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San Giovanni Crisostomo: La Verginità

Ultimo Aggiornamento: 13/09/2009 19:33
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13/09/2009 19:28

LXVII. E' fastidioso avere molte serve

"Ma forse il gran numero di ancelle fa piacere". Questo è il piacere peggiore, giacché comporta un numero di preoccupazioni uguale a quello delle serve: quando una di loro si ammala e muore, l'agitazione e lo scoraggiamento sono inevitabili. Ma forse sono sopportabili questi inconvenienti ed altri ancora, come ad esempio il darsi ogni giorno da fare per reprimere la pigrizia, eliminare le frodi, far cessare ogni forma d'inciviltà, correggere tutti gli altri vizi. Ma la cosa più brutta - suole capitare specialmente nel caso in cui le serve sono molte - si verifica quando nella loro schiera se ne trova una bella. E' inevitabile che questo si verifichi quando se ne ha un gran numero, giacché i ricchi vogliono che le ancelle di loro proprietà siano non solo numerose, ma anche belle. Quando una di loro risplende tra le altre, sia che catturi il padrone con un incantesimo, sia che non riesca a produrre nulla in più di un’ammirazione nei propri riguardi, la padrona si addolora ugualmente, vedendosi superata, se non sul piano dell'amore, per lo meno su quello della bellezza fisica e dell'ammirazione. Quando le cose che nel matrimonio sembrano splendide ed invidiabili comportano tanti tormenti, che cosa si può dire a proposito di quelle dolorose?

LXVIII. Della tranquillità offerta dalla verginità

1. La vergine, al contrario, non sopporta nulla di tutto ciò. La sua modesta casa non conosce agitazione, ogni grido è bandito da essa: come in un porto calmo il silenzio domina su tutto ciò che vi si trova dentro. Un'altra tranquillità, superiore allo stesso silenzio, permea poi la sua anima, giacché essa non ha a che fare con nessuna cosa umana, ma discorre continuamente con Dio e tiene sempre fisso il suo sguardo su di Lui. Chi potrebbe misurare questo piacere? Quale discorso sarebbe mai in grado di esprimere la gioia dell'anima che si trova in questo stato? Nessuno. Coloro che gioiscono del Signore sono i soli a conoscere la grandezza di tale gioia e a rendersi conto di come essa superi di gran lunga ogni possibile raffronto.

2. "Ma la vista di una gran quantità d'argento procura sempre un gran piacere agli occhi". Quant'è meglio invece guardare il cielo e raccogliere da esso un piacere molto più grande! Come l'oro è molto più risplendente e luccicante dello stagno e del piombo, così lo è il cielo rispetto all'oro, all'argento e ad ogni altra materia. E mentre la contemplazione del cielo non causa preoccupazioni, l'altra contemplazione è legata a molte ansie, che guastano sempre i nostri desideri. Non vuoi guardare il cielo? Almeno, potresti guardare l'argento esposto in piazza. Come dice il beato Paolo, "vi parlo per farvi vergognare", giacché vi mostrate così sensibili all'amore per le ricchezze. Non so che cosa dire. A tal proposito, mi prende un grande imbarazzo: non riesco a capire come mai quasi tutto il genere umano non consideri fonte di piacere la possibilità di un godimento facile e rilassato, e provi al contrario piacere soprattutto nelle preoccupazioni, nelle tensioni e nelle inquietudini.

3. Come mai l'argento esposto in piazza non li rallegra come quello che si trova in casa? Eppure il primo è più risplendente e lascia l'anima libera da ogni inquietudine. "Perché - si risponde - il primo non è mio, mentre il secondo lo è". Ciò che produce il piacere è dunque la cupidigia, non la natura dell'argento: se così fosse, anche l'argento esposto in piazza dovrebbe procurare un piacere simile. Se poi tu volessi richiamarti all'uso, allora ti farei notare che il vetro è molto migliore: potrebbero dirtelo gli stessi ricchi, che fanno fabbricare per lo più i loro bicchieri con quest'altro materiale. Se poi il loro orgoglio li costringe a far fare anche dei bicchieri d'argento, fanno prima mettere dentro il vetro, e poi fanno rivestire d'argento la parte esterna, mostrando in tal modo che, quando si beve, il vetro è più gradevole e più adatto, mentre l'argento serve solo all'orgoglio ed alla millanteria. E che cosa significa la frase "Mio e non mio"? Se l'esamino bene, vedo che si tratta solo di semplici parole.

4. Molti durante la loro vita non riescono ad impedire che l'argento sfugga loro di mano. Chi riesce a conservarlo fino alla fine, al momento della morte non ne è più padrone, lo voglia o no. Si può constatare che non solo nel caso dell'argento e dell'oro, ma anche nel caso dei bagni, dei giardini e di tutto ciò che riguarda la casa l'idea del "mio e non mio" non è che una semplice parola. Mentre tutti possono usare gli oggetti preziosi, i loro presenti proprietari hanno in più di chi non li possiede soltanto le preoccupazioni che essi producono. Gli uni si limitano a goderseli; gli altri, pur preoccupandosi tanto, raccolgono gli stessi frutti che i primi raccolgono senza darsi alcuna pena.

LXIX. Le mense sontuose sono fonti di molti disturbi

1. Chi poi ammira il gran lusso della tavola, di cui sono prova la moltitudine delle carni tagliate, i vini troppo dispendiosi, i manicaretti ricercati, le arti dei camerieri, dei pasticcieri e dei cuochi, e la folla dei parassiti e dei convitati, sappia che i ricchi, in tali circostanze, non stanno meglio dei loro cuochi. Come infatti questi ultimi hanno paura dei loro padroni, così essi hanno paura degl'invitati, nel timore che qualcuno di essi critichi le cose che sono state preparate per loro con tanta fatica e tante spese. In questo i padroni sono uguali ai servi; sotto un altro punto di vista, però, i servi si trovano avvantaggiati rispetto a loro: i padroni devono infatti temere non solo i critici, ma anche gl'invidiosi. Da tali banchetti nascono spesso delle invidie che cessano solo dopo aver fatto correre i pericoli più gravi. "Ma il potersi cibare spesso di molte cose è piacevole". Per carità!

2. Quale piacere possiamo mai provare, quando da questi lussi spuntano il mal di testa, le dilatazioni del ventre, le depressioni psichiche, i capogiri, le vertigini, gli annebbiamenti della vista ed altri disturbi ancora più strani? Sarebbe augurabile che i danni prodotti da queste sregolatezze si fermassero ai disturbi di un solo giorno. Invece, proprio da tali mense si originano per lo più le malattie più incurabili: la gotta, la tisi, l'epilessia, la paralisi, le convulsioni, assediano il corpo fino all'ultimo respiro. Potremmo indicare un piacere capace di controbilanciare questi mali? E quale regime austero non saremmo disposti a seguire, pur di liberarci da essi?

LXX. La semplicità è più utile e più piacevole del lusso

1. La semplicità, invece, è ben diversa: estranea a tutti questi inconvenienti, produce solo salute e benessere. Che essa è preferibile al lusso, lo puoi constatare tu stesso: innanzitutto, resti sano e non sei disturbato da quelle malattie, ciascuna delle quali basta da sola a spegnere e a distruggere le fondamenta di ogni piacere; in secondo luogo, puoi gustare meglio gli stessi cibi. Come mai? Perché il piacere è prodotto dal desiderio, e a sua volta il desiderio è prodotto non dalla sazietà e dalla pienezza, ma dal bisogno e dall'indigenza. Queste due cose non si trovano mai nei banchetti dei ricchi, mentre compaiono sempre nei pasti dei poveri: meglio di qualsiasi cameriere e cuoco, fanno gocciolare in abbondanza il miele sui cibi messi sulla tavola. I ricchi mangiano senza aver fame, bevono senza aver sete, e si mettono a dormire prima che sopravvenga un forte bisogno di sonno. I poveri, invece, prima devono aver bisogno di tutte le varie cose, e solo successivamente le possono gustare: è proprio questo, più di ogni altra cosa, ad accrescere il piacere.

2. Perché mai, dimmi, Salomone chiama dolce il sonno del servo, dicendo: "Dolce è il sonno per il servo, sia che mangi molto sia che mangi poco"? Forse perché il suo letto è molle? Ma per lo più dormono su di un pavimento o su di un pagliericcio. Forse per la libertà di cui godono? Ma non possono disporre neanche di un istante. Forse per la loro vita facile? Non c'è un momento in cui non siano battuti dalle pene e dalle miserie. Che cosa rende allora dolce il loro sonno? Le fatiche, ed il poter prendere sonno solo dopo averne sentito il bisogno. I ricchi invece, se la notte non li sorprende immersi nell'ubriachezza, sono condannati a rimanere sempre svegli, e a rivoltarsi e ad agitarsi sui loro molli letti.

LXXI. I1 lusso guasta anche l'anima

Si potrebbe fare anche un'altra descrizione dei fastidi, dei danni e dell'indecenza del lusso, enumerando le malattie che imprime sull'anima, di gran lunga più numerose e pericolose di quelle corporee. Esso, in effetti, rende molli, deboli, insolenti, millantatori, lascivi, violenti, intemperanti, irascibili, crudeli, ignobili, cupidi, servili, inetti in quasi tutte le cose utili e necessarie; tutti gli effetti opposti sono invece prodotti dalla frugalità. Ma ora dobbiamo passare ad un altro argomento: fatta questa semplice aggiunta, ritorniamo alle parole dell'apostolo. Se le cose che sembrano invidiabili sono così piene di mali e fanno cadere sull'anima e sul corpo una così fitta pioggia di malattie, come possiamo parlare delle cose dolorose? Mi riferisco alla paura dei magistrati, ai movimenti popolari, alle insidie dei delatori e degl'invidiosi, mali tutti che assediano soprattutto i ricchi e che anche le donne sono destinate a sperimentare in maggior misura, data la loro incapacità di sopportare virilmente le relative vicissitudini.

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