloso pensa che la tavola sia piena di veleni mortali piuttosto che di vivande; e quando si corica e giace sul letto, non riesce a stare quieto neanche un momento, ma si agita e si rivolta come se avesse sotto di sé dei carboni: né la compagnia degli amici, né il pensiero degli affari, né la paura dei pericoli, né lo smodato piacere né alcun'altra cosa è in grado di allontanarlo da tale tempesta, che s'impadronisce della sua anima più di qualsiasi gioia e dolore. Tenendo presente questo, Salomone disse: "Dura come la morte è la gelosia", e "l'animo di suo marito è pieno di gelosia; nel giorno del giudizio non la risparmierà: nessuna ricompensa muterà il suo odio, ed i molti doni non varranno a dissolverlo".

3. Cosí forte è la pazzia prodotta da questa malattia, che neanche il castigo del colpevole riesce ad eliminare il dolore. Spesso molti mariti, pur avendo ucciso l'adultero, non riescono ad estirpare l'ira e lo scoraggiamento. Ci sono amche uomini che, dopo avere ucciso le proprie mogli, si lasciano consumare dal fuoco della gelosia in misura simile o anche maggiore. Il marito vive in preda a questi mali, anche quando non c'è nulla di vero; e la moglie misera e sfortunata deve sopportare dolori ancora piú forti di quelli del coniuge. Quando infatti vede imbestialirsi e diventare nemico piú di ogni altro l'uomo che avrebbe dovuto consolarla da tutti i dolori e da cui avrebbe dovuto attendersi ogni assistenza, dove potrà piú guardare? Dove dovrà fuggire? Dove potrà trovare la liberazione dai suoi mali, se il porto è coperto e pieno di un’infinità di scogli?

4. Allora i servi e le serve la trattano in modo piú oltraggioso di suo marito. Questa razza di persone è sempre infida ed ingrata, ma quando può prendersi una maggiore libertà e vede padroni in discordia tra loro, considera tale guerra un ottimo pretesto per oltraggiare. In questi momenti, possono infatti inventare ed immaginare tutto ciò che piace loro senza alcun timore, e con le loro calunnie accrescono i sospetti. L'anima del marito, una volta divenuta preda di tale funesta malattia, crede volentieri a tutto, ed aprendo le orecchie a tutti indifferentemente, non riesce a distinguere i calunniatori da coloro che non lo sono. Anzi, sembrano dire la verità piú coloro che accrescono i sospetti che coloro che cercano di dissiparli.

5. La moglie deve quindi temere non meno del marito gli schiavi pronti a fuggire che vivono nella sua casa e le loro mogli, e prendere il loro posto abbandonando il rango che le è proprio. Quando potrà vivere senza piangere? In quale notte? In quale giorno? In quale festa? Quando potrà evitare i sospiri, i lamenti, i gemiti? Continuamente la colpiscono le minacce, le offese e gli oltraggi sia del marito che ha ricevuto una ferita inunaginaria sia dei servi miserabili; custodi e spie la sorvegliano, e tutto è pieno di paura e di tremito. Non solo vengono sorvegliate le sue entrate e le sue uscite, ma vengono esaminate con molta attenzione anche le sue parole, i suoi sguardi, i suoi sospiri: in tal caso, o deve rimanere piú immobile di una pietra, sopportare tutto in silenzio e restare sempre inchiodata alla camera nuziale peggio di un prigioniero; o, se vuole parlare, lamentarsi ed uscire, deve rendere conto di tutto a questi giudici corrotti — parlo delle ancelle e della folla dei domestici.

6. Se vuoi, in mezzo a tutte queste disgrazie metti pure le ricchezze indescrivibili, la sontuosità della mensa, le schiere dei servi, lo splendore della stirpe, la grande potenza, la grande fama, il lustro degli antenati; non lasciare nessuna delle cose che sembrano rendere invidiabile questa vita; metti tutto insieme con attenzione, e raffrontalo con questi tormenti: vedrai che il piacere prodotto da tali cose non è neanche una parvenza, e si dilegua com'è naturale che si spenga una scintilla che cade in un vasto mare. Ciò succede quando è il marito ad essere geloso; quando invece la malattia si trasferisce alla moglie — e questo accade non di rado — il marito si trova in migliori condizioni di lei, mentre la maggior parte del dolore si riversa di nuovo sulla poveretta, che non può fare uso delle stesse armi nei confronti del marito di cui sospetta. Quale marito potrebbe infatti mai accettare l’ordine della moglie di rimanere sempre in casa?

7. Quale servo può d'altra parte avere il coraggio di sorvegliare il padrone, senza essere subito gettato da un precipizio? La moglie non può consolarsi con questi mezzi, né dare sfogo alla propria ira con le parole: il marito può forse sopportare questo suo malumore una o due volte, ma se lei continua sempre ad accusarlo le insegna subito che è meglio sopportare tutto in silenzio e consumarsi. Questo accade quando c'è un semplice sospetto. Quando invece il male è reale, nessuno può sottrarre la moglie alle mani del marito offeso, che, invocando in suo soccorso le leggi, conduce in tribunale la persona a lei piú cara e la fa uccidere. Il marito, al contrario, può sfuggire alla pena della legge, anche se gli è riservata la condanna celeste, quella di Dio. Ciò non basta però a consolare la misera, che va necessariamente incontro ad una morte lenta e pietosa, prodotta dagl'incantesimi e dalle pozioni approntate dalle adultere. Vi sono poi delle adultere che non hanno bisogno di ricorrere a questi mezzi insidiosi nei confronti delle loro vittime, perché queste vengono rapite prima dalla morte, data la veemenza della loro disperazione. Di conseguenza, anche se tutti gli uomini corrono al matrimonio, le donne non devono inseguirlo. Non possono dire che la tirannia del desiderio è troppo forte; d'altra parte, come il nostro discorso ha dimostrato, sono esse a raccogliere il maggior numero dei mali del matrimonio.

8. "E che? — mi si obietta —. Questa disgrazia tocca a tutti i matrimoni?". Essa però non resta lontana da ogni matrimonio, mentre si tiene ben lontana da ogni persona vergine. La donna sposata, anche se non ne è vittima, è sempre vittima della paura che essa produce: colei che intende convivere con un uomo non può non soppesare e temere le cose brutte collegate con tale convivenza. La vergine, al contrario, resta esente non solo dalle disgrazie, ma anche dai sospetti. "Questo però non si verifica in tutti i matrimoni". Neanch'io lo dico; ma anche se non capita un male, ce ne sono molti altri, e se si sfugge ad uno, non è possibile sfuggire a tutti quanti: come, nel caso delle spine che si attaccano alle vesti quando si attraversa una siepe, se ci si volta per toglierne una si è punti da molte altre, così nella vita matrimoniale chi sfugge ad un male è trafitto da un altro, e chi ne evita uno inciampa in un altro; in una parola non si può trovare un matrimonio in cui manchino completamente i dispiaceri.

LIII. Il matrimonio con una donna ricca non è invidiabile, e provoca piú dolori del matrimonio con una donna povera.

Ma, se vuoi, lasciamo da parte tutti gli aspetti spiacevoli, e prendiamo ora in esame più da vicino la cosa che nel matrimonio sembra rappresentare la somma felicità e che spesso molti, anzi tutti si augurano di ottenere. Di che cosa si tratta? Del prendere in sposa, quando si è poveri, semplici e modesti, una moglie discendente da una famiglia importante, potente e molto ricca. Ma questa cosa così invidiabile si rivela in realtà foriera di disgrazie non minori di quelle dell’altro matrimonio tanto detestato. Le donne sono una razza portata più di ogni altra all'alterigia ed alla debolezza, e divengono più facilmente preda di queste malattie. Quando poi hanno a portata di mano un gran numero di pretesti per manifestare la loro alterigia, nulla più le trattiene: come la fiamma che si attacca ad una materia, si gonfiano in un modo indicibile, e sconvolgono ogni ordine, mettendo tutto sottosopra. In tal caso infatti la moglie non consente al marito di rimanere il capo, ma, spinta dalla sua presunzione e demenza, lo scaccia da questo posto e lo relega in una posizione subordinata, che invece spetterebbe a lei: così, è lei a diventare il capo. Che cosa c'è di peggio di quest'anomalia? Non parlo poi dei rimproveri, delle offese, dei dispiaceri, cose più insopportabili di ogni altra.

LIV. Se si riesce a sottomettere la moglie ricca, i dispiaceri si fanno ancora piu grandi .

E se si dicesse — l'ho sentito dire a molti, quando capita di fare questi discorsi: "Mi basta che sia molto ricca; per me, non è un problema sottometterla ed umiliare la sua presunzione"; se si dicesse questo, innanzitutto si mostrerebbe d'ignorare che si tratta di un'impresa molto difficile. In secondo luogo, anche se si riuscisse, il danno non sarebbe lieve. Il fatto che la moglie viene sottomessa al marito con la costrizione, il timore e la violenza è molto più penoso e doloroso dell'esercizio di un pieno potere su di lui. Come mai? Perché questa violenza scaccia ogni amore ed ogni piacere; e quando non c'è né l'amore né il desiderio amoroso, ed al loro posto subentrano la paura e la costrizione, che cosa vale più un simile matrimonio?

LV. Sposare un uomo piu ricco è un male insopportabile.

Questo accade quando è la moglie ad essere ricca. Se invece la moglie non ha nulla mentre il marito è ricco, la moglie, invece di essere sposa, diventa serva, e da donna libera che era si trasforma in schiava: perduta la sicurezza propria del suo rango, non si trova in una situazione migliore di quella degli schiavi comprati; e se il marito vuol fare lo sregolato o ubriacarsi o portare nel suo letto una folla di cortigiane, deve o sopportare tutto e fare buon viso, o abbandonare la casa. E questa non è la sola cosa brutta: quando il marito è così, la moglie non è in grado di comandare liberamente né i servi né le ancelle; vivendo come un'estranea, godendo di cose che non le appartengono, e coabitando con un padrone più che con un marito, è costretta a fare tutto ed a soffrire. Qualora poi un uomo volesse sposare una donna di condizione simile alla sua, la legge della sottomissione rovina ogni uguaglianza, anche se l'entità del patrimonio spinge la moglie a considerarsi uguale al marito. Che cosa si può fare di fronte a difficoltà così grandi, che insorgono ad ogni passo? Non citarmi come esempio i matrimoni — molto pochi e facili a contarsi — che sfuggono a questi mali: è bene definire le cose non in base alle eccezioni, ma in base a ciò che capita di regola.

LVI. La donna sposata è costretta a soffrire molti dolori

1. E' ben difficile, anzi è impossibile che questi mali si presentino durante lo stato verginale, mentre è difficile che non capitino durante il matrimonio. E se nei matrimoni che sembrano felici insorgono così forti dispiaceri e così gravi disgrazie, che cosa si dovrebbe dire e a proposito dei matrimoni che, per comune ammissione, sono fonte di dolori? E' fatale che la donna, anche se deve morire una volta sola, non tema la morte di una sola persona e che non si preoccupi di un'unica vita, pur possedendone una sola: grande è la sua trepidazione per il marito, per i figli, per le loro mogli e per i loro figli, e quanto più la radice si divide nei vari rami, tanto più si moltiplicano le sue ansie. Se a qualcuna di queste persone capita o un danno economico o una malattia fisica o qualche altro male non voluto, essa deve affliggersi e lamentarsi non meno delle vittime dirette. Quando tutti i congiunti muoiono prima di lei, il dolore le diventa insopportabile; quando invece alcuni restano in vita, mentre altri sono rapiti da morti premature, neanche in questo si può trovare una vera e propria consolazione.

2. L'ansia per le persone vive che continua a scuotere l'anima non è inferiore al dolore che prova per i morti ma lo supera, per quanto strano ciò possa sembrare. Il tempo suole infatti mitigare la tristezza prodotta dalle morti, mentre le preoccupazioni per i vivi sono destinate a continuare sempre, e a cessare solo con la morte. Quale vita conduciamo se, non contentandoci dei nostri dolori, siamo costretti a piangere sulle disgrazie altrui? Spesso molte donne discendono da genitori illustri, vengono allevate nei più grandi agi e vengono fatte sposare ad uomini molto potenti; eppure all’improvviso, prima ancora di potere assaporare questa felicità, al sopraggiungere di una calamità simile ad una tempesta o ad una burrasca, vanno a fondo e sperimentano gli orrori del naufragio; dopo aver goduto di un'infinità di beni prima del matrimonio, una volta sposatesi piombano nell'estrema disgrazia. "Ma questo — mi si obietta — non suole accadere in tutti i matrimoni né si verifica sempre". Ed io torno a ripetere: non si può però neanche dire che tutti i matrimoni ne siano esenti: da una parte, alcune persone fanno diretta esperienza di tali disgrazie; dall'altra, quelle che sono riuscite ad evitare la prova sono angustiate dall'attesa. Ogni vergine, invece, rimane al di sopra di ogni prova e di ogni attesa.

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