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San Giovanni Crisostomo: La Verginità

Ultimo Aggiornamento: 13/09/2009 19:33
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13/09/2009 19:30

LXXIV. Come mai Paolo, pur volendoci liberi da ansie, ci comanda di preoccuparci

1. Come puoi allora volerci liberi da ansie, se poi ci getti in un’altra preoccupazione? Perché questa non è una vera preoccupazione, così come il provare tormenti per amore di Cristo non è un vero tormento: non perché la natura delle cose cambi, ma perché la volontà di chi sopporta con gioia questi dolori riesce a dominare anche la natura. E' giusto dire che prova ansie chi si preoccupa di cose di cui non potrà godere a lungo, e spesso neanche per poco tempo; ma è anche del tutto logico mettere nella schiera di coloro che se ne restano tranquilli chi dalle proprie preoccupazioni raccoglie dei frutti maggiori. Ma a parte questo, la differenza tra la prima e la seconda preoccupazione è così grande, che la seconda, paragonata alla prima, non può più essere ritenuta tale: tanto più leggera e sopportabile è rispetto all’altra. Tutto questo l'abbiamo dimostrato nel nostro discorso precedente. "L'uomo celibe si preoccupa delle cose del Signore, l’uomo sposato di quelle del mondo"; ma quest’ultimo passa, mentre il Signore resta.

2. Non basta forse questo a dimostrare il valore della verginità? La differenza che c’è tra Dio ed il mondo corrisponde alla superiorità della seconda preoccupazione rispetto alla prima. Come puoi dunque permettere il matrimonio, se esso c'inchioda alle preoccupazioni e ci allontana dalle cose dello spirito? "Per questo - risponde l’apostolo - ho detto "chi ha la moglie si comporti come se non l'avesse"; chi è già legato o sta per legarsi renda più lento questo legame in un altro modo". Giacchè non puoi romperlo una volta che te ne sei cinto, rendilo almeno più sopportabile. Se vogliamo, possiamo eliminare tutte le cose superflue ed evitare di aggiungere alle preoccupazioni insite nella natura del matrimonio altre maggiori, prodotte dalla nostra indolenza.

LXXV. Com’è possibile non avere la moglie pur avendola

1. Chi poi volesse sapere con maggiore chiarezza che cosa significa la frase "Non avere la moglie pur avendola", pensi allo stato in cui si trovano i "crocifissi" che non l’hanno. Qual à la loro condizione? Non sono costretti a comprare un gran numero di ancelle, di oggetti d'oro e di collane, case splendide e grandi, e tante misure di terreno: lasciate tutte queste cose, si preoccupano di un’unica veste e del nutrimento. Si può giungere a praticare questa filosofia anche se si ha una moglie. Le parole dette prima "Non negatevi l’uno all’altro" riguardano solo l'unione carnale: in questo caso specifico l'apostolo prescrive che l’uno deve seguire l'altro, e non lascia nessuno dei due sposi padrone di sè; ma quando si tratta della pratica della filosofia riguardante le vesti, il modo di vita e tutte le altre cose, i coniugi non sono più soggetti l’uno all'altro. I mariti possono, anche se le mogli non vogliono, eliminare ogni lusso e scacciare la folla delle preoccupazioni che li sommerge; ed analogamente le mogli, da parte loro, se non vogliono non possono essere costrette a truccarsi, ad essere vanagloriose ed a preoccuparsi delle cose superflue. E' giusto che sia così. Il desiderio carnale è infatti naturale: per questo è degno di molta commiserazione, e per questo nessuno dei due sposi può negarsi all’altro contro la sua volontà. Al contrario, il desiderio del lusso, della servitù superflua, delle preoccupazioni inutili non proviene dalla natura, ma nasce dall’indolenza e dalla grande tracotanza. Per questo l’apostolo non costringe le persone sposate ad essere soggette l'una all'altra in tali casi, come avviene invece nell'altro.

2. Non abbiamo la moglie pur avendola quando non diamo ascolto ai pensieri superflui delle donne, dettati dalla loro leziosità e dalla loro mollezza, e quando ci limitiamo ad accogliere solo quella preoccupazione aggiuntiva che riguarda l'anima della donna che ci è stata affidata e che ha scelto una vita basata sulla saggezza e la semplicità. Che intende dire proprio questo, l’apostolo lo mostra nelle parole seguenti: "Chi piange si comporti come chi non piange, chi gioisce dei beni come chi non gioisce". Chi non gioisce non si preoccupa dei beni, e chi non piange non sopporta a malincuore la povertà nè respinge la frugalità. Questo significa "non avere la moglie pur avendola", questo significa fare uso del mondo senza abusarne.

3. "Chi è sposato si preoccupa delle cose del mondo". Se dunque in entrambi i casi ci sono le preoccupazioni - nel primo però sono vane ed inutili, anzi dolorose, giacchè, come dice l’apostolo, "costoro soffriranno i tormenti nella carne", mentre nel secondo producono dei beni ineffabili - perchè non scegliamo questo secondo tipo di ansie, che non solo ci procurano così belle e numerose ricompense, ma sono anche meno forti delle altre? A che cosa pensa la donna non sposata? Forse alle ricchezze, ai servi, agli amministratori, ai terreni ed al resto? Deve forse sorvegliare i cuochi, i tessitori e la rimanente servitù? Per carità! Non pensa a nulla di tutto ciò ma soltanto ad edificare la propria anima e ad adornare il suo santo tempio non con trecce, ori o perle, non con cosmetici e belletti, non con altre cose fastidiose e misere, ma con la santità di corpo e di spirito.

4. "La donna sposata - dice Paolo - si preoccupa invece di piacere al marito". Sagace com’è, non si mette ad esaminare i particolari, e non ricorda le sofferenze fisiche e psichiche a cui vanno incontro le mogli per piacere ai mariti - il loro corpo è torturato, imbellettato e tormentato con altre punizioni, mentre la loro anima è riempita di bassezze, adulazioni, ipocrisie, meschinità e pensieri superflui ed inutili. Alludendo a tutto ciò con una sola parola, lascia riflettere sull'argomento la coscienza degli ascoltatori; e dopo aver mostrato in tal modo l'eccellenza della verginità ed averla sollevata fimo al cielo, passa di nuovo a parlare della liceità del matrimonio, sempre nel timore che qualcuno scambi la verginità per un precetto. Non si contenta quindi delle esortazioni fatte in precedenza: dopo aver detto "Non ho un ordine del Signore" e "La vergine se si sposa non pecca", aggiunge qui "Non perché voglia gettare su di voi un laccio".

LXXVI. Il "laccio" non è rappresentato dalla verginità, ma dalla nostra mancanza di entusiasmo

1. A tal proposito, ci si potrebbe chiedere a buon diritto come mai l'apostolo dica qui "Non perché voglia gettare su di voi un laccio": eppure, in precedenza aveva chiamato la verginità "liberazione dai legami", aveva detto che ci consigliava per il nostro bene per evitarci tormenti e preoccupazioni e per risparmiarci, ed aveva in tal modo mostrato che questa pratica era leggera e sopportabile. Di che cosa si tratta? A dire il vero egli ha chiamato "laccio" non la verginità - non sia mai! - ma la scelta di questo bene compiuta sotto la spinta della violenza e della costrizione. In effetti, le cose stanno proprio così. Tutto ciò che si accetta sotto la spinta della violenza e contro la propria volontà, anche se è molto leggero, diventa la cosa più insopportabile e soffoca la nostra anima più di un laccio. Per questo Paolo ha detto "Non perché voglia gettare su di voi un laccio". Queste parole significano: vi ho enumerato e mostrato tutti i beni della verginità; pur tuttavia, dopo aver fatto questo, lascio a voi la scelta e non voglio condurvi alla virtù contro la vostra volontà. Vi ho dato questi consigli non perché volessi tormentarvi, ma perché la vostra bella assiduità non venisse distrutta dalle occupazioni materiali.

2. Osserva anche qui la sagacia di Paolo: alla preghiera aggiunge di nuovo l'esortazione, e attraverso la concessione fa trapelare il consiglio. Le sue parole "Non vi costringo ma vi esorto", e le altre che ha aggiunto "A causa del decoro e dell’assiduità", mostrano il carattere meraviglioso della verginità, ed i grandi vantaggi che da essa si ricavano nella vita conforme ai voleri di Dio. La donna non può essere assidua se è prigioniera di preoccupazioni materiali e se si lascia trascinare da ogni parte, perché in tal caso il suo impegno ed il suo tempo libero si disperdono in più direzioni: verso il marito, verso la cura della casa e verso tutte le cose che il matrimonio è solito trascinare con sè.

LXXVII. La donna che si affanna per le cose materiali non può essere vergine

Che cosa dice dunque Paolo quando scaccia dal coro delle vergini quella vergine che - non sia mai! - ha varie occupazioni ed è alle prese con i problemi materiali? Per essere vergini non basta infatti non sposarsi: occorre anche la purezza dell'anima, e per purezza io intendo non solo la lontananza dai desideri cattivi e turpi, dai belletti e dalle occupazioni, ma anche l'assenza di pensieri relativi a cose materiali. Se ciò non si verifica, di quale utilità può essere la purezza fisica? Come non c’è nulla di più vergognoso di un soldato che getta le armi e passa il suo tempo nelle bettole, cosi non c’è nulla di più indecoroso delle vergini prigioniere di preoccupazioni materiali. Anche le cinque vergini avevano le lampade, ed avevano praticato la verginità, ma non ne avevano ricavato alcun frutto: le porte si chiusero, ed esse rimasero fuori e perirono. La verginità è bella proprio perché elimina ogni motivo di preoccupazioni superflue e perché permette di consacrare tutto il tempo libero alle opere gradite a Dio: se questo non si verifica, diventa di gran lunga peggiore del matrimonio, giacchè ricopre di spine l’anima e soffoca tutti i semi puri e celesti,

LXXVIII. Perché Paolo non condanna aspramente colui che pensa di comportarsi in modo sconveniente nei riguardi della figlia vergine

1. "Chi - dice Paolo - pensa di comportarsi in modo non conveniente nei riguardi della figlia vergine se lascia passare l’età giusta per il matrimonio, faccia pure ciò che vuole, se così deve essere; non pecca: ci si sposi pure". Perché dici "faccia pure ciò che vuole"? Perché non correggi quest'opinione sbagliata, ma autorizzi il matrimonio? Perché non hai detto "Se pensa di comportarsi in modo sconveniente nei riguardi della figlia vergine è un povero ed un infelice, giacchè ritiene biasimevole una cosa degna di ammirazione"? Perché - risponderebbe Paolo - si tratta di anime di uomini molto deboli, che ancora si trascinano per terra: non è possibile fare accostare subito al discorso sulla verginità le anime che si trovano in questo stato. Chi infatti è attaccato in modo così passionale alle cose del mondo ed ammira la vita presente a tal punto da ritenere vergognoso, nonostante tali esortazioni, ciò che invece è degno dei cieli e vicino al tipo di vita degli angeli, come potrebbe tollerare un consiglio in tal senso? E perché ci si deve meravigliare del fatto che Paolo si comporta così a proposito di una cosa consentita, quando adotta lo stesso atteggiamento nei confronti di cose proibite e contrarie alla legge?

2. Faccio un esempio: la scrupolosa osservanza dell’alimentazione, in base alla quale alcuni cibi si possono accettare, mentre altri vanno respinti, era una debolezza giudaica. Pur tuttavia, c’era tra i Romani chi ne era ancora vittima. Eppure, Paolo non solo non rimprovera severamente costoro, ma fa di più: lasciati andare i peccatori, critica chi vuole reprimere questa pratica, dicendo: "Perché giudichi il tuo fratello?". Non si comporta però così quando scrive ai Colossesi: con molta libertà li rimprovera e li istruisce, dicendo "Che nessuno vi giudichi in base ai cibi ed alle bevande". Ed aggiunge: "Se siete morti in Cristo per quanto riguarda gli elementi del mondo, perché decretate ancora, come se foste ancora vivi nel mondo: non prendere, non gustare, non toccare? Tutto ciò è destinato a distruggersi con l'uso".

3. Perché dunque si comporta così? Perché i Colossesi erano già forti, mentre i Romani avevano bisogno di molta comprensione. Egli aspettava che la fede si rafforzasse nelle loro anime: temeva che, se fosse andato a strappare il loglio prima del momento giusto, anche le piante del retto insegnamento sarebbero state estirpate dalla radice. Per questo non li riprende aspramente, anche se non li lascia andare senza avvertirli: li rimprovera, ma in modo velato e nascosto, nel momento in cui critica altri. Le parole "Il fatto che stia in piedi o cada, riguarda il suo Signore " sembrano infatti chiudere la bocca ai detrattori, ma in realtà mordono l'anima dell’interessato, giacchè mostrano che così si comportano non le persone sicure che stanno bene in piedi, ma quelle che ancora vacillano, che non sanno stare dritte e che rischiano di cadere.

4. Anche nel nostro caso Paolo osserva la stessa regola a causa della grande debolezza di colui che si vergogna della verginità. Non gli si rivolge apertamente, ma lodando chi sa conservare vergine la propria figlia gli assesta un forte colpo. Che cosa dice? "Chi resta saldo nel suo cuore ". Queste parole sono state dette per porre in risalto il contrasto con colui che si lascia portare in giro con troppa facilità ed a caso, e che non sa camminare con passo sicuro nè rimanere fermo coraggiosamente. Osserva quindi come Paolo, accortosi che le sue parole riescono a far presa sull’anima dell’interlocutore, cerchi di temperarle adducendo un motivo che non merita biasimo. Dopo aver detto "Chi resta saldo nel suo cuore", aggiunge "non essendo sottoposto a costrizioni ed avendo piena libertà". Eppure, sarebbe stato più logico dire: "Chi resta saldo e non considera la verità una vergogna". Ma queste parole sarebbero state troppo forti. Per questo ne usa al loro posto altre, cercando di consolare l’interlocutore e dandogli la possibilità di ricorrere a quest'altro motivo. Impedire la verginità quando si è sotto costrizione non è così grave come impedirla per un senso di vergogna: la prima eventualità dipende da un'anima debole e misera, la seconda da un’anima depravata, che non è in grado di giudicare rettamente la natura delle cose.

5. Ma non era ancora giusto il momento di usare parole troppo severe, che pure sarebbero state giuste, giacchè neanche quando si è sottoposti ad una costrizione è lecito frapporre ostacoli alla figlia che ha deciso di rimanere vergine: occorre, al contrario, opporsi nobilmente a tutto ciò che mira ad annullare questo bell’impulso. Ascolta ciò che dice a tal proposito Cristo: "Chi ama il padre e la madre più di me non è degno di me". Quando facciamo una cosa gradita a Dio, chi ci vuole ostacolare va considerato un nemico, sia egli il padre, la madre o chiunque altro. Ma Paolo, che doveva ancora sostenere il peso dell’imperfezione degli ascoltatori, ha scritto le parole: "Chi resta saldo senza essere sottoposto a costrizioni". Non si è però fermato ad esse, anche se le frasi "senza essere sottoposto a costrizioni" ed "avendo piena libertà" significano la stessa cosa. Allungando il discorso ed abbondando nelle concessioni, cerca di consolare le anime semplici e mediocri; per di più, aggiunge un’altra condizione: "Chi giura nel suo cuore". Non è infatti sufficiente essere soltanto liberi, nè si è pienamente responsabili solo grazie a questa libertà: la buona azione si verifica quando si decide e si giudica. Quindi, per fugare il rispetto che la sua grande condiscendenza annulli la differenza tra i due stati, egli la ricorda di nuovo, anche se timidamente: Di conseguenza, chi fa sposare la figlia agisce bene, e chi non la fa sposare agisce ancora meglio. Qui, sempre per lo stesso motivo, non indica la misura di questo è meglio; ma se vuoi rendertene conto, ascolta le parole di Cristo: "Non sposano nè vengono sposati, ma sono come gli angeli in cielo". Vedi qual è la differenza, e come la verginità, quand’è vera, eleva l'essere mortale?

[Modificato da Cattolico_Romano 13/09/2009 19:31]
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